Valter Maccantelli, Cristianità n. 67 (1980)
La storia edificante di una apparizione mariana in Piemonte, culmine di un ciclo di interventi della Madonna, che, dal 1490 al 1630, premiarono la fede delle popolazioni cattoliche della Liguria e del Piemonte, preservandole da ulteriori catastrofi materiali e favorendo il ritorno alla pratica religiosa di molti abitanti di quei paesi. Una conferma entusiasmante di come la Vergine SS. non abbandoni mai le popolazioni che in Lei confidano, ma che, al contrario, Ella stessa si preoccupi di intervenire personalmente sulla terra per condurre le anime che la venerano alla méta soprannaturale della felicità eterna.
Premessa
Cade quest’anno il trecentocinquantesimo anniversario dell’apparizione mariana di Forno Alpi Graie, in Piemonte, provincia e diocesi di Torino. Le prime manifestazioni celebrative si sono svolte in agosto, con la partecipazione del cardinale arcivescovo di Torino e con notevole concorso di folla. Prima di procedere all’esame dei fatti miracolosi avvenuti nella località delle valli di Lanzo, pare opportuna una breve precisazione su quegli avvenimenti tecnicamente “straordinari”, che sono soliti essere chiamati “rivelazioni private”. La rivelazione privata è definita da Vallgornera come “manifestazione soprannaturale fatta da Dio per il bene generale della Chiesa o per l’utilità particolare dell’anima che la riceve” (1). Le rivelazioni private, cioè, sono dei consigli esterni alla rivelazione pubblica, da seguirsi non sotto pena di peccato, ma per sensibilità spirituale, e la cui funzione è quella di manifestare agli uomini la volontà celeste e di metterli in guardia contro le terribili conseguenze che comporta l’abbandono della legge divina (2).
Attraverso una serie quasi ininterrotta di apparizioni, almeno negli ultimi quattro secoli, il Cielo – quasi sempre tramite la santa Vergine – ha voluto esercitare quella che si potrebbe definire una costante direzione spirituale della Cristianità, dando a essa, di volta in volta, preziosi consigli o salutari ammonimenti. Si possono distinguere, nella storia delle rivelazioni private, diverse fasi che si pongono a fronte di diverse situazioni storiche e sociali. Nel Medioevo, periodo nel quale si manifestava uno sforzo costante delle istituzioni – al di là degli esiti condizionati e mutevoli – perché la società rendesse gloria a Dio, le apparizioni mariane sono caratterizzate da un tono piuttosto consolatorio e gioioso, quasi di avallo alle operazioni umane. Ne sono esempio le rivelazioni della Vergine a san Domenico e a san Simone Stock, nelle quali la Madonna apporta, rispettivamente, i preziosi doni del santo rosario e dello scapolare del Carmine. Al contrario, nell’epoca della Rivoluzione, in cui la società si proclama “laica” e rifiuta ogni direzione cristiana, il tono delle apparizioni diventa piuttosto penitenziale, e i messaggi in esse comunicati si imperniano principalmente su tre temi:
a. rincrescimento per le miserevoli condizioni della Cristianità, e in particolare per la distruzione, operata dalla pseudo-Riforma protestante, di quei luoghi teologici che erano fondamento della pietà del popolo cristiano;
b. insistenza sulle punizioni divine, in particolare epidemie, carestie, guerre, errori dottrinali, presentati essi stessi come castigo;
c. indicazione di un elemento di razionale speranza, che ha come necessario presupposto la conversione degli uomini e il loro fiducioso appello alla misericordia divina.
Il grande ciclo di apparizioni dei tempi moderni è quello francese, che ha la sua premessa nelle manifestazioni del Sacro Cuore a Paray-le-Monial (1672-1690) e si articola nelle apparizioni mariane del Laus (1664-1718), di Rue du Bac a Parigi (1830), di La Salette (1846), di Lourdes (1858), di Pontmain (1871) e di Pellevoisin (1876), proseguendo poi, in tempi più recenti, in un ciclo belga che consta delle apparizioni di Beauraing (1923-1933) e di Banneux (1933). Accanto, tuttavia, al grande e ben noto ciclo francese si può individuare un ciclo ligure-piemontese che, pur essendo oggi meno conosciuto, ha avuto e può avere ancora una notevole importanza. Di questo ciclo fanno parte le apparizioni della Madonna della Guardia a Genova (1490), di Cussanio (1521), di Savona (1536), di Chiavari (1610) (3). A conclusione del ciclo si pongono le apparizioni seicentesche verificatesi nelle valli di Lanzo: quelle di Sant’Ignazio di Loyola, apparso sopra Lanzo nel 1629, e quella, appunto, di Forno Alpi Graie.
L’apparizione
Gli avvenimenti miracolosi del 1630 prendono le mosse da un pellegrinaggio compiuto dall’operaio Pietro Garino, nativo di Forno Alpi Graie e residente a Torino, al santuario della Madonna del Rocciamelone, in valle di Susa, sorto nel Medioevo in seguito al voto di un crociato di Asti, Bonifacio Rotario, sulla cima di quello che era ritenuto il monte più alto delle Alpi. Giunto il 7 agosto 1629 sulla cima di questo monte (4), il pellegrino nota sulla facciata della cappella due quadretti che raffigurano la Vergine di Loreto e san Carlo Borromeo, entrambi gravemente danneggiati dall’umidità. Garino pensa di portarli a Torino per farli restaurare, e promette di riportarli nella cappella l’anno seguente.
A Torino, Garino affida il restauro dei quadri al pittore milanese Carlo Antonio Merutto. Nel frattempo è giunto l’anno 1630, in un Piemonte devastato dalla guerra e dalla fame, alle quali si aggiunge la pestilenza. I paesi che Pietro Garino dovrebbe attraversare per ascendere nuovamente al Rocciamelone si trovano nella zona più gravemente infetta dalla peste. Pertanto egli pensa di rimandare la restituzione dei quadri e di portarli per il momento con sé nella sua casa natale di Forno. E proprio a Forno, nella notte del 27 settembre 1630, Pietro Garino ode una voce che lo chiama per nome. Lo stesso fenomeno si ripete nelle due notti successive, senza che egli ne comprenda l’origine.
Nel pomeriggio del 30 settembre, mentre si trova su una pianta a raccogliere foglie per il bestiame, scorge sulla cima dell’albero i due quadri, che aveva chiuso in un cassettone a casa sua. Mentre Garino si pone in ginocchio ai piedi dell’albero, i due quadri scendono – miracolosamente – a terra. Quasi contemporaneamente sopra una pietra appare una Dama con un velo verde in capo e un vestito d’argento ricoperto di gemme, sorretta da due donne. Superato il primo stupore, Garino trova il coraggio di rivolgere questa domanda: “Vi domando, beata Vergine, se siete la Madre di Dio“. E la Dama risponde: “Io sono la Madre di Dio, Regina del Cielo e della Terra. Ti domando di dire al Parrocco o ad altro religioso che faccia sapere al popolo che sieno più timorati di Dio e diversi da quello che furono finora. Allora potrò ottenere dal mio Divin Figliolo che faccia cessare la peste che miete tante vittime e ne siano preservati i paesi che ancora ne sono sani. Va e non temere: io farò che si creda alle tue parole“.
Il veggente si reca dal parroco, don Renaldo Teppati, e gli racconta l’accaduto. Il parroco, che conosce Garino per uomo di fermo buon senso e di solida pietà, alieno da fantasticherie o mistificazioni, è subito incline a prestare fede al veggente: gli fa ripetere sotto giuramento il racconto e gli dà appuntamento per il giorno seguente alla cappella di San Rocco, poco distante da Forno, raccomandandogli di portare con sé i due quadri. Ma al mattino del giorno dopo Garino constata che i quadri sono nuovamente spariti dal luogo dove li aveva riposti. Accorso con don Teppati alla roccia dove si era manifestata la Vergine, vi trova ancora i due quadri, segno manifesto che quel luogo era stato scelto dalla Madonna per esservi venerata.
Mentre la folla comincia ad accorrere da ogni parte del Piemonte, il parroco si preoccupa di assicurare un resoconto fedele dei fatti straordinari. Il 2 ottobre “Garino stando ginocchioni, a capo scoperto e con le mani giunte, alla presenza di ben 22 testimoni rinnovò il racconto preciso e circostanziato di tutti i fatti, confermandone la verità con il giuramento. L’atto pubblico venne rogato dal notaio Giacomo Caveglia di Monastero” (5). I quadri vengono racchiusi in un apposito reliquario, e sul luogo dell’apparizione si edifica una cappella. Nel 1752 – divenuta insufficiente la cappella per il gran numero di pellegrini – verrà costruito un più ampio santuario, ancora ingrandito nel 1871.
Dalla sottostante valle, una scala di 366 gradini sale ora al santuario. Folle di pellegrini, specialmente nel secolo scorso, l’hanno salita a piedi, e più spesso in ginocchio. “Bello e pittoresco – scriveva il canonico Colombero agli inizi del nostro secolo – è il vedere quelle centinaia di montanari venuti dalle tre Valli di Susa, dellOrco e della Savoia, dopo giornate intere di cammino, intraprendere la scala della Madonna con un fervore di fede meraviglioso. Si inginocchiano tutti, uomini, donne, vecchi e fanciulli” (6). Come purtroppo è avvenuto anche per altri luoghi, negli ultimi anni il fervore di Forno è non poco diminuito, e il pellegrinaggio si è ridotto a una dimensione quasi esclusivamente locale.
C’è da augurarsi che le celebrazioni di quest’anno sappiano riproporre efficacemente il messaggio della Madonna di Forno alla pietà di un vasto numero di fedeli. Oggi più che mai, infatti, abbiamo bisogno degli ammonimenti celesti, per ricordare che se gli uomini non saranno “diversi da quello che furono finora” e “più timorati di Dio” tante pesti moderne, materiali e morali, continueranno tragicamente a imperversare.
Valter Maccantelli
Note:
(1) Cit. in ANTONIO ROYO MARIN, O.P., Teologia della perfezione cristiana, 6ª ed. it., Edizioni Paoline, Roma 1965, p. 1074.
(2) Cfr. GIOVANNI XXIII, Radiomessaggio Très chers fils, a chiusura dell’Anno Centenario delle Apparizioni di Maria SS. a Lourdes, del 18-2-1959, in Maria SS., Insegnamenti pontifici a cura dei monaci di Solesmes, tr. it., Edizioni Paoline, 2ª edizione aggiornata, Roma 1964, p. 540.
(3) Analogamente, si potrebbe parlare di un ciclo lombardo, che ha il suo centro nell’apparizione di Caravaggio.
(4) Queste informazioni, e quelle che seguono, sono desunte dal Vademecum del Pellegrino al Santuario della Madonna di Forno Alpi Graie, Tipografia Pietro Ramondini, Torino 1934, che dichiara di essere ricavato direttamente dal verbale notarile del 1630.
(5) Ibid., p. 20.
(6) Cit. ibid., p. 25.