Massimo Introvigne, Cristianità n. 364 (2012)
1. Un viaggio di grande successo popolare
Nell’udienza generale del 4 aprile 2012 Papa Benedetto XVI è tornato sui “[…] giorni indimenticabili di gioia e di speranza, che rimarranno impressi nel mio cuore” (1), del viaggio compiuto in Messico e a Cuba dal 23 al 29 marzo. Senza nessuna critica diretta ai media, che si sono concentrati pressoché esclusivamente sugli aspetti politici del viaggio, il Pontefice ha però insistito in modo molto significativo sulla calorosa accoglienza ricevuta nei due Paesi iberoamericani. Così, a proposito della città messicana di León, ha osservato che “qui una grande folla festante mi ha riservato una straordinaria e vivace accoglienza, come segno dell’abbraccio caloroso di un intero popolo” (2). “Ripenso con profonda gratitudine — ha detto — alla fila interminabile di gente lungo le strade, che mi ha accompagnato con entusiasmo. In quelle mani protese in segno di saluto e di affetto, in quei volti lieti, in quelle grida di gioia ho colto la tenace speranza dei cristiani messicani, speranza rimasta accesa nei cuori nonostante i momenti difficili” (3). Oltre a evocare “l’immensa folla convenuta per la celebrazione eucaristica domenicale nel Parco del Bicentenario di León” (4), Papa Benedetto XVI ha aggiunto, riferendosi ai bambini e ai ragazzi, che “la loro inesauribile allegria, espressa con fragorosi canti e musiche, come pure i loro sguardi e i loro gesti, esprimevano il forte desiderio di tutti i ragazzi del Messico, dell’America Latina e dei Caraibi di poter vivere in pace, in serenità e armonia, in una società più giusta e riconciliata” (5).
A Santiago de Cuba ha riferito di avere trovato “[…] la partecipazione attenta e orante di migliaia di persone, segno di una Chiesa che viene da situazioni non facili, ma con una testimonianza vivace di carità e di presenza attiva nella vita della gente” (6). Nella capitale di Cuba, L’Avana, “i giovani, in particolare, sono stati i principali protagonisti dell’esuberante accoglienza nel percorso verso la Nunziatura” (7). “Il giorno seguente — ha ricordato ancora il Pontefice — ho presieduto la Santa Messa nella Piazza principale de L’Avana, gremita di gente” (8). E “al momento di lasciare Cuba, decine di migliaia di cubani sono venute a salutarmi lungo la strada, nonostante la forte pioggia” (9). Non si tratta solo di appunti di viaggio. Il Papa vuole insistere sul fatto che il viaggio ha avuto la “desiderata riuscita pastorale” (10). Forse non tutti i poteri forti locali e i media lo hanno accolto a braccia aperte. Ma lo ha fatto il popolo cattolico, rispondendo con un entusiasmo spontaneo e sorprendente alla visita di Papa Benedetto XVI.
2. Contro il relativismo, la legge naturale
E qual è stato il contenuto fondamentale del viaggio, che cosa è andato a dire il Pontefice in Messico e a Cuba? Fra tanti temi, uno ha voluto sottolinearne particolarmente, come ha ricordato anche nell’udienza generale del 4 aprile: “[…] la necessità del riconoscimento e della tutela dei diritti fondamentali della persona umana, tra i quali spicca la libertà religiosa” (11).
Di ogni viaggio di Papa Benedetto XVI si cercano interpretazioni politiche. Questa volta la cosa è a suo modo comprensibile, se si considera che a diverso titolo il Messico prima — con un feroce regime laicista rimasto al potere per decenni e i cui eredi sono ancora ben presenti nella vita politica del Paese — e la Cuba comunista poi sono stati teatro delle maggiori persecuzioni che la Chiesa Cattolica ha dovuto subire nella sua storia iberoamericana. Gli attivisti politici di centro-destra in Messico e i dissidenti anti-castristi — a Cuba e nell’esilio — avrebbero voluto una condanna esplicita della sinistra messicana, che non rinnega l’eredità sanguinaria dei governi laicisti del secolo XX, e del regime comunista cubano. Alcuni aspetti di queste richieste sono comprensibili, né si può escludere che la diplomazia vaticana, anche nella preparazione dei viaggi pontifici, commetta talora qualche errore. Ma si deve anche tenere conto dello stile del Pontefice — come già di quello del Papa beato Giovanni Paolo II (1978-2005) —, il quale, pur non potendo sempre sfuggire alle strumentalizzazioni, cerca di porsi su un piano diverso, volando più in alto dei problemi contingenti, pur senza ignorarli, e riaffermando i grandi princìpi che sono già di per sé stessi giudizio e condanna delle ideologie.
Papa Benedetto XVI parla spesso di dittatura del relativismo e proprio questa è stata la caratteristica dei regimi della prima parte del secolo XX in Messico, che hanno imposto con il ferro e con il fuoco un insegnamento e una politica relativista, cercando di soffocare — talora nel sangue, come durante la guerra dei cristeros degli anni 1926-1929 — la voce della Chiesa. Quanto all’ideologia di Fidel Castro Ruz, si tratta di una versione tropicale di quel relativismo aggressivo portato alle estreme conseguenze che è tipico del marxismo, dove chi esprime anche un timido dissenso dalla dittatura del relativismo finisce in galera o in campo di concentramento.
Il Papa, senza entrare in particolari forse poco compatibili con la natura, anche diplomatica, dei viaggi pontifici, ha condannato senza mezzi termini il relativismo. Di fronte a trecentomila persone, nella Messa del 28 marzo in Plaza de la Revolución a L’Avana, ha ricordato il legame fra verità e libertà. Dal Vangelo del giorno ha tratto l’insegnamento secondo cui Gesù è “[…] l’unico che può mostrare la verità e dare la vera libertà. Il suo insegnamento provoca resistenza ed inquietudine tra i suoi interlocutori, ed Egli li accusa di cercare la sua morte, alludendo al supremo sacrificio della Croce, ormai vicino. Ma li esorta a credere, a rimanere nella sua Parola, per conoscere la verità che redime ed onora” (12).
L’insegnamento di Gesù richiama un tema caratteristico del Magistero di Papa Benedetto XVI, che si oppone direttamente alle ideologie, e certamente al marxismo: il legame fra verità e libertà. “In effetti, la verità è un anelito dell’essere umano, e cercarla suppone sempre un esercizio di autentica libertà. Molti, tuttavia, preferiscono le scorciatoie e cercano di evitare questo compito. Alcuni, come Ponzio Pilato, ironizzano sulla possibilità di poter conoscere la verità (cfr Gv 18,38), proclamando l’incapacità dell’uomo di raggiungerla o negando che esista una verità per tutti. Questo atteggiamento, come nel caso dello scetticismo e del relativismo, produce un cambiamento nel cuore, rendendo freddi, vacillanti, distanti dagli altri e rinchiusi in se stessi. Persone che si lavano le mani come il governatore romano e lasciano correre il fiume della storia senza compromettersi” (13).
Ma si può sbagliare anche aderendo senza ripensamenti a verità irrazionali, ideologiche, che la storia ha mostrato come false. “D’altra parte — infatti — ci sono altri che interpretano male questa ricerca della verità, portandoli all’irrazionalità e al fanatismo, per cui si rinchiudono nella “loro verità” e cercano di imporla agli altri. Sono come quei legalisti accecati che, vedendo Gesù colpito e sanguinante, gridano infuriati: “Crocifiggilo!” (cfr Gv 19,6). In realtà, chi agisce irrazionalmente non può arrivare ad essere discepolo di Gesù. Fede e ragione sono necessarie e complementari nella ricerca della verità. Dio ha creato l’uomo con un’innata vocazione alla verità e per questo lo ha dotato di ragione. Certamente non è l’irrazionalità, ma l’ansia della verità quello che promuove la fede cristiana. Ogni essere umano deve scrutare la verità ed optare per essa quando la trova, anche a rischio di affrontare sacrifici” (14).
E senza verità non vi è libertà: “[…] la verità sull’uomo è un presupposto ineludibile per raggiungere la libertà, perché in essa scopriamo i fondamenti di un’etica con la quale tutti possono confrontarsi e che contiene formulazioni chiare e precise sulla vita e la morte, i doveri ed i diritti, il matrimonio, la famiglia e la società, in definitiva, sulla dignità inviolabile dell’essere umano” (15). Sono le regole comuni del gioco chiamato società, che valgono anche per la società internazionale, e senza queste regole — che coincidono con la legge naturale — non vi può essere la pace. “Questo patrimonio etico è quello che può avvicinare tutte le culture, i popoli e le religioni, le autorità e i cittadini, e i cittadini tra loro, e i credenti in Cristo con coloro che non credono in Lui” (16).
Proporre a tutti la legge naturale, in quanto fondata sulla ragione, è oggi uno dei compiti del cristiano. “Il Cristianesimo, ponendo in risalto i valori che sostengono l’etica, non impone, ma propone l’invito di Cristo a conoscere la verità che rende liberi. Il credente è chiamato a rivolgerlo ai suoi contemporanei, come lo fece il Signore, anche davanti all’oscuro presagio del rifiuto e della Croce. L’incontro personale con Colui che è la verità in persona ci spinge a condividere questo tesoro con gli altri, specialmente con la testimonianza” (17). Cristo, infatti, è la vera libertà: “[…] ci aiuta a sconfiggere i nostri egoismi, ad uscire dalle nostre ambizioni e a vincere ciò che ci opprime. Colui che opera il male, colui che commette peccato, è schiavo del peccato e non raggiungerà mai la libertà (cfr Gv 8,34). Solo rinunciando all’odio e al nostro cuore indurito e cieco, saremo liberi, ed una nuova vita germoglierà in noi” (18). L’idea di una legge naturale che la ragione può conoscere e che vale per tutti è esattamente il contrario del relativismo.
E perché sia chiaro che il relativismo che ha di mira, e che fa più danni, è quello — manifestatosi appunto nel laicismo messicano e nel comunismo cubano — che esclude Dio dalla vita della società e degli Stati, Papa Benedetto XVI ha ribadito in piazza Antonio Maceo a Santiago de Cuba che Dio vuole fare parte della storia degli uomini. Partendo dalla grande devozione mariana che caratterizza il cattolicesimo cubano, ha detto che l’Incarnazione del Verbo nel seno della Vergine Maria “[…] indica la realtà umana più concreta e tangibile. In Cristo, Dio è venuto realmente nel mondo, è entrato nella nostra storia, ha posto la sua dimora in mezzo a noi, adempiendo così l’intima aspirazione dell’essere umano che il mondo sia realmente una casa per l’uomo” (19). Dio vuole far parte della storia degli uomini. Quando le ideologie e gli Stati lo escludono da questa storia, finiscono per costruire un mondo che non solo è ostile a Dio, ma è ostile all’uomo: “[…] quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo, frustrando, nello stesso tempo, la vera vocazione della creazione di essere lo spazio per l’alleanza, per il “sì” dell’amore tra Dio e l’umanità che gli risponde. Così ha fatto Maria, come primizia dei credenti, con il suo “sì” al Signore, senza riserve” (20).
E la storia di Maria è una storia di libertà, la storia di un “sì” libero a Dio. “È commovente vedere come Dio non solo rispetta la libertà umana, ma sembra averne bisogno. […] Questa obbedienza a Dio è quella che apre le porte del mondo alla verità, alla salvezza. In effetti, Dio ci ha creati come frutto del suo amore infinito; per questo, vivere secondo la sua volontà è il cammino per trovare la nostra autentica identità, la verità del nostro essere, mentre allontanarsi da Dio ci allontana da noi stessi e ci precipita nel vuoto” (21).
3. Contro i totalitarismi, la libertà religiosa
Contro il relativismo la Chiesa — oggi paladina di una ragione in gran parte oscurata, e non solo della fede — propone la legge naturale, che fonda i diritti della persona umana, a partire dal diritto alla vita e da quello alla libertà religiosa. La convivenza sociale, ha detto Papa Benedetto XVI al suo arrivo all’aeroporto di Guanajuato, in un luogo “considerato il centro geografico” (22) del territorio messicano, è “[…] basata sulla incomparabile dignità di ogni persona umana, creata da Dio, e che nessun potere ha il diritto di dimenticare o disprezzare. Questa dignità si manifesta in modo eminente nel diritto fondamentale alla libertà religiosa, nel suo genuino significato e nella sua piena integrità” (23).
La libertà religiosa, come il Pontefice l’ha presentata, non consiste nella sola libertà di culto. La Chiesa, ha ricordato nello stesso discorso all’aeroporto di Guanajuato, dev’essere libera di testimoniare la fede, la speranza e la carità. Questo implica il diritto dei fedeli cattolici, che è anche politico, di “[…] essere fermento nella società, contribuendo a una convivenza rispettosa e pacifica, basata sulla incomparabile dignità di ogni persona umana, creata da Dio, e che nessun potere ha il diritto di dimenticare o disprezzare” (24). Infatti, animato dalla fede e dalla speranza, “[…] il credente si sforza di trasformare anche le strutture e gli avvenimenti presenti poco piacevoli, che sembrano immutabili e insuperabili, aiutando chi nella vita non trova né senso, né avvenire” (25). E la carità spinge a una presenza capillare nella vita sociale la Chiesa, “[…] che non entra in competizione con altre iniziative private o pubbliche, anzi, essa collabora volentieri con coloro che perseguono questi stessi fini. Tantomeno pretende altra cosa che non sia fare del bene, in maniera disinteressata e rispettosa, al bisognoso, a chi, molte volte, manca più di tutto proprio di una prova di amore autentico” (26).
Le sfide alla libertà religiosa sono state al centro anche dell’ormai consueto dialogo fra il Pontefice e i giornalisti, nell’aereo che il 23 marzo lo portava in Messico. Anticipando i temi del viaggio a Cuba, Papa Benedetto XVI aveva affermato con chiarezza che il marxismo “[…] non risponde più alla realtà” (27), e che “[…] devono essere trovati nuovi modelli” (28), procedendo con “pazienza ma anche decisione” (29). La Chiesa è impegnata in un “dialogo costruttivo” (30) con le autorità cubane, ma — in risposta alle voci che chiedevano “da che parte sta” nel conflitto che oppone il regime castrista ai dissidenti e ai critici — il Pontefice ha affermato che “è ovvio che la Chiesa stia sempre dalla parte della libertà: libertà della coscienza, libertà della religione” (31).
Violano la libertà religiosa, attaccando spesso sacerdoti e anche vescovi, pure il narcotraffico e la criminalità organizzata, che hanno fatto decine di migliaia di morti in Messico e che cercano d’imporsi come potere parallelo o superiore allo Stato. Contro questo “male distruttivo dell’umanità” (32), la Chiesa opera per “[…] smascherare questa idolatria del denaro, che schiavizza gli uomini solo per questa cosa; smascherare anche le false promesse, la menzogna, la truffa che sta dietro la droga” (33). Per questo, gli uomini di Chiesa sono attaccati e talora uccisi. La criminalità li attacca perché ripetono la verità secondo la quale la vera risposta all’ansia di trascendere la condizione umana non sta nella droga ma in Dio. L’uomo, ogni uomo, ha bisogno d’infinito, ma “se Dio non c’è, l’infinito si crea i suoi propri paradisi, un’apparenza di “infinititudini” che può essere solo una menzogna” (34).
La piena libertà religiosa comprende il diritto per la Chiesa di esprimersi anche sulle questioni sociali e politiche. “La Chiesa non è un potere politico, non è un partito, ma è una realtà morale, un potere morale” (35), ha spiegato Papa Benedetto XVI, rispondendo a una delle domande in aereo. Al tempo stesso, però, ha precisato, che, poiché la politica “[…] dev’essere una realtà morale, la Chiesa, su questo binario, ha fondamentalmente a che fare con la politica” (36), che non può essere negata o limitata senza violare la libertà religiosa.
Sia in Messico sia a Cuba — pur considerando i citati vincoli diplomatici del viaggio — il Pontefice non ha voluto far mancare precisi riferimenti a vicende storiche e politiche locali. In particolare la visita a León, in Messico, ha compreso un inconsueto e coraggioso ricordo dell’epoca delle persecuzioni anticattoliche e della rivolta dei cristeros, oltre alla denuncia dei problemi presenti della nazione messicana che soffre, come ha detto nell’Angelus, a causa “del narcotraffico, della crisi di valore o della criminalità” (37).
In un inatteso fuori programma, il Papa ha incontrato a León otto famiglie di vittime dei narcotrafficanti, né fra le minacce ha dimenticato gli attacchi di alcune forze politiche — in un Messico che si avvicina alle elezioni — contro la libertà religiosa. Notevole all’Angelus è stato il richiamo — cauto, ma più che implicito — alle persecuzioni anticristiane e alla resistenza armata dei cristeros per la libertà della Chiesa nella sanguinosa guerra del 1926-1929, argomento tabù di cui nella politica messicana è pressoché vietato parlare. “In tempi di prova e dolore, Ella [la Madonna] — ha detto il Papa — è stata invocata da tanti martiri che, al grido “Viva Cristo Re e Maria di Guadalupe”, hanno dato una perenne testimonianza di fedeltà al Vangelo e di dedizione alla Chiesa” (38). Che il Pontefice, pur senza mai usare la parola cristeros, abbia ripreso il loro grido di battaglia tanto spesso censurato e vietato, “Viva Cristo Re e Maria di Guadalupe”, dà in un certo senso il tono a tutto il viaggio.
Nell’omelia della Messa nel Parco del Bicentenario di León, prendendo spunto dal Vangelo del giorno, il Pontefice è tornato su un tema centrale del suo Magistero, la regalità di Gesù Cristo, che è di natura spirituale ma si estende a tutte le realtà umane e abbraccia tutti i popoli. Questo, ha detto, “[…] è anche il modo in cui Nostra Signora di Guadalupe ha mostrato il suo divino Figlio a san Juan Diego [ca. 1474-1548]. Non come un eroe portentoso da leggenda, ma come il vero Dio per il quale si vive, il Creatore delle persone, della vicinanza e della prossimità, il Creatore del Cielo e della Terra (cfr Nican Mopohua, v. 33). Ella, in quel momento, fece quello che aveva già sperimentato nelle Nozze di Cana. Davanti all’imbarazzo per la mancanza di vino, indicò chiaramente ai servi che la via da seguire era suo Figlio: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5)” (39).
Il Papa si è rallegrato di aver potuto vedere a León il monumento a Cristo Re, rilevando che “il mio venerato Predecessore, il beato Papa Giovanni Paolo II, benché lo desiderasse ardentemente, non poté visitare questo luogo emblematico della fede del popolo messicano, nei suoi viaggi a questa cara terra. Sicuramente oggi si rallegrerà dal cielo che il Signore mi abbia concesso la grazia di poter stare ora con voi” (40). Si tratta di un monumento simbolo dell’epoca delle lotte e delle persecuzioni, che fu distrutto nel 1926, bombardato dal governo laicista all’inizio della guerra dei cristeros e ricostruito solo nel 1940. “Ebbene — ha detto il Pontefice —, in questo monumento si rappresenta Cristo Re. Ma le corone che lo accompagnano, una da sovrano ed un’altra di spine, indicano che la sua regalità non è come molti la intesero e la intendono. Il suo regno non consiste nel potere dei suoi eserciti per sottomettere gli altri con la forza o la violenza. Si fonda su un potere più grande, che conquista i cuori: l’amore di Dio che Egli ha portato al mondo col suo sacrificio e la verità, di cui ha dato testimonianza” (41).
A Cuba, in visita al santuario della Virgen de la Caridad del Cobre, storico centro della fede cattolica cubana, Papa Benedetto XVI ha pregato perché l’isola “[…] avanzi nel cammino di rinnovamento e di speranza, per il maggior bene di tutti i cubani” (42). Ha pregato “[…] anche per le necessità di coloro che soffrono, di coloro che sono privi di libertà, lontani dalle persone care” (43). Ha ricordato i giovani, perché “[…] non cedano alle proposte che lasciano tristezza dietro di sé” (44). Sull’esempio della Santissima Vergine, ha incoraggiato “[…] tutti i figli di questa cara terra a continuare a fondare la vita sulla roccia salda che è Gesù Cristo, a lavorare per la giustizia, ad essere servitori della carità e perseveranti in mezzo alle prove. Che niente e nessuno — ha concluso — vi sottragga la gioia interiore, così caratteristica dell’animo cubano” (45).
Il Pontefice ha così proseguito sulla non facile strada iniziata al momento del suo arrivo a Cuba: riconoscimento dei migliorati rapporti diplomatici fra la Chiesa e il governo; intransigente critica delle ideologie atee — pur senza mai nominare il regime —; e richiamo alla libertà e al ruolo pubblico della religione. Come ha ricordato al momento di sbarcare nell’isola, non si tratta di una strada nuova. Si situa nel solco “della storica visita a Cuba [del 1998] del mio Predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, che ha lasciato una traccia indelebile nell’animo dei cubani. Per molti, credenti e non, il suo esempio e i suoi insegnamenti costituiscono una guida luminosa che li orienta sia nella vita personale sia nella realizzazione pubblica del servizio al bene comune della Nazione. In effetti, il suo passaggio nell’isola fu come una brezza soave di aria fresca che diede nuovo vigore alla Chiesa in Cuba, destando in molti una rinnovata coscieza dell’importanza della fede, incoraggiando ad aprire i cuori a Cristo, e, nello stesso tempo, illuminò la speranza e stimolò il desiderio di lavorare con audacia per un futuro migliore. Uno dei frutti importanti di quella visita — ha proseguito il Pontefice — fu l’inaugurazione di una nuova fase nelle relazioni tra la Chiesa e lo Stato cubano, con uno spirito di maggiore collaborazione e fiducia, benché rimangano ancora molti aspetti nei quali si può e si deve avanzare, specialmente per quanto si riferisce al contributo imprescindibile che la religione è chiamata a svolgere nell’ambito pubblico della società” (46).
Il richiamo al Papa beato Giovanni Paolo II illustra una strada stretta, contestata dai dissidenti anti-castristi ma radicata nella tradizione diplomatica della Chiesa: nessuno scontro frontale con il regime ma una politica dei piccoli passi, rafforzando l’identità cristiana e la presenza della Chiesa, nella speranza — certamente tutta da verificare — che al momento opportuno, com’è avvenuto nell’Europa dell’Est, questa presenza capillare si riveli fermento per una transizione soft e non violenta da un regime comunista putrescente alla libertà.
Nello stesso tempo, sul piano dottrinale, il Pontefice ha fatto risuonare anche a Cuba, alto e forte, il richiamo al valore essenziale e non negoziabile della libertà religiosa, senza la quale — ha detto — non può esistere speranza di un futuro migliore. Nella citata omelia della Messa in Plaza de la Revolución a L’Avana, è partito dalla prima lettura, tratta dal Libro di Daniele e non priva di un indiretto riferimento a vicende cubane, dove “[…] tre giovani, perseguitati dal sovrano babilonese, preferiscono affrontare la morte bruciati dal fuoco piuttosto che tradire la loro coscienza e la loro fede. Essi trovarono la forza di “lodare, glorificare e benedire Dio” nella convinzione che il Signore del cosmo e della storia non li avrebbe abbandonati alla morte ed al nulla. In effetti, Dio non abbandona mai i suoi figli, non li dimentica mai. Egli sta al di sopra di noi ed è capace di salvarci con il suo potere” (47). Sono parole che si applicano ai perseguitati di tutti i tempi, compresi certamente quelli cubani.
La Chiesa, ha sottolineato Papa Benedetto XVI, opera nella storia “[…] per rendere partecipi gli altri dell’unica cosa che possiede, e che non è altro che Cristo stesso, speranza della gloria (cfr Col 1,27). Per poter svolgere questo compito, essa deve contare sull’essenziale libertà religiosa, che consiste nel poter proclamare e celebrare anche pubblicamente la fede, portando il messaggio di amore, di riconciliazione e di pace, che Gesù portò al mondo” (48). E qui il Pontefice ha ribadito che qualche apertura a Cuba vi è stata, ma ancora non basta. “È da riconoscere con gioia che sono stati fatti passi in Cuba affinché la Chiesa compia la sua ineludibile missione di annunciare pubblicamente ed apertamente la sua fede. Tuttavia, è necessario proseguire” (49). Il test della buona fede delle autorità non potrà essere che la libertà religiosa. “Il diritto alla libertà religiosa, sia nella sua dimensione individuale sia in quella comunitaria, manifesta l’unità della persona umana che è, nel medesimo tempo, cittadino e credente. Legittima anche che i credenti offrano un contributo all’edificazione della società. Il suo rafforzamento consolida la convivenza, alimenta la speranza in un mondo migliore, crea condizioni propizie per la pace e per lo sviluppo armonioso e, contemporaneamente, stabilisce basi solide sulle quali assicurare i diritti delle generazioni future” (50).
Rispondendo a facili obiezioni, ha precisato che “quando la Chiesa mette in risalto questo diritto, non sta reclamando alcun privilegio. Pretende solo di essere fedele al mandato del suo divino Fondatore, cosciente che dove Cristo si rende presente l’uomo cresce in umanità e trova la sua consistenza” (51). Dopo avere rivendicato il diritto della Chiesa ad aprire scuole e università — che a Cuba è negato — e ricordato il padre della patria cubana e sacerdote servo di Dio Félix Varela (1788-1853), Papa Benedetto XVI ha concluso l’omelia affermando che “Cuba ed il mondo hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno è nella condizione di interrogarsi sulla verità e si decide a intraprendere il cammino dell’amore, seminando riconciliazione e fraternità” (52). Chi intraprende questo cammino sa che solo Cristo “[…] può disperdere la tenebra dell’errore. Supplichiamolo che, con il valore e il vigore dei santi, giungiamo a dare una risposta libera, generosa e coerente a Dio, senza paure, né rancori” (53).
4. Contro l’oblio della storia, le radici cristiane
Se l’Europa dimentica spesso le sue radici cristiane, lo stesso vale oggi per l’Iberoamerica. Il Papa invita allora nell’omelia a León a “[…] guardare nel profondo del cuore umano, specialmente nei momenti che uniscono dolore e speranza, come quelli che attraversa attualmente il popolo messicano ed anche altri popoli dell’America Latina” (54). Ai messicani ha ricordato l’esempio di’Israele nel Vecchio Testamento. “La storia di Israele narra anche grandi gesta e battaglie, ma nel momento di affrontare la sua esistenza più autentica, il suo destino più decisivo, cioè la salvezza, più che nelle proprie forze, ripone la sua speranza in Dio che può ricreare un cuore nuovo, non insensibile e arrogante. Questo può ricordare oggi ad ognuno di noi ed ai nostri popoli che, quando si tratta della vita personale e comunitaria, nella sua dimensione più profonda, non basteranno le strategie umane per salvarci. Si deve ricorrere anche all’unico che può dare vita in pienezza, perché Egli stesso è l’essenza della vita ed il suo autore, e ci ha fatto partecipi di essa attraverso il suo Figlio Gesù Cristo” (55).
Salutando il Messico all’aeroporto di Guanajuato, Papa Benedetto XVI è tornato con forza sul tema delle radici. “Davanti alla fede in Gesù Cristo — ha detto — che ho sentito vibrare nei cuori, e alla devozione affettuosa per la sua Madre — invocata qui con titoli tanto belli come quello di Guadalupe e della Luce — che ho visto riflessa nei volti, desidero ripetere con forza e chiarezza un invito al popolo messicano ad essere fedele a sé stesso e a non lasciarsi intimorire dalle forze del male, ad essere coraggioso e lavorare affinché la linfa delle sue radici cristiane faccia fiorire il suo presente ed il suo futuro” (56). Il male che nega le radici cristiane, ha precisato, viene sia da avvenimenti “[…] che provengono dal passato, e che continuano a causare tante lacerazioni” (57) — un’ulteriore allusione all’epoca delle persecuzioni laiciste e della rivolta dei cristeros, che il Pontefice aveva evocato domenica — sia da una “mentalità utilitarista” (58) che, come altrove, è alimentata dal relativismo e dalla secolarizzazione.
Eppure — ha detto ai vescovi messicani e dell’America Latina — le radici cristiane si mostrano ancora, eppure “la fede cattolica ha segnato in modo significativo la vita, i costumi e la storia di questo Continente, nel quale molte delle sue nazioni stanno commemorando il bicentenario della propria indipendenza. È un momento storico nel quale ha continuato a splendere il nome di Cristo, arrivato qui per opera di insigni e generosi missionari che lo proclamarono con coraggio e con sapienza. Essi donarono tutto per Cristo, mostrando che l’uomo trova in Lui la propria consistenza e la forza necessaria per vivere in pienezza ed edificare una società degna dell’essere umano, come il suo Creatore l’ha voluto” (59). Queste radici cristiane oggi sono in pericolo. Ma “l’ideale di non anteporre nulla al Signore e di far penetrare la Parola di Dio in tutti, servendosi delle caratteristiche proprie e delle migliori tradizioni, continua ad essere un prezioso orientamento per i Pastori di oggi” (60).
Le radici cristiane sono anche al centro del forte richiamo, ripetuto più volte a Cuba, all’occasione del viaggio pontificio nell’isola, il quattrocentesimo anniversario del ritrovamento dell’immagine della Virgen de la Caridad del Cobre. La statuetta della Madonna del Cobre, così cara al popolo cubano, è stata infatti trovata in mare quattrocento anni fa da alcuni pescatori nella Bahìa de Nipe e trasferita nella miniera di rame di El Cobre, dove nel 1684 è sorto il primo santuario.
In tutti i momenti chiave della loro storia i cubani si sono raccolti intorno alla Madonna del Cobre. “La sua singolare figura — ha detto il Papa — è stata, fin dall’inizio, molto presente sia nella vita personale dei cubani sia nei grandi avvenimenti del Paese, in modo speciale durante la sua indipendenza, essendo da tutti venerata come vera madre del popolo cubano” (61). A suo modo, ha aggiunto, si è trattato di una devozione “politica”. “La devozione a “la Virgen Mambisa” ha sostenuto la fede e ha incoraggiato la difesa e la promozione di ciò che rende degna la condizione umana e dei suoi diritti fondamentali, e continua a farlo anche oggi con più forza, dando così testimonianza visibile della fecondità della predicazione del Vangelo in queste terre, e delle profonde radici cristiane che danno vita all’identità più profonda dell’animo cubano” (62). “Seguendo la scia di tanti pellegrini nel corso di questi secoli, anch’io desidero recarmi a “El Cobre” — ha aggiunto il Papa al momento dell’arrivo a Cuba — a prostrarmi ai piedi della Madre di Dio, per ringraziarla dei suoi interventi in favore di tutti i suoi figli cubani e chiedere la sua intercessione, affinché guidi i percorsi di questa amata Nazione sui sentieri della giustizia, della pace, della libertà e della riconciliazione” (63).
Per illustrare la necessità di un ritorno alle radici cristiane, anche a Cuba — come ha fatto altrove — il Pontefice è partito da un’analisi della crisi globale internazionale, che non è solo economica, per proporre un forte richiamo etico. “Molte parti del mondo vivono oggi un momento di particolare difficoltà economica, che non pochi concordano nel situare in una profonda crisi di tipo spirituale e morale, che ha lasciato l’uomo senza valori e indifeso di fronte all’ambizione e all’egoismo di certi poteri che non tengono conto del bene autentico delle persone e delle famiglie. Non si può proseguire a lungo nella stessa direzione culturale e morale che ha causato la dolorosa situazione che tanti sperimentano. Al contrario, il vero progresso necessita di un’etica che collochi al centro la persona umana e tenga conto delle sue esigenze più autentiche, in modo speciale della sua dimensione spirituale e religiosa. Per questo, nel cuore e nella mente di molti, si fa strada sempre di più la certezza che la rigenerazione delle società e del mondo richiede uomini retti e di ferme convinzioni morali e alti valori di fondo che non siano manipolabili da interessi limitati, e che rispondano alla natura immutabile e trascendente dell’essere umano” (64). Se la critica dei poteri forti internazionali può andare in una direzione non sgradita alla retorica del regime cubano, il richiamo alla natura immutabile e trascendente dell’uomo si situa subito all’opposto di ogni concezione marxista.
Sempre coniugando delicati accenni alla transizione prossima ventura e richiami alle radici cristiane, Papa Benedetto XVI si è detto “[…] convinto che Cuba, in questo momento così importante della sua storia, sta guardando già al domani, e per questo si sforza di rinnovare e ampliare i suoi orizzonti; a ciò coopererà quell’immenso patrimonio di valori spirituali e morali che hanno plasmato la sua identità più genuina, e che si trovano scolpiti nell’opera e nella vita di molti insigni padri della patria” (65). A questa storia e a questo processo nessuno potrebbe considerare estranea la Chiesa Cattolica, espellendola con un’operazione ideologica dalla storia della nazione. “La Chiesa, da parte sua, ha saputo contribuire con impegno alla promozione di tali valori mediante la sua generosa e instancabile missione pastorale, e rinnova i suoi propositi di continuare a lavorare senza tregua per servire meglio tutti i cubani” (66).
5. Contro la tentazione di una fede superficiale, l’Anno della Fede
A León il Papa ha osservato che, se i martiri del Messico hanno dato la vita per Cristo Re, oggi affermare la regalità di Gesù Cristo in una società secolarizzata significa resistere “[…] alla tentazione di una fede superficiale e abitudinaria, a volte frammentaria ed incoerente. Anche qui si deve superare la stanchezza della fede e recuperare “la gioia di essere cristiani, l’essere sostenuti dalla felicità interiore di conoscere Cristo e di appartenere alla sua Chiesa. Da questa gioia nascono anche le energie per servire Cristo nelle situazioni opprimenti di sofferenza umana, per mettersi a sua disposizione, senza ripiegarsi sul proprio benessere” (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2011)” (67). E anche ai messicani il Pontefice ha ricordato l’Anno della Fede e i vent’anni del Catechismo della Chiesa Cattolica.
E parlando ai vescovi ha sottolineato che questi mali si combattono formando laici fedeli alla dottrina sociale della Chiesa e sacerdoti — su cui ogni vescovo, ha detto accennando così anche al delicato tema della pedofilia, deve esercitare un’adeguata vigilanza — che abbiano come bussola il Catechismo della Chiesa Cattolica, che è al centro del prossimo Anno della Fede. Nei vespri con i vescovi, partendo dall’icona custodita nella basilica-cattedrale della Madre Santissima della Luce di León, il Papa ha rilevato che “nella bella immagine che si venera in questo tempio, la Santissima Vergine tiene il suo Figlio in una mano con grande tenerezza, mentre stende l’altra per soccorrere i peccatori. Così vede Maria la Chiesa di tutti i tempi, che la loda per averci dato il Redentore ed a Lei si affida perché è la Madre che il suo divin Figlio ci ha affidato dalla croce. Per questo, noi l’imploriamo frequentemente come “speranza nostra”, perché ci ha mostrato Gesù e trasmesso i prodigi che Dio ha fatto e fa per l’umanità, in maniera semplice, come spiegandoli ai piccoli della casa” (68). Confortati da questi prodigi, sappiamo che “non ci sono motivi, dunque, per arrendersi alla prepotenza del male. […] che il male non ha l’ultima parola della storia, e che Dio è capace di aprire nuovi spazi ad una speranza che non delude (cfr Rm 5,5)” (69).
Certo, anche in America Latina oggi non mancano “[…] le spine, alcune in forma di persecuzione, altre di esclusione o di disprezzo. Non mancano neppure preoccupazioni per la mancanza di mezzi e risorse umane, o i limiti imposti alla libertà della Chiesa nell’adempimento della sua missione” (70). Ma, ancora una volta, il Pontefice ha voluto insistere con i vescovi sulle “[…] iniziative che vengono realizzate a motivo dell’”Anno della fede” [le quali] devono essere finalizzate a condurre gli uomini a Cristo, la cui grazia permetterà loro di lasciare le catene del peccato che li rende schiavi e di avanzare verso la libertà autentica e responsabile” (71). Purtroppo, talora è presente anche fra i sacerdoti un’idea non autentica della libertà. Ecco allora che il vescovo deve saper trasmettere ai suoi sacerdoti “anche la sua paterna ammonizione su atteggiamenti inopportuni” (72). E la stessa vigilanza e vicinanza il vescovo deve mostrare ai laici. “La loro formazione nella fede è cruciale per rendere presente e fecondo il Vangelo nella società di oggi. E non è giusto che si sentano considerati come persone di poco conto nella Chiesa, nonostante l’impegno che pongono nel lavorare in essa secondo la loro propria vocazione, ed il gran sacrificio che a volte richiede questa dedizione. In tutto ciò, è particolarmente importante per i Pastori che regni uno spirito di comunione tra sacerdoti, religiosi e laici, evitando divisioni sterili, critiche e diffidenze nocive” (73).
Così i vescovi, ha detto il Papa, saranno davvero “[…] sentinelle che proclamano giorno e notte la gloria di Dio, che è la vita dell’uomo. Siate dalla parte di coloro che sono emarginati dalla violenza, dal potere o da una ricchezza che ignora coloro ai quali manca quasi tutto. La Chiesa non può separare la lode a Dio dal servizio agli uomini” (74). E “[…] la Chiesa in America Latina, che molte volte si è unita a Gesù Cristo nella sua passione, deve continuare ad essere seme di speranza, che permetta a tutti di vedere come i frutti della Risurrezione raggiungono ed arricchiscono queste terre” (75), come la Croce “[…] dissipi le tenebre del nostro mondo” (76), perché il Signore “[…] tutto può e tutti ama fino all’estremo” (77).
A Cuba, a proposito della devozione alla Madonna del Cobre, il Pontefice si è chiesto: “[…] qual è l’importanza che ha per la nostra vita concreta?” (78). La Vergine Maria, ha risposto, è immagine della Chiesa. Anche la Chiesa, come tutta la storia umana, “[…] è chiamata ad accogliere in sé il Mistero di Dio che viene ad abitare in essa” (79). Anche a Cuba, ha esortato il Papa, “[…] nelle circostanze concrete del vostro Paese, e in questo momento storico, la Chiesa rifletta sempre più il suo vero volto come luogo nel quale Dio si avvicina e incontra gli uomini. La Chiesa, corpo vivo di Cristo, ha la missione di prolungare sulla terra la presenza salvifica di Dio, di aprire il mondo a qualcosa di più grande di se stesso, all’amore e alla luce di Dio. Vale la pena, cari fratelli, dedicare tutta la vita a Cristo, crescere ogni giorno nella sua amicizia e sentirsi chiamati ad annunciare la bellezza e la bontà della propria vita a tutti gli uomini, nostri fratelli” (80). Dopo aver criticato le ideologie che vogliono escludere Dio dalla storia, il Pontefice ha invitato i cristiani di Cuba a “[…] seminare il mondo con la parola di Dio e di offrire a tutti l’alimento vero del corpo di Cristo. Nell’approssimarsi della Pasqua, decidiamoci senza timori né complessi a seguire Gesù nel suo cammino verso la croce. Accettiamo con pazienza e fede qualsiasi contrarietà o afflizione, con la convinzione che, nella sua risurrezione, Egli ha sconfitto il potere del male che tutto oscura” (81) e oggi aiuta, anche a Cuba, “[…] a costruire una società aperta e rinnovata, una società migliore, più degna dell’uomo, che rifletta maggiormente la bontà di Dio” (82).
Ma questa dimensione sociale e politica della fede, richiamata anche dall’Anno della Fede, richiede laici capaci di testimoniare la dottrina sociale della Chiesa. “Si vede, in America Latina ma anche altrove, presso non pochi cattolici, una certa schizofrenia tra morale individuale e pubblica: personalmente, nella sfera individuale, sono cattolici, credenti, ma nella vita pubblica seguono altre strade che non corrispondono ai grandi valori del Vangelo, che sono necessari per la fondazione di una società giusta” (83). È dunque una grande urgenza “[…] educare a superare questa schizofrenia, educare non solo ad una morale individuale, ma ad una morale pubblica, e questo cerchiamo di farlo con la Dottrina Sociale della Chiesa, perché, naturalmente, questa morale pubblica dev’essere una morale ragionevole, condivisa e condivisibile anche da non credenti, una morale della ragione. Certo, noi nella luce della fede possiamo meglio vedere tante cose che anche la ragione può vedere, ma proprio la fede serve anche per liberare la ragione dagli interessi falsi e dagli oscuramenti degli interessi, e così creare nella dottrina sociale i modelli sostanziali per una collaborazione politica, soprattutto per il superamento di questa divisione sociale, antisociale, che purtroppo esiste” (84).
In un contesto di secolarizzazione che ormai coinvolge anche l’America Latina, ha spiegato il Papa, nuova evangelizzazione significa “[…] annunciare un Dio che risponde alla nostra ragione, perché vediamo la razionalità del cosmo, vediamo che c’è qualcosa dietro, ma non vediamo come sia vicino questo Dio, come concerne me” (85). In questo senso, “il periodo della nuova evangelizzazione è cominciato con il Concilio [Ecumenico Vaticano II (1962-1965)]“ (86).
Note:
(1) Benedetto XVI, Udienza generale, del 4-4-2012, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 5-4-2012.
(2) Ibidem.
(3) Ibidem.
(4) Ibidem.
(5) Ibidem.
(6) Ibidem.
(7) Ibidem.
(8) Ibidem.
(9) Ibidem.
(10) Ibidem.
(11) Ibidem.
(12) Idem, Santa Messa nella Plaza de la Revolución de L’Avana, del 28-3-2012, ibid. 30-3-2012.
(13) Ibidem.
(14) Ibidem.
(15) Ibidem.
(16) Ibidem.
(17) Ibidem.
(18) Ibidem.
(19) Idem, Santa Messa in occasione del quarto centenario dell’immagine della Virgen de la Caridad del Cobre a Santiago de Cuba, del 26-3-2012, ibid. 28-3-2012.
(20) Ibidem.
(21) Ibidem.
(22) Idem, Cerimonia di benvenuto nell’Aeroporto Internazionale di Guanajuato di León, del 23-3-2012, ibidem.
(23) Ibidem.
(24) Ibidem.
(25) Ibidem.
(26) Ibidem.
(27) Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso il Messico, del 23-3-2012, ibid. 25-3-2012.
(28) Ibidem.
(29) Ibidem.
(30) Ibidem.
(31) Ibidem.
(32) Ibidem.
(33) Ibidem.
(34) Ibidem.
(35) Ibidem.
(36) Ibidem.
(37) Idem, Recita dell’Angelus Domini a León, del 25-3-2012, ibid. 26/27-3-2012.
(38) Ibidem.
(39) Idem, Santa Messa nel Parque del Bicentenario di León, del 25-3-2012, ibidem.
(40) Ibidem.
(41) Ibidem.
(42) Idem, Visita al Santuario della Virgen de la Caridad del Cobre a Santiago de Cuba, del 27-3-2012, ibid. 29-3-2012.
(43) Ibidem.
(44) Ibidem.
(45) Ibidem.
(46) Idem, Cerimonia di benvenuto nell’Aeroporto Internazionale Antonio Maceo di Santiago de Cuba, del 26-3-2012, ibid. 28-3-2012.
(47) Idem, Santa Messa nella Plaza de la Revolución, cit.
(48) Ibidem.
(49) Ibidem.
(50) Ibidem.
(51) Ibidem.
(52) Ibidem.
(53) Ibidem.
(54) Idem, Santa Messa nel Parque del Bicentenario di León, cit.
(55) Ibidem.
(56) Idem, Cerimonia di congedo nell’Aeroporto Internazionale di Guanajuato, del 26-3-2012, ibid. 28-3-2012.
(57) Ibidem.
(58) Ibidem.
(59) Idem, Celebrazione dei Vespri con i Vescovi del Messico e dell’America Latina nella Cattedrale della Madre Santissima della Luce a León, del 25-3-2012, ibid. 26/27-3-2012.
(60) Ibidem.
(61) Idem, Cerimonia di benvenuto nell’Aeroporto Internazionale Antonio Maceo di Santiago de Cuba, cit.
(62) Ibidem.
(63) Ibidem.
(64) Ibidem.
(65) Ibidem.
(66) Ibidem.
(67) Idem, Santa Messa nel Parque del Bicentenario di León, cit.
(68) Idem, Celebrazione dei Vespri con i Vescovi del Messico e dell’America Latina nella Cattedrale della Madre Santissima della Luce a León, cit.
(69) Ibidem.
(70) Ibidem.
(71) Ibidem.
(72) Ibidem.
(73) Ibidem.
(74) Ibidem.
(75) Ibidem.
(76) Ibidem.
(77) Ibidem.
(78) Idem, Santa Messa in occasione del quarto centenario dell’immagine della Virgen de la Caridad del Cobre, cit.
(79) Ibidem.
(80) Ibidem.
(81) Ibidem.
(82) Ibidem.
(83) Idem, Incontro con i giornalisti durante il volo verso il Messico, cit.
(84) Ibidem.
(85) Ibidem.
(86) Ibidem.