GIOVANNI CANTONI, Cristianità n. 209-210 (1992)
Il testo è trascritto da L’Alfiere. Pubblicazione napoletana tradizionalista, n. 8, maggio 1992, dove è comparso a p. 9 con altri “interventi sul tema” Nazione, Nazionalismo, Realtà Locali, Risorgimento. I riferimenti sono stati integrati e portati in nota; i sottotitoli sono della redazione di Cristianità.
1. Nazione e nazionalismo
La nazione è la società “[…] cui siamo legati per l’unità della cultura, della lingua e della storia” (1); e la cultura “[…] è, […] quasi, la dimora abituale dell’uomo, ciò che caratterizza tutto il suo comportamento e il suo modo di vivere, persino di abitare e di vestirsi, ciò che egli trova bello, il suo modo di concepire la vita e la morte, l’amore, la famiglia e l’impegno, la natura, la sua stessa esistenza, la vita associata degli uomini nonché Dio” (2); quindi la nazione è società storica caratterizzata da unità di cultura e da una consapevolezza di questa cultura unitaria che trova espressione anche linguistica, quando non letteraria. Il grado di questa consapevolezza e il modo di viverla e di proteggerla sono esposti all’uso e all’abuso, sì che contrastano la “coscienza nazionale”, consapevole accettazione, conservazione ed elaborazione dell’eredità ricevuta dai padri, e l’esaltazione ideologica — pars pro toto — di questa eredità e della consapevolezza di essa.
L’uso linguistico corrente non aiuta a distinguere i due atteggiamenti e, quindi, a discernerli, in quanto equivocamente essi vengono significati con lo stesso termine, “nazionalismo”. Considerata l’importanza dell’explicatio terminorum, è sommamente auspicabile il ricupero metodico del termine “nazionalitarismo” e dell’aggettivo “nazionalitario” — attestati nel linguaggio e nella dottrina dal secondo Ottocento, ma forse prescindendo dalla loro semantizzazione storica — per indicare l’uso, affinché appaia con chiarezza l’abuso.
2. Nazione e realtà locali
Nell’esperienza umana ogni realtà, tanto più una realtà storica come la nazione, è ricca di nouance, che trovano la loro realizzazione nella dimensione “territorio” della realtà “nazione”, che non è certo esaurita dal territorio, anzi ne può perfino prescindere, come la lingua sfuma nei dialetti e può cristallizzarsi in un linguaggio rituale, in un’”espressione ordinata”, in una “lingua sacra”.
L’amore che si porta, e il rispetto che si deve, alla cultura della nazione ridonda nell’amore e nel rispetto per il modo locale, cioè territoriale, in cui si manifesta; l’esaltazione del localismo rivela un “nazionalismo debole”, ulteriore degenerazione ideologica del “nazionalismo” vero nomine o “nazionalismo forte”.
3. Nazione e Risorgimento
Il Risorgimento è un processo storico che interessa la nazione italiana a partire, formalmente, dalla metà del secolo XIX e ancora in corso: lo potrà chiudere soltanto la promulgazione di una Costituzione non nata da una tappa del Risorgimento stesso, come invece è accaduto nel caso della vigente carta fondamentale, nata dalla Resistenza.
Prima del Risorgimento in Italia viveva una nazione caratterizzata da una grande cultura, grande non solo nell’apprezzamento soggettivo dei suoi portatori e fruitori immediati — anzi, in loro spesso oggetto di insufficiente valorizzazione, in quanto insidiata dalla degenerazione dell’”apertura al prossimo”, cioè dall’esterofilia —, ma anche in quello dei suoi numerosi ammiratori e imitatori, la cui sola consistente presenza testimoniava l’universalità di tale cultura, non mai organica al potere politico, quindi non mai imposta. Questa nazione, in conformità con le sue ricchezze culturali, anche di cultura politica, e con la sua diversa storia, si organizzava politicamente in più strutture statuali, caratterizzate da una mirabile varietà istituzionale. L’unione forzata in un grande Stato — prodotta dall’intentio di abbattere sia in religione che in politica referenti culturali e istituzionali sovranazionali, quindi garanti anche nella storia dell’universalità — ha disperso una parte rilevante di tali inestimabili ricchezze culturali e resa piccola la nazione, sì che, contro e oltre il Risorgimento storico, termine seducente, ma propagandistico, si deve auspicare la realizzazione di un Antirisorgimento: certa la sostanza, nessuno si dorrà più di tanto se, conformemente al modo di esprimersi degli uomini, lo si vorrà chiamare “Risorgimento autentico” o “vero”, come alla Pseudo-Riforma è invalso l’uso di contrapporre piuttosto la Riforma cattolica che la Contro-Riforma.
Giovanni Cantoni
Note:
(1) Giovanni Paolo II, Lettera apostolica ai giovani e alle giovani del mondo in occasione dell’Anno Internazionale della Gioventù, del 31-3-1985, n. 11, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VIII, 1, p. 823.
(2) Idem, Discorso alla comunità universitaria di Lovanio, del 20-5-1985, n. 1, ibid., p. 1590.