Giovanni Cantoni, Cristianità n. 311 (2002)
Articolo parzialmente anticipato, senza note, con il titolo Un ponte tra Europa e America, in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale, anno LI, n. 90, Roma 17-4-2002, p. 15. Tutti i riferimenti internet cui rimando nelle note sono stati verificati il 1°-6-2002.
Ho incontrato per la prima volta Julio César Ycaza Tigerino (1) … in una nota di un’opera di storia del diritto pubblico brasiliano, Introdução à Historia do Direito Político Brasileiro, del giuspubblicista brasiliano José Pedro Galvão de Sousa (1912-1992), del 1954, edito in seconda edizione da Saraiva, a San Paolo, nel 1962 (2). E ne ho subito ricavato ragione d’interesse, soddisfatto molto più tardi, senza la possibilità d’incontrare l’uomo di persona, né di aver relazione di qualsiasi genere con lui.
E non posso più ricuperare. Posso solo ricordarlo, a un anno dalla morte, dopo che l’antiquariato librario e internet hanno in qualche misura colmato tale vuoto. Infatti, il 18 aprile 2001 Ycaza Tigerino ha concluso la sua avventura terrena. Nato a Estelí, in Nicaragua, il 21 ottobre 1919, consegue il baccellierato presso i gesuiti a Granada, nello stesso paese centroamericano, si laurea in giurisprudenza all’Universidad Central di Managua e si specializza in Diritto del Lavoro in Cile, dove collabora alla rivista Estudios, diretta da uno dei suoi maestri, lo storico cileno Jaime Eyzaguirre Gutiérrez (1908-1968) (3). Quindi si trasferisce in Spagna, dove studia e tiene conferenze fino al suo ritorno in patria, nel 1950. Qui entra nel Partido Conservador e, mentre percorre la carriera giudiziaria, percorre pure quella parlamentare, in due tappe, dal 1957 al 1967 e dal 1972 al 1979. La sua vita politica, un’intensa attività di pensatore politico, comporta pure il confino — quattro mesi nella Pequeña Isla del Maínz nel 1940, quand’era segretario generale del gruppo nazionalista guidato, con altri, dal poeta e uomo politico Pablo Antonio Cuadra Cardenal (1912-2002) (4) — e il carcere, in due occasioni, negli anni 1980, durante il regime socialcomunista instaurato dalla Rivoluzione sandinista del 1979. È stato presidente dell’Instituto Nicaragüense de Cultura Hispánica, fondatore e direttore della rivista Encuentro dell’Universidad Centroamericana e membro, fra altri organismi, dell’Instituto de Estudios Políticos di Madrid e dell’Istituto Internazionale di Sociologia nonché numerario e segretario a vita dell’Academia Nicaragüense de la Lengua dal 1964. Saggista, dunque, critico letterario e poeta, uomo politico e sociologo, lascia trentatré opere — fra volumi ed estratti — e alcune centinaia di articoli pubblicati su riviste in Spagna e in Iberoamerica. E proprio in Spagna vengono edite sette delle sue opere principali: Sociología de la política hispanoamericana, del 1950 (5); Originalidad de Hispanoamérica, del 1952 (6); Hacia una sociología hispanoamericana, del 1958 (7); Poemas del campo y de la muerte, del 1959 (8); Los nocturnos de Rubén Darío y otros ensayos, del 1964 (9), in collaborazione con il poeta e critico letterario nicaraguense Eduardo Zepeda-Henríquez; Perfil político y cultural de Hispanoamérica, del 1971 (10); e La cultura hispánica y la crisis de Occidente, del 1981, pubblicato di nuovo in Nicaragua nel 1997 (11).
In questa rievocazione, trascuro molteplici e illuminanti aspetti della sua opera, dal momento che, per esempio, mi limito a far cenno della sua produzione poetica e dell’attenzione da lui riservata al poeta Rubén Darío, pseudonimo del suo compatriota Félix Rubén García Sarmiento (1867-1916). Intendo però in qualche modo ricordare il teorico dell’Hispanidad, che osserva la comunità delle nazioni di cultura ispanica da diverse prospettive, facendo proprie le acquisizioni della corrente revisionistica della storia iberoamericana e inscrivendosi confessatamente nella linea di pensiero del filosofo della storia tedesco Oswald Spengler (1880-1936) e dello storico inglese Arnold Joseph Toynbee (1889-1977), mentre non appare con l’evidenza corrispondente la presenza sostanziale di un altro storico inglese, convertito al cattolicesimo, Christopher Henry Dawson (1889-1970).
Del tema “Hispanidad” dal punto di vista storico è sintesi felice e particolarmente stimolante la conferenza Génesis de la independencia hispanoamericana, organizzata nel dicembre del 1946 alla facoltà di Diritto dell’Universitad Central di Madrid dal Sindicato Español Universitario, quindi edita dalla rivista Alférez (12), nella stessa città, nel 1947, dove è presentato come ascritto al Taller de San Lucas, “confraternita di scrittori e di artisti cattolici nicaraguensi” (13); e della costante riflessione sull’Hispanidad fa stato conclusivamente La cultura hispánica y la crisis de Occidente.
In Génesis de la independencia hispanoamericana Ycaza Tigerino denuncia la “falsificazione grottesca e stupefacente” (14) non solo della scoperta e della conquista dell’America (15), ma, richiamandosi al giornalista — e cultore di storia — statunitense Charles Fletcher Lummis (1859-1928) e a storici come il francese Marius André (1868-1927) — la cui opera principale sul tema, del 1922, è stata prefazionata dal leader e pensatore politico francese Charles Maurras (1868-1952) e, nella seconda edizione in spagnolo del 1939, da Eugenio Vegas Latapie (1907-1985), pensatore e uomo politico spagnolo all’origine della Ciudad Católica (16) —, il messicano Carlos Pereyra (1871-1942) (17) e l’inglese Lionel Cecil Jane (1879-1932) (18), ricorda il carattere contro-rivoluzionario delle guerre di secessione o di separazione iberoamericane (1808-1823). Non si tratta, infatti, d’imitazioni o di echi della Rivoluzione detta francese (1789-1799) e neppure della cosiddetta Rivoluzione americana — rectius, Guerra d’Indipendenza americana — (1775-1782), bensì di conflitti condotti non contro la Spagna e, tanto meno, contro la Corona spagnola, ma contro la Spagna anti-spagnola sfigurata dall’assolutismo borbonico e caduta sotto il dominio della Francia rivoluzionaria attraverso la conquista a opera di Napoleone Bonaparte (1769-1821) — senza coincidenza di corruzione e d’invasione non vi sarebbero state secessioni o separazioni, e tanto meno rivoluzioni, ma solo eventualmente rivolte, come durante tutto il corso di trasformazione dell’organizzazione politica medioevale, del cosiddetto “Stato feudale” nello “Stato moderno” (19) — nonostante la “guerra dell’indipendenza” scatenata contro l’invasore e i suoi collaborazionisti infrancesati dal 1808 al 1813 (20). Merita di essere pure ricordato — di passaggio — che in quest’ultimo caso si tratta della “guerra di guerriglia” punto di partenza delle riflessioni del giurista tedesco Carl Schmitt (1888-1985) sulla Teoria del partigiano. Note complementari al concetto di politico, del 1963 (21). Quindi l’esame della separazione fra gli spagnoli d’America e quelli di Spagna ne evidenzia il carattere di proiezione politica del divorzio degli spagnoli dalla propria tradizione, dalla propria storia e dal proprio destino: “Il tema della nostra separazione è, dunque, il tema della nostra unione. Dobbiamo unirci dove ci siamo separati, senza con questo voler dire che possiamo prescindere da un secolo di separazione e di evoluzione politica e sociale diversa; dobbiamo riannodare il filo storico del nostro destino” (22).
Questo “filo storico” Ycaza Tigerino segue in La cultura hispánica y la crisis de Occidente, dove studia il rapporto fra la cultura dell’Occidente e la comunità delle nazioni ispaniche, della quale sono descritte l’origine e la frattura insieme alla reazione di fronte alla crisi di tale cultura, nonché la relazione con gli Stati Uniti d’America. E il pensatore nicaraguense conclude le sue articolate e ricche riflessioni notando che “la crisi d’Occidente tocca, a partire dalle sue radici protestanti e razionalistiche, la civiltà nordamericana. Perciò gli Stati Uniti devono essere disposti a ricevere, e in diversi sensi stanno già ricevendo, una crescente influenza culturale ispanoamericana.
“Nel compito comune di superare la crisi dell’Occidente, America ed Europa si devono incontrare. Gli Stati Uniti incontreranno l’Europa attraverso la Spagna e nella misura in cui i valori della cultura spagnola della nostra America verranno imprimendo il carattere di una nuova gerarchia spirituale in Nordamerica” (23).
Si tratta di pensieri che si leggono con tanto maggior emozione quando i mass media informano che la minoranza ispanica negli Stati Uniti d’America potrebbe essere l’ago della bilancia nelle elezioni del 2004 e che il presidente George W. Bush — che non perde occasione per sfoggiare il proprio spanglish, l’ibridazione fra spagnolo e inglese corrente nel suo Texas — ha consigliato ai funzionari del Partito Repubblicano di seguire corsi intensivi di spagnolo, utili per dialogare con un settore della popolazione che sta per superare il 10% (24) — com’è noto, la necessità non è certamente l’ultimo strumento della Provvidenza —, e che potrebbero essere illuminati dai versi, tanto rivoluzionari quanto profetici, di Spagna, 1873-74 di Walt Whitman (1819-1892) — inseriti con la raccolta Dal meriggio alla stellata notte nell’ultima edizione accresciuta di Leaves of Grass, “Foglie d’erba”, del 1882 —, versi che Ycaza Tigerino cita in chiusura del suo scritto: “E non pensare che ti abbiamo dimenticato, o materna;
“Tanto ti sei attardata? Nuovamente si ammassano, grevi su di te, le nubi?
“Ah, ma infine tu stessa a noi ti sei rivelata — noi ti conosciamo,
“Tu ci hai fornito una prova sicura, un lampo di te stessa,
“Là, come ovunque, attendevi, la tua ora attendevi” (25).
E al poeta dell’America anglosassone fa eco, nel 1905, nei Cantos de vida y esperanza, il poeta iberoamericano Rubén Darío, che, mentre nell’ode A Roosevelt (Theodore [1858-1919]) ammonisce: “E, poi, contate su tutto, fuorché su una cosa: Dio!” (26), così permettendo di misurare la distanza dall’attuale America Settentrionale e dall’attuale presidente, nell’ode Saluto dell’ottimista “vede” la fine dell’oblio: “Un continente e l’altro rinnovando le antiche stirpi,
“in spirito uniti, in spirito, ansie e lingua,
“vedon giungere il momento in cui dovran cantare nuovi inni” (27).
E, con lui e come lui, dallo stesso piccolo Nicaragua con grande cuore ispanico e cattolico, ha compreso, auspicato e in qualche modo avuto la stessa “visione” anche Julio César Ycaza Tigerino.
Note:
(1) Cfr. la scheda Julio Ycaza Tigerino. 1919-2001, <www.filosofia.org/ave/001/a02 6.htm>; il commento in occasione dell’ottantesimo anniversario, di Jorge Eduardo Arellano Sandino, Homenaje al escritor Julio Ycaza Tijerino a sus 80 años de vida, <www. equiposyaccesorios.com/Lit1.html>; e quelli in occasione della morte: Moisés Martínez, Muere Julio Ycaza Tigerino, in La Prensa. El diario de los Nicaragüenses, n. 22343, Managua 18-4-2001, <www-ni.laprensa.com.ni/archivo/2001/abril/19/nacionales/nacionales -2001041 9-04.html>; Carlos Tünnermann Bernheim, Elogio de Julio Ycaza Tigerino, in La Prensa Literaria. Suplemento semanal del diario “La Prensa”, Managua 21-4-2001, <www-ni.laprensa.com.ni/archivo/2001/abri l/21/literaria/>; Ante la muerte del Dr. Julio Ycaza Tigerino, in El Nuevo Diario, Managua 25-4-2001, <www.elnuevodiario.com.ni/arc hivo/2001/abril/25-abril-2001/variedades/variedades4.html>; Julio Valle-Castillo, Despedida a Don Julio Ycaza Tigerino, in El Nuevo Diario, Managua 28-4-2001, <www. elnuevodiario.com.ni/archivo/2001/abril/28-abril-2001/cultural/cultural8.html>; e Auxiliadora Rosales, Homenaje póstumo a Julio Ycaza, in La Prensa. El diario de los Nicaragüenses, n. 22416, Managua 1°-7-2001, <ww w-ni.laprensa.com.ni/archivo/2001/julio/01/revista/revista-20010701-01.html>.
(2) Cfr. José Pedro Galvão de Sousa, Introdução à Historia do Direito Político Brasileiro, 2a ed., Saraiva, San Paolo 1962, p. 122; sull’autore, cfr. José Pedro Galvão de Sousa, in Cristianità, anno XXI, n. 213-214, gennaio-febbraio 1993, p. 10.
(3) Cfr. le schede Jaime Eyzaguirre Gutiérrez. 1908-1968, <www.filosofia.org/ave/001/a037.htm> e <http://icarito.tercera.cl/b iografias/1925-1958/bios/eyzaguirre.htm>.
(4) Cfr. la scheda Pablo Antonio Cuadra Cardenal. 1912-2002, <www.filosofia.org/a ve/001/a034.htm>.
(5) Cfr. Julio César Ycaza Tigerino, Sociología de la política hispanoamericana, Seminario de problemas hispanoamericanos, Madrid 1950; 2a ed., Instituto de Estudios Políticos, Madrid 1962.
(6) Cfr. Idem, Originalidad de Hispanoamérica, Cultura Hispánica, Madrid 1952.
(7) Cfr. Idem, Hacia una sociología hispanoamericana, Cultura Hispánica, Madrid 1958.
(8) Cfr. Idem, Poemas del campo y de la muerte, Agora, Madrid 1959.
(9) Cfr. Idem e Eduardo Zepeda-Henríquez, Los nocturnos de Rubén Darío y otros ensayos, Cultura Hispánica, Madrid 1964.
(10) Cfr. J. C. Ycaza Tigerino, Perfil político y cultural de Hispanoamérica, Cultura Hispánica, Madrid 1971.
(11) Cfr. Idem, La cultura hispánica y la crisis de Occidente, Ministerio de Cultura, Madrid 1981; 2a ed., Academia Nicaragüense de la Lengua, Managua 1997.
(12) Cfr. la scheda “Alférez”. 1947-1949, <www.filosofia.org/hem/med/m015.htm>.
(13) Cfr. Idem, Génesis de la independencia hispanoamericana, Editado por la revista Alférez, Madrid 1947; oggi in <www.filosofia.org/hem/194/alf/ycaza.htm>; cfr. pure Idem, La Hispanidad en retórica, in Alférez, anno I, n. 3, Madrid 30-4-1947, p. 6, <www.filosofia.o rg/hem/194/alf/ez0306.htm>; Idem, Sentido y ubicación de Mexico, ibid., anno I, n. 4, Madrid 31-5-1947, p. 7, <www.filosofia.org/hem/19 4/alf/ez0911.htm>; e Idem, Notas sobre la Hispanidad, anno I, n. 9-10, Madrid ottobre-novembre 1947, p. 11, <www.filosofia.org/h em/194/alf/ez0911.htm>.
(14) Idem, Génesis de la independencia hispanoamericana, cit., p. 23.
(15) Cfr. Philip Wayne Powell (1913-1987), Arbol de Odio. La Leyenda Negra y sus consecuencias en las relaciones entre Estados Unidos y el Mundo Hispánico, trad. spagnola, Ediciones Iris de Paz, Madrid 1991, un’opera significativamente scritta — come afferma lo stesso storico statunitense nella Prefazione all’edizione spagnola (ibid., pp. IX-X) — nella “[…] speranza […] che un’ampia conoscenza della Leggenda Nera e dei suoi effetti, in entrambi i nostri mondi [quello anglosassone e quello ispanico], spianerà la strada all’instaurazione di vincoli più forti di amicizia e di simpatia, che considero essenziali perché sopravviva e prosperi quella che chiamiamo “civiltà occidentale”” (ibid., p. X). Cfr. pure Jean Dumont (1923-2001), Il Vangelo nelle Americhe. Dalla barbarie alla civiltà. Con un’appendice sul processo di beatificazione della regina Isabella la Cattolica, trad. it., con prefazione di Marco Tangheroni, Effedieffe, Milano 1992.
(16) Cfr. Marius André, La fin de l’Empire espagnol d’Amérique, con prefazione di Charles Maurras dal titolo Les forces latines (pp. 5-29), Nouvelle Librairie Nationale, Parigi s.d. [ma, sulla base della dedica, 1922]; cfr. pure la trad. spagnola, El fin del imperio español en América, con introduzione di Eugenio Vegas Latapie dal titolo Reflexiones (pp. 7-46), Cultura Española, Madrid 1939.
(17) Cfr. Carlos Pereyra, Breve Historia de América, 3a ed., Aguilar, Madrid-Città del Messico-Buenos Aires 1949.
(18) Cfr. Lionel Cecil Jane, Liberty and Dispotism in Spanish America, con prefazione di Salvador de Madariaga y Rojo (1886-1978), 1929, Cooper Square Publishers, Inc., New York 1966; cfr. pure la trad. spagnola, Libertad y dispotismo en América hispana, Imán, Buenos Aires 1942.
(19) Cfr. una puntuale descrizione dell’itinerario, in Gianfranco Poggi, La vicenda dello stato moderno. Profilo sociologico, il Mulino, Bologna 1978; nonché la topica del fenomeno “rivolta”, in Ettore Rotelli e Pierangelo Schiera (a cura di), Lo Stato moderno, vol. III, Accentramento e rivolte, il Mulino, Bologna 1974.
(20) Cfr., in un’ottica esclusivamente militare, ma con riferimenti bibliografici anche di genere, Tommaso Argiolas (1921-1996), La guerriglia: storia e dottrina, Sansoni, Firenze 1967, pp. 86-102.
(21) Cfr. Carl Schmitt, Teoria del partigiano. Note complementari al concetto di politico, trad. it., il Saggiatore, Milano 1981.
(22) J. C. Ycaza Tigerino, Génesis de la independencia hispanoamericana, cit., p. 11.
(23) Idem, La cultura hispanica y la crisis de Occidente, cit., p. 140.
(24) Cfr. E. C., Bush manda i suoi a scuola di spagnolo, in Corriere della Sera, anno 127, n. 75, Milano 29-3-2002, p. 15.
(25) Walt Whitman, Spagna, 1873-74, trad. it., in Idem, Foglie d’erba, ed. integrale, versioni e prefazione di Enzo Giachino, con un saggio di Franco Buffoni, Einaudi, Torino 1993, pp. 598-599.
(26) Rubén Darío, A Roosevelt, trad. it., in Idem, Canti di vita e di speranza, a cura di Maurizio Fantoni Minnella, Passigli, Firenze 1998, pp. 66-69 (pp. 68-69); cfr. un parallelo fra Whitman e Darío, in J. C. Ycaza Tigerino e E. Zepeda-Henríquez, Estudio de la Poética de Rubén Darío, Comisión Nacional para la Celebración del Centenario del Nacimiento de Rubén Darío, Managua 1967, pp. 140-146.
(27) Idem, Saluto dell’ottimista, trad. it., in Idem, Canti di vita e di speranza, cit., pp. 42-45 (pp. 44-45).