Introduzione
Trent’anni fa, il 26 novembre 1983, la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicava la sua Dichiarazione sulla massoneria, approvataspeciali modo dall’allora Pontefice, il beato Giovanni Paolo II (1978-2005), che costituisce tuttora il diritto vigente in materia dei rapporti fra Chiesa e massoneria.
L’11 dicembre 1993 si tenne a Foggia, per iniziativa del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, da me diretto, un convegno sul temaMassoneria e religioni per ricordare il decennale di tale Dichiarazione (1).
Sono ora passati trent’anni dalla Dichiarazione sulla massoneria, che mantiene tutto il suo valore e tutta la sua importanza. Alleanza Cattolica ritiene di dover celebrare il trentennale di quel fondamentale documento tornando sul tema e ripubblicando fra l’altro i contributi al convegno di Foggia — i cui atti sono stati pubblicati in un volume di quasi vent’anni fa, da tempo esaurito e introvabile (2) — del suo fondatore e responsabile nazionale Giovanni Cantoni, dell’indimenticabile storico e socio fondatore Marco Tangheroni (1946-2004) e di mons. Josef Stimpfle (1916-1996), vescovo di Augusta, in Germania, che ha avuto un ruolo centrale nella preparazione della Dichiarazione vaticana. Insieme, ripubblichiamo una serie di documenti del Magistero sul tema della massoneria, la cui importanza è illustrata nell’articolo di Cantoni.
Prima di affrontare il tema dei rapporti fra Chiesa Cattolica e massoneria, è indispensabile spiegare che cos’è la massoneria e quali sono le sue origini: cosa che spesso non è ovvia neppure fra gli specialisti.
I. Il problema delle origini della massoneria
“Le origini della massoneria — secondo la storica inglese Frances Yates (1899-1981) — sono uno dei problemi più discussi e discutibili in tutto il campo della ricerca storica” (3). Tuttavia, se si vuol comprendere esattamente, da una parte, che cos’è la massoneria e dall’altra perché la massoneria “fa problema” per le Chiese e per le comunità cristiane, la questione delle origini non può non essere affrontata. Possiamo distinguere fra un’origine sociologica e una storica: anche se si tratta di due problemi — e di due origini — che si richiamano a vicenda.
1. L’origine sociologica
Il problema della massoneria può essere compreso soltanto nell’ambito di una più generale indagine sul problema della modernità. La caratteristica più essenziale della modernità è il pluralismo non solo sociale, ma dottrinale: la presenza — considerata normale, e perfino promossa — di gruppi socialmente significativi portatori di idee diverse e inconciliabili sull’origine e sul destino del mondo e dell’uomo, portatori — cioè — di diverse visioni del mondo, di diverse filosofie, di diverse religioni. Il Medioevo, da questo punto di vista, non era una società pluralistica nel senso moderno del termine: le comunità ebraiche e musulmane, pure presenti, non erano considerate parte integrante della società; i vari gruppi ereticali erano corpi estranei, di rado socialmente significativi; l’unità e l’integrità della fede erano considerate un bene da perseguire e la presenza di visioni del mondo contraddittorie all’interno del popolo cristiano un male da combattere. La società pluralistica moderna nasce dopo la Riforma del 1517 e dopo le guerre di religione, il cui esito è la presenza in diverse nazioni europee — e in ogni caso in Europa, se la si considera nel suo insieme — di gruppi religiosi differenti, portatori di idee fra loro inconciliabili. Questa situazione di pluralismo non farà che accrescersi dal secolo XVI in poi: se all’inizio coesistono cattolici e protestanti, ben presto i protestanti si frammentano in decine di denominazioni rivali, mentre le scoperte geografiche rendono evidente a tutto il pubblico colto l’esistenza nel mondo di centinaia di religioni diverse. Più tardi — con l’Illuminismo — diventano socialmente significativi anche il razionalismo e la miscredenza e, a partire dal secolo XIX, acquista spazio sempre maggiore anche la presenza in Occidente di religioni non cristiane e di nuovi movimenti religiosi.
Di fronte al pluralismo dottrinale nasce — tanto più nei Paesi dove questo è importato tardivamente e quasi improvvisamente — un disagio sociale diffuso, che si manifesta tuttavia in due modi differenti. Da una parte vi è chi tenta la fuga dal pluralismo, che appare intellettualmente incomprensibile, rifugiandosi in “piccoli mondi” dove il pluralismo è negato e dove la pluralità di messaggi contraddittori è ridotta all’ascolto selettivo di un solo messaggio. È il caso delle cosiddette “sette” che, fisicamente o almeno psicologicamente, si separano dalla società pluralistica per costruire micro-società non più pluraliste dove si ascolta un’unica “verità” e si riducono i contatti, almeno intellettuali ma talora anche fisici, con il mondo esterno. Dall’altra parte, vi è anche chi — anziché fuggire dal pluralismo — ne cerca una chiave di lettura che lo renda ragionevole e che permetta psicologicamente di adattarvisi. All’estremo opposto delle “sette” — per cui, nel senso più rigido, vi è un’unica verità, quella della “setta” e dei suoi capi — nascono così gruppi caratterizzati dal sincretismo e dal relativismo, per cui tutti i messaggi contraddittori in circolazione nella società pluralista sono contemporaneamente — anche se solo relativamente — veri ed è possibile vivere fra le pieghe delle loro contraddizioni purché si trovi una chiave che permetta di disporre e ordinare le diverse visioni del mondo in una costruzione in qualche modo logica. Benché i relativismi e i sincretismi siano molteplici, tanti comportano un elemento esoterico: si afferma, cioè, che a livello superficiale — essoterico, con due “s” — le diverse religioni, visioni del mondo, filosofie sono contraddittorie, ma che ciascuna comporta anche una parte più profonda e segreta — esoterica, appunto — e che i nuclei segreti delle diverse religioni e filosofie non solo non si contraddicono ma, anzi, coincidono fra loro (4).
Questo itinerario sociologico dimostra, paradossalmente, il bisogno di verità degli uomini e il disagio di vivere in un mondo di contraddizioni. Quando nella società pluralistica moderna le contraddizioni si manifestano, gli uomini sentono il bisogno di risolverle o fuggendo verso il settarismo o facendosi una ragione delle contraddizioni con il relativismo e il sincretismo (5).
2. L’origine storica
a. In generale
La risposta sincretistica ed esoterica al bisogno di risolvere le contraddizioni della società pluralistica nascente si rivela nel modo più caratteristico nella nascita della leggenda dei Rosacroce, secondo cui il “nucleo segreto” che sta dietro alle diverse religioni — e le unifica — sarebbe stato noto fin dal Medioevo a una confraternita d’iniziati fondata da un certo Christian Rosenkreutz, che in italiano suonerebbe come Cristiano Rosacroce. La leggenda lo descrive come un cavaliere della nobiltà tedesca vissuto fra il 1378 e il 1484 che, all’età di sedici anni, intraprende un pellegrinaggio verso la Terra Santa. Ma, durante il viaggio, alcune circostanze — fra cui la morte a Cipro del consigliere che lo accompagna — lo conducono a modificare il proprio itinerario, recandosi così nello Yemen, in Egitto e a Fez, in Marocco, dov’è iniziato ai misteri della mistica islamica e della Qabbalah ebraica. Tornato in Europa attraverso la Spagna, si dedica per alcuni anni al lavoro e alla meditazione e infine chiama a sé tre frati che ha conosciuto nel monastero in cui è cresciuto durante la prima giovinezza. Con essi stabilisce il primo nucleo della “Fraternità dei Rosacroce” presso un “Convento dello Spirito Santo” e, insieme, questi primi “Rosacroce” decretano di mantenere segreta l’esistenza della confraternita per un secolo, scegliendosi ciascuno un solo successore. Alla morte del fondatore l’ubicazione del suo luogo di sepoltura non è comunicata ai nuovi confratelli e resta ignota fino alla terza generazione di discepoli, finché la tomba — nascosta in una foresta tedesca — è ritrovata circa centovent’anni dopo la scomparsa di Christian. In questo sepolcro i fratelli della Rosacroce scoprono — oltre a una serie di oggetti meravigliosi dalle più strane virtù — il corpo incorrotto del maestro, con in mano un piccolo libro in pergamena decorato con lettere d’oro in cui è contenuta la chiave per pervenire al segreto della confraternita.
La leggenda dei Rosacroce è messa in circolazione già nel secolo XVI, ma acquista larghissima diffusione nel secolo XVII grazie alla pubblicazione di tre testi: la Fama fraternitatis, del 1614, la Confessio, del 1615, e leNozze chimiche di Christian Rosenkreutz, del 1616. Questi testi sono presi estremamente sul serio: perfino un filosofo come Cartesio (René Descartes, 1596-1650) dedica più di un anno della sua vita a cercare i misteriosi Rosacroce in Germania. Oggi gli storici sanno con certezza che era impossibile trovare i Rosacroce per una buona ragione: non esistevano. Non era esistita nel Medioevo nessuna confraternita dei Rosacroce; la leggenda era appunto una leggenda, creata — con altri — dal pastore luterano tedesco Johann Valentin Andreae (1586-1654). Questi, dietro la storia dei Rosacroce, propone il tema relativistico dell’unità fra i nuclei segreti delle religioni — nella versione esoterica — e insieme un programma politico di coalizione fra tutte le forze protestanti e “illuminate” d’Europa contro la Chiesa cattolica, il Papato e gli Asburgo (6). Il tema filosofico e il tema politico non sono del resto eterogenei: Johann Valentin Andreae e i suoi amici percepiscono correttamente come la Chiesa cattolica sia irriducibile a qualunque schema di “unità trascendente” — più o meno esoterica — fra le religioni e le Chiese fondato su premesse di tipo relativistico o sincretistico.
Nel secolo XVII i Rosacroce, dunque, non si trovano; ma — per tutto il Seicento e fino al Settecento — cresce il numero di coloro che li cercano (7). Fra i numerosi luoghi dove si vanno a cercare i Rosacroce vi sono anche — specie in Inghilterra e in Scozia — le antiche corporazioni di arti e mestieri, che stanno perdendo la loro importanza economica ma conservano un ricco corpus di simboli e di leggende.
La corporazione dei liberi muratori — ffremasons nel 1376 e masonfreenel 1381, ffremaceons in una successiva licenza dell’arcivescovo di Canterbury (che li contrappone a dei lathomos vocatos ligiers, dal termine ligius, ovvero vassalli) e finalmente freemasons in inglese; franc maçons in francese, da cui poi gli italiani frammassoni e massoni —, che comprende i lavoratori della costruzione dai muratori agli architetti, come si è accennato, ha un leggendario abbastanza rigoglioso ispirato a costruzioni famose dell’antichità, dall’arca di Noè al tempio di Salomone (regna ca. 970-930 a.C.). Non possono trovarsi in questa corporazione — si chiede nel Seicento qualcuno — i segreti dei Rosacroce? La risposta, naturalmente, è negativa, sempre per il buon motivo che i Rosacroce non sono mai esistiti. Ma questo non impedisce a nobili e borghesi appassionati di esoterismo e di misteri rosacrociani di farsi ricevere, pagando il dovuto, nelle “logge” — ma questa espressione è tardiva — della corporazione dei “liberi muratori”, pur non essendo né architetti né muratori.
Il fenomeno — che secondo studi dello specialista britannico David Stevenson sarebbe iniziato in Scozia negli ultimi anni del secolo XVI (8) — alla fine del secolo XVII è così diffuso che ormai in Gran Bretagna non è più sufficiente parlare di freemasons o masons. Occorre specificare se si tratta di massoni “operativi”, cioè lavoratori della vecchia corporazione, oppure “accettati”, cioè esoteristi che sono entrati nelle logge alla ricerca di segreti rosacrociani, ovvero curiosi che si fanno “accettare” per ragioni sociali o per passione antiquaria verso le tradizioni corporative. L’espressione “speculativi” si afferma nei primi decenni del Settecento per indicare i non “operativi” che aderiscono alle logge per ragioni esoteriche e filosofiche culturalmente impegnative e distinguerli dagli “accettati” che sono mossi da semplici motivi di curiosità o sociali (9).
Che cosa trovano nelle logge della corporazione muratoria gli “accettati” e gli “speculativi”? Forse meno di quello che si aspettano. In Inghilterra le organizzazioni locali “operative” sono chiamate nel Medioevo misteres, parola che più tardi — trascritta in mystery, “mistero” — comprensibilmente emozionerà gli esoteristi. Purtroppo i filologi moderni hanno accertato che la parola inglese arcaica mistere è una semplice corruzione dell’italiano “mestiere” — è nota l’importanza dell’Italia per l’attività dei costruttori — e dunque non fa allusione a nessun “mistero” occulto.
Gli elementi decisivi per la formazione del successivo rituale “speculativo” che si trovano nella massoneria “operativa” britannica sono sostanzialmente due. Da una parte vi è un corpus di leggende contenuto nelle cosiddette “Costituzioni manoscritte della massoneria”, i cui testi principali sono due manoscritti, Halliwell, più conosciuto come Regius, eCooke, che risalgono agli anni 1390-1410 (10). Questi manoscritti contengono due diverse leggende sulle origini della muratoria: una più antica — che è stata chiamata la “storia antica breve” — e una più recente, la “storia nuova lunga”.
La “storia antica breve” parte da un mitico viaggio in Egitto di Euclide (ca. 360-280 a.C.), che ivi avrebbe fondato una scuola dell’arte della geometria e della costruzione, trasmessa poi a numerosi popoli e in particolare agli inglesi all’epoca del re Athelstan (895-939), che dà ai liberi muratori i loro regolamenti e costituzioni.
La “storia nuova lunga” parte invece da prima del Diluvio e menziona vari personaggi biblici — tra cui Jabal, presentato come un maestro costruttore impiegato da Caino, ed Enoch — i quali trascrivono i segreti dell’arte muratoria su lamine d’oro o colonne nascoste, più tardi confuse con le colonne Jachin e Boaz del tempio di Salomone, con cui all’origine non s’identificano. Successivamente questi segreti sono rivelati ad Abramo, di cui è allievo Euclide, il quale insegna l’arte agli egizi. Da questi ultimi l’arte muratoria è ritrasmessa agli ebrei e trova il suo culmine con Salomone e il suo tempio. Dopo la distruzione del tempio l’arte sarebbe passata ai cristiani — fra cui quattro martiri europei, costruttori di professione: i santi Quattro Coronati —, sarebbe stata protetta in Inghilterra da sant’Albano (II-III sec. d.C.) e codificata da Athelstan.
Il materiale dei manoscritti Regius e Cooke — che risale a prima della Riforma ed è quindi il corpus di leggende di una corporazione cattolica — sarà poi rielaborato in decine di altri manoscritti, che aggiungeranno il tema dell’arca di Noè e si diffonderanno sul tempio di Salomone e sul suo architetto Hiram Abiff. Gli storici fanno notare che la leggenda di Hiram Abiff, così come i massoni di oggi la conoscono — che comprende la sua uccisione da parte di tre traditori cui non voleva rivelare la “parola del Maestro” —, appare solo in manoscritti settecenteschi (11). Alexander Horne, in uno studio molto dettagliato sul tema pubblicato nel 1972, rintraccia precedenti più arcaici per il ciclo del tempio di Salomone e anche per Hiram Abiff — sostenendo inoltre che temi antichi relativi all’arca di Noé avevano potuto essere trasposti e riferiti al tempio di Salomone (12) — ma ben pochi di questi precedenti hanno a che fare con le corporazioni muratorie. È pertanto possibile che in gran parte la leggenda di Hiram non sia stata trovata ma portata dagli “accettati” e dagli “speculativi” all’interno della massoneria operativa.
Il secondo elemento rilevante per i successivi sviluppi “speculativi” che gli “accettati” trovano nelle logge della muratoria è la “parola massonica”, una parola o segno di riconoscimento segreto su cui si leggono spesso imprecisioni notevoli. Lo scopo della “parola massonica” — nata in Scozia nel secolo XVI, ignota nel Medioevo e ignota fra gli “operativi” in Inghilterra (13) — era di carattere pratico: “venne in esistenza perché era utile” (14). Ma “è sufficiente una rapida riflessione per rendersi conto che la parola massonica sarebbe servita a poco o a nulla semplicemente per distinguere i maestri costruttori abili e capaci dagli altri” (15). Per questo scopo c’era da sempre un metodo più sicuro:“una prova pratica”. In realtà la “parola massonica” risponde a un problema nuovo: la presenza in Scozia nel XVI secolo di lavoratori dell’industria della costruzione — chiamati cowan — che sono tecnicamente capaci di svolgere il loro lavoro, e di superare una prova, ma non sono passati attraverso il regolare apprendistato corporativo ovvero lavorano al di fuori della corporazione, qualche volta accettando salari minori di quelli corporativi. La “parola massonica” permette ai capimastri e agli imprenditori legati alla corporazione di riconoscere i lavoratori che a loro volta appartengono alla corporazione massonica e di proteggere il sistema corporativo — che ormai scricchiola in tutta Europa — cercando di assumere soltanto “liberi muratori” e non cowan abusivi (16).
Tuttavia la “parola massonica” è una innovazione cinquecentesca e alla fine del Cinquecento iniziano ad affacciarsi nelle logge gli “accettati” e gli esoteristi. Intorno alla “parola massonica” cominciano così — quasi fin dalle sue origini — a nascere delle leggende, come quella secondo cui si sarebbe trattato di una parola magica capace di rendere invisibili. Per la diffusione di queste leggende gioca un ruolo decisivo il reverendo Robert Kirk (1644-1692) (17). Questo pastore presbiteriano scozzese è soprattutto noto per la sua opera di divulgazione della credenza nelle fate: anche se il suo Regno Segreto sarà pubblicato solo nel secolo XIX, era già una figura molto nota durante la sua vita e, quando morì, circolò la leggenda che non fosse veramente morto ma fosse stato rapito dalle fate nel loro regno. Kirk s’interessa a tutti i misteri della Scozia, fra cui elenca “la parola massonica”, di cui afferma che “è come una tradizione rabbinica a guisa di commento su Jachin e Boaz, le due colonne erette nel tempio di Salomone (I Re 7, 21), con l’aggiunta di qualche segno trasmesso da mano a mano, per mezzo del quale conoscono e diventano famigliari l’uno con l’altro” (18).
Nel 1652 le autorità della Chiesa di Scozia dichiarano che nella “parola massonica” non vi è nulla di peccaminoso ed è possibile che il reverendo Kirk sia egli stesso un massone “accettato” nella loggia di Scone e Perth n. 3 (19). Kirk scrive fra il 1680 e il 1691 e il riferimento a “qualche segno” potrebbe indicare già i five points of fellowship, “cinque punti di fratellanza”: piede con piede, ginocchio con ginocchio, cuore con cuore, mano con mano, orecchio con orecchio. Questi sono descritti senza riferimento alle loro origini in un testo del 1696 (20) e spiegati in manoscritti successivi con tentativi piuttosto macabri di rimettere insieme, togliendoli dalla tomba, i corpi di Noé o di Hiram Abiff per estrarre da questi corpi i loro segreti. A tali leggende si collegherebbe l’espressione “vi è ancora del midollo in quest’osso” — here is yet mar[r]ow in this bone —, formula che avrebbe avuto una carriera nei rituali “speculativi” (21).
In ogni caso troviamo qui un elemento di origine corporativa e pratica — la “parola massonica” — nato, a differenza delle leggende sulle origini dell’arte, in ambiente protestante e non cattolico. In quest’ultimo, infatti, l’idea del segreto in genere sarebbe stata certamente vista con maggior sospetto. Il tema della “parola massonica” si arricchisce di un significato occulto grazie all’opera di probabili massoni “accettati”, come Kirk. Tramite questo tipo di personaggi le leggende sulla storia antica dell’arte muratoria e sulla “parola massonica” — le cui origini rispettive sono diverse — si saldano fra loro e la “parola” è riferita a una “tradizione rabbinica” e al tempio di Salomone.
Comunque sia, i segreti propriamente esoterici non sono certamente numerosi quando i primi “accettati” si fanno ricevere nelle logge “operative” alla fine del secolo XVI. Dopo un secolo, alla fine del Seicento, un certo numero di segreti esoterici nelle logge massoniche inglesi invece vi è davvero: non, però, perché ci fossero già prima — vi erano, come si è visto, solo alcuni elementi —, ma perché li portano nelle logge gli “accettati”, di tendenze più esoteriche, che in gran numero si fanno ricevere nella corporazione.
Questa lenta trasformazione della massoneria da “operativa” in “speculativa” prepara dunque il terreno per la nascita della massoneria moderna, quale la conosciamo oggi. Il 24 giugno 1717 si celebra la festività di san Giovanni Battista, cui i massoni tributano un culto speciale assieme all’omonimo evangelista, in quanto annunciatori della Luce spirituale. Scegliendo, non casualmente, questa data, quattro logge di Londra dai nomi pittoreschi — The Goose and Gridiron (“L’Oca e la Graticola”), The Crown (“La Corona”), The Apple Tree (“Il Melo”) e The Rummer and Grapes (“Il Boccale e gli Acini”), che tradiscono l’identificazione delle taverne e birrerie in cui i fratelli tengono le loro riunioni — si riuniscono sotto la presidenza dell’architetto capo della chiesa di Saint-Paul, Christopher Wren (1632-1723) — che sarà Gran Maestro dei liberi muratori di Londra dal 1688 al 1695, e poi ancora dal 1698 al 1702 —, e costituiscono un’organizzazione unificata, la Grande Loggia di Londra, alla cui gran maestranza è nominato Anthony Sayer (1672-1742). Se la data del 1717 è comunemente accettata, non mancano datazioni diverse, come quella proposta da Florence de Lussy, che scorge la nascita della moderna massoneria nel 1719, quando si opera “la congiunzione dell’ispirazione massonica e di un newtonianismo di stretta osservanza” (22).
Il 24 giugno 1717 è comunque assunto dalla grande maggioranza degli storici come data di fondazione della massoneria moderna e costituisce la presa d’atto (in origine limitata alla città di Londra) di una nuova situazione, in cui le logge dei liberi muratori sono ormai composte quasi esclusivamente di “accettati”, in maggioranza ormai veri e propri “speculativi”. La massoneria “speculativa” moderna nasce a Londra, anche se i primi “accettati” sono ammessi nella corporazione in Scozia, perché in Scozia ancora ai primi del Settecento “operativi” e “accettati” convivono nelle stesse logge, mentre in Inghilterra vi sono nello stesso periodo logge separate composte esclusivamente di non “operativi”. Anzi, può perfino capitare che un costruttore appassionato di esoterismo appartenga a due logge: una “operativa”, dove discute i problemi della sua professione, e una “accettata”, dove coltiva interessi filosofico-esoterici (23). Gli ultimi “operativi” puri — ormai quasi degli estranei — sono a poco a poco relegati alla periferia delle logge londinesi, e queste decidono di darsi nuove costituzioni, necessarie perché la realtà delle logge è mutata: da corporazioni di arti e mestieri a circoli filosofico-esoterici ormai completamente privi di qualunque funzione corporativa.
Le logge londinesi riunitesi nel 1717 nella Grande Loggia di Londra affidano al pastore presbiteriano James Anderson (1680 o 1684-1739) — massone “speculativo”, ma anche scrittore di professione disposto a preparare libri d’occasione a pagamento — la redazione delle loro nuove Costituzioni. Il testo, pronto nel 1721, è rivisto da un comitato di massoni — di cui è magna pars il pastore anglicano Jean-Théophile Desaguliers (1683-1744), figlio di un profugo ugonotto francese e terzo Gran Maestro della Gran Loggia di Londra dopo Sayer e George Payne (1675-1757) — e pubblicato nel 1723 (24). Le Costituzioni di Anderson comportano quattro parti: una storia leggendaria dell’ordine e dell’”arte” massonica, che rimonterebbe ad Adamo, Noè, Salomone e all’architetto del tempio di quest’ultimo, Hiram; i “doveri” o charges; un regolamento per le logge; e una serie di canti per i tre gradi di apprendista, compagno e maestro.
La parte più importante è quella dei “doveri”, ancora considerata vincolante da diverse massonerie contemporanee e fonte di numerosi scismi nella storia, relativi soprattutto al primo e al secondo “dovere”. Il primo prevede che un massone “se comprende correttamente l’Arte non sarà mai un ateo stupido né un libertino irreligioso” (25); non si tratta peraltro di seguire le stesse “denominazioni o credenze religiose” (26), ma solo “quella religione su cui tutti gli uomini sono d’accordo” (27). Il secondo dovere chiede al massone la lealtà nei confronti dei poteri politici costituiti e vieta alle logge qualunque attività politica diretta. Qualche controversia hanno causato anche il terzo “dovere”, che esclude fra l’altro dalla massoneria le donne, e il sesto, dove — pur senza usare la parola “segreto” — si raccomanda di essere “prudenti” perché neppure“l’estraneo più acuto sia capace di scoprire o di trovare quel che non conviene neppure suggerire” (28).
Nelle Costituzioni il riferimento all’esoterismo e al segreto coesiste con il deismo illuminista della “religione su cui tutti gli uomini sono d’accordo”(29). Come abbiamo visto, relativismo ed esoterismo erano già presenti nelle prime formulazioni della leggenda rosicruciana. Questo non significa che l’esoterismo cristianeggiante seicentesco e l’illuminismo razionalistico settecentesco siano riusciti subito a coesistere perfettamente nelle logge massoniche. Al contrario, una reazione contro le Costituzioni di Anderson, considerate troppo inclini al razionalismo e all’illuminismo, determinò lo scisma degli Antients, gli Antichi, con centro nella città di York — e con un quarto grado, quello dell’Arco Reale, d’intonazione cabalistica, più tardi accolto da tutta la massoneria —, che terminò con la riunione con i Moderns di Londra solo nel 1813. Un elemento di sincretismo — che ha dato origine a notevoli controversie — è peraltro presente anche nell’Arco Reale, dove viene rivelato, accanto al nome Jehovah, anche un altro nome di Dio, Jahbulon o Jah-Bel-On, sintesi dei nomi semitico (Jah o Jahveh), caldeo (Baal) ed egiziano (On) della Divinità. Per quanto riguarda “On”, sembra che i primi ritualisti dell’Arco Reale siano caduti in errore a proposito del biblico Putifarre“sacerdote di On” (Gen. 41, 45), interpretando On come se fosse una divinità, forse Osiride, mentre si trattava di una città (30).
A prescindere dall’errore, la letteratura anti-massonica cristiana ha spesso protestato vivacemente per l’uso di un nome “pagano” di Dio nell’Arco Reale. Un comitato incaricato di studiare la massoneria dallo stesso Sinodo Generale della Chiesa d’Inghilterra — una comunità tradizionalmente filo-massonica ma che dal 1987 ha cominciato a sollevare serie obiezioni sulla massoneria — ha dichiarato che “Jahbulon (che si tratti di un nome o di una descrizione), che appare in tutti i rituali[dell’Arco Reale], deve essere considerato blasfemo: nella teologia cristiana il nome di Dio […] non deve essere nominato invano, né può diventare parte di un amalgama con i nomi di divinità pagane” (31). In realtà, sembra che non si tratti tanto d’istillare sottilmente il paganesimo ma, attraverso un nome che vuole sintetizzare le divinità di popoli diversi, si voglia indicare l’unità delle religioni se le si considera a un livello più profondo o esoterico. A questa interpretazione, difendendosi dalle accuse della Chiesa d’Inghilterra, si erano avvicinati gli stessi responsabili dell’Arco Reale, i quali però insistevano che l’unità è ricercata intorno a un “codice morale” comune piuttosto che a una dottrina teologica (32). In seguito alle polemiche sollevate dalla pubblicazione del best seller anti-massonico del giornalista Stephen Knight (1951-1985) The Brotherhood — che insiste sul significato “segreto” della parola Jah-Bul-On (33) — dirigenti dell’Arco Reale hanno insistito che le tre sillabe Jah-Bul-On hanno tutte e tre un significato biblico, giacchè la sillaba “Bul” o “Bel” può essere intesa come composta dalla lettera B (Beth, che significa anche “casa”) e dalla parola El (“Altissimo”, cioè Dio, in ebraico) — con il significato complessivo, quindi, di “Casa dell’Altissimo” — e la sillaba “On”, riferendosi precisamente alla città egiziana di cui era sacerdote Putifarre, la cui figlia sposò Giuseppe, intende appunto onorare quest’ultimo personaggio biblico (34). Lo sforzo filologico è pregevole, ma l’interpretazione è capziosa, dal momento che — qualunque cosa ne pensino esponenti dell’Arco Reale di oggi — non vi è dubbio che per i primi ritualisti del grado “Jah-Bul-On” era una parola che intendeva contenere il riferimento a tre diverse divinità.
b. Origini degli “alti gradi”
L’origine degli “alti gradi” della massoneria — che inizialmente conta solo i due gradi di apprendista e compagno e solo successivamente, a partire dal 1724, ne adotta un terzo, quello di maestro — è in relazione alla sua introduzione e diffusione in Francia, in cui gioca un ruolo preminente il cavaliere scozzese André Michel de Ramsay (1686-1743), discepolo e poi segretario dell’arcivescovo di Cambrai François de Salignac de la Mothe, “Fénélon” (1651-1715), di cui dopo la scomparsa sarà considerato l’erede spirituale, e in seguito legato alla spiritualità quietista di madame Jeanne-Marie Guyon (1648-1717), di cui pure diventa il segretario. Il suoDiscours — pronunciato nel 1736 e che avrebbe dovuto essere ripetuto in una versione lievemente diversa a una grande riunione delle logge di Francia prevista per il 24 marzo 1737, poi vietata dalle autorità (35) — mira a propagandare la massoneria fra i nobili francesi, dissipando l’impressione che si tratti di una realtà nata fra semplici artigiani e muratori e sostituendo all’origine storica muratoria un’origine leggendaria cavalleresca. Secondo de Ramsay, cavalieri della più alta nobiltà europea si sarebbero infiltrati nella corporazione massonica fin dai tempi delle Crociate per perseguirvi i loro interessi esoterici al riparo da occhi indiscreti. Da molti secoli la massoneria sarebbe dunque, più che una realtà corporativa, una realtà cavalleresca.
Sulla base di questa leggenda — creata consapevolmente a tavolino da Ramsay, senza basi storiche — sono elaborati interi sistemi di “alti gradi” a simbologia cavalleresca, che si aggiungono ai primi tre, detti della massoneria “azzurra”, che rimangono comunque alla base del sistema, e che sono di origine invece effettivamente corporativa. In Germania ilDiscours di Ramsay è letto con grande interesse e collegato alle speculazioni, a loro volta prive di consistenza storica, che fervono nel secolo XVIII su una prosecuzione segreta dei Templari — in un clima ricco di segreti esoterici e di misteri — dopo la loro soppressione nel 1312. I “cavalieri” di cui Ramsay non ha precisato l’identità sono così identificati con i Templari, arricchendo ulteriormente la leggenda e dando origine a un gran numero di sistemi di “alti gradi” in concorrenza fra loro (36).
Parallelamente all’azione innovatrice di Ramsay — il cui sviluppo, noto comunemente con il termine “scozzesismo”, è particolarmente complesso —, il mito che riferisce le origini della massoneria all’Ordine del Tempio è nel frattempo integralmente fatto proprio, nel 1756, da Karl Gotthelf von Hund und Grotkau — più noto come il barone von Hund (1722-1776) —, un nobile di Altenburg, nei pressi di Lipsia, che è all’origine di un sistema massonico in otto gradi — apprendista, compagno, maestro, maestro scozzese di sant’Andrea, novizio, templare, cavaliere professo e grande professo — conosciuto con il nome di Stretta Osservanza.
Non tutti i massoni europei si entusiasmano però per le nuove leggende cavalleresche e templari: in particolare i più legati al razionalismo temono che gli “alti gradi” siano veicolo per la prevalenza degli elementi più inclini all’esoterismo e all’occultismo. I sostenitori degli “alti gradi” sconfiggono i razionalisti su scala francese al Convento delle Gallie, tenuto a Lione nel 1778 — dove gioca un ruolo importante Jean-Baptiste Willermoz (1730-1824) — e su scala europea al Convento di Wilhelmsbad nel 1782.
Pochi anni dopo, la “corrente fredda” razionalista si prende tuttavia una rivincita con la Rivoluzione francese, fra i cui protagonisti figurano importanti massoni di quest’orientamento, e nel corso della quale i massoni della “corrente calda” più esoterica sono invece perseguitati. Sul piano massonico internazionale la massoneria arriva negli Stati Uniti — Paese che in seguito acquisterà una grande importanza massonica — corredata degli “alti gradi”. E appunto negli Stati Uniti — a Charleston, nel 1801 — è fondata la versione oggi più nota del sistema in 33 gradi detto Rito Scozzese Antico e Accettato (37), più tardi diffusa in tutto il mondo grazie all’opera di una figura controversa ma influente, Albert Pike (1809-1891) (38).
II. Una mappa
1. Le obbedienze
Per evitare di confondersi nell’arcipelago di nomi e di sigle che costituisce oggi la massoneria occorre anzitutto distinguere fra obbedienze e riti, due realtà che sono sovente confuse. Le obbedienze sono federazioni amministrative di logge o di gruppi nazionali di logge, che accettano la priorità di una loggia originaria o almeno accettano di sottoporsi a un certo coordinamento. I riti sono sistemi di gradi massonici, di cui prescrivono non solo le cerimonie ma anche le caratteristiche. All’interno di una stessa obbedienza possono essere praticati diversi riti, senza che questo comporti uno scisma. Per converso lo stesso rito può ritrovarsi in diverse obbedienze. Si può vedere qui un’analogia con il fatto che all’interno della stessa Chiesa cattolica coesistono il rito latino, il rito siriaco, il rito ucraino e così via, senza che si esca dall’unica Chiesa cattolica. L’analogia, tuttavia, non deve essere presa alla lettera, e vale soprattutto per le variazioni sul tema all’interno dei primi tre gradi, più ricche nel mondo anglosassone. Per i gradi superiori il rito è più di una semplice variante cerimoniale: è una via iniziatica, con caratteristiche e insegnamenti specifici che sono trasmessi nei diversi gradi.
Tutto questo è chiaro in teoria: ma in pratica questioni di rito hanno spesso determinato scismi anche quanto alle obbedienze, soprattutto perché i riti hanno i loro dirigenti, distinti da quelli delle obbedienze, ed è spesso accaduto che fra i due gruppi dirigenti, i quali pure dovrebbero in teoria esercitare la loro giurisdizione su ambiti diversi, siano sorte rivalità e conflitti (39).
Sul piano delle obbedienze rivali possiamo distinguere:
a. l’obbedienza della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, riconosciuta dalla maggioranza dei massoni mondiali, circa sei milioni, come Gran Loggia Madre per tutto il mondo. Due principali testi — Basic Principles for Grand Lodge Recognition, “Principi per il riconoscimento della Gran Loggia”, del 1929, e Aims and Relationships of the Craft, “Scopi e relazioni dell’Arte”, del 1938, rivisto nel 1949 — fissano i criteri per il riconoscimento della “regolarità” massonica da parte della Gran Loggia Unita. Secondo questi documenti la “regolarità” deve essere triplice: di origine, cioè è necessaria la fondazione da parte di una Gran Loggia già riconosciuta come regolare o di tre logge regolari; di territorio, cioè una sola Gran Loggia può essere riconosciuta come regolare in ogni paese; e di dottrina, in quanto sono necessarie la credenza in Dio come Grande Architetto dell’Universo, l’uso di un “libro della legge sacra” — normalmente la Bibbia, ma è ammesso un altro libro sacro tradizionale per le logge che operano in paesi diversi dall’Occidente cristiano —, l’esclusione delle donne e il divieto di discussioni politiche nelle logge. Su questa base — che si afferma dedotta dalle Costituzioni di Anderson, anche se non mancano discussioni sulla loro interpretazione — le massonerie maggioritarie dei più importanti paesi latini, la Francia, la Spagna e l’America Latina, hanno perso a partire dal secolo scorso il riconoscimento della loro “regolarità”, accusate di ammettere nelle loro fila atei (40), di non utilizzare la Bibbia e di occuparsi di temi politici. In questa situazione si trovava fino al 1972 anche la massoneria del Grande Oriente d’Italia, largamente maggioritaria nel nostro Paese — circa seicento logge e oltre quindicimila membri —, che appunto nel 1972 era stata riammessa nella comunione con la Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Da tale comunione è stata di nuovo esclusa nel 1993 in seguito alle polemiche seguite a indagini giudiziarie sulle attività politiche e affaristiche di alcune logge e alla crisi interna che ne è derivata. Dal 1972 chi non crede in Dio avrebbe dovuto essere escluso dalle logge del Grande Oriente d’Italia. Il Gran Maestro, Giuliano Di Bernardo, aveva tuttavia proposto una nozione di Dio come “principio regolatore” (41) che, benché non formalmente condannata da Londra, era al limite di quanto può essere accettabile dalle massonerie “regolari” e ha suscitato più di una obiezione. È stato tuttavia lo stesso Di Bernardo a fondare, nella crisi massonica del 1993 — prima di lasciarla nel 2002 —, una Gran Loggia Regolare d’Italia concorrente del Grande Oriente, ma ampiamente minoritaria, che è stata riconosciuta nel dicembre 1993 dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra.
b. Dal 1961 le massonerie liberali — fra cui i Grandi Orienti di Francia, Belgio e Germania (ma in quest’ultimo Paese è presente anche una Gran Loggia “regolare” di obbedienza inglese) e la Gran Loggia d’Italia degli Antichi, Liberi e Accettati Muratori (A.L.A.M.)-Palazzo Vitelleschi, la seconda denominazione del nostro Paese, con 7.300 iniziati raccolti in 400 logge, dopo il Grande Oriente, detto a sua volta di Palazzo Giustiniani da una sua storica sede — erano riunite nel CLIPSAS, il Centre de Liaison et d’Information des Puissances maçonniques signataires de l’Appel de Strasbourg, “Centro di Collegamento e d’Informazione delle Potenze Massoniche firmatarie dell’Appello di Strasburgo”. Dal CLIPSAS nel 1996 si sono però separate a causa di diverse controversie lo stesso Grande Oriente di Francia e altre obbedienze per costituire l’AMIL, l’Associazione Massonica Intercontinentale Liberale, una realtà a sua volta turbata da dissensi. I dissensi nell’AMIL hanno spinto il Grande Oriente francese a favorire la nascita del SIMPA, il Segretariato Internazionale delle Potenze Massoniche Adogmatiche, cui hanno aderito anche la citata Gran Loggia d’Italia e la maggior parte delle obbedienze europee di tradizionale impronta liberale. L’AMIL è rimasta una realtà prevalentemente africana, mentre nel CLIPSAS sono oggi numerose le obbedienze femminili e legate ai “riti egiziani”, su cui torneremo fra breve. Il Grande Oriente di Francia continua a operare per una qualche federazione di tutte le massonerie liberali internazionali, che appare allo stato problematica. La Gran Loggia d’Italia è la più grande fra le numerose obbedienze concorrenti che derivano dallo scisma massonico del 1908 di Saverio Fera (1850-1915), un pastore evangelico particolarmente anti-cattolico (42), ma ostile all’anticlericalismo esasperato del Grande Oriente del suo tempo, che talora accoglieva personaggi e tematiche anticristiane. Nella storia delle obbedienze che risalgono a Fera e al suo successore Raoul Vittorio Palermi (1864-1948), dette spesso “di Piazza del Gesù”, dal nome della piazza romana dove la principale ha avuto sede per molti anni, gli scismi sono frequentissimi, e costituiscono un elemento decisivo per spiegare la compresenza in Italia di numerose obbedienze massoniche minori. Basterà ricordare, per il rilievo anche culturale di alcune sue iniziative, quello promosso nel 2003 dall’ex Gran Maestro Renzo Canova, il quale ha dato vita al Supremo Consiglio d’Italia e San Marino del 33° ed Ultimo Grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato, che pubblica la rivista Acadèmia e ha a Bologna una loggia di studi e di ricerche “Sancti Quattuor Coronati”, che s’ispira all’antica e omonima iniziativa inglese. Nonostante il nome, il Supremo Consiglio di Canova è una vera e propria obbedienza e non si limita alla gestione di un rito.
Nei gruppi detti “di Piazza del Gesù” rispetto al Grande Oriente vi è stata una maggiore presenza di un elemento “cristiano” e talora anche “filo-cattolico”, che tuttavia “si diluì non poco” (43) a partire dalla seconda metà degli anni 1950. Le obbedienze liberali denunciano “il dogmatismo e il conservatorismo sociale della massoneria anglosassone”, ammettono gli atei e gli agnostici — per il Grande Oriente di Francia, dal 1877, data in cui venne soppresso l’obbligo del riferimento al Grande Architetto dell’Universo, con conseguente separazione dalla Gran Loggia di Londra —, e talora anche le donne — come fa la Gran Loggia di Palazzo Vitelleschi e dal 2010 lo stesso Grande Oriente di Francia —, né rinunciano a un’azione politica in favore “dei diritti dell’uomo e della democrazia”, come recita l’Appello di Strasburgo. Benché non tutte aderiscano alle associazioni internazionali citate, le massonerie di lingua spagnola sono in genere su posizioni simili.
c. La letteratura della Gran Loggia Unita d’Inghilterra denomina“massoneria di frangia” (fringe masonry) l’insieme delle obbedienze i cui interessi si situano soprattutto sul versante dell’occultismo e della magia. Questi interessi, a partire dal secolo scorso, sono largamente scoraggiati nella massoneria “regolare” e hanno quindi preso la strada di organizzazioni “di frangia”. Alcune di queste organizzazioni non sono semplicemente “irregolari”, in quanto affermano d’interessarsi solo dei gradi superiori al terzo, riconoscendo alla Gran Loggia Unita la giurisdizione universale sui primi tre gradi, di cui soltanto essa dichiara di occuparsi. Tuttavia la loro ideologia si allontana notevolmente dallo spirito e dalla mentalità della massoneria “regolare” per cui spesso finiscono per dotarsi anche di gradi azzurri propri, diventando così, oltre che “di frangia”, anche “irregolari”. Le obbedienze “di frangia” più diffuse adottano una simbologia ispirata all’antico Egitto e costituiscono la famiglia — divisa in numerose obbedienze rivali — delle massonerie “egiziane”, il cui antecedente storico è rappresentato dall’Alta massoneria egiziana creata da Giuseppe Giovanni Balsamo detto“Cagliostro” (1743 o 1749-1795) (44).
d. Certamente “irregolari” — nel senso di considerate non regolari dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra, fedele alle Costituzioni di Anderson che come abbiamo visto escludono le donne —, oltre che “di frangia”, sono leobbedienze femminili e miste nate con lo scopo precipuo di riconoscere alle donne a pieno titolo l’appartenenza massonica: la principale è l’ordine misto Le Droit Humain, fondato nel 1893 in Francia dalla femminista Maria Deraismes (1828-1894) e dal senatore Georges Martin (1844-1916). Dalle obbedienze femminili e miste vanno distinte le logge “di adozione”, semplici ausiliari della massoneria che organizzano le spose e le figlie dei massoni senza che queste ultime rivendichino in alcun modo un’effettiva appartenenza all’ordine — di questo tipo è la Stella d’Oriente, che ha nel mondo circa tre milioni di adepte.
È opportuno precisare — per non dare luogo a equivoci — che questo schema ha un semplice valore di mappa, non di giudizio: non è possibile risolvere tutti i problemi sulla base della semplice dicotomia “regolare”/”irregolare” o dei riconoscimenti internazionali — talora indubbiamente concessi tenendo conto anche di ragioni di opportunità politica; piuttosto, ogni obbedienza deve essere esaminata nelle sue caratteristiche e nella sua storia.
2. I riti
Le enciclopedie massoniche riportano diverse centinaia di riti diversi, che sarebbe certamente troppo lungo esaminare in questa sede. Al cuore della storia massonica si situa il rito Emulation — da Emulation Lodge of Improvement, “Loggia emulazione del miglioramento”, il nome della loggia degli Antients in cui è unificato il rito dopo la nascita della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, nel 1815 —, il più diffuso per i primi tre gradi di apprendista, compagno e maestro nelle logge inglesi. Largamente praticati — e retti da gerarchie proprie — sono i cosiddetti gradi complementari: il grado dell’Arco Reale, che fa da complemento a quello di maestro, e il grado di Mark Master, “Maestro del Marchio”, complementare a quello di compagno. Molto diffusi in ambiente anglosassone sono pure i gradi di Knights Templar, “Cavalieri Templari”, che rappresentano quanto sopravvive della leggenda templare nella massoneria maggioritaria.
Negli Stati Uniti è largamente diffuso il Rito di York che fonde insieme Arco Reale, massoneria del Marchio — gradi dal quarto al settimo —, gradi “criptici” — ottavo e nono, più decimo in alcune giurisdizioni — e quattro ulteriori gradi “templari”. Con il Rito di York rivaleggia per diffusione il Rito Scozzese Antico e Accettato, il più diffuso in Italia, in 33 gradi; da cui l’abitudine a considerare i massoni più elevati in grado come necessariamente dotati della qualifica di “33°”, il che è vero per questo Rito ma non per altri. Nel Grande Oriente di Francia si segue un Rito francese, assai più scarno e semplificato. Nelle massonerie “egiziane” dominano il rito di Memphis — 92 gradi — e quello di Misraïm — 90 gradi —, nonché varie loro combinazioni. In alcuni paesi varianti del Memphis e/o del Misraïm sono riconosciute come riti anche da obbedienze “regolari”.
3. Gli organismi para-massonici e pseudo-massonici
Nella letteratura specializzata s’incontra spesso il riferimento a organismi “para-massonici”, “simil-massonici” e “pseudo-massonici”. In genere gli specialisti riservano l’appellativo “para-massonico” agli ordini e alle società che non fanno tecnicamente parte della massoneria ma che ammettono nel loro seno esclusivamente massoni. La più importante organizzazione di questo tipo è la Shrine — il cui nome completo è Ancient Arabic Order Nobles of the Mystic Shrine, “Antico Ordine Arabico dei Nobili del Santuario Mistico”, fondata nel 1871 negli Stati Uniti dal medico Walter Millard Fleming (1838-1913) e dall’attore William Jermyn Florence (1831-1891).
La Shrine adotta una simbologia “islamica” e orientale — talora grandiosa: alcuni suoi “templi” sembrano grandi moschee, possiedono autentici cammelli arabi e così via —, non senza un’intenzione ludica di messa in scena e di scherzo; riunisce però una élite della massoneria americana e gode di prestigio anche per le sue imponenti attività benefiche nel settore degli ospedali infantili.
Un altro esempio di organismo para-massonico è costituito dalla Societas Rosicruciana in Anglia, fondata da Robert Wentworth Little (1840-1878) nel 1865-1866, riservata ai massoni e luogo d’incubazione nel 1888 del più famoso ordine di magia cerimoniale moderno, l’Ordine Ermetico della Golden Dawn. La Golden Dawn, a sua volta, non è un organismo massonico perché — benché fondata da massoni — ha sempre ammesso nei suoi ranghi i non massoni e anche le donne. In genere i vari “nuovi movimenti magici” moderni (45) — benché talora fondati e frequentati da massoni — non vanno confusi con la massoneria. Lo stesso vale, a maggior ragione, per movimenti a metà strada fra la religione e la magia come la Società Teosofica o la Società Antroposofica (46), per i quali la definizione di organismi “massonici” è chiaramente sbagliata, anche se i loro fondatori e loro esponenti di spicco hanno avuto interesse per vari tipi di massoneria, specialmente “di frangia”.
Possiamo chiamare “simil-massonici” i numerosi organismi e fraternità sorti, soprattutto negli Stati Uniti ma anche altrove, a imitazione e in concorrenza con la massoneria, spesso — ma non sempre — rivolgendosi a classi sociali più basse rispetto a quelle da cui la massoneria traeva i suoi membri: gli Odd Fellows, i Knights of Pythias, l’Improved Order of Red Men, e così via (47). La celebre serie televisiva Happy Days (1974-1984) satireggia il modello della fraternity mettendo in scena un’immaginaria “Loggia del Leopardo n. 462” dove il padre del protagonista Richie, il negoziante di ferramenta Howard Cunningham, ha il titolo di “Grande Puba” (Grand Poobah). Questi ordini — oggi in marcato declino, ma in parte tuttora esistenti — non sono massonici, e mostrano che la massoneria è la species di un genus — la “fraternità” moderna — che si esprime anche in forme diverse, le quali talora si rivolgono, in ambienti diversi, allo stesso tipo di bisogni e di aspettative sociologiche.
La letteratura massonica ama chiamare “pseudo-massonici” gli organismi che utilizzano nel loro nome la parola “massoneria” ma sono considerati al di fuori del mondo massonico dalla maggioranza degli organismi “regolari” o ufficiali. In questo ambito rientrano le iniziative messe in atto di tanto in tanto da meri avventurieri che vendono gradi “massonici” a puro fine di lucro — attività repressa negli Stati Uniti, ma non sempre altrove e certamente non in Italia, dai tribunali, che oltre Oceano riconoscono alla massoneria “regolare” un monopolio sulla parola “massoneria” — e anche da gruppi che inventano “massonerie” senza alcuna derivazione da obbedienze note per coprire semplici attività illecite o criminali. Alcuni chiamano “pseudo-massoneria” anche la cosiddetta Prince Hall Freemasonry, nata fra i neri americani che per lunghi anni sono stati esclusi dalle logge degli Stati Uniti, e ancora oggi, in vari Stati, sono discretamente scoraggiati dall’aderire. Alcuni neri hanno costituito così una massoneria nera chiamata Prince Hall dal nome del suo mitico fondatore settecentesco; più tardi le organizzazioni massoniche e para-massoniche bianche hanno acquisito il loro corrispettivo nero; alla Shrine venne a corrispondere una Black Shrine e così via. Le relazioni fra massoneria e Prince Hall Freemasonry sono però migliorate negli ultimi anni; varie logge americane hanno sviluppato relazioni cordiali, non utilizzano più l’espressione “pseudo-massoneria” e dirottano discretamente verso le logge Prince Hall i neri che si presentano per aderire alla massoneria “bianca” che pure ufficialmente non sarebbe più segregata.
III. Le origini del problema.
Perché la massoneria “fa problema” per la Chiesa?
1. Esiste una dottrina massonica?
Le Costituzioni di Anderson — secondo e sesto “dovere” — escludono dai soggetti di cui si può parlare in loggia le “discussioni di religione, di nazione o di politica”. Sembra che rimanga molto poco, e in effetti è difficile ricavare dalle Costituzioni una vera e propria dottrina. Gli unici riferimenti precisi sono quelli alla legge morale (naturale) e alla “religione su cui tutti gli uomini sono d’accordo”. Nelle Costituzioni della Gran Loggia Unita, del 1815, il deismo di Anderson si orienta verso un teismo personale: si parla di un Dio capace di “vedere i cuori” degli uomini e del dovere di credere in un “glorioso architetto del cielo e della terra”, “qualunque sia la religione di un uomo e il suo modo di adorare”.
La massoneria, come emerge dalle sue carte di fondazione anglosassoni, non è una dottrina, ma un metodo che propone la libera discussione dei problemi e la loro soluzione secondo quanto sembra vero e giusto alla maggioranza dei fratelli. La discussione ha un limite positivo: non è permesso mettere in discussione l’esistenza di Dio; ma Dio può essere concepito in una grande varietà di modi, anche lontani da quanto propongono le religioni tradizionali. Gli stessi tentativi di restringere la nozione di Dio ammessa in massoneria al solo “monoteismo” sono sempre stati respinti anche dalla massoneria anglo-americana “regolare” (48).
E, in realtà, la discussione ha anche un limite negativo: tutto può essere messo in questione, tranne il metodo stesso. Chi per esempio proponesse l’unicità di una verità, di una religione, di una via si porrebbe automaticamente al di fuori del metodo massonico. È in questo senso che un Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Armando Corona (1921-2009), poteva dichiarare che il “fondamentale principio massonico” è quello secondo cui “non esiste un’unica religione per arrivare alla Salvezza”, mentre “la Chiesa cattolica ha i dogmi e considera la propria l’unica vera religione” (49). In un’altra “famiglia” massonica, quella del Grande Oriente di Francia, un dirigente massonico di origine belga che ha partecipato anche a tentativi di dialogo con cattolici, Alain Gérard conferma che “la massoneria del Grande Oriente di Francia non è né una religione né una filosofia, ma soltanto un metodo”. Questo metodo, secondo Gérard, non impedisce a nessuno di avere delle opinioni ben definite — per esempio al cattolico di essere cattolico — ma impone a tutti di “mettere in discussione” le loro opinioni quando il lavoro di loggia comincia, accettando l’ipotesi che possano eventualmente essere false o debbano essere superate in una sintesi superiore. Il metodo massonico “non significa che non si abbiano delle idee chiare; significa soltanto che si accetta di metterle in questione. Questa messa in discussione non può veramente avere luogo se si dichiara prima che, qualunque sia l’esito della discussione, vi sono dei punti su cui si continuerà a essere convinti di avere ragione” (50).
Non si potrebbe esporre meglio una posizione che accomuna tutte le famiglie massoniche: chi accetta il metodo massonico deve essere disposto a mettere sul tavolo le sue idee, a “metterle in questione” e ad accettare il verdetto che emergerà dalla discussione condotta secondo i princìpi del libero dibattito. Qui sta la radice del problema: perché le Chiese e comunità cristiane — soprattutto la Chiesa Cattolica — pensano che alcune delle verità che insegnano ai loro fedeli siano, per usare l’espressione di Papa Benedetto XVI (2005-2013), “non negoziabili” (51); non siano di origine umana ma divina, e quindi non possano essere “messe in questione” senza escludere a priori la prospettiva di rivederle o abbandonarle.
Questa problematica, naturalmente, dev’essere considerata in relazione alle esigenze sociologiche da cui nasce storicamente e psicologicamente la massoneria, che risolve il dramma del pluralismo ideologico moderno offrendo come sua chiave di comprensione il relativismo. Spesso autori massonici non accettano l’espressione “relativismo”, considerandola ingiusta e riferita a una sorta di disinteresse per la verità che non sembra loro di professare. Essi osservano che, al contrario, vi sono stati nella storia numerosi massoni così convinti di una loro idea — nazionale, politica o sociale — da dare per questa idea la vita (52). Ma vi è qui una confusione fra due categorie filosofiche diverse: lo scetticismo e il relativismo. Mentre lo scettico teorico pensa che non esista la verità e lo scettico pratico che non sia importante, il relativista talora è sinceramente affezionato a una verità relativa ma, nonostante questo, considera “la verità come qualche cosa di dipendente da una variabile indipendente che, come tale, la determina”. Questa “variabile indipendente” può essere la ragione umana, per cui il razionalismo e l’avversione per i dogmi non riducibili ai “limiti della sola ragione” non escludono il relativismo. Anzi, spesso il razionalismo finisce per “[…]sboccare nel relativismo, nel senso che solamente è vero quanto si relaziona gnoseologicamente in forma diretta con la ragione umana, variabile indipendente in funzione della quale si determina la verità”(relativa) (53). Affermare che il metodo massonico si situa nell’orizzonte del relativismo non significa accusare i massoni nel loro insieme — o singoli massoni — di negare la conoscibilità filosofica o la rilevanza esistenziale della verità. Significa solo constatare che si tratta di un metodo che promuove una visione della verità come relativa e condizionata da variabili indipendenti che la determinano: e questa, precisamente, è la definizione del relativismo.
È in questo senso, appunto, che il metodo massonico è collegato all’origine sociologica della massoneria e del suo successo. In una delle più serie indagini sul significato storico-sociologico della massoneria negli Stati Uniti, Lynn Dumenil ha scritto che “per gli uomini disturbati dalle grandi controversie sulla Bibbia e sulla validità del cristianesimo la massoneria offriva un’esperienza religiosa che era confortevole e che non arrecava disturbo. [Una Convenzione massonica dichiarava che] “l’anima perplessa per le divergenze fra le religioni può rifugiarsi nella sala della loggia e lì trovare riposo”… [Una rivista massonica scriveva che] “mentre la guerra promossa dalla scienza costringe il rigido dogmatismo dei credi ecclesiastici ad arretrare, questa guerra non ha potere sulla religione soggettiva del cuore, sulla quale sola gli uomini possono essere condotti a convenire, e che è quindi la religione della massoneria”. La massoneria esercitava una speciale forza di attrazione sugli uomini che continuavano a credere, ma che erano incerti su che cosa realmente credevano” (54).
Naturalmente — come le osservazioni di Lynn Dumenil si riferiscono solo alla massoneria negli Stati Uniti in una certa epoca storica — così non tutte le massonerie si attengono alle Costituzioni di Anderson. A partire dal secolo scorso — ma con prodromi già nel Settecento — soprattutto le massonerie latine hanno talora ripudiato l’obbligo di non prendere posizione in materia religiosa, sociale e politica e hanno elaborato una serie di posizioni dottrinali più precise promuovendo l’anticlericalismo, il laicismo, il naturalismo in tutti i settori. Battaglie come quella per la laicità della scuola (55), per il divorzio e più tardi in alcuni paesi anche per l’aborto, per l’eutanasia, per il matrimonio omosessuale sono state promosse apertamente da obbedienze massoniche latine, il cui anticlericalismo ha assunto in varie epoche storiche toni virulenti. La massoneria “regolare”, naturalmente, tiene a precisare che si tratta di posizioni tipiche di obbedienze separate da Londra, che hanno violato il divieto di prendere posizioni religiose o politiche. D’altro canto si tratta di conseguenze che non possono essere considerate soltanto “deviazioni” estranee alle premesse massoniche, giacché dal deismo e dal relativismo non è illogico dedurre, con varie sfumature, anche forme di laicismo.
In ogni caso, quello che tutte le massonerie hanno in comune è il metodo, così come molti calcolatori possono avere in comune lo stesso programma, o programmi con variazioni così modeste da poter essere considerate secondarie. Quello che esce dal programma può variare a seconda dei dati immessi — e così diverse obbedienze e diverse massonerie possono assumere posizioni diverse su quasi tutti i problemi —, ma il metodo rimane comune.
Il metodo massonico, peraltro, non è una semplice tecnologia. La sua pratica implica un orizzonte etico-filosofico che deve essere condiviso da chi partecipa ai lavori di loggia; diversamente, il metodo rischierebbe da una parte di non essere compreso, dall’altra di portare non a risultati variabili all’interno dei limiti che abbiamo esaminato ma a un’assenza di risultati che impedirebbe il suo stesso funzionamento. Il volume più influente sulla mentalità dei massoni americani nel nostro secolo è probabilmente The Builders, del reverendo Joseph Fort Newton (1876-1950), un pastore che fu al servizio di diverse comunità protestanti e che pubblicò per la prima volta negli Stati Uniti quest’opera fondamentale nel 1914. Newton ammette la centralità del metodo, ma lo fonda su quella che definisce “la filosofia massonica” (masonic philosophy), il cui principio centrale sarebbe il seguente: “poiché l’anima umana è affine a Dio, ed è dotata di poteri a cui nessuno può fissare un limite, è in fatto, e deve essere in diritto, libera. Pertanto, secondo la logica della sua filosofia non meno che secondo l’ispirazione della sua fede, la massoneria è stata spinta a presentare le sue storiche domande per la libertà di coscienza, per la libertà dell’intelletto e per il diritto di tutti gli uomini di ergersi senza timore e senza paura, uguali tutti di fronte a Dio e alla legge, ognuno pronto a rispettare i diritti dei suoi simili” (56). Il riferimento a Dio e alla fede certamente non si ritroverà negli stessi termini nelle massonerie che s’ispirano al Grande Oriente di Francia: ma neppure in queste ultime mancherà il riferimento a un orizzonte etico e filosofico che fonda e regge il metodo.
Dal punto di vista etico il metodo si fonda sul primato della tolleranza e della libertà di coscienza, che si espande in una prospettiva più generale — variamente intesa da diversi autori massonici — sulla libertà e la solidarietà. Dal punto di vista filosofico l’orizzonte del metodo massonico — senza il quale il metodo stesso diventerebbe inintelligibile o impraticabile — comprende:
a. un principio epistemologico di tipo realistico, secondo cui il mondo e l’uomo hanno un’esistenza indipendente su cui è possibile enunciare affermazioni che, se non sono definitive e “dogmatiche”, sono però ragionevoli; benché esponenti importanti dell’idealismo filosofico siano stati massoni, tutti i tentativi più autorevoli di costruire una masonic philosophy — e gli stessi documenti di fondazione — sembrano dare per scontato un orizzonte epistemologico di tipo realistico;
b. un principio antropologico di tipo antropocentristico, secondo cui l’uomo è libero ed è al centro del suo mondo: se così non fosse, vi sarebbero elementi per mettere in dubbio la validità di qualunque risultato del metodo massonico;
c. un principio filosofico di tipo spiritualistico, secondo cui nel mondo e nell’uomo vi è qualcosa di più di quanto cade sotto il dominio dei sensi e delle scienze, sia questo “di più” immanente o trascendente; una prospettiva puramente materialistica — che escluderebbe dagli argomenti a cui può essere applicato il metodo massonico quelli che attengono al “di più”, dichiarandoli semplicemente privi di senso — sarebbe in contrasto con i documenti di fondazione della massoneria ed è stata coltivata solo in ambienti del Grande Oriente di Francia — con paralleli in alcuni paesi di lingua spagnola — in un periodo storico specifico, a proposito del quale si è parlato di un influsso “patologico” e onnipervadente dell’anticlericalismo che ha indotto a una (temporanea) limitazione dell’ambito di applicazione del metodo sostanzialmente estranea alla massoneria (57).
In questa chiave molto generale, che fa riferimento a un orizzonte piuttosto che a una dottrina, è legittimo parlare non solo, al plurale, di diverse filosofie massoniche — proposte da singole obbedienze o da singoli autori a sostegno della loro prospettiva particolare — ma anche di quella che Newton, preceduto e seguito da numerosi autori massonici, chiama “la filosofia massonica”, dal momento che proporre un metodo significa già proporre — in modo esplicito o implicito — l’orizzonte filosofico su cui il metodo si fonda e in assenza del quale non esisterebbero argomenti per suggerire che un metodo è preferibile a un altro. Nello stesso senso si ritrova l’espressione “filosofia massonica” in critiche che provengono dal Magistero cattolico.
2. Perché la Chiesa dice no
Lo scrittore americano Dan Brown nel suo romanzo del 2009 Il simbolo perduto (58), un testo così entusiasta delle logge da poter essere ascritto alla letteratura di propaganda (59), allude spesso ai nemici della massoneria come personaggi patologici, fondamentalisti cristiani vittime di assurde “teorie del complotto”. Si potrebbe osservare che la predica viene da uno strano pulpito, dal momento che alcune delle più bizzarre teorie del complotto sono state divulgate con grande entusiasmo proprio da Brown nei suoi romanzi Angeli e Demoni (60) e nel Codice Da Vinci(61). Ma in verità l’anti-massonismo nasce molto prima del fondamentalismo protestante o della destra religiosa statunitense così poco simpatica a Brown.
Prima ancora che la massoneria moderna sia fondata, nel 1717, si manifestano già reazioni anti-massoniche. Nel 1698, per esempio, un certo M. Winter (di cui non ho reperito ulteriori dati biografici) fa diffondere un volantino indirizzato “A tutte le persone timorate di Dio nella città di Londra” in cui si mette in guardia dal “male perpetrato di fronte a Dio dai cosiddetti Massoni”: “Essi sono l’Anticristo che viene ad allontanare gli uomini dal timore di Dio. Perché mai certi uomini dovrebbero incontrarsi in luoghi segreti e con segni segreti, stando attenti che nessuno li veda, se fosse per compiere l’opera di Dio? Non sono questi i modi degli operatori d’iniquità?”. “Non mescolatevi con questa gente corrotta — consiglia il volantino — per non trovarvi con loro quando verrà la consumazione del mondo” (62). Come si vede, l’anti-massonismo è almeno antico quanto la massoneria. Tuttavia, come è più opportuno parlare di massonerie, al plurale, così esistono diversi tipi di anti-massonismo. Si deve almeno distinguere fra un anti-massonismo “politico”, che spesso reclama leggi anti-massoniche e interdizioni civili per i massoni, e un anti-massonismo di tipo “dottrinale”, che critica la massoneria sul piano filosofico e culturale. L’anti-massonismo “politico” trae i suoi argomenti da specifici risultati del metodo massonico in questo o quel Paese, in questa o quell’epoca storica, sostenendo che essi sono nocivi o pericolosi per la società. L’anti-massonismo “dottrinale” concentra invece la sua critica sul metodo massonico come costante nella storia delle massonerie, a prescindere dagli specifici risultati che dal metodo sono di volta in volta derivati.
Naturalmente, l’anti-massonismo “politico” e l’anti-massonismo “dottrinale” sono, per usare un termine sociologico, “idealtipi” o “tipi ideali”, che l’interprete può ricostruire ma che raramente s’incontrano allo stato puro. Spesso ci si trova di fronte a forme ibride di anti-massonismo, che presentano elementi dell’uno e dell’altro tipo ideale. Tuttavia è importante sottolineare due aspetti importanti della storia degli anti-massonismi. Anzitutto, l’anti-massonismo “politico” non presuppone necessariamente l’anti-massonismo “dottrinale”. Per esempio, forze d’ispirazione marxista potranno reclamare provvedimenti legali contro la massoneria ritenendo che sia, in una determinata situazione storica, globalmente nociva e nello stesso tempo esprimere apprezzamento per il metodo massonico e per il ruolo “progressista” che, in altre epoche, ha avuto.
In secondo luogo, l’anti-massonismo “dottrinale” potrà mantenere ferma la sua critica della massoneria a prescindere dalle posizioni concrete che le singole obbedienze massoniche adottano su questo o quel problema. Nel mondo cattolico il Magistero esclude, da sempre, la “doppia appartenenza” dei fedeli insieme alla Chiesa Cattolica e alla massoneria: e lo fa sulla base di una rigorosa critica dottrinale del metodo massonico, che rimane sempre incompatibile con la fede cattolica qualunque siano i risultati cui l’applicazione del metodo di volta in volta porta. Anche nel caso — da esaminare obbedienza per obbedienza, caso per caso, Paese per Paese — in cui nella prassi della massoneria non vi siano specificirisultati ostili alla fede cattolica, l’inconciliabilità rimane, in quanto — qualunque siano i suoi risultati — è sempre il metodo massonico a essere incompatibile con la fede. Le massonerie, del resto, trasmettono il loro metodo tramite la forza pedagogica dei loro rituali prima ancora di tematizzarlo in un insegnamento sistematico.
Benché il nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983 non parli più di “scomunica” per i massoni, la Dichiarazione sulla massoneria del 1983 afferma che in realtà “rimane […] immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione”. Quando qualche massone argomenta che dal fatto che nel nuovo Codice di Diritto Canonico non si usi più la parola scomunica si può evincere che i cattolici oggi potrebbero diventare tranquillamente massoni esprime dunque la posizione della massoneria, non quella della Chiesa Cattolica (63). E quale comportamento debbano tenere i cattolici lo determina ovviamente in modo vincolante la Chiesa, non la massoneria. La massoneria è libera di pensare che i massoni possono essere cattolici. Ma la Chiesa insegna con assoluta chiarezza che i cattolici non possono essere massoni. Se pure manca la parola “scomunica” rimane la sostanza: i cattolici che sono massoni “non possono accedere alla Santa Comunione”. E il documento precisa pure che singoli vescovi non possono modificare una decisione che è stata presa in modo formale e definitivo dalla Santa Sede.
Si obietta spesso che, nonostante quanto afferma il Magistero, ci sarebbero preti, vescovi e perfino cardinali massoni (64). Al di là della difficoltà di accertare la verità in un mondo di pettegolezzi e provocazioni — dove chiunque, con l’aiuto di un buon programma di computer, può “produrre” liste e certificati massonici su carta intestata di qualche Grande Oriente con i nomi che più gli aggradano — vale il principio che l’abuso non toglie l’uso, e le violazioni della legge non cambiano la legge. Senza volere in nessun modo mettere sullo stesso piano la violazione delle norme canoniche in tema rispettivamente di pedofilia e di massoneria, il fatto che purtroppo esistano preti pedofili non fa cambiare l’insegnamento della Chiesa che considera la pedofilia un gravissimo crimine e il fatto che esistano ecclesiastici massoni non cambia il Magistero della Chiesa, secondo cui i cattolici — ovviamente, preti e vescovi compresi — che si affiliano a qualunque forma di massoneria “[…] sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione”.
L’essenza dell’ideologia massonica è il relativismo, con le sue conseguenze politiche che portano spesso — non sempre, certo — le maggiori obbedienze massoniche, specie nei Paesi latini, a favorire leggi sull’aborto, l’eutanasia, le unioni omosessuali. Quando si sente dire che un ecclesiastico o un esponente politico cattolico è massone, la domanda dovrebbe essere: ha idee relativistiche? È abortista, incline all’eutanasia, favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali? Se la risposta è sì, è almeno un compagno di viaggio della massoneria e la questione se vi sia affiliato diventa perfino secondaria. Se la risposta è no, se l’ecclesiastico o il cattolico accusato si oppone apertamente al relativismo e alle sue conseguenze, allora si ha ogni ragione di concludere che le accuse di appartenenza alla massoneria sono calunnie. Il vero problema non sono le liste e le tessere. È — per usare l’espressione di Benedetto XVI che Papa Francesco ha prontamente ripreso nel suo discorso al corpo diplomatico del 22 marzo 2013 — la“dittatura del relativismo” (65). Che è poi, liste o non liste, la dittatura della mentalità massonica nel nostro tempo.
Note:
(1) Convegni analoghi, organizzati da Alleanza Cattolica e dallo stesso CESNUR, sono stati tenuti in seguito a Milano e in altre importanti città d’Italia.
(2) Cfr. CESNUR. Centro Studi sulle Nuove Religioni, Massoneria e religioni, a mia cura, Elledici, Leumann (Torino) 1994.
(3) Frances Yates, L’Illuminismo dei Rosa-Croce, trad. it., Einaudi, Torino 1976, p. 247. Sulla difficoltà dei problemi storiografici in materia di origini e natura della massoneria, cfr. Wouter J. Hanegraaff, Esotericism and the Academy. Rejected Knowledge in Western Culture, Cambridge University Press, Cambridge 2012, pp. 208-218.
(4) Se esiste uno specifico relativismo esoterico, non tutte le forme dell’esoterismo sono relativistiche: la presunta “concordanza” fra tutte le religioni — o fra tutte le religioni “tradizionali” — nel loro “nucleo segreto” è una caratteristica secondaria e non primaria dell’esoterismo e non si ritrova in tutte le forme dello stile di pensiero esoterico (cfr. Antoine Faivre, L’esoterismo. Storia e significati, trad. it., SugarCo, Milano 1993, pp. 33-34).
(5) Cfr. sul punto il mio El hecho de la conversión religiosa, in Juan Alonso e J[oselito]. José Alviar (a cura di), Conversión cristiana y evangelización, EUNSA. Ediciones Universidad de Navarra, S.A., Pamplona 2011, pp. 21-40.
(6) Cfr. F. Yates, op. cit., e più diffusamente Roland Edighoffer, Rose-Croix et société idéale selon Johann Valentin Andreae, 2 voll., Alma Artis, Parigi 1982.
(7) Cfr., come rappresentativo di una vasta letteratura sul punto, Christopher McIntosh, The Rose Cross and the Age of Reason. Eighteenth-Century Rosicrucianism in Central Europe and its Relationship to the Enlightenment, E. J. Brill, Leida 1992.
(8) Cfr. David Stevenson, The Origins of Freemasonry: Scotland’s Century 1590-1710, Cambridge University Press, Cambridge 1988; e The First Freemasons. Scotland’s Early Lodges and Their Members, Aberdeen University Press, Aberdeen 1988. Ma cfr. già l’opera, tuttora indispensabile, di Douglas Knoop (1883-1948) e Gwilyn Peredur Jones (1892-1975), The Genesis of Freemasonry. An account of the rise and development of Freemasonry in its operative, accepted and early speculative phases, Manchester University Press, Manchester 1947.
(9) Cfr. ibid., pp. 129-159.
(10) Cfr. D. Knoop, G. P. Jones e Douglas Hamer (1897-1981), The Two Earliest Masonic Mss. The Regius Ms. The Cooke Ms., Manchester University Press, Manchester 1938. Nei manoscritti troviamo anche elementi di tipo regolamentare e amministrativo che in parte saranno adattati e utilizzati anche per la massoneria “accettata” e “speculativa”.
(11) Cfr. D. Knoop e G. P. Jones, The Genesis of Freemasonry. An account of the rise and development of Freemasonry in its operative, accepted and early speculative phases, cit., p. 77.
(12) Cfr. Alexander Horne, King Solomon’s Temple in the Masonic Tradition, The Aquarian Press, Wellingborough 1972.
(13) Cfr. D. Knoop e G. P. Jones, op. cit., p. 87.
(14) Ibidem.
(15) Ibidem.
(16) Cfr. ibid., pp. 93-94.
(17) Per queste date di nascita e di morte — le più attendibili, ma oggetto di vivaci dispute — cfr. lo studio fondamentale di Mario M.[anlio] Rossi, Il cappellano delle fate, in appendice a Robert Kirk, Il Regno Segreto, trad.it., 3a ed., Adelphi, Milano 1993, pp. 95-289 (la prima ed. it. — Giannini, Napoli 1964 — comprende anche un’edizione critica del testo inglese, con testo italiano a fronte).
(18) R. Kirk, op. cit., p. 63.
(19) Cfr. ibid., p. 63, nota 1.
(20) Cfr. Edinburgh Register House Ms., in D. Knoop, G. P. Jones e D. Hamer (a cura di), The Early Masonic Catechisms, Manchester University Press, Manchester 1943, p. 31.
(21) Cfr. D. Knoop e G. P. Jones, The Genesis of Freemasonry. An account of the rise and development of Freemasonry in its operative, accepted and early speculative phases, cit., pp. 89-90.
(22) Florence de Lussy, Un peu de lumière sur les origines anglaises de la Franc-Maçonnerie, in Revue de la Bibliothèque Nationale, n. 12, Parigi 1984, pp. 16-32.
(23) Cfr. ibid., pp. 132-135.
(24) Una buona edizione critica, in inglese con traduzione francese a fronte, è Anderson’s Constitutions. Constitutions d’Anderson. 1723, a cura di Daniel Ligou, 4a ed., EDIMAF. Editions Maçonniques de France, Parigi 1990.
(25) Ibid., p. 179.
(26) Ibidem.
(27) Ibidem.
(28) Ibid., p. 189.
(29) Ibid., p. 179.
(30) È questa l’interpretazione autorevole di Henry Wilson Coil Sr.(1885-1974): cfr. Idem, voce Religion, in Coil’s Masonic Encyclopedia, a cura di William Moseley Brown (1894-1966), William L[eon]. Cummings (1876-1966) e Harold Van Buren Voorhis (1894-1983), Macoy Publishing & Masonic Supply, New York 1961, p. 516.
(31) The Working Group Established by the Standing Committee of the General Synod of the Church of England, Freemasonry and Christianity: Are They Compatible?, Church House, Londra 1987, p. 30.
(32) Richard Sandbach, Understanding the Royal Arch, Lewis Masonic Books, Addlestone, Weybridge (Surrey) 1992, p. 45. Al momento di pubblicare l’opera, l’autore era responsabile dell’Arco Reale in due province inglesi da quattordici anni.
(33) Cfr. Stephen Knight, The Brotherhood. The Secret World of the Freemasons, Granada, Londra 1984, pp. 236-240.
(34) Cfr. Roy A[rthur]. Wells (1908-1990), Some Royal Arch Terms Examined, 2a ed. ampliata, Lewis Masonic Books, Londra 1988, pp. 54-58.
(35) Cfr. Discours prononcé à la Réception des FreeMasons par Mr. de Ramsay, Parigi 1737.
(36) L’opera più completa su queste vicende è ancora quella di René Le Forestier (1868-1951), La Franc-Maçonnerie Templière et Occultiste aux XVIIIe et XIXe siècles, 2a ed. a cura di Antoine Faivre, 2 voll., La Table d’Émeraude, Parigi 1977.
(37) Ovviamente il Rito Scozzese è più antico della sua formulazione americana del 1801: cfr. l’opera molto importante di Claude Guérillot, La Genèse du Rite Écossais Ancien et Accepté, Guy Trédaniel Éditeur, Parigi 1993.
(38) Su Albert Pike circolano “demonizzazioni” antimassoniche e agiografie massoniche altrettanto esagerate, ma non mancano opere attendibili: cfr. Frederick William Allsopp (1867-1946), Albert Pike, Parke-Harper Company, Little Rock (Arkansas) 1928; Walter Lee Brown (1924-1998), Albert Pike, tesi di dottorato, University of Texas, Austin (Texas) 1955; Robert Lipscomb Duncan (1929-1999), Reluctant General.The Life and Times of Albert Pike, E. P. Dutton and Co., New York 1961.
(39) Su queste tematiche, cfr. due opere, di autori favorevoli alla massoneria, che costituiscono le più complete messe a punto storiche disponibili oggi in lingua italiana: Michele Moramarco, Nuova Enciclopedia Massonica, 2 voll., Centro Studi Albert Schweitzer, Reggio Emilia 1989; e Aldo A[lessandro]. Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, 7a ed., con una prefazione di Paolo Alatri (1918-1995), Bompiani, Milano 2008.
(40) Le Costituzioni di Anderson escludono gli “atei stupidi” e“soprattutto dopo il 1914 certi massoni belgi e francesi sostennero che l’accesso di un ateo non sarebbe stato vietato da Anderson e dai suoi amici purché si trattasse di un ateo non “stupido””, cioè di un ateo capace di argomentare filosoficamente in favore del suo ateismo; ma anche un esponente del Grande Oriente francese considera questo argomento “anacronistico” rispetto alle intenzioni di Anderson (cfr. D. Ligou, op. cit., p. 49) e la Gran Loggia di Londra non lo ha mai preso seriamente in considerazione.
(41) Cfr. Giuliano Di Bernardo, Filosofia della massoneria, Marsilio, Venezia 1987.
(42) Sul tentativo di Fera di fondare una Chiesa nazionale protestante italiana, cfr. Giorgio Spini (1916-2006), L’Evangelo e il berretto frigio. Storia della Chiesa Cristiana Libera in Italia, Claudiana, Torino 1971, pp. 171-221.
(43) Così Michele Moramarco, Piazza del Gesù (1944-1968). Documenti rari e inediti della tradizione massonica italiana, Centro Studi Albert Schweitzer, Reggio Emilia 1992, p. 15. Questo testo è fondamentale per ricostruire un albero genealogico degli scismi della massoneria “neo-ferana”.
(44) Per una mappa delle principali “massonerie di frangia”, cfr. il mio Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo, SugarCo, Milano 1990, pp.157-175. Sui rapporti fra Cagliostro e le massonerie, cfr. utili informazioni in Daniela Gallingani (a cura di), Presenza di Cagliostro. Atti del Convegno Internazionale “Presenza di Cagliostro”, San Leo [Rimini] 20, 21, 22 Giugno 1991, Centro Editoriale Toscano, Firenze 1994.
(45) Cfr. il mio Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo, cit., per la nozione di “nuovo movimento magico” e per le relazioni dei nuovi movimenti magici con la massoneria.
(46) Sui movimenti di tipo teosofico, cfr. il mio Le nuove Religioni, SugarCo, Milano 1989, pp. 267-288.
(47) Sull’origine e il significato di questi ordini un contributo importante — anche se eccessivamente influenzato da un accostamento psicoanalitico alla storia delle fraternità — è offerto da Mark C. Carnes,Secret Ritual and Manhood in Victorian America, Yale University Press, New Haven (Connecticut)-Londra 1989.
(48) Cfr. H. W. Coil, op. cit., p. 517.
(49) Andrea Tornielli, Dio salvi la Regina e la sua loggia, in 30 giorni nella Chiesa e nel mondo, anno X, n. 12, Roma dicembre 1992, pp. 48-50 (p. 50).
(50) Alain Gérard, Franc-maçonnerie et catholicisme, in Humanisme. Revue des Francs-Maçons du Grand Orient de France, anno XXXII, n. 181-182, Parigi settembre 1988, pp. 33-38.
(51) Cfr. Benedetto XVI, Discorso “Vita, famiglia, educazione: tre valori “non negoziabili”” ai partecipanti al convegno promosso dal Partito Popolare Europeo, del 30-3-2006, testo originale inglese in Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. II, 1, 2007. (Gennaio-Giugno), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007, pp. 382-384, trad. it. in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 31-3-2006.
(52) Cfr. la reazione alle accuse di “relativismo” di un massone della Gran Loggia d’Inghilterra: Christopher Haffner, Workman Unashamed.The Testimony of a Christian Freemason, Lewis Masonic Books, Shepperton 1989, pp. 166-174. L’autore cita un certo numero di teologi cattolici e protestanti contemporanei di cui fa notare che esaltano un relativismo più radicale di quello imputato al metodo massonico: in diversi casi ha ragione, ma questa circostanza non dimostra che il metodo massonico non sia relativistico.
(53) Così, in una pregevole analisi del problema filosofico del relativismo in genere, Arturo Damm Arnal, Falacias Filosóficas, MiNos, Città del Messico 1991, pp. 38-48.
(54) Lynn Dumenil, Freemasonry and American Culture 1880-1930, Princeton University Press, Princeton (New Jersey) 1984, p. 70. Le due citazioni sono tratte da Masonic Proceedings of North Carolina, 1900, p. 39, e da Trestleboard, n. 8, novembre 1894, p. 1.
(55) Cfr., per l’Italia, Tina Tomasi [Ventura (1912-1990)], Massoneria e scuola dall’unità ai nostri giorni, Vallecchi, Firenze 1980; per la Francia, Pierre Chevallier, La Séparation de l’Église et de l’école. Jules Ferry et Léon XIII, Fayard, Parigi 1981.
(56) Joseph Fort Newton (1876-1950), The Builders. A Story and Study of Freemasonry, 2a ed. accresciuta, Macoy Publishing and Masonic Supply Co., Richmond (Virginia) 1951, p. 263.
(57) Cfr. l’interessante testo di Jean-Claude Wartelle, Les Tribulations de GADLU, Grand Architecte de son état. Le problème de Dieu dans la Franc-Maçonnerie, Éditions du Borrego, Le Mans 1993, che polemizza con alcune posizioni storiche del Grande Oriente di Francia da una prospettiva massonica che potremmo definire più “tradizionalistica”. Anche in questa prospettiva “spiritualismo” si oppone a “materialismo”, non a “naturalismo”, dal momento che è certamente possibile — anzi, storicamente comune e diffuso — un naturalismo di tipo non materialistico ma più o meno vagamente spiritualistico.
(58) Cfr. Dan Brown, Il simbolo perduto, trad. it., Mondadori, Milano 2009.
(59) Cfr. il mio Il simbolo ritrovato. Massoneria e società segrete: la verità oltre i miti, Piemme, Milano 2010.
(60) Cfr. D. Brown, Angeli e Demoni, trad. it., Mondadori, Milano 2004.
(61) Cfr. Idem, Il Codice Da Vinci, trad. it., Mondadori, Milano 2003.
(62) D. Knoop, G. P. Jones e D. Hamer (a cura di), Early Masonic Pamphlets, Q. C. Correspondence Circle, Londra 1978.
(63) Cfr. sul punto Zbigniew Sucheki O. F. M. Conv, La Massoneria nelle disposizioni del “Codex Iuris Canonici” del 1917 e del 1983, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997.
(64) Cfr. da ultimo Giacomo Galeazzi e Ferruccio Pinotti, Vaticano massone. Logge, denaro e poteri occulti: il lato segreto della Chiesa di Papa Francesco, Piemme, Milano 2013. Cfr. la mia recensione criticaVaticano massone, verità e leggende, in La nuova Bussola Quotidiana, quotidiano online, del 21-5-2013.
(65) Francesco, Discorso durante l’udienza al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, del 22-3-2013, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 23-3-2013.