Sergio Luppi, Cristianità n. 55 (1979)
L’enciclica di Leone XIII Aeterni Patris, del 4 agosto 1879 – di cui, quindi, quest’anno ricorre il centenario – è certamente il documento più importante del Magistero pontificio (1) sul valore perenne del pensiero teologico e filosofico di san Tommaso d’Aquino (1225-1274).
La restaurazione della cultura cattolica sopra le poderose basi della dottrina tomistica è considerata da Leone XIII come una imperativa necessità: soltanto tale restaurazione costituisce, infatti, la risposta filosoficamente adeguata all’assalto scatenato contro la Chiesa dalla Rivoluzione.
La rifondazione della cultura – attraverso la creazione di una mens catholica ispirata ai principi del Dottore Angelico – costituisce, inoltre, una premessa indispensabile alla restaurazione medesima della società civile e dello Stato, pervasi dallo spirito di ribellione e dal disordine morale seminati dalla rivoluzione religiosa (il protestantesimo) e sviluppati da quella politica (la Rivoluzione francese) e da quella economico-sociale (il socialismo).
L’enciclica Aeterni Patris sta alla base del poderoso corpus dottrinale di Leone XIII, pregnante di insegnamenti preziosi per la dottrina sociale della Chiesa. È lo stesso Leone XIII, nella lettera apostolica Pervenuti all’anno vigesimoquinto – del 19 marzo 1902 e che rappresenta il suo testamento spirituale e la chiave estrinseca del suo insegnamento -, a indicare la Aeterni Patris come documento essenziale del suo magistero dottrinale e come testo alla luce del quale devono essere interpretate tutte le sue grandi encicliche su argomenti sociali e politici, e cioè la Libertas, sul liberalismo; Arcanum divinae sapientiae, sul matrimonio cristiano; Humanum genus, sulla massoneria; Diuturnum, sull’autorità politica; Immortale Dei, sulla costituzione cristiana degli Stati; Quod Apostolici muneris, sul socialismo; Sapientiae christianae, sui doveri del cittadino cattolico; Rerum novarum, sulla condizione operaia.
- La philosophia perennis contro la rivoluzione nelle idee
La confutazione degli errori teologici, morali e politici diffusi dagli pseudo-riformatori e dal filosofismo illuministico richiede, dunque, preliminarmente, la conoscenza del tradizionale metodo che la Chiesa ha costantemente adottato nelle sue battaglie in difesa della fede. Nel presente studio mi occuperò principalmente del valore dell’enciclica Aeterni Patris per la comprensione della genesi delle idee rivoluzionarie e della funzione essenziale della philosophia perennis di san Tommaso nella lotta contro la Rivoluzione, per la restaurazione di una cultura e di una società fondate sulla legge di Cristo (2).
Gli immediati predecessori di Leone XIII, Gregorio XVI e Pio IX, avevano già indicato, nella loro connessione, le cause fondamentali della crisi gravissima che dilaniava la società occidentale e cristiana: l’allontanamento dalla vera religione e la conseguente secolarizzazione della vita individuale e sociale e delle istituzioni giuridiche e politiche.
Questi elementi generatori della crisi dell’occidente cristiano hanno, secondo il magistero di Gregorio XVI e di Pio IX (3), il loro antecedente logico e storico nella diffusione di ideologie e di uno stile di vita radicalmente contrari alla dottrina e allo spirito del cristianesimo.
Il complesso delle ideologie anticristiane – designato dal magistero ecclesiastico con il termine Rivoluzione – è oggetto di attenta e scrupolosa analisi da parte dei Pontefici e dei migliori pensatori cattolici del secolo XIX.
Emergono, così, i lineamenti del disegno unitario che, attraverso le alterne ma progressive fasi del processo storico, mira alla distruzione della Chiesa e della religione cattolica, mediante il sovvertimento e l’annientamento della società politica e civile e una profonda trasformazione della cultura, già permeata dai valori morali e spirituali del cristianesimo (4).
Il magistero dei Pontefici, nella prima metà del secolo XIX, aveva già perfettamente individuato il rapporto di causalità esistente tra l’affermazione delle ideologie rivoluzionarie, derivate dal filosofismo illuministico del Settecento e dalla Pseudo-Riforma protestantica, e la genesi dello Stato liberale, neutrale e agnostico, e di una società in marcia verso l’indifferentismo e l’ateismo.
Leone XIII approfondisce l’analisi dei predecessori e indica – contemporaneamente – il rimedio fondamentale: la restaurazione della cultura cristiana e della società cristiana (5). Si restaura esclusivamente ciò che possiede un valore permanente e intrinseco, ed è caduto in abbandono soltanto per l’incuria dei custodi e per l’usura del tempo.
La restaurazione è – dunque – un rinnovamento di ciò che è sempre stato vero: non è l’artificiale creazione ex nihilo di pseudo-valori partoriti dalla fantasia di utopisti distaccati dalla realtà dell’uomo e della storia.
Una restaurazione integrale della Cristianità e del cristianesimo ha, quindi, la sua essenziale fase preliminare nello studio, nell’approfondimento e nella riproposizione, in termini adeguati alla temperie storica, politica e umana, della filosofia cristiana. Il tesoro della tradizione teologica, filosofica e culturale cattolica è, infatti, ricco di quei semi di verità che, opportunamente sviluppati, offrono una soluzione reale e globale ai grandi problemi umani, sociali e politici del mondo moderno, in preda alla disgregazione morale per l’allontanamento dalla vera religione.
Il ruolo essenziale svolto dalla filosofia, nella operazione restauratrice, dipende dalla sua posizione intermedia tra il mondo delle tendenze e dei progetti e la sfera della realizzazione pratica, dei fatti (6).
- Il ruolo della filosofia nel processo rivoluzionario
La Rivoluzione deve la sua affermazione e il suo trionfo nella realtà storica concreta, negli eventi della politica e della cultura, alla precedente vittoria nella battaglia delle idee. Per inclinare la volontà, le passioni e i sensi dell’umanità verso la edificazione di una città politica senza Dio, di una società civile senza Dio, di una economia senza Dio è necessaria la forza propulsiva di un sistema ideologico che giustifichi tutto il processo di secolarizzazione e che rappresenti – anche se conforme a ragione solamente nel suo sviluppo e non certo nelle sue premesse – l’esito finale di tutto questo processo. L’idea – e il complesso delle idee, cioè il sistema – costituisce il termine medio che opera, prima nelle menti e poi nei cuori, il passaggio graduale delle tendenze disordinate dello spirito, avverse alla legge di Cristo, al fatto della violazione dell’ordine naturale e cristiano.
La lotta contro la filosofia cristiana, contro il prodotto fecondo della ragione illuminata dalla fede, è dunque l’obiettivo principale di questo momento del processo rivoluzionario: le menti degli uomini sono distolte dalla corretta e armoniosa visione della realtà, introdotta nel mondo della cultura e nella società dal cristianesimo, e vengono progressivamente orientate, attraverso una serie di passaggi successivi – dubbio, esitazione, errore – verso ideologie estreme, negatrici dell’ordine stabilito da Dio (7). Il passaggio dall’avversione e dall’odio contro le istituzioni e la cultura cristiana all’odio contro Dio è operato da un sistema filosofico e teologico che ha come obiettivo primario la negazione della legge divina e naturale e la separazione radicale dell’ordine morale e della sfera religiosa dalle strutture socio-politiche e dall’ordinamento giuridico della società civile e dello Stato.
La desacralizzazione della politica e del diritto è il primo obiettivo degli pseudo-riformatori dei secoli XVI e XVII. La sfera sociale e politica e la sfera religiosa e morale – nella visione protestantica – risultano, infatti, assolutamente separate e prive di comunicazione; le due sfere obbediscono a leggi proprie e perseguono obiettivi inconciliabili. Se la religione e la morale sono l’ambito dello spirito, della carità, dell’amicizia e della unione fraterna tra gli uomini, il diritto e le strutture sociali e politiche sono invece dominati da una situazione di conflitto permanente, dall’avidità per la conquista del potere: sono il regno del male. Se Dio non è più la fonte suprema che giustifica l’instaurazione dell’autorità politica e sociale sulla terra, questa dovrà cercare altrove le radici della sua giustificazione. Lo Stato laico, prefigurazione dello Stato laicistico interamente secolarizzato, è il risultato finale dell’operazione: Dio viene relegato in interiore homine e viene posto al bando dall’ordine giuridico e politico della società.
La negazione della regalità divina, della regalità sociale di nostro Signore Gesù Cristo, possiede – in ordine al nostro tema – un importante significato teologico: essa costituisce un tentativo di espropriazione dei diritti sovrani di Dio sulla società, e tende a svuotare il concetto stesso della natura divina dagli attributi di onnipotenza e di provvidenza. In una prima fase rivoluzionaria si nega – principalmente – il Dio legislatore, il Dio ordinatore di tutte le realtà dell’universo.
La diminuzione delle prerogative divine è il primo passo verso la detronizzazione di Dio. La detronizzazione precede l’atto finale, l’atto supremo: la morte di Dio, anzi l’assassinio di Dio, operato attraverso la cancellazione della convinzione della sua esistenza nella mente degli uomini, come vuole l’ateismo militante dei marx-leninisti.
I passaggi successivi di questa rivoluzione teologica sono analoghi ai passaggi della rivoluzione politica: l’autorità regale è – in un primo momento – svuotata delle sue prerogative più significative. Il monarca costituzionale regna ma non governa; è simile al fantoccio di un dio che abita ozioso in una regione ultramondana, completamente nascosto alla vista dei mortali, e che si disinteressa del governo dell’universo e della sorte degli uomini.
Ma un monarca ozioso è un monarca inutile che, sostanzialmente, usurpa il suo ruolo di rappresentanza e suscita il rancore del popolo. Anche nell’ordine dell’autorità politica, l’atto supremo è l’assassinio del re, che prelude alla instaurazione di una sovranità ugualmente ripartita fra tutti i cittadini.
Un processo analogo si svolge, poi, anche nelle strutture sociali: negazione del ruolo e dell’autorità del padre e delle gerarchie sociali ed economiche. L’esito finale è sempre il medesimo: ogni fase del processo rivoluzionario termina con un bagno di sangue. La persona che incarnava l’autorità (o il ceto, l’ordine sociale) è prima messa nelle condizioni di non poterla esercitare e di non potersi difendere, e, infine, dichiarata inutile e pericolosa, viene eliminata mediante la soppressione fisica.
Attualmente siamo all’ultima parte di un dramma: il sipario sta per calare. Abbattute tutte le strutture e tutte le gerarchie politiche, sociali, religiose, economiche e familiari, rimane soltanto l’uomo. La dichiarazione dell’indipendenza dell’uomo da sé stesso precede la dichiarazione della inutilità dell’uomo e la sentenza di morte finale che, per necessità di cose, deve essere irrogata mediante il suicidio.
San Tommaso, in un passo del suo commento alla Lettera ai Romani (8), illustra in modo chiaro ed esaustivo tutto il processo della negazione rivoluzionaria e le sue conseguenze finali, concentrando la sua attenzione sul termine medio, che consente all’uomo non ancora ateizzato di percorrere tutti gli stadi del processo che conducono all’odio verso Dio.
Il principio del processo sta, come già si è detto, nella volontà di soddisfare una tendenza disordinata, quindi nella volontà di commettere il peccato. Ora questa volontà, per sé, non conduce immediatamente all’odio verso Dio: si può peccare ed essere perfettamente coscienti dell’esistenza di Dio, della legittimità dei precetti delle sue leggi e delle conseguenze dell’atto peccaminoso. Anzi, la drammaticità della contrapposizione tra la volontà di compiere il peccato e la volontà divina può emergere in modo salutare e in tutta la sua pienezza se si adottano i mezzi necessari per agire secondo coscienza e secondo la volontà divina: la crisi sfocia così, positivamente, nell’abbandono della vita peccaminosa e nella riconciliazione con Dio (9).
Se le tendenze disordinate hanno, invece, il sopravvento sulle inclinazioni che dirigono l’anima a riconoscere la bontà e la giustizia divina, l’uomo si consolida nel disordine e si allontana sempre di più dal suo fine ultimo, cioè da Dio.
Ma, qual è la ragione profonda che tramuta il semplice atto di trasgressione in odio profondo contro Dio?
Dice san Tommaso che il peccatore non può propriamente odiare Dio nella sua natura. Ciò sarebbe assurdo, perché Dio è il sommo bene e la stessa felicità e il fine ultimo dell’uomo: ora, nessuno può odiare il proprio bene e la propria felicità. Per passare dall’odio potenziale all’odio effettivo verso Dio occorre un termine medio: questo termine medio è costituto dai precetti della legge divina, che vietano di compiere certi atti. Ora, il peccatore giunge a odiare Dio, in quanto egli è portato a odiare i precetti della legge stabilita da Dio, che gli proibiscono di commettere il peccato.
La volontà di soddisfare le brame più illecite e le inclinazioni più disordinate dei sensi e dello spirito sollecita il peccatore a elaborarne una pseudo-legittimazione in termini di idee: se si vuole commettere il peccato in tutta tranquillità e con l’approvazione sociale (o almeno con la neutralità della società), occorre ingenerare la falsa convinzione che la legge divina e naturale non sia vera e non sia cogente. L’ideologia rivoluzionaria – in quanto opposta ai comandamenti divini – è il termine medio che permette di passare dalla tendenza disordinata alla sua legittimazione e al fatto della sua generalizzazione in una società che non riconosca più alcun vincolo morale e giuridico ai comportamenti individuali.
Il processo della Rivoluzione appare così come un procedimento logico, sillogistico: l’idea è il termine medio che congiunge i due estremi della tendenza e del fatto.
Tutta la forza di argomentazione di un sillogismo dipende, come è noto, dal termine medio: così come la dimostrazione della falsità del termine medio fa cadere le conclusioni del procedimento sillogistico.
Un sistema di idee crea una visione filosofica del mondo: colpire, dimostrandone la falsità, il sistema di idee della Rivoluzione che ha generato il progressivo sfaldamento delle menti e dei cuori, equivale a compiere il primo e fondamentale passo sulla via che porta alla restaurazione dell’uomo e della società cristiana.
Il processo della Contro-Rivoluzione, nella battaglia delle idee, è quindi analogo al processo rivoluzionario: la Contro-Rivoluzione deve proporre una dottrina integrale dell’uomo e della società che costituisca il termine medio per invertire la marcia catastrofica verso il nulla, in atto a causa delle idee rivoluzionarie.
Il passaggio dalla zona opaca dell’avversione sentimentale o settoriale contro i guasti della Rivoluzione alla zona lucida della comprensione globale dell’origine e delle cause profonde della crisi dell’uomo occidentale e cristiano, è l’opera più feconda che può derivare dalla restaurazione della filosofia cristiana. La grazia di Cristo opera certamente nel profondo del cuore, nella struttura più interna e segreta della persona: tuttavia la via ordinaria, che conduce a ricevere degnamente e a fare fruttificare la grazia soprannaturale, è una via che passa attraverso la ricostruzione morale e intellettuale dell’uomo, e questa via ha il suo mezzo precipuo di realizzazione nella realtà visibile ed esteriore, nella comunicazione sensibile, mediante lo scritto, la parola, il modello di comportamento che deve essere imitato.
Questa considerazione può e deve essere applicata alla battaglia delle idee: così come la manifestazione esterna delle idee rivoluzionarie ha permesso la loro diffusione nell’uomo e nella società, la manifestazione esterna del complesso di idee legate alla corretta visione cristiana del mondo e dell’uomo sarà l’inizio della riconquista delle posizioni perdute e della restaurazione globale.
La predicazione della sana dottrina e l’operare concretamente per l’avvento del Regno nei cuori sono imperativi radicati nella legge evangelica, e costituiscono la ragione stessa dell’esistenza della Chiesa, con le sue strutture visibili, la sua gerarchia e la sua dottrina destinata a continuare, fino alla consumazione dei secoli, la Incarnazione del Verbo.
Il Verbo è, infatti, nello stesso tempo “via, verità e vita“: la comunicazione della santità e della salvezza esigono, nella via ordinaria, l’uso di mezzi esteriori. La continuazione delle opere salvifiche nel secolo esige la presenza di una Chiesa visibile, segno levato fra le nazioni. È sempre Leone XIII che, contro le suggestioni di una Chiesa pneumatica, priva di strutture sociali e giuridiche, introdotta dalle ecclesiologie protestantiche, propone, tomisticamente, le motivazioni di ragione che stanno alla base della ecclesiologia cattolica: “Quantunque Dio possa operare da solo e con la sua potenza tutto quello che fanno le creature, tuttavia egli volle, con un misericordioso consiglio della sua Provvidenza, servirsi di uomini per aiutare altri uomini. Come, nell’ordine naturale, suole, per opera e ministero degli uomini, comunicare a ciascuno la debita perfezione, così pure fa nell’ordine soprannaturale, per comunicare agli uomini la santità e la salute. Ma è chiaro che tra gli uomini non vi può essere comunicazione di sorta, se non per mezzo delle cose esterne e sensibili. Per questo il Figlio di Dio assunse la natura umana” (10).
L’uomo possiede una natura di essere intelligente, una natura razionale: la Redenzione operata dal Salvatore ha come fine l’uomo integrale. La Redenzione, quindi, si estende non soltanto ai sensi e alla volontà, ma concerne soprattutto il cuore e l’intelligenza dell’uomo. Un cuore puro è il cuore più predisposto a orientare il comportamento dell’uomo nel senso della realizzazione dei precetti evangelici e, eventualmente, anche dei consigli. Una intelligenza non corrotta è la guida più sicura per dirigere gli uomini sulla via della salvezza: anche l’intelligenza predispone ad accogliere la fede. La filosofia, come scienza che si propone il conseguimento della sapienza, cioè la conoscenza delle cause ultime, delle cause altissime, risulta essere così lo strumento più idoneo ed eccellente della predicazione e dell’apostolato: un validissimo supporto teso a rendere più lucida e intelligibile la dottrina cristiana, mostrandone la necessità, la convenienza e la non ripugnanza con il dato della ragione naturale.
- La funzione della filosofia nella dottrina della restaurazione di Leone XIII
Leone XIII ricorda, soprattutto, che questo modo di intendere il ruolo della filosofia, nel quadro della dottrina cattolica, è solidamente radicato nella sacra Pagina, e fu costantemente adottato, come metodo di apostolato, di apologia e di predicazione, dai santi Padri e dai Dottori della Chiesa (11). Non esiste – sotto il profilo del metodo – alcuna soluzione di continuità fra san Paolo che ritorceva, in difesa della fede, anche le affermazioni più occasionali e avventate degli avversari, e san Tommaso, che unifica in un poderoso sistema scientifico la millenaria sapienza dei Padri e dei teologi con le verità contenute nel pensiero non cristiano e le leggi della Chiesa.
Il ruolo della filosofia, così come emerge dalla Aeterni Patris, può essere sinteticamente ridotto alle seguenti proposizioni essenziali:
- La filosofia va intesa come introduzione alla fede, mediante la predisposizione della mente ad accogliere, come necessario e conveniente, il messaggio salvifico di Cristo (12).
- L’unione della filosofia con la fede, della natura con la grazia, ha come risultato un incremento nella potenza delle facoltà naturali, e una esaltazione della loro acutezza e profondità (13).
- La filosofia è strumento indispensabile per una esposizione più lucida e più intelligibile delle dottrine rivelate e degli stessi misteri della fede (14).
- La filosofia è arma difensiva e offensiva nei confronti degli avversari esterni (infedeli) e interni (eretici) della fede. In questa funzione polemica, la filosofia esercita il ruolo di una difesa razionale, di una potente apologetica, tutta fondata sul principio che la verità non può essere contraria alla verità. Tale principio ha, come corollario, la tesi secondo cui tutto ciò che ripugna al deposito della Rivelazione, anche se ha parvenza di verità, non può essere vero. Il compito del filosofo e del teologo cattolico consiste nel dimostrare la falsità delle idee profane ed eterodosse (15).
- La filosofia è principio di restaurazione dell’ordine sociale e politico. I medesimi principi posti nell’ambito teologico e puramente filosofico valgono anche per l’applicazione nell’ambito politico e sociale. La dottrina sociale della Chiesa, che scaturisce da tale applicazione, ha la funzione essenziale di proporre un progetto di società fondato sugli elementi della morale cattolica, e di confutare gli errori moderni che sono alla radice della confusione degli spiriti e della crisi che travaglia il mondo contemporaneo (16).
- La filosofia è quadro d’insieme indispensabile alla comprensione e alla corretta utilizzazione delle scoperte scientifiche e dei risultati delle scienze empiriche (17).
Possiamo terminare questo sintetico studio sul significato della Aeterni Patris ricordando, con Leone XIII, come ogni reale successo nella battaglia delle idee dipenda dalla feconda unione di una severa disciplina nello studio con la preghiera costante per invocare la intercessione della santissima Vergine, Sede della Sapienza, e dei santi: “E perciò anche in questo seguiamo l’esempio del Dottore Angelico. Egli non si applicò mai a far lezione o a scrivere, senza prima propiziarsi Iddio mediante le preghiere; anzi candidamente confessava, che tutto quanto sapeva non tanto se l’era procurato mediante studio e lavoro personale, quanto piuttosto l’aveva ricevuto in dono da Dio […]. E, per ottenere più abbondanti i frutti della Bontà Divina, interponete presso Iddio anche l’efficacissimo patrocinio della B. Vergine Maria, la quale è chiamata Sede della Sapienza. E usate anche, come intercessori, il purissimo Sposo della Vergine, B. Giuseppe; e Pietro e Paolo massimi fra gli Apostoli, i quali con la verità rinnovarono il mondo corrotto dall’immonda peste degli errori, e lo riempirono della luce della celeste sapienza” (18).
Sergio Luppi
Note:
(1) Cfr., sul tema, anche: SAN PIO X, Motu proprio Doctoris Angelici, del 29-6-1914, in AAS, vol. 6, pp. 336-341; SACRA CONGREGAZIONE DEGLI STUDI, Dichiarazione (nota come le XXIV tesi della filosofia di san Tommaso), del 27-7-1914, in AAS, vol. 6, pp. 383-386; PIO XI, Enciclica Studiorum ducem, del 29-6-1923, in AAS, vol. 15, pp. 309-324; PIO XII, Enciclica Humani generis, del 12-8-1950, in AAS, vol. 42, pp. 571-575; IDEM, Allocuzione ai partecipanti al IV Congresso Tomistico Internazionale, del 14-9-1955, in AAS, vol. 47, pp. 683-691; CONCILIO VATICANO II, Decreto Optatam totius, del 28-10-1965, n. 16, in AAS, vol. 58, pag. 723; PAOLO VI, Lettera al Maestro Generale dei Predicatori per il VII centenario del transito di san Tommaso, del 20-11-1974, in AAS, vol. 66, pp. 673-702. Cfr. anche l’obbligo di conformare l’insegnamento della teologia e della filosofia nei Seminari ai princìpi del tomismo, in Codex Iuris Canonici, can. 1366.
Una silloge dei documenti fondamentali del Magistero, con ampio commento, è contenuta in I. M. RAMIREZ O. P., De auctoritate doctrinali S. Thomae Aquinatis, Apud Sanctum Stephanum, Salamanca 1952.
La Aeterni Patris è reperibile, nel testo ufficiale, in ASS, vol. 11, pp. 98 ss. Una traduzione italiana (di G. Mazzantini) è stata recentemente ripubblicata, con una presentazione di S. Vanni-Rovighi: cfr. Enciclica “Aeterni Patris” di Leone XIII 1879-1979, Ed. Vita e Pensiero, Milano 1979.
(2) Le ragioni della lotta accanita contro il tomismo, scatenata dai marxisti e dalla cultura laicista, sono efficacemente illustrate da don MIGUEL PORADOWSKI, Perché il marxismo combatte il tomismo, in Cristianità, anno III, n. 10, marzo-aprile 1975. Cfr. la presentazione di S. Vanni-Rovighi, citata nella nota precedente, alle pp. VIII-IX.
(3) Cfr. GREGORIO XVI (1831-1846), Enciclica Mirari vos, del 5-8-1832, in Gregorii XVI Acta, vol. I, pp. 129 ss.; PIO IX (1846-1878), Sillabo, dell’8-12-1864, in DENZINGER-SCHÖNMETZER (DS), Enchiridion Symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, ed. XXIV, Herder 1965, nn. 2901-2980; IDEM, Enciclica Quanta cura, dell’8-12-1864, in ASS, vol. 3, pp. 163 ss.: cfr. ROBERTO DE MATTEI, Il Papa della “Quanta cura” e del Sillabo, in Cristianità, anno VI, n. 42, ottobre 1978.
(4) Il tema della guerra contro la Chiesa e del profondo turbamento della società è dominante in tutto il magistero dottrinale di Leone XIII. Sull’aspetto specifico del processo ideologico della Rivoluzione anticristiana si vedano la già citata lettera apostolica Pervenuti all’anno vigesimoquinto, in ASS, vol. 34, pp. 513-522 e la Aeterni Patris, nn. 48-51, trad. it. cit., pp. 31-33.
(5) Cfr. Aeterni Patris, nn. 52-55, pp. 34-39.
(6) Sulla triplice profondità della Rivoluzione, cfr. PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, 3ª ed. it. accresciuta, Cristianità, Piacenza 1977, pp. 81-82.
(7) Questi temi sono ampiamente illustrati nella Aeterni Patris (cfr. nn. 7-14, trad. it. cit., pp. 6-14). Per quanto concerne le fonti del rapporto tra fede e ragione, cfr. CONCILIO VATICANO I, Costituzione Dei Filius, cap. IV, De fide et ratione, in DS 3015-3020. Una accurata demolizione del razionalismo e dell’indifferentismo moderno, matrici primarie della ideologia rivoluzionaria, si trova in R. GARRIGOU-LAGRANGE, O. P., De Revelatione per Ecclesiam catholicam proposita, Ed. P. Ferrari, Roma 1918, vol. I, pp. 219-232.
(8) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, Expositio in Epistulam ad Romanos, cap. VIII, lectio II.
(9) Il rapporto tra intelletto e volontà, insieme alla natura prioritaria del volere, nelle attività pratiche, è ben definita da san Tommaso nel seguente passo: “prius vita quam doctrina. Vita enim ducit ad scientiam veritatis” (Expositio in Evangelium Matthaei, V, n. 4. Ed. Marietti, Torino 1912, p. 81). Su questo aspetto cfr. l’utile studio di don LUCAS GARCIA BORREGUERO, Le radici dell’errore, in Cristianità, anno IV, n. 16, marzo-aprile 1976.
(10) LEONE XIII, Enciclica Satis cognitum, del 29-6-1896, in ASS, vol. 28, pp. 708-739. La fonte del pensiero di Leone XIII è, ancora una volta, tomistica. Cfr. passi analoghi di san Tommaso in Expositio super primam ad Corinthos, cap. XII, lectio I. Sulla importanza della legge naturale, come ordine intermedio tra la legge divina e la sfera delle operazioni pratiche, cfr. CARD. TOMMASO DE VIO, Commentarium in II-II q. 10 a. 2, nn. 5-7.
(11) Cfr. Leone XIII, Aeterni Patris, nn. 15-21, trad. it. cit., pp. 19 ss.
(12) Ibid., n. 6, p. 8.
(13) Ibid., nn. 5, 11, 12, 15, 16, pp. 6, 11 ss.
(14) Ibid., n. 14, p. 13.
(15) Ibid., nn. 14, 19 pp. 13, 16.
(16) Ibid., n. 55, p. 36.
(17) Ibid., nn. 56-58, pp. 37-38.
(18) Ibid., n. 63, pp. 40-41.