Il testo completo dello studio critico di Massimo Introvigne su due romanzi dello scrittore di Parma che — pubblicato in sintesi in Avvenire del 5 novembre 1993 con il titolo Ma quanto “New Age” c’è dietro i romanzi di Alberto Bevilacqua — ha provocato una virulenta replica dello scrittore, una risposta di Massimo Introvigne — cfr. Lo scrittore, il Cirlìnn e il lago tibetano, ibid., 18-11-1993 — e un successivo dialogo fra lo stesso Massimo Introvigne e Vittorio Messori — cfr. Sensitivi, non chiudiamo la porta all’imprevisto, ibid., 20-11-1993.
MASSIMO INTROVIGNE, Cristianità n. 223 (1993)
Un nuovo “profeta”?
Talora si rimane sorpresi nel constatare quanto questa fine del secolo XX assomigli alla fine del XIX. Nella fin de siècle dei decenni 1880 e 1890 esponenti di rilievo del mondo culturale si mostravano stanchi e disillusi di fronte alle promesse della ragione positivista e della scienza; i letterati riscoprivano allora il mistero, lo spiritismo, l’occulto: volevano provare tutte le sensazioni, tutte le emozioni, tutti i piaceri, qualche volta tutti i dolori. Esploravano la magia, il satanismo, l’occultismo, e nello stesso tempo l’erotismo in tutte le sue forme. Si accostavano a una prostituta e a una veggente con lo stesso atteggiamento, ansiosi di succhiare dall’una e dall’altra — quasi come vampiri — tutte le emozioni e tutte le esperienze (1). Qualcuno — come Joris-Karl Huysmans negli ultimi anni della sua vita — arrivò anche alla conversione (2): ma si trattava di una sorta di corsa a ostacoli, e molti inciampavano prima del traguardo in un falso cattolicesimo estetico e decadente. Itinerari molto simili vengono percorsi in questi ultimi decenni: ancora una volta i delusi dalle ideologie razionaliste e scientiste riscoprono i medium e la magia. Un esempio caratteristico di questo percorso ci è offerto dallo scrittore italiano Alberto Bevilacqua — nato a Parma nel 1934 e autore di tredici romanzi, di due volumi di racconti e di cinque raccolte di poesie, nonché regista cinematografico di grande successo —, che da una letteratura volta a temi diversi è passato, con I Sensi Incantati (3) e ora con Un cuore magico (4), al mondo della medianità e delle magie. Alberto Bevilacqua — e anche questo fa molto fin de siècle — si annuncia come qualche cosa di più di un romanziere curioso: si sente investito da una “missione” (5), è il “profeta” di “un culto che sta investendo una parte sempre più vasta del mondo”, una “nuova rivoluzione” (6). Proclama la magia “sede privilegiata della dignità dell’esistere” (7); propone la “religiosità cosmica” in alternativa alle vecchie “credenze sbagliate e ridicole”, ai “dogmi e dèi concepiti in miserabili forme antropomorfiche” (8). Giacché la letteratura — e tanto più i romanzi di un autore di successo, conditi con quel tanto di erotismo e di linguaggio “sessualmente esplicito” che non manca mai di favorire le vendite — si rivelano spesso un veicolo privilegiato per diffondere idee e temi della nuova religiosità, vale la pena di dedicare qualche attenzione ai due volumi di Alberto Bevilacqua, anche se si tratta di opere — da tutti i punti di vista — di qualità discutibile. Fra l’altro, senza che il lettore ne sia avvertito, una ventina di passaggi di Un cuore magico sono semplicemente ricopiati, parola per parola, da I Sensi Incantati, non si sa se per stanchezza letteraria dell’autore o per meglio ribadire alcune idee magico-religiose.
La trama
Alberto Bevilacqua ci assicura che I Sensi Incantati e Un cuore magico descrivono — con un minimo di artifici letterari — la sua vita negli ultimi anni in chiave di autobiografia spirituale: si tratterebbe quindi, almeno in uguale misura, di una storia vera e di una rielaborazione romanzesca (9). Lo scrittore narra la storia della sua crisi nervosa — acuita dal lento procedere della causa di divorzio dalla moglie — e della forma più grave di depressione di cui soffre la madre nella nativa Parma. La narrazione è occasione per evocare le tradizioni esoteriche della sua terra, il circolo magico del Parmigianino, le “strione”, le streghe, e gli “strioni” dell’Emilia, la nonna materna medium, che comunicava con il primo marito defunto. L’autore comincia a risolvere i suoi problemi quando entra in contatto, a Roma, con un gruppo esoterico chiamato L’Universo nel Tempo, guidato da una giovane docente di antropologia culturale, Miriam, di cui diventa rapidamente l’amante. Miriam ha un difficile rapporto con un fratello, Franz, sospettato dell’omicidio di un professore omosessuale e così incerto sulla sua identità sessuale — nonostante la sorella lo avesse a suo tempo iniziato alle donne con un rapporto incestuoso — da vendere il suo corpo per strada per squallidi giochi con clienti di entrambi i sessi. Lasciato il villino di famiglia Miriam si trasferisce così a vivere con lo scrittore: gli riempie la casa di misteriosi idoli pagani e comincia a dare prova di straordinarie capacità di medium e di sensitiva. L’iniziazione del protagonista è completata dai rapporti con Gustavo Adolfo Rol — un sensitivo che vive a Torino, e che non è un personaggio di fantasia —, che gli trasmette telepaticamente insegnamenti e messaggi. Via via si presentano altri personaggi: Tano, esperto di levitazione, capace di voli straordinari; l’uccello sensitivo Salomone; e il giudice della causa di divorzio dello scrittore, un ometto ossessionato dal sesso, che prolunga il caso all’infinito per il piacere di continuare a frequentare l’autore. Tutto è occasione per sedute di spiritismo, di chiaroveggenza, di psicofonia sempre più straordinarie, finché Miriam compie il miracolo finale — la guarigione della madre dello scrittore dalla sua malattia — e finalmente scompare. Con questa metafora classica nei viaggi esoterici — quando il discepolo è capace di camminare da solo il maestro si allontana — si conclude il primo volume, I Sensi Incantati.
Consapevole che “con I Sensi Incantati è nato un movimento” (10), nella nuova opera Un cuore magico Alberto Bevilacqua appare ancora di più in prima persona, se la prende con i giornalisti scettici e si descrive come mediatore fra migliaia di persone semplici che aspettano da lui una nuova verità e i pochi veri “Grandi Sensitivi” dello stesso calibro di Miriam, con cui è in grado di mettere in contatto chi ha veramente bisogno di aiuto. La guarigione della madre si perfeziona, la causa di divorzio procede: il giudice finirà per andare in pensione senza averla conclusa. Mentre Miriam non c’è più, l’autore si dà di nuovo all’erotismo e attraversa la “foresta delle donne” (11), esplorando — senza disdegnare le situazioni estreme e perfino i rapporti a tre — le molteplici sfaccettature della sessualità femminile e attendendo una nuova relazione, che gli è stata annunciata telepaticamente da Gustavo Adolfo Rol. Preceduta — esattamente come la Madame Chantelouve di Là-bas, il romanzo sul satanismo di Joris-Karl Huysmans (12) — da lettere di cui lo scrittore ignora l’autrice, compare così “Giulia J.”, una nuova compagna più prosaica, che a poco a poco impara a calarsi nei panni di Miriam. Giulia J. è stata inviata all’autore dal fratello di Miriam, Franz, che la polizia continua a sospettare di omicidio, e lo scrittore di satanismo. Per una Roma crepuscolare, fra ombre di Tangentopoli e accenni a cupi “riti erotici” di carattere “infame” praticati negli alberghi Raphael e Plaza — noti ritrovi di altrettanto noti politici nazionali (13) —, si aggirano personaggi inquietanti, razzisti e dediti alla magia nera, che devastano la sede del gruppo esoterico L’Universo nel Tempo. L’avventura con Giulia J. è appassionata ma provvisoria: l’autore è ormai maturo per tornare da Miriam. Si dirige, con la madre, alla volta del Sikkim — più volte menzionato nei due volumi, insieme a un Tibet esoterico di maniera — e torna al monastero del suo amico Tashi, che gli evoca grati ricordi. Pensa che si tratti solo di una sosta ma — nell’ultima pagina di Un cuore magico — nel monastero si sentono risuonare i passi di Miriam che arriva…
L’ideologia
1. I fenomeni
L’indagine sull’occulto di Alberto Bevilacqua parte da una rivendicazione — contro gli scettici di professione alla Piero Angela, difensori di uno scientismo fuori moda, che lo scrittore di Parma non ha torto a criticare — della verità dei fenomeni parapsicologici. Si incontra, via via, il campionario completo dei manuali di parapsicologia e dei movimenti magici. Si possono ricordare, senza che la lista sia completa:
a. le “esperienze fuori dal corpo”, che sfruttano “le forze psichiche latenti e ancora inutilizzate” (14);
b. la divinazione mediante i Tarocchi, di cui l’autore si presenta come “lettore di prim’ordine“, capace di “[…] decifrare, oltre al destino, il passato e il presente di una persona con cui entro in sintonia” — notiamo che la lettura che Alberto Bevilacqua propone dei Tarocchi, “elaborata dalle scienze magiche” e che gli sarebbe stata trasmessa da una “striona” della Padania, Albina Savi (15), insiste sulla funzione divinatoria e si distacca così dalle loro interpretazioni come metafora della condizione umana (16);
c. l’aura, che “[…] si rende visibile intorno al corpo delle persone” (17);
d. la psicometria o lettura attraverso un oggetto della “storia di colui a cui è appartenuto o appartiene”; il vero sensitivo non ha neppure bisogno di toccare l’oggetto e “[…] addirittura riesce a far proprio, medianicamente, il pensiero altrui” (18);
e. la bilocazione (19);
f. la chiaroveggenza, definita “comunicazione medianica fra viventi” (20) e utile di tanto in tanto anche nelle avventure amorose, giacché si può “vivere” il corpo di una donna “[…] avvertendone medianicamente, con la medianità che a volte accompagna il desiderio, un’identità biologica, magnetica” (21);
g. la “transcomunicazione di ordine medianico” con i defunti, non difficile — come tutta la storia di Miriam e l’iniziazione spiritica dell’autore a opera della nonna materna dovrebbero dimostrare — “quando esiste un forte legame affettivo fra una persona scomparsa e una che vive” (22), e di fronte a cui si può solo esclamare gioiosi: “[…] com’è bello comunicare con il mondo che dicono non c’è!” (23);
h. la registrazione delle voci dei defunti sul magnetofono — psicofonia — di fronte alla quale, assicura l’autore, oggi “[…] la scienza, dopo infinite verifiche, resta turbata” (24);
i. le incursioni nell’“Akasha”, “zona psichica universale” e “Serbatoio Cosmico”, a cui i “[…] Sensitivi possono attingere per conoscere fatti lontani nel tempo e nello spazio” (25); secondo Alberto Bevilacqua questa “sorta di cervello globale dove la memoria di ogni esistenza si deposita in una memoria perenne” sarebbe stata scoperta dalle “antiche filosofie indiane” e oggi la sua esistenza sarebbe confermata da “recenti studi di meccanica quantistica” (26) — ma in realtà, come ha notato Reender Kranenborg, “l’idea di una “cronaca dell’akasha” non è conosciuta nell’induismo, e ancor più sconosciuta è l’idea che sia possibile “vedere” in questa cronaca […]. L’idea della “cronaca dell’akasha” è puramente occidentale [e] elaborata da [Rudolf] Steiner [il fondatore della Società Antroposofica, 1861-1925]“ (27);
l. la scrittura diretta “su fogli bianchi, senza che nessuno tocchi carta e penna”, che ha un rilievo decisivo nelle vicende di Miriam (28), e di cui Alberto Bevilacqua pensa di rintracciare precedenti nei fenomeni — oggi noti come in parte certamente fraudolenti — di Eusapia Palladino (1854-1918, il cui cognome lo scrittore scrive erroneamente “Paladino”) e di Daniel Dunglas Home (1833-1866), di cui ricorda anche un volo “fuori da una finestra, a settanta metri di altezza”, che sarebbe documentato da “prove inoppugnabili” (29) — è interessante notare che i parapsicologi oggi raccomandano di “[…] considerare qualunque resoconto di scrittura diretta con grande cautela”, dal momento che i casi riportati si possono spiegare quasi tutti con la “frode” o la “cattiva osservazione” (30), e che il manuale universitario di parapsicologia più usato negli Stati Uniti d’America considera la scrittura diretta un fenomeno “poco plausibile” (31);
m. infine, la credulità del lettore viene davvero messa a dura prova quando lo scrittore gli chiede di ammettere perfino l’esistenza in Tibet di un lago, il Cho-kor-gye, nelle cui acque è possibile “[…] vedere gli eventi futuri. Si alza un vento che trasforma l’azzurro profondo delle acque in un bianco accecante, e subito si formano vortici dove appaiono immagini di ciò che accadrà” (32).
2. La visione del mondo
Alberto Bevilacqua non si limita a proporre una collezione di fenomeni, ma li interpreta in una completa visione del mondo, che comprende tesi su Dio, sull’universo e sull’uomo. Come in molti nuovi movi-menti magici, la sua prima polemica è contro il “dualismo”. Trascendendo la falsa distinzione “Dio-mondo”, creata dalla “tirannia dell’intelletto” (33), si scopre un Dio panteista — beninteso “lontano anni luce” dal Dio tradizionale (34) — che “[…] viene continuamente creato dall’Universo in una genesi dinamica” e reciprocamente crea continuamente l’universo (35). In ultima analisi “[…] Dio altro non è che pace della mente” (36). Il tessuto panteistico dello spazio è peraltro abitato da strane entità: gli artisti per esempio, “sensitivi inconsapevoli”, “[…] vengono spinti da un’entità magnetica (ciò che passa per ispirazione) a sintonizzare il proprio genio con la vasta Immaginazione del mondo” (37).
La formazione dei mondi e dei viventi è frutto di una “evoluzione stellare” (38), idea che può sembrare moderna e “scientifica”, ma che deriva direttamente dai fondatori ottocenteschi della Società Teosofica. Si arriva così fino all’uomo, la cui “biografia cosmica” è dominata dalla legge della reincarnazione e delle “successive esistenze, simili ai giorni che tramontano e rinascono” (39), lungo le quali si accumula sfortunatamente un “carico di ignoranza e volgarità” simile a una polvere da cui occorre liberarsi (40). La liberazione si consegue attraverso l’iniziazione, che si manifesterà anche in una serie di riti di cui è esempio la “preghiera di ringraziamento agli antichi dèi solari” praticata dal movimento di Miriam (41). Tutto mira a restaurare l’armonia con l’Universo, attraverso una purificazione che non esclude l’erotismo — i due romanzi ne sono del resto saturi, e “la magia sessuale può essere un grande aiuto per molte donne” (42) — ma richiede “gentilezza”. Miriam, la “maestra delle immense verità dell’Universo” (43), suggerisce del resto “[…] di non avere tabù, di infrangerli tutti, i tabù, di vivere secondo una morale libera, senza i falsi condizionamenti della religione” (44). E di questa “morale libera” lo scrittore-protagonista approfitta abbondantemente lungo il corso di entrambi i volumi.
Benché, in visita in America, lo scrittore consideri con un senso di superiorità quella che chiama la “Nuova Epoca” — “migliaia di piccoli gruppi che non si distaccano dalle posizioni teosofiche” (45) — e altrove assicuri che le sue evocazioni non hanno “niente a che fare con lo spiritismo” (46), si tratta proprio dell’ideologia del New Age e delle vecchie teorie spiritiche, in una versione facilona e popolare. Si ha l’impressione che lo scrittore non si renda ben conto delle origini di certe “nuove” teorie, finendo così per ripetere le tesi screditate di un esoterismo da edicole delle stazioni, che vedono i soliti Esseni annunciare “il verbo di Osiride, di Krishna”, annoverare fra i loro adepti Giovanni il Battista e influire su Gesù Cristo (47), e il non meno solito — non per colpa sua — san Francesco trasformarsi in adepto della “magia solare” (48). Tipica del New Age — ma già caratteristica dell’occultismo letterario di fine Ottocento — è pure una insistita pretesa “scientifica”: le più spericolate ipotesi occulte — come lo spiritismo un secolo fa — sono sempre introdotte da espressioni come “la scienza ha stabilito”, “la scienza conferma” e così via.
3. La polemica contro le “sette”
In tutti e due i volumi Alberto Bevilacqua si sforza di distinguere le vere “Compagnie di fraternità spirituale” dalle “sette grossolane”, “fabbriche della superstizione”, che infestano l’Italia e il mondo. È singolare ritrovare il linguaggio della polemica consueta contro le “sette”: “Nessun’altra epoca ha contato tante persone insicure, facilmente plagiabili. E dunque era fatale che esse andassero a infoltire le sette grossolane” (49). Il linguaggio è quello del movimento anti-sette e i propositi sono ancora più truci: gli adepti delle “sette” definite “nere” sono “gente […] che andrebbe eliminata” (50). Alberto Bevilacqua si presenta come il loro implacabile avversario, capace persino di interrompere una Messa nera — descritta peraltro in termini un poco sommari e improbabili — in modo melodrammatico e teatrale, con una rivoltella in pugno (51). Di un presunto proliferare del satanismo lo scrittore dà paradossalmente la colpa a Papa Paolo VI, che pure sembra stimasse l’opera poetica di Alberto Bevilacqua. Di Papa Paolo VI leggiamo che lo scrittore di Parma lo aveva “[…] supplicato di evitare il famoso pronunciamento sull’esistenza del Diavolo. Avrebbe aizzato, a mio avviso — ed è infatti accaduto — l’autosuggestione di cui si nutre il satanismo”, e così i “riti satanici” si sono “moltiplicati nel mondo” (52). Alberto Bevilacqua ha qualche riserva anche su altri documenti della Chiesa, ma li tratta con sconcertante ignoranza: il rapporto provvisorio dei quattro dicasteri vaticani del 1986 Il fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi: sfida pastorale — che faceva seguito a un questionario distribuito alle conferenze episcopali — viene definito “una sfida pastorale, dettata da conferenze episcopali” (53) — quasi che le “sfide pastorali” fossero una nuova categoria di documenti, accanto alle lettere e alle dichiarazioni delle Congregazioni romane —, e criticato perché vedrebbe “ovunque l’Orco delle favole” (54), critica assolutamente infondata come è subito evidente anche al più superficiale lettore del rapporto.
Ma perché Alberto Bevilacqua se la prende così duramente con le “sette”? Dopo tutto, nel linguaggio consueto del movimento anti-sette, non verrebbe forse definita una “setta” anche il gruppo L’Universo nel Tempo, guidato nei due volumi da Miriam? L’atteggiamento dello scrittore di Parma non deve sorprendere. Da che mondo è mondo — per non dire da che “setta” è “setta” — i nuovi movimenti religiosi e magici hanno sempre cercato di confondere le carte unendosi al coro che attacca le “sette”, visto che, per definizione, “la setta è “l’altro”” (55) e quindi non può essere “noi”. Naturalmente questo tentativo di chiamarsi fuori e di distinguersi — considerata l’aggressività del movimento anti-sette contemporaneo — è sempre un poco ingenuo. Ma questo non toglie che — per usare i termini assolutamente precisi della lettera pastorale di mons. Giuseppe Casale Nuova religiosità e nuova evangelizzazione — ci si trovi oggi ancora di fronte a “[…] una sorta di critica interna della nuova religiosità, promossa dagli esponenti di alcuni fra gli stessi nuovi movimenti religiosi e magici che preparano opere di denuncia — quando non liste di proscrizione — distinguendo fra spiritualità “equilibrata” (la loro) e “distruttiva” (quella di tutti gli altri), “magia bianca” e “magia nera”, “iniziazione”, di cui sarebbero detentori, e “contro-iniziazione”, a cui ascrivono facilmente le organizzazioni concorrenti” (56). Il paradossale atteggiamento anti-sette di Alberto Bevilacqua è il più classico degli esempi di questa “critica interna”.
Alcune conclusioni
Vale la pena di occuparsi di testi come I Sensi Incantati e Un cuore magico? Non si tratta di una perdita di tempo? Dopo tutto, le teorie di Alberto Bevilacqua non sono state esposte in centinaia di altre opere degli ambienti esoterico-occultisti e del New Age, di cui sono già disponibili analisi critiche adeguate? Non siamo forse di fronte a ripetizioni così scontate da rivelarsi innocue? La mia risposta, almeno all’ultima domanda, è negativa: le storie autobiografiche di Alberto Bevilacqua e le sue attività di profeta di una nuova “religiosità cosmica” non sono innocue. Per rendersene conto occorre riflettere sui modi di propagazione dell’ideologia del New Age, del reincarnazionismo, dello spiritismo, della magia — perché di questo si tratta, anche se Alberto Bevilacqua preferisce altre etichette. Le dottrine del New Age — contrariamente a un’opinione diffusa — sono state talora esposte in forme “colte” da autori che conoscono le convenzioni accademiche in tema di citazioni e sanno come si redige una nota a piè di pagina. Se la divulgazione del New Age fosse affidata soltanto a testi di questo genere si tratterebbe di un fenomeno culturalmente più rispettabile: ma lo conoscerebbe soltanto una minoranza di addetti ai lavori. Invece tutti o quasi in Occidente — e ormai non solo in Occidente — vengono raggiunti dalle idee del New Age — magari senza chiamarlo in questo modo —, grazie non ai suoi testi “colti” o accademici, ma alla letteratura popolare alla Shirley MacLaine, al cinema, ai romanzi.
J. Gordon Melton e i suoi collaboratori hanno anche notato che “come avviene per molte cause nella società contemporanea, il New Age è stato molto aiutato dal proselitismo delle celebrità che ne hanno abbracciato l’ideologia” (57). Attori, campioni dello sport, romanzieri hanno fatto per il New Age molto di più degli accademici e degli studiosi. In Francia il couturier Paco Rabanne ha diffuso le idee del New Age in due libri stroncati dalla critica, ma che hanno avuto uno straordinario successo di pubblico (58). Tutto questo può forse indurre a qualche riflessione sul potere della cultura popolare, rafforzato dalla televisione dove scrittori come Alberto Bevilacqua sono ospiti frequenti. La letteratura, inoltre, svolge una funzione di inculturazione del New Age in situazioni nazionali diverse. Si è parlato, così, di una “messicanizzazione” del New Age attraverso i romanzi di uno scrittore come Antonio Velasco Piña, il cui personaggio di Regina assomiglia molto alla Miriam di Alberto Bevilacqua (59). Lo scrittore di Parma si cimenta in un tentativo di inculturazione dello stesso genere “italianizzando” le idee del New Age e cercandone i precedenti non in California, ma nelle cerchie esoteriche delle corti rinascimentali italiane ovvero fra le “strione” e gli “strioni” emiliani, quasi che anche per il ritorno della magia e per il New Age pensasse di lanciare un “modello emiliano”. Antonio Velasco Piña — occorre riconoscerlo — non ha la verve letteraria di Alberto Bevilacqua, ma in compenso conosce meglio l’esoterismo, e benché attribuisca alla sua Regina — che sarebbe, anche lei, un personaggio realmente esistito — poteri mirabolanti e incredibili riesce almeno a evitare gli equivoci più grossolani. Dal punto di vista della divulgazione popolare del New Age fuori dall’originaria area di lingua inglese Regina e Miriam sembrano peraltro promesse a carriere letterarie assolutamente parallele.
Il pericolo, dunque, esiste. Forse — per molti versi certamente — si tratta di sciocchezze: ma quando le sciocchezze avviano un pubblico sprovveduto allo spiritismo e alla magia i rischi non sono soltanto culturali. Non resisto alla tentazione di trarre una conclusione dallo stesso Alberto Bevilacqua: “Nell’ineffabile piacere del parlare a vanvera — scrive a un certo punto, in una rara vena di auto-ironia — uno si accorge che alcune sciocchezze lo sono meno delle altre” (60). A conferma, Alberto Bevilacqua sfiora almeno simbolicamente la verità — quanto ai rischi di sfacelo spirituale a cui ci si espone accostandosi all’occulto e alla magia — quando descrive, a proposito di una sua brutta avventura nel mare di Delo, la “disgregazione della volontà”, l’insidiosa “sensazione di correre verso una felicità sconfinata”, verso un “idolo di marmo” che ci attrae ma che è in realtà la morte: “Chi non resiste, è perduto. Ma resistere è difficile” (61).
Massimo Introvigne
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(1) Uno dei ritratti più convincenti di quest’epoca, con acute osservazioni anche di carattere teologico, è quello di Richard Griffiths, The Reactionary Revolution. The Catholic revival in French literature 1870-1914, Constable, Londra 1966.
(2) Sul carattere genuino della conversione di Joris-Karl Huysmans (1848-1907), cfr. Pie Duployé, Huysmans, Desclée de Brouwer, Parigi-Bruges 1968. Dell’autenticità di questa conversione dubitava — come è noto —, dopo avere molto pregato e agito per favorirla, Léon Bloy, Les Dernières Colonnes de l’Église, in Idem, Oeuvres, vol. IV, Mercure de France, Parigi 1965, pp. 229-313; e Idem, Sur la tombe de Huysmans, ibid., pp. 329-360: ma gli argomenti di Pie Duployé sembrano convincenti.
(3) Cfr. Alberto Bevilacqua, I Sensi Incantati, Mondadori, Milano 1991.
(4) Cfr. Idem, Un cuore magico, Mondadori, Milano 1993.
(5) Ibid., p. 222.
(6) Ibid., p. 122.
(7) Idem, I Sensi Incantati, cit., p. 44.
(8) Idem, Un cuore magico, cit., p. 121.
(9) Cfr. Idem, “Io, da narratore a medium”, intervista a cura di Marco Neirotti, in La Stampa, 15-10-1993.
(10) Ibidem.
(11) Idem, Un cuore magico, cit., p. 171.
(12) Per una recente trad. it., cfr. Joris-Karl Huysmans, Nell’abisso, ECIG, Genova 1988.
(13) Cfr. A. Bevilacqua, Un cuore magico, cit., p. 266.
(14) Ibid., p. 185.
(15) Cfr. ibid., p. 264.
(16) Per un’interpretazione di questo secondo tipo, cfr. l’opera anonima — ma del dirigente della Società Antroposofica convertito al cattolicesimo Valentin Tomberg (1900-1973) — Méditations sur les 22 Arcanes majeurs du Tarot, 2a ed. con un’introduzione di Hans Urs von Balthasar e una prefazione di Robert Spaemann, Aubier Montaigne, Parigi 1984. Come ha ben visto Antoine Faivre (Analyse des Méditations de l’Anonyme sur les vingt-deux Arcanes, in La Tourbe des Philosophes, 1981, n. 14, pp. 44-57, n. 15-16, pp. 57-80, e n. 17, pp. 29-36) la conversione al cattolicesimo di Valentin Tomberg — di cui cfr. ora, pubblicata postuma, anche l’opera Lazarus, komm heraus [Lazzaro, esci], Herder, Basilea-Friburgo 1985 — rimaneva, all’epoca delle Méditations, incompleta e l’opera risente ancora di una serie di idee che derivano dall’Antroposofia. Il testo di Valentin Tomberg mostra tuttavia le possibilità che offre il tema dei Tarocchi, che vanno ben al di là della mera divinazione popolare evocata da Alberto Bevilacqua. Per un inquadramento generale della problematica relativa all’esoterismo, cfr. Antoine Faivre, L’esoterismo. Storia e significati, trad. it., SugarCo, Milano 1992.
(17) A. Bevilacqua, I Sensi Incantati, cit., p. 86.
(18) Idem, Un cuore magico, cit., p. 47.
(19) Cfr. Idem, I Sensi Incantati, cit., p. 42.
(20) Ibid., p. 42.
(21) Idem, Un cuore magico, cit., p. 274.
(22) Ibid., p. 210.
(23) Ibid., p. 223, sottolineatura dell’autore.
(24) Idem, I Sensi Incantati, cit., p. 159.
(25) Ibid., p. 56; e Idem, Un cuore magico, cit., p. 29, brano quest’ultimo identico a quello di p. 56 de I Sensi Incantati.
(26) Idem, Un cuore magico, cit., p. 210.
(27) Reender Kranenborg, Quello che è nuovo nelle nuove rivelazioni: la tradizione cumulativa dell’esoterismo, in CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni), Le nuove rivelazioni, a cura di Massimo Introvigne, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1991, pp. 183-213 (p. 205).
(28) Cfr. A. Bevilacqua, Un cuore magico, cit., p. 100.
(29) Idem, I Sensi Incantati, cit., p. 46. Il fatto a cui Alberto Bevilacqua fa allusione risale al 16 dicembre 1868 e non è affatto assistito da “prove inoppugnabili”: ne furono “testimoni” soltanto tre nobiluomini scozzesi, sarebbe durato pochi secondi ed è stato spesso spiegato — anche secondo un’enciclopedia considerata autorevole e di cui sono autori due noti parapsicologi — con l’ipnotismo o con i giochi di corde e fili da illusionista a cui Daniel Dunglas Home non disdegnava di ricorrere (cfr. Arthur S. Berger e Joyce Berger, Encyclopedia of Parapsychology and Psychical Research, Paragon House, New York 1991, p. 184).
(30) A. S. Berger e J. Berger, op.cit., p. 108.
(31) Benjamin B.Wolman (a cura di), Handbook of Parapsychology, Van Nostrand Reinhold Company, New York 1977, p. 306.
(32) A. Bevilacqua, I Sensi Incantati, cit., p. 102. La geografia di Alberto Bevilacqua comprende anche il mitico continente perduto di Mu o Lemuria — ipotizzato dallo zoologo britannico Philip L. Schattler verso il 1850 e introdotto nell’immaginario esoterico dalla fondatrice della Società Teosofica Helena Blavatsky (1831-1891), ben prima delle fantasiose opere del colonnello James Churchward (1852-1936), al quale lo scrittore di Parma fa riferimento — di cui parla ne I Sensi Incantati (p. 151) con una cautela che scompare poi in Un cuore magico (p. 101).
(33) A. Bevilacqua, I Sensi Incantati, cit., p. 86.
(34) Cfr. Idem, Un cuore magico, cit., p. 123.
(35) Cfr. Idem, I Sensi Incantati, cit., p. 57.
(36) Idem, Un cuore magico, cit., p. 327.
(37) Ibid., p. 47.
(38) Idem, I Sensi Incantati, cit., p. 82.
(39) Ibid., p. 155.
(40) Cfr. ibid., p. 87.
(41) Cfr. ibid., p. 260.
(42) Idem, Un cuore magico, cit., p. 231.
(43) Idem, I Sensi Incantati, cit., p. 62.
(44) Ibid., p. 125.
(45) Ibid., p. 148.
(46) Ibid., p. 159.
(47) Cfr. ibid., p. 87; brano ancora una volta identico in Un cuore magico, p. 115. Queste idee su Gesù e sugli Esseni vengono elaborate nel Settecento da “gruppi massonici inglesi” e da allora diventano “un elemento fisso della tradizione esoterica” (R. Kranenborg, op. cit., p. 204). Gli specialisti contemporanei degli Esseni considerano assolutamente certo che si tratti di fantasie prive di fondamento: per una messa a punto, cfr. Jean Duhaime, Les Esséniens de Qumrân – des ésotéristes?, Fides, Montréal 1990.
(48) A. Bevilacqua, Un cuore magico, cit., p. 121.
(49) Ibid., p. 173, che — come di consueto — è identico a I Sensi Incantati, pp. 50-51.
(50) Idem, Un cuore magico, cit., p. 121.
(51) Cfr. ibid., pp. 173-180.
(52) Ibid., p. 173.
(53) Idem, I Sensi Incantati, cit., p. 50.
(54) Ibidem.
(55) Così Jean-François Mayer, Le sette. Non conformismi cristiani e nuove religioni, ed. it., Effedieffe, Milano 1990, p. 13.
(56) Mons. Giuseppe Casale, Nuova religiosità e nuova evangelizzazione, lettera pastorale del 6 marzo 1993, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 1993, p. 42.
(57) J. Gordon Melton, Jerome Clark e Aidan A. Kelly, New Age Almanac, Visible Ink Press, Detroit 1991, p. 281.
(58) Cfr. Paco Rabanne, Trajectoire: d’une vie à l’autre…, Michel Lafon, Parigi 1991; e Idem, La fin des temps: d’une ère à l’autre, Michel Lafon, Parigi 1993.
(59) Cfr. soprattutto Antonio Velasco Piña, Regina, 2 de octubre no se olvida, Jus, Città del Messico 1987.
(60) A. Bevilacqua, I Sensi Incantati, cit., p. 148.
(61) Idem, Un cuore magico, cit., p. 202.