Ettore Ribolzi, Cristianità n. 143 (1987)
Il rapporto di una commissione incaricata di esaminare tutti gli aspetti del gravissimo problema originato dai provvedimenti decisi da governi occidentali nei confronti della Repubblica Sudafricana.
Ripensamento della Conferenza Episcopale Sudafricana sulle sanzioni economiche
I mezzi di informazione – nazionali e internazionali – aggiornano con diversa intensità e periodicità l’opinione pubblica a proposito del Sudafrica, un nodo storico – e quindi religioso, politico, etnico e culturale – bisognoso di essere sciolto con prudenza, con pazienza e con saggezza, anche perché la Rivoluzione, in tutte le sue espressioni, lo sta abilmente sfruttando con intenzioni chiaramente dialettiche e non certo risolutorie (1).
In questa prospettiva ha quindi eco ogni gesto appunto dialettico compiuto da autorità religiose, cattoliche e non cattoliche, cioè ogni presa di posizione o comportamento che sia in contrasto con l’azione politico-culturale — necessariamente di lungo periodo, posta la complessità e l’annosità del problema — del governo di Pretoria e dei neri intenzionati a dialogare con esso in un clima di pacifica coesistenza.
In questa prospettiva ha avuto perciò eco la lettera pastorale sulle “pressioni economiche per la giustizia”, pubblicata dalla Conferenza Episcopale Sudafricana e datata 1 maggio 1986 (2). Questo documento, di approvazione delle sanzioni economiche contro il Sudafrica, annunciava tra l’altro la nomina di una commissione appositamente incaricata di studiare il problema, i suoi effetti e le risoluzioni da adottare, forse anche a fronte dello sconcerto e delle proteste suscitate fra i cattolici sudafricani e fra la popolazione nera da questa posizione (3).
Nei mesi successivi tale commissione ha elaborato un rapporto presentato in occasione della sessione plenaria della Conferenza Episcopale Sudafricana che si è conclusa il 28 gennaio 1987 a Pretoria, presso il seminario San Giovanni Maria Vianney. Esso suona sostanzialmente come un critico e ponderato ripensamento delle precedenti prese di posizione, basato su un’articolata e profonda disamina della situazione socio-economica del paese in conseguenza delle sanzioni (4).
Innanzi tutto si osserva che già da qualche anno l’economia sudafricana mostra segni di crisi: “Pertanto, l’applicazione di sanzioni economiche contro il paese potrà solamente esacerbare una preesistente grave situazione, cosicché, a dispetto delle ottimistiche previsioni di alcuni osservatori economici, secondo cui l’economia del paese è sul punto di tentare un recupero, è ragionevole invece presumere che, facendosi sempre più sentire gli effetti delle sanzioni, il tentativo di recupero annunziato da questi commentatori verrà probabilmente distrutto“.
L’analisi prosegue concentrandosi in particolare sugli effetti delle sanzioni imposte sui prodotti esportati dal Sudafrica: la commissione prevede un rialzo indiscriminato dei prezzi, causato dalla restrizione del mercato, probabili tagli alla produzione e, come ultima conseguenza, un aumento della disoccupazione.
Particolarmente colpiti risulterebbero il settore del carbone, che occupa circa centomila lavoratori, quello dell’agricoltura, con un milione e trecentomila addetti. È da notare che la quasi totalità dei lavoratori in questione è nera. La commissione mette pertanto in risalto come proprio la popolazione nera sarebbe la più colpita dalle sanzioni economiche: “Chiaramente si richiede un aiuto e uno sviluppo massicci per il settore nero, al fine di alleviare una situazione che è verosimilmente imposta al paese senza riguardo alla volontà del popolo, poiché sembra inevitabile che le sanzioni colpiranno duramente e con effetti maggiori le vittime piuttosto che i responsabili dell’oppressione“.
Venendo a conseguenze politiche, il documento sottolinea il risultato controproducente delle sanzioni stesse nei confronti del governo, sottoposto a forti pressioni contrarie a una politica riformistica, suscitate da un sentimento di rivincita di fronte all’imposizione del boicottaggio economico.
Infine – sebbene la commissione della Conferenza Episcopale Sudafricana riscontri anche qualche effetto positivo derivante dalle sanzioni, come, per esempio, un accresciuto impegno economico-sociale, da parte di alcune aziende private, nei confronti dei neri – il giudizio conclusivo che essa formula comporta una decisa opposizione alle sanzioni economiche imposte dalle nazioni occidentali.
Come si può facilmente constatare, il documento costituisce una svolta importante e radicale rispetto alla posizione precedente. Purtroppo, però, il testo in questione ha avuto scarsissima eco sui mezzi di informazione italiani, confermando così l’equivoca selezione delle notizie relative al Sudafrica.
Ettore Ribolzi
Note:
(1) Cfr. MASSIMO INTROVIGNE, Rapporto sul Sudafrica, in Cristianità, anno XIII, n. 126, ottobre 1985.
(2) Cfr. CONFERENZA EPISCOPALE SUDAFRICANA, Pressioni economiche per la giustizia, dell’1-5-1986, in il regno-documenti, anno XXXI, n. 558, 1-10-1986, pp. 557-558, pubblicato insieme ad altri testi dello stesso organismo.
(3) Cfr. Appello contro il “disinvestimento”, in Cristianità, anno XIV, n. 136-137, agosto-settembre 1986.
(4) Cfr. gli ampi estratti dei rapporto della commissione speciale della Conferenza Episcopale Sudafricana, in Press Release. General Secretariate of the S. A. Catholic Bishops’ Conference, 07/87, 26-1-1987. Dalla stessa fonte – da cui sono tratte tutte le citazioni seguenti – si apprende che il testo completo non è disponibile.