Nota del 12 ottobre 2018
Papa Francesco ha rivolto parole di fuoco per ricordare uno dei capisaldi della Dottrina sociale della Chiesa: la intangibilità della persona umana. In questo articolo Giovanni Cantoni presenta la nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede, firmata dal cardinal Ratzinger e particolarmente raccomandata da Sua Santità Giovanni Paolo II «Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica» del 17 gennaio 2013.
Giovanni Cantoni, Cristianità n. 315 (2003)
Le radici dell’ordine morale e il loro riconoscimento nella vita politica grazie all’impegno e al comportamento dei cattolici
1. Il 17 gennaio 2003 è stato reso pubblico, attraverso la stampa sul quotidiano ufficioso della Santa Sede, L’Osservatore Romano, un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, datato 24 novembre 2002, giorno in cui la liturgia celebra Cristo Re dell’Universo (1). Il documento è firmato dal prefetto della Congregazione, card. Joseph Ratzinger, e dal segretario, mons. Tarcisio Bertone S.D.B., arcivescovo emerito di Vercelli, e approvato speciali modo dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II.
Il testo non è stato illustrato — come di consueto — nel corso di una conferenza stampa, ma la sua pubblicazione è stata accompagnata da due articoli qualificati appunto come “di presentazione”, riproposti con il documento stesso anche sul sito della Santa Sede, articoli redatti rispettivamente dai cardinali Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, e Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, in Germania (2). Nei giorni seguenti la pubblicazione del documento il quotidiano vaticano ne ha proposto alcuni articoli di commento (3).
2. Dal punto di vista formale, la Nota dottrinale costituisce un “sillabo” socio-politico, cioè una raccolta di proposizioni e di tesi relative appunto all’impegno e al comportamento dei cattolici nella vita politica, a fronte di deviazioni e di difficoltà congiunturali, cioè proprie dell’ora presente. Si tratta di documento dello stesso genere del più noto Sillabo, quindi del sillabo per antonomasia, pubblicato nel 1864 in appendice all’enciclica Quanta cura — “che condanna e proscrive i principali errori attualmente dominanti in questo tristissimo tempo” — del Papa beato Pio IX (1846-1878): una raccolta di ottanta proposizioni, organizzata in dieci paragrafi, dallo stesso Pontefice condannati in documenti precedenti (4).
Quanto ai destinatari formali del nuovo documento, essi sono anzitutto i vescovi, in quanto catechisti e guide morali, poi i cattolici “professionisti della politica”, infine tutti i laici cattolici, dal momento che, nei regimi democratici rappresentativi, sono anch’essi abilitati all’azione politica esplicita.
3. Merita di essere segnalato che della Nota dottrinale esiste almeno un precedente non solo formale, come il Sillabo citato, ma che colpisce per l’analogia sia di forma sia di contenuto: si tratta del motu proprio Dell’azione popolare cristiana “Fin dalla prima”, pubblicato da Papa san Pio X (1903-1914) (5), per altro non richiamato nella Nota dottrinale stessa né da alcuno ricordato in occasione della sua pubblicazione. Si tratta di un precedente che non è solo del medesimo genere formale del Sillabo nonché, lato sensu, relativo alla stessa area di problemi della Nota dottrinale, quella socio-politica, ma che — guarda caso — è stato pubblicato esattamente cent’anni or sono, nel 1903. Come dicevo, si tratta di una coincidenza non rilevata, ma da rilevare e non come semplice curiosità, bensì perché degna di attenzione in quanto non inutile per la messa a fuoco, la comprensione e la collocazione del nuovo testo nel quadro della dottrina sociale naturale e cristiana. La forte analogia fra i due documenti ne suggerisce un’altra — ugualmente non evidenziata —, cioè quella fra i giudizi portati rispettivamente da Papa Giovanni Paolo II sulla “democrazia senza valori” nell’enciclica Evangelium vitae (6), del 1995, e sulla “secolarizzazione della democrazia” da Papa san Pio X nella lettera apostolica Notre charge apostolique (7), del 1910, nella “lettura” — degna d’attenzione per la competenza dell’esperto — che ne propone il domenicano svizzero Arthur Fridolin Utz (1908-2001) pubblicandola con il titolo La concezione secolarizzata della democrazia (8).
4. Quanto alla materia, nella Nota dottrinale il Magistero non intende riproporre l’intero insegnamento della Chiesa cattolica in campo socio-politico, per il quale rimanda, come a riassunto autorevole delle sue linee essenziali, al Catechismo della Chiesa Cattolica. Intende piuttosto richiamare sinotticamente alcuni princìpi propri della coscienza cristiana che ispirano l’impegno sociale e politico dei cattolici (9) nelle società democratiche “[…] perché in questi ultimi tempi, spesso per l’incalzare degli eventi, sono emersi orientamenti ambigui e posizioni discutibili, che rendono opportuna la chiarificazione di aspetti e dimensioni importanti della tematica in questione” (n. 1). E il richiamo è articolato, secondo la modalità espressiva non solo di sentenza, ma anche d’istruttoria e, soprattutto, di motivazione, con la quale il Magistero è venuto caratterizzandosi a partire dall’enciclica Humanum genus (10), del 1884, di Papa Leone XIII, quindi dall’enciclica Pascendi dominici gregis (11), del 1907, di Papa san Pio X.
5. L’indicazione dell’area d’attenzione, quella socio-politica, si accompagna alla determinazione temporale, alla qualificazione cronologica della congiuntura attraverso il riferimento a “questi ultimi tempi”; poi, quasi immediatamente, viene precisato nella constatazione relativa al fatto che “la società civile si trova oggi all’interno di un complesso processo culturale che mostra la fine di un’epoca e l’incertezza per la nuova che emerge all’orizzonte” (n. 2), sì che si è in qualche modo autorizzati a leggere “questi ultimi tempi” come “questi tempi ultimi”, naturalmente eliminando ogni allure puntualmente apocalittica, improponibile in quanto la datazione dei tempi ultimi — come sa bene ogni cristiano — non è nota neppure al Figlio.
Dunque, si tratta dei tempi ultimi di un mondo che muore, dei tempi fra un mondo che muore e un mondo che nasce. E questa precisazione aiuta a cogliere la natura del contenuto della Nota dottrinale, intesa piuttosto a seminare che a proteggere un raccolto — benché, per certo, non indifferente alla protezione di quanto sopravvive —, perciò sostanzialmente coerente con il programma della Nuova Evangelizzazione.
6. La ricerca di una formulazione atta a descrivere il giudizio sul fatto e sul suo tempo contenuto nel documento, suggerisce il richiamo a una reiterata riflessione del pensatore, storico e scrittore svizzero Gonzague de Reynold (1880-1970): “Esponendo il “disegno generale” del suo Discours sur l’histoire universelle Bossuet [Jacques-Bénigne (1627-1704)] scrive: “Come, per facilitare il ricordo nella conoscenza dei luoghi, si tengono a mente certe città principali attorno alle quali si pongono le altre, ciascuna alla sua distanza; così, nell’ordine dei secoli, bisogna avere certi tempi segnati da qualche avvenimento, al quale si riferisce tutto il resto. È quanto si denomina epoca, da un termine greco che significa fermarsi, perché ivi ci si ferma per osservare come da un luogo di riposo tutto quanto è accaduto prima o dopo”.
“Dunque epoca significa anzitutto avvenimenti notevoli segnati nella storia come posizioni dove ci si deve fermare per vedere. Quindi il termine si applica a ogni spazio di tempo che scorre fra due di questi avvenimenti. Poi la parola assume un significato scientifico. In geologia un’epoca è la durata seguente un grande cambiamento della terra e ne è condizionata finché un altro grande cambiamento sconvolge l’aspetto del globo e trasforma le condizioni della vita. Ora, la geologia è già vicinissima alla storia, dal momento che ne è separata solo dalla geografia.
“Chiamo quindi epoca una durata storica fra due cambiamenti: la porta d’entrata e la porta d’uscita. Un’epoca è anche la durata di una civiltà, quindi della società che l’ha in parte ereditata, in parte prodotta. Finalmente, ogni civiltà e ogni società hanno come motore una certa idea, consapevole o inconsapevole, teorica o pratica, dell’uomo e del destino umano.
“Un’epoca non è assolutamente statica. All’interno del suo sviluppo passa attraverso trasformazioni successive. Ha una giovinezza, una maturità, una vecchiaia con, al termine, la morte. Infatti le collettività umane vivono per analogia allo stesso modo dell’uomo medesimo, fra una culla e una tomba.
“Ma che tomba?
“Quando un’epoca ha esaurito il proprio principio vitale, quando non ha più una durata realmente vissuta, quando è già lavorata dall’epoca nuova che si sta formando in essa e ne sta togliendo la sostanza, si produce una rivoluzione nel significato primo del termine: ritorno al punto di partenza, chiusura di un ciclo. Così l’epoca cade in fondo a un periodo vuoto in cui si dissolve. La società si disgrega, i popoli si sradicano e si rimettono in movimento; la curva della civiltà flette e ricompare la barbarie.
“Frattanto, con molta incertezza e fatica e lentezza, con avanzate e con ritirate, con convalescenze e con ricadute, un’altra epoca finisce per uscire dal periodo vuoto. Non conosce ancora il proprio nome: gliene daranno uno più tardi gli storici — raramente quello giusto. Avrà ancora gli occhi chiusi per lungo tempo. Saranno necessarie diverse generazioni perché, infine uscita dal cratere e dalle lave, prenda il proprio ritmo. Ma la nuova forma di civiltà non potrà sbocciare prima che la nuova società abbia potuto costituirsi e stabilizzarsi.
“Paragonerei questo sviluppo per epoche e periodi vuoti a una lunga catena di montagne, una catena tagliata da depressioni ripide e profonde. Ogni segmento di questa cordigliera s’iscrive fra due di tali depressioni. Risale lentamente dall’una per cadere rapidamente nell’altra. Lo domina una vetta, luminosa come un ghiacciaio al sole. Ma su una vetta vi è poco spazio e non vi si potrebbe restare a lungo” (12).
7. Nella stessa prospettiva di una caduta, di un tramonto storico, quindi di una risalita, di una nuova alba, si situa la reiterazione del principio già proposto da Papa Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae, a proposito del caso in cui “[…] non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista” (13), già in vigore o messa al voto. Sulla base di tale principio “[…] un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica” (14).
Piuttosto che discutere e commentare la tesi, mi preme mostrarne la coerenza con la congiuntura cui ho fatto riferimento, che immagina — come ho appena detto — una caduta e un’auspicabile risalita, nonché anzitutto sottolineare come la novità della tesi all’interno del Magistero della Chiesa cattolica sia solo apparente.
Comincio da tempi vicini ai nostri: quelli del servo di Dio Papa Pio XII (1939-1958). Il Pontefice ha ben presente la situazione quando, nel 1952, parla di “[…] tutto un mondo, che occorre rifare dalle fondamenta, che bisogna trasformare da selvatico in umano, da umano in divino, vale a dire secondo il cuore di Dio” (15). Ebbene, nel 1951 lo stesso Pontefice, in un discorso a padri di famiglia francesi, aveva affermato: “Potrà darsi che qui o là, su un punto o su un altro, ci si trovi nella necessità di cedere davanti alla superiorità delle forze politiche. Ma, in questo caso, non si capitola, si pazienta. È ancora necessario, in caso simile, che si salvi la dottrina, che si mettano in opera tutti i mezzi efficaci per avviarsi progressivamente verso la meta alla quale non si rinuncia” (16).
Dunque, la parzialità, l’imperfezione di un gesto non deve assolutamente essere confusa con una modifica dottrinale e neppure con un cedimento alla “morale della situazione”; va piuttosto misurata come espressione — il gesto e non la dottrina — della “morale nella situazione”, che può costringere a limitare l’operato, ma non l’enunciazione e la riproposizione della dottrina relativa. Infatti, non si tratta di porre un atto moralmente disordinato, ma di ridurre con un atto moralmente ordinato le conseguenze di un atto disordinato posto da altri. Quindi è in questione l’”ordine morale”, verso il quale si compie un passo di un itinerario, perciò di un “atto moralmente ordinato verso la realizzazione più perfetta dell’ordine morale”, una sua realizzazione migliore e una perfezione storicamente possibile.
Non diversamente, in situazione analoga, si esprimeva Papa san Gregorio Magno (590-604) che, dettando istruzioni all’abate san Mellito (seconda metà del secolo VI-624), in Francia, per sant’Agostino di Canterbury (?-604), cioè a un missionario di una nuova evangelizzazione, quella presso gli angli, scrive: “Non c’è dubbio che alle menti rozze non è possibile tagliare tutto d’un colpo; colui che tenta di salire in un luogo molto alto si eleva con gradini e con passi, non con i salti” (17).
8. Venendo al contenuto della Nota dottrinale, si fa anzitutto stato del fatto che “la fede non ha mai preteso di imbrigliare in un rigido schema i contenuti socio-politici, consapevole che la dimensione storica in cui l’uomo vive impone di verificare la presenza di situazioni non perfette e spesso rapidamente mutevoli” (n. 7).
Quindi viene anzitutto riaffermato il primato del cosiddetto principio pre-sociale: “La Chiesa è consapevole che la via della democrazia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall’altra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una retta concezione della persona“ (n. 3). “Su questo principio — prosegue il testo — l’impegno dei cattolici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza interiori dei fedeli stessi. La struttura democratica su cui uno Stato moderno intende costruirsi sarebbe alquanto fragile se non ponesse come suo fondamento la centralità della persona. È il rispetto della persona, peraltro, a rendere possibile la partecipazione democratica” (ibidem).
Seguono le messe in guardia contro comportamenti inaccettabili riguardanti aspetti della realtà sociale che si possono considerare fondativi, radicali, tali da autorizzare a parlare di “radici dell’ordine morale”. Appare assolutamente chiaro che non è in questione tanto la protezione di situazioni esistenti, quanto piuttosto la loro costruzione. Si legge, infatti, nel documento che “la fede in Gesù Cristo che ha definito se stesso “la via, la verità e la vita” (Gv. 14, 6) chiede ai cristiani lo sforzo per inoltrarsi con maggior impegno nella costruzione di una cultura che, ispirata al Vangelo, riproponga il patrimonio di valori e contenuti della Tradizione cattolica” (n. 7). Dunque, “quando l’azione politica viene a confrontarsi con principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, allora l’impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità. Dinanzi a queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili, infatti, i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. È questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da non confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione umano. Analogamente, devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale. Così pure la garanzia della libertà di educazione ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile, riconosciuto tra l’altro nelle Dichiarazioni internazionali dei diritti umani. Alla stessa stregua, si deve pensare alla tutela sociale dei minori e alla liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù (si pensi, ad esempio, alla droga e allo sfruttamento della prostituzione)” (n. 4).
Ancora: “Non può essere esente da questo elenco il diritto alla libertà religiosa e lo sviluppo per un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà umana e di quello di sussidiarietà” (ibidem).
“Come non vedere, infine, in questa esemplificazione il grande tema della pace. Una visione irenica e ideologica tende, a volte, a secolarizzare il valore della pace mentre, in altri casi, si cede a un sommario giudizio etico dimenticando la complessità delle ragioni in questione. La pace è sempre “frutto della giustizia ed effetto della carità” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2304); esige il rifiuto radicale e assoluto della violenza e del terrorismo e richiede un impegno costante e vigile da parte di chi ha la responsabilità politica” (ibidem).
Quindi, viene proposta una qualificazione delle situazioni e degli operatori politici sulla base di prospettive alternative. Vi sono anzitutto quelli che auspicano “confusione tra la sfera religiosa e la sfera politica” (n. 6), contro i cui pericoli vengono ricordate le reiterate messe in guardia di Papa Giovanni Paolo II: “Assai delicate sono le situazioni in cui una norma specificamente religiosa diventa, o tende a diventare, legge dello Stato, senza che si tenga in debito conto la distinzione tra le competenze della religione e quelle della società politica. Identificare la legge religiosa con quella civile può effettivamente soffocare la libertà religiosa e, persino, limitare o negare altri inalienabili diritti umani” (18). Sono poi evocati contesti e propositi di radicale separazione, destinati a trascorrere “in una forma di intollerante laicismo“ (n. 6): “In questa prospettiva, infatti, si vuole negare non solo ogni rilevanza politica e culturale della fede cristiana, ma perfino la stessa possibilità di un’etica naturale” (ibidem). Infine, si ricorda come, “per la dottrina morale cattolica la laicità intesa come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica — ma non da quella morale — è un valore acquisito e riconosciuto e appartiene al patrimonio di civiltà che è stato raggiunto” (ibidem).
9. L’espressione evangelica assunta a Leitmotiv della lettera apostolica di Papa Giovanni Paolo II Novo millennio ineunte (19), del 2001, “Duc in altum” (Lc. 5, 4), rimanda immediatamente, nel contesto corporativo in cui viene usata — cioè in un mondo di pescatori, cioè di uomini di mare — al significato di “Prendi il largo”. Ma non tollera forse, in altri contesti e in altre congiunture, altre versioni analoghe? Nel mondo degli aviatori non verrebbe immediatamente inteso come “Prendi quota”? In quello degli alpinisti come “Scala”?
Ebbene, per un’umanità precipitata in un crepaccio, in un tempo vuoto, “Duc in altum” suona — fra l’altro — come “Sali, ascendi”. Così, nella prospettiva di una società, di un mondo umano caduto in fondo a un precipizio, l’incitamento a risalire si accompagna, da parte del Magistero, a una diffida a fare salti imprudenti e inconsistenti, e alla puntuale e precisa indicazione di una tecnica fatta di passi, di gradini, di passaggi fondamentali, di cui le guide — gli uomini a vario titolo “politici” — devono divenire conoscitori, percorritori e precorritori esperti e responsabili. Soprattutto, non sognanti progettisti, ma operatori coscienziosi e concreti, aperti — questo sì — alla sorpresa del paesaggio nuovo che si aprirà — si apre? — davanti ai loro occhi — o davanti a quelli dei loro posteri — sulla vetta. Comunque, fin da subito, grati della stessa pura ipotesi — certamente condizionata ma, nel suo genere, non meno certa — della conseguibilità della meta: “Finalmente, il mio Cuore Immacolato trionferà” (20).
Giovanni Cantoni
Note:
(1) Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, del 24-11-2002, in L’Osservatore Romano, Città del Vaticano 17-1-2003, trascritto in questo stesso fascicolo di Cristianità. Tutte le citazioni senza rimando in nota sono tratte da questo documento e i rimandi sono fra parentesi nel testo, indicati con il numero di paragrafo.
(2) Cfr. card. Giacomo Biffi, Cultura cattolica per un vero umanesimo, in L’Osservatore Romano, cit.; e card. Joachim Meisner, Significato ed attualità del documento, ibidem. Entrambi gl’interventi sono trascritti in questo stesso fascicolo di Cristianità, il secondo con il titolo redazionale La missione politica del laicato cattolico: per la regalità di Cristo nella postmodernità.
(3) Cfr. mons. Salvatore Fisichella, La responsabilità del politico cattolico, in L’Osservatore Romano, Città del Vaticano 18-1-2003; Réal Tremblay C.SS.R., La persona pilastro dell’impegno dei cattolici in politica, ibid., 20/21-1-2003; monsignor Ángel Rodríguez Luño, Laicità e pluralismo, ibid., 24-1-2003; Francesco D’Agostino, I cristiani, la democrazia e l’etica naturale, ibid., 27/28-1-2003; e Robert Spaemann, Il pericoloso errore del relativismo etico, ibid., 3/4-2-2003.
(4) Cfr. beato Pio IX, Enciclica “Quanta cura. Errores dominantes damnantur et proscribuntur”, dell’8-12-1864, in Enchiridion delle Encicliche, vol. 2, Gregorio XVI. Pio IX. (1831-1878), edizione bilingue, EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 1996, pp. 500-519; con, in appendice, Syllabus, ibid., pp. 520-545.
(5) Cfr. san Pio X, “Motu proprio” Dell’azione popolare cristiana “Fin dalla prima”, dell’8-12-1903, trascritto e con una Nota storico-bibliografica redazionale in Cristianità, anno I, n. 2, novembre-dicembre 1973, pp. 6-8. Fra i precedenti, il documento rimanda a un testo della stessa natura: cfr. Sacra Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, Istruzione sull’Azione popolare cristiana o democratico-cristiana in Italia, del 27-1-1902, firmata dal card. Mariano Rampolla del Tindaro (1843-1913), in La Civiltà Cattolica, anno 53, fascicolo 1240, Roma 6-2-1902, pp. 461-471, che ne ha immediatamente prodotto un altro analogo: cfr. Programma o norme generali di Azione popolare o democratico-cristiana, pel secondo Gruppo dell’opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici in Italia, pubblicato in appendice allo Statuto e Regolamenti dell’Opera dei Congressi e comunicato a tutti i vescovi d’Italia dallo steso cardinale il 27-1-1902, ibid., anno 53, n. 1241, Roma 18-2-1902, pp. 516-522.
(6) Cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica “Evangelium vitae” sul valore e l’inviolabilità della vita umana, del 25-3-1995, n. 70; cfr., a commento, il mio La democrazia nell’enciclica sociale “Evangelium vitae”, in Cristianità, anno XXIII, n. 241-242, maggio-giugno 1995, pp. 3-8.
(7) Cfr. san Pio X, La concezione secolarizzata della democrazia. Lettera agli Arcivescovi e ai Vescovi francesi “Notre charge apostolique”, del 25-8-1910, trad. it., Cristianità, Piacenza 1993.
(8) Cfr. ibid., pp. 39-40.
(9) Cfr. il mio Dottrina sociale, teologia morale e coscienza, in Cristianità, anno XVII, n. 165, gennaio 1989, pp. 5-7.
(10) Cfr. Leone XIII, Enciclica “Humanum genus” sulla setta dei massoni, del 20-4-1884, trad. it., in CESNUR. Centro Studi sulle Nuove Religioni, Massoneria e religioni, a cura di Massimo Introvigne, Editrice Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1994, pp. 194-215, dove — fra altri — si trova anche il mio La massoneria nei documenti del Magistero della Chiesa cattolica, pp. 133-161.
(11) Cfr. san Pio X, Enciclica “Pascendi dominici gregis” sulle dottrine dei modernisti, dell’8-9-1907, in Enchiridion delle Encicliche, vol. 4, Pio X. Benedetto XIV. (1903-1922), edizione bilingue, EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 1998, pp. 206-309.
(12) Gonzague de Reynold, Le toit chrétien, vol. VII di Formation de l’Europe, Plon, Parigi 1957, pp. 502-504, trad. it., Epoche, società e civiltà, in Cristianità, anno XXV, n. 271-272, novembre-dicembre 1997, p. 5.
(13) Giovanni Paolo II, Enciclica “Evangelium vitae” sul valore e l’inviolabilità della vita umana, cit., n. 73.
(14) Ibidem; cfr., a commento, monsignor Á. Rodríguez Luño, Il parlamentare cattolico di fronte ad una legge gravemente ingiusta, in L’Osservatore Romano, 6-9-2002; cfr. la problematica, in Joseph Joblin S.J. e Réal Tremblay C.SS.R. (a cura di), I cattolici e la società pluralista. Il caso delle “leggi imperfette”. Atti del I Colloquio sui cattolici nella società pluralista. Roma, 9-12 novembre 1994, ESD. Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1996.
(15) Pio XII, Esortazione ai fedeli di Roma, del 10-2-1952, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XIII, pp. 467-474 (p. 471).
(16) Idem, Discorso a Gruppi di padri di famiglia francesi, del 18-9-1951, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XIII, pp. 239-245 (p. 243); la sottolineatura è mia.
(17) San Gregorio Magno, Ep. XI, 56, trad. it., in Opere di Gregorio Magno, vol. V/4, Lettere (XI-XIV, Appendici). Indici, a cura di Vincenzo Recchia, Città Nuova, Roma 1999, pp. 160-163 (pp. 162-163): “Nam duris mentibus simul omnia abscidere impossibile esse non dubium est, quia is qui summum locum ascendere nititur gravibus uel passibus, non autem saltibus eleuatur”.
(18) Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1991 “Se vuoi la pace, rispetta la coscienza di ogni uomo”, dell’8-12-1990, in Cristianità, anno XXVIII, n. 300, luglio-agosto 2000, pp. 12-17 (p. 14).
(19) Cfr. Idem, Lettera apostolica “Novo millennio ineunte” al termine del Grande Giubileo dell’Anno Duemila, del 6-1-2001.
(20) Cfr. i miei Nuova evangelizzazione fra nostalgismo, nostalgia e speranza, in Cristianità, anno XXIV, n. 256-257, agosto-settembre 1996, pp. 17-19; “Cum Petro”, “sub Petro”, verso la civiltà cristiana nel terzo millennio, ibid., anno XXVIII, n. 300, luglio-agosto 2000, pp. 3-4 e 29-30; Fatima e la Contro-Rivoluzione del secolo XXI, ibid., anno XXVIII, n. 301-302, settembre-dicembre 2000, pp. 3-14; e La “purificazione della memoria” e la devozione al Cuore Immacolato di Maria per la Nuova Evangelizzazione, ibid., XXX, n. 313, settembre-ottobre 2002, pp. 25-30.