Alfredo Mantovano, Cristianità n. 366 (2012)
1. Il 27 novembre 2012 il Parlamento italiano ha di fatto legalizzato l’incesto. “Di fatto” significa che non è stato abolito l’articolo del codice penale che punisce questa condotta, ma che è stata modificata una norma del codice civile — l’articolo 251 —, che finora ha consentito al genitore incestuoso di riconoscere il figlio solo in casi delimitati: l’ignoranza del vincolo di parentela al momento del fatto, l’annullamento del matrimonio da cui deriva l’affinità e, in generale, la “buona fede” del o dei genitori, categoria nella quale la giurisprudenza ha incluso l’ipotesi della donna vittima di violenza. Grazie alla riscrittura di questa disposizione, sarà ora possibile il riconoscimento dei figli in qualunque caso di rapporto incestuoso, alla sola condizione che il giudice lo autorizzi. Alla magistratura viene quindi delegato un ulteriore ampio potere, senza alcun confine di legge. “Quale colpa hanno questi bambini?— si è chiesta retoricamente durante la discussione, poco prima dell’approvazione finale, la relatrice del provvedimento alla Camera, on. Alessandra Mussolini —. La colpa dei genitori può ricadere su di loro, arrivando a negare il diritto dello status filiationis?” (1). “Il legislatore non può far venir meno il principio di eguaglianza” (2), le ha fatto eco l’on. Cinzia Capano, deputata del Partito Democratico (Pd). E perfino l’on. Carolina Lussana, della Lega Nord, ha ribadito che non si “[…] può tollerare” (3) l’esistenza di “bambini di “serie B”” (4).
In pochi, al momento della discussione alla Camera dei deputati, abbiamo tentato di convincere l’Assemblea che il principio di eguaglianza non c’entra nulla. Infatti, secondo l’articolo 279 del codice civile, il figlio di un’unione incestuosa può ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione da parte del o dei genitori naturali e, se maggiorenne e in stato di bisogno, gli alimenti. Né sono compromessi i suoi interessi ereditari, poiché l’articolo 580 riconosce un assegno vitalizio pari all’ammontare della rendita sulla quota di eredità alla quale avrebbe diritto se fosse riconosciuta la filiazione, ovvero la capitalizzazione dell’assegno medesimo. Abbiamo anche provato ad argomentare che l’interesse del minore, evocato per giustificare la modifica, talora va nella direzione opposta al riconoscimento da parte del genitore incestuoso, sì che la buona intenzione di non operare discriminazioni tra i figli conduce a una pessima soluzione. Come hanno osservato molte associazioni per la tutela dei minori, che si sono espresse su questo aspetto della legge, l’interesse del figlio che si trovi in una situazione così grave spesso è proprio quello che non sia conosciuta la sua origine. Al momento della votazione degli emendamenti soppressivi di tale modifica, presentati — fra gli altri — dagli onn. Luisa Santolini e Massimo Polledri e da me, la Camera li ha respinti con circa ottanta voti di differenza.
2. Non è esagerato parlare di legalizzazione dell’incesto: pur se l’articolo 564 del codice penale, che lo punisce, è ancora in piedi, vi è chiedersi fino a quando, grazie alla novità introdotta. Infatti, se da un lato la condotta d’incesto è qualificata e sanzionata come un illecito da una disposizione — quella del codice penale — risalente a ottanta anni fa, e dall’altro da quella stessa condotta viene oggi fatta derivare la possibilità legale, subordinata solo a un placet del giudice, di riconoscere i figli: quanto resterà in vita la norma penale? La contraddizione è ancora più evidente, se si pensa che chi è stato condannato per incesto perde la potestà di genitore; eppure, in base alla nuova norma può riconoscere il figlio. Qualcosa non quadra: l’eliminazione della disposizione penale è la prossima logica tappa.
Quello che è accaduto, lo si legga in positivo o in negativo, non è di poco conto. Ciò che colpisce è però lo scarso approfondimento che è stato dedicato a un tema così rilevante e complesso, il tempo limitatissimo con cui la novità è stata trattata nei lavori parlamentari, il rilievo quasi inesistente che essa ha avuto nella comunicazione mediatica. È passato sotto traccia, in una prima fase senza che nessuno se ne accorgesse e ne parlasse: la norma è comparsa all’inizio in un emendamento a firma di un senatore del Popolo della Libertà (Pdl), Filippo Saltamartini; è stata approvata dalla commissione Giustizia del Senato nella seduta del 3 maggio 2012 senza che taluno ne affrontasse il merito e con il parere favorevole del governo; identico “nulla osserva” si è registrato nel passaggio dall’Aula del Senato. Alla fine il dibattito si è acceso solo nell’Aula della Camera, al momento della votazione conclusiva: è stato intenso, ma si è concentrato in una sola giornata. Come mai? Come è stato possibile un iter così poco consapevole, in un Parlamento che — fra Camera e Senato — ha impiegato più di tre anni a discutere i disegni di legge sul testamento biologico, senza peraltro giungere a una definizione — il testo approvato prima al Senato, poi, con modifiche, alla Camera, è ancora fermo in commissione al Senato, in seconda lettura —, e comunque ha affrontato discussioni non brevi su questioni di rilievo etico, per esempio, le norme sull’omofobia? Che significato si deve dare a questo colpo di coda di una legislatura che sta per concludersi e quali prospettive esso apre in vista della prossima?
3. È possibile rispondere ai quesiti — soprattutto a quello riguardante il futuro dei princìpi “non negoziabili” (5) — se si prendono in considerazione, in modo distinto, le motivazioni che hanno portato le differenti forze politiche al voto sull’incesto, per lo meno per quanto è emerso nei lavori parlamentari.
I dati politici della questione, in estrema sintesi, mi sembrano i seguenti:
La forte determinazione della Sinistra a regolare i conti sui temi etici.Quando parlo della Sinistra mi riferisco certamente al Pd, ma includo in qualche modo anche Sinistra Ecologia Libertà (Sel): quest’ultima formazione è ancora assente in Parlamento, ma — attraverso il suo leader — ha partecipato alle primarie e ha contribuito all’indicazione del segretario del Pd quale candidato alla carica di presidente del Consiglio. Dunque, è immaginabile che faccia sentire il suo peso e che sul versante in questione accentui il tratto radicale e libertario della coalizione. Per certi aspetti, non ce ne sarebbe bisogno: la dichiarazione di voto finale sulla legge sui figli naturali è stata pronunciata dall’on. Rosy Bindi, che non ha mancato di sottolineare come “rompere il tabù della irriconoscibilità di un figlio nato da un rapporto incestuoso non vuol dire assolutamente legittimare l’incesto”, e ha esortato a non bloccare “[…] leggi di civiltà […] per un atteggiamento che rischia di essere più moralistico che obiettivo rispetto alle situazioni” (6). D’altra parte, vedere — nel momento in cui sono stati bocciati gli emendamenti soppressivi della norma sull’incesto — l’esultanza e le braccia levate di tanti deputati del Pd, quasi che la nazionale di calcio avesse vinto gli Europei, fornisce, meglio di ragionamenti e di dichiarazioni, la misura di quanto ci tengano. Quella esultanza rende l’idea del carattere esclusivamente ideologico di certe posizioni, che prescindono dal merito e lanciano il messaggio che sono capaci ancora di fare qualcosa “di sinistra”. D’altronde, con gli stretti vincoli europei e internazionali in tema di pensioni, di retribuzioni e, in generale, di contenimento del debito pubblico, alla Sinistra è rimasta solo la possibilità di giocare pesantemente sui princìpi e — come si vede — gioca! Questo vale per tutti, non solo per esponenti come l’on. Bindi, che in qualche misura si prende la personale rivincita rispetto alla bocciatura dei suoi “dico” (7), avvenuta cinque anni or sono, quando era ministro della Famiglia del secondo governo Prodi, ma pure per deputati dai quali ci si attendeva un senso critico più accentuato, come Giuseppe Fioroni, che invece non si sono distinti neanche con il voto.
La rinuncia a combattere da parte del Pdl. È l’aspetto per me più doloroso, per ovvie ragioni. Al di là dei profili soggettivi, il dato in sé è preoccupante per chiunque continua a riconoscersi nell’area politica del Centrodestra. La legalizzazione dell’incesto avviene in quanto proposta al Senato con un proprio emendamento da un esponente del Pdl, all’interno di un provvedimento che in entrambi i rami del Parlamento ha avuto come relatrici rappresentanti del Pdl, ed è stata votata al Senato dall’intero gruppo, mentre alla Camera l’indicazione di voto sul punto specifico è stata quella della “libertà di coscienza” e più d’un terzo dei deputati del gruppo Pdl si è espresso a favore. Va ripetuto, per chiarezza e per completezza, che al Senato è mancato il minimo dibattito in materia e ciò spiega la conseguente mancanza di consapevolezza anche in senatori che — ne sono certo —, se avessero avuto cognizione di causa, si sarebbero opposti con forza e con argomenti. Resta il dato obiettivo del voto espresso a favore della novità: se cosciente o non cosciente diventa secondario. Alla Camera, però, la consapevolezza era piena e non è servita a far prendere una posizione netta. Il paradosso è che tutto questo è accaduto mentre sui media si scatenava la polemica fra uno dei coordinatori del Pdl, l’on. Sandro Bondi (8), e l’ex-governatore del Veneto on. Giancarlo Galan (9) da un lato, e dall’altro qualificati esponenti Pdl di matrice cattolica, come Roberto Formigoni (10) e il sen. Maurizio Sacconi (11). Oggetto della contesa: quanto giovino a una forza politica di Centrodestra posizioni che secondo Bondi e Galan sono di “radicalismo religioso” e secondo gli altri sono invece di sano contrasto al nichilismo. Ebbene, mentre questa disputa attraversava le agenzie e i quotidiani — e non sembra placata —, l’incesto diventava legge. È incredibile, sia perché quello che era il tema etico di maggior rilievo all’ordine del giorno dei lavori parlamentari è stato ignorato nella disputa; sia perché proprio le perplessità — laiche, non laiciste — che sono state sollevate da sponde non religiose o confessionali — fra gli altri, dal Corriere della sera (12) — sulla bontà della scelta del Parlamento dovrebbero convincere che su certi princìpi non è questione di fede, ma di buon senso e di senso comune; sia infine perché — sembra curioso doverlo ricordare — le grandi battaglie in difesa dei princìpi che il Centrodestra italiano ha condotto sono state affrontate e vinte grazie non all’agitazione di presunte minoranze “integraliste” — per riprendere un termine che talora mi viene garbatamente rivolto —, ma grazie alla convinta determinazione di tutti, o quasi, i suoi esponenti. Diversamente non avremmo approvato, nel 2004, la legge sulla fecondazione artificiale; né avremmo contribuito a difenderla, e con successo, nel referendum del 2005; non avremmo varato, nel 2006, una legge sulla droga che tiene in equilibrio rigore verso chi spaccia e recupero di chi lotta per uscire dalla dipendenza; non avremmo concorso a bloccare la legge sulle coppie di fatto che nel 2007 volevano introdurre gli onn. Prodi e Bindi; non ci saremmo opposti in questi anni a una legge anti-omofobia, che avrebbe introdotto discriminazioni al contrario; non avremmo fatto quello che abbiamo potuto per salvare la vita a Eluana Englaro (1970-2009) e, più in generale, per introdurre nell’ordinamento norme che, evitando l’accanimento terapeutico, pongano argini certi a straripamenti eutanasici; non saremmo stati, a differenza di altri Paesi europei, rispettosi nei fatti della libertà religiosa, qualunque sia la confessione di riferimento, senza trascurare il nostro legame con i simboli del cattolicesimo, a cominciare dal Crocifisso, il cui mantenimento nelle scuole è stato difeso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo (13). Tutto questo va archiviato perché sbagliato? Dobbiamo scusarcene? L’esperienza dell’incesto “legale” è un l’anticipazione di una nuova strada? Non entro nella dialettica sulle primarie, ma forse è il caso di rendersi conto che non si vive di sole primarie.
Un tasso elevato di confusione anche in altre forze politiche. Solo ciò, insieme con la scarsa conoscenza, tranne eccezioni, della gravità del merito spiega i voti a favore dell’incesto espressi pure da qualche esponente dell’Udc, l’Unione dei Democratici Cristiani e di Centro, e da una parte significativa della Lega Nord.
4. Nel 2013 ci sarà un nuovo Parlamento, al cui interno, per le previsioni che è possibile fare con gli elementi oggi a disposizione e non essendo ancora certo il sistema di voto, la Sinistra avrà un peso superiore a quello attuale, al Pd si affiancherà Sel, il Movimento 5 Stelle sarà presente in modo significativo. Quanto accaduto sull’incesto va letto come un acconto su quanto avverrà da maggio in poi? Certamente saranno messe all’ordine del giorno le leggi sull’omofobia e sulle convivenze; escludo che accada qualcosa sul “fine vita”, poiché ci si “accontenterà” di lasciar lavorare indisturbata quella parte della magistratura — né piccola né irrilevante — che ha già consolidato i suoi orientamenti, così come ha smantellato con sentenze e ordinanze la legge sulla fecondazione artificiale; nessun significativo ostacolo continuerà a essere opposto alla diffusione su scala regionale della pillola abortiva RU486, anzi quanto finora è stato fatto “a esperimento” diventerà regola ordinaria. Non verrà messo in discussione il riposo settimanale: nel senso che è già dato acquisito che la domenica è stata sacrificata sugli altari friabili della liberalizzazione e della competitività.
Vi è un ultimo profilo che non può sfuggire. Nella legislatura che si conclude i cattolici in Parlamento sono stati in buon numero, mediamente di apprezzabile profilo personale e culturale, con storie individuali di appartenenza convinta ad associazioni e a movimenti ecclesiali. Eppure la loro incidenza su temi idealmente rilevanti è stata scarsa, al punto che i cinque anni si concludono con un bilancio povero di misure a favore della famiglia e con la legalizzazione dell’incesto. Non che siano mancate iniziative pregevoli da parte di politici riconoscibili come “cattolici”, dentro e fuori le aule parlamentari. Ma si è trattato e si tratta di attività di singoli o di gruppi, animati da buone intenzioni, prive tuttavia di raccordo e non tali da manifestare un blocco tendenzialmente compatto, nonostante la differente appartenenza partitica, e quindi non tali da far intendere che, sul piano generale, ma soprattutto quando si ha a che fare con temi eticamente sensibili, vanno fatti i conti con i cattolici, in qualunque formazione politica si trovino. In passato questo raccordo c’era e ha funzionato: vale per tutti il lavoro che ha condotto alla legge sulla fecondazione artificiale e alla sua difesa nel referendum del 2005, esempio di fattiva collaborazione, mirata a risultati concreti. A distanza di sette anni dalla vittoria referendaria e di cinque anni dal Family Day, esperienze che avevano descritto uno scenario di convergenza fra popolo e quadri dirigenti cristianamente orientati, oggi sulla scena politica nazionale i cattolici hanno un peso inferiore. Esperimenti come quello di Todi hanno mostrato i limiti della estemporaneità, della esclusione di taluni, dell’apparente estraneità alle sedi istituzionali, Parlamento in testa, dell’eccesso di concentrazione sui pur importanti temi lavoristici. In occasione del primo incontro di Todi, nell’ottobre 2011, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, card. Angelo Bagnasco, ha tenuto un discorso splendido e completo, che ha spaziato dai “princìpi non negoziabili” ai temi dello sviluppo e del lavoro (14), ma i partecipanti al seminario si sono occupati quasi esclusivamente dei secondi, peraltro in chiave di opposizione al governo allora in carica. La ripetizione di Todi, nell’ottobre 2012, è avvenuta in scala, e con eco ancora minore.
Le sfide all’orizzonte sono quelle prima enunciate: ciascuna esige approfondimento, coordinamento, definizione di tattiche e di strategie. Per quanto doloroso, è il caso di convincersi che tutto ciò oggi manca. Avere questa consapevolezza è già un utile punto di partenza.
Note:
(*) Deputato al Parlamento
(1) Camera dei Deputati, XVI Legislatura, Assemblea-Resoconto stenografico, 724a seduta, 27 novembre 2012, p. 14.
(2) Ibidem.
(3) Ibid., p. 16
(4) Ibidem.
(5) Cfr. Benedetto XVI, Discorso “Vita, famiglia, educazione: tre valori “non negoziabili”” ai partecipanti al convegno promosso dal Partito Popolare Europeo, del 30-3-2006, testo originale inglese in Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. II, 1, 2007. (Gennaio-Giugno), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007, pp. 382-384, trad. it. in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 31-3-2006.
(6) Camera dei Deputati, XVI Legislatura, Assemblea-Resoconto stenografico, cit., p. 49.
(7) Cfr. il mio La guerra dei “dico”, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro) 2007.
(8) Cfr. Sandro Bondi, Ex An e cattolici hanno impedito il rinnovamento, intervista a cura di Mattia Feltri, in La Stampa, Torino 29-11-2012.
(9) Cfr. Giancarlo Galan, L’errore è stato fondare il Pdl, intervista a cura di B.F., in Il Sole-24 Ore, Milano 27-11-2012.
(10) Cfr. Roberto Formigoni, Il partito di Bondi non è più il nostro, intervista a cura di M. Feltri, in La Stampa, Torino 1°-12-2012.
(11) Cfr. Sacconi: “Mai subalterni alla sinistra. Serve un’alternativa antropologica”, intervista a cura di Francesco Riccardi, in Avvenire. Quotidiano d’ispirazione cattolica, Milano 1°-12-2012.
(12) Cfr. Isabella Bossi Fedrigotti, Riconoscere i figli naturali va bene. “Legalizzare l’incesto” è vergognoso, in Corriere della Sera, Milano 26-11-2012: “[…] un’eguaglianza sulla carta che, però, porterebbe a micidiali diseguaglianze nella vita”, si spiega, fra l’altro, nell’editoriale. Cfr. anche Silvia Vegetti Finzi, Naturali o legittimi, una legge civile. Ora con i figli conta solo l’affetto, ibid., che, pur apprezzando la legge nel suo insieme, parla di “un elemento controverso, quello relativo al riconoscimento dei figli nati dall’incesto, […] su cui bisognerà ulteriormente riflettere”.
(13) Cfr. il mio Il Pdl e i valori non negoziabili, in Cristianità, n. 364, anno XL, aprile-giugno 2012, pp. 35-40.
(14)Cfr. card. Angelo Bagnasco, “Cattolici, l’assenteismo è omissione”, in Avvenire. Quotidiano d’ispirazione cattolica, Milano 18-10-2011.