Ettore Ribolzi, Cristianità n. 152 (1987)
Gli sconcertanti contenuti di una pubblicazione coperta dall’autorità della conferenza episcopale sudafricana.
“Teologia della liberazione” di stampo marxista in Sudafrica
“The New Nation”
Il 25 marzo 1987 un centinaio di esponenti di rilievo delle diverse comunità cristiane in Sudafrica ha consegnato a S.E. mons. Joseph Mees, arcivescovo titolare di Ieper e delegato apostolico in Africa Meridionale, una petizione indirizzata al Santo Padre Giovanni Paolo II, contenente la denuncia della linea del settimanale The New Nation, pubblicato dall’editrice dei vescovi cattolici (1).
Fra i firmatari, oltre a nove sacerdoti e a suore, sono autorevoli rappresentanti del laicato cattolico nonché pastori di diverse denominazioni cristiane, un parlamentare della Camera dei Rappresentanti, il sindaco di un’importante città, dirigenti di associazioni come Women for South Africa e Victims against Terrorism, il fondatore della St. Jude Society, i presidenti di organizzazioni come la SACDL, la South African Catholic Defense League, Pro-Life, gli ACTS, gli Anglicans Concerned with Truth and Spirituality, la Polish Association of South Africa, l’UCA, l’United Christian Action, i direttori delle pubblicazioni The Aida Parker Newsletter. Perspectives on Southern Africa e Signposts, dirigenti di organismi sindacali e civici neri, membri di spicco delle comunità indiana e portoghese, professori universitari, scrittori, professionisti, uomini d’affari e altri.
Il documento si articola in più punti ma si basa sul presupposto fondamentale secondo cui, attualmente, i due principali problemi in Sudafrica sono la questione razziale e la minaccia socialcomunista e, in proposito, segnala la loro interazione, in quanto i socialcomunisti operano per esacerbare proprio la questione razziale, e se ne servono al fine di promuovere una escalation rivoluzionaria nel paese: perciò i firmatari ritengono che una corretta soluzione della problematica razziale non possa assolutamente prescindere dalla messa in opera di tutte le provvidenze idonee a evitare l’avvento di un regime totalitario, anche alla luce delle esperienze di altre società africane (2).
In questa prospettiva, a parere dei firmatari, una pubblicazione dell’editrice dei vescovi cattolici sudafricani e dedicata in modo particolare alla trattazione di problemi sociali come The New Nation dovrebbe essere quanto mai sollecita nel mettere in guardia il pubblico contro la minaccia socialcomunista: accade invece il contrario, tanto che si può rilevare una sbalorditiva coincidenza fra i contenuti di tale pubblicazione e i punti di vista del comunismo internazionale nel campo sociopolitico ed economico, mentre nella sfera religiosa spiccano espressioni favorevoli alla Iglesia Popular nicaraguense.
Un’accurata ricerca della Young South Africans for a Christian Civilization-TFP
Per illustrare più documentatamente quanto denunciano, i firmatari della petizione al Sommo Pontefice allegano a essa il frutto di un’accurata ricerca condotta da una commissione di studio della Young South Africans for a Christian Civilization – TFP, The “New Nation” and Liberation Theology. The sad journey of a reader of the newspaper published by The Catholic Bishops’ Publishing Company: Uneasiness, Perplexity, Disconcertedness, Anguish, “Il “New Nation” e la Teologia della Liberazione. Il triste itinerario di un lettore del periodico pubblicato dalla Società Editrice dei Vescovi Cattolici: disagio, perplessità, sconcerto, angoscia” (3).
Nell’introduzione gli autori dello studio denunciano immediatamente il loro fine: essi cioè intendono “esprimere il disagio, la perplessità, lo sconcerto e l’angoscia di numerosi lettori, cattolici e anche non cattolici (che hanno qualche conoscenza, anche se in termini generali, della dottrina sociale della Chiesa) e che notano il contrasto netto fra quanto insegna quella dottrina e quanto pubblica questo periodico” (4).
Il periodico in questione è appunto The New Nation, un settimanale pubblicato a partire dal gennaio del 1986 dalla società editrice del vescovi cattolici sudafricani, che sono altresì membri del suo comitato direttivo, e dichiaratamente rivolto alla maggioranza nera, di cui afferma di essere portavoce.
Sulla base di queste premesse parrebbe logico pensare che la linea del periodico debba riflettere gli insegnamenti della Chiesa cattolica relativamente alle questioni sociali e, di conseguenza, ci si potrebbe aspettare l’adesione ai principi enunciati dalla dottrina sociale naturale e cristiana o quanto meno un ispirarsi a essi.
Purtroppo, invece, The New Nation è, di fatto, ben altrimenti orientato, dal momento che si ispira a principi e a metodi propri dell’ideologia e della prassi marxista, di cui talora indossa anche gli obbiettivi: questo è quanto innegabilmente e dolorosamente risulta dall’analisi dei contenuti del settimanale, esposti nella prima parte dello studio da diversi punti di vista. Il desolante quadro che se ne ricava mette in chiaro una sconcertante affinità della linea di The New Nation con le prospettive e le categorie marxiste a proposito di questioni di primaria importanza per quanto concerne la situazione sudafricana, quali il panorama politico dell’Africa Australe, il giudizio storico sul colonialismo e il ruolo della Chiesa nel continente africano, la lotta di classe e la legittimità del ricorso alla violenza, il prestigio conferito a membri del partito comunista sudafricano, il giudizio su organizzazioni come l’ANC, l’African National Congress, e la SWAPO, la South West Africa People’s Organization della Namibia.
Il panorama politico dell’Africa Australe
Cominciando dall’analisi del panorama politico dell’area sudafricana si nota anzitutto come The New Nation, pur trattando spesso delle guerre in corso in Angola e in Mozambico nonché dell’attività terroristica in Namibia e in Sudafrica, sembra ignorare completamente il ruolo e il coinvolgimento dell’unione Sovietica e degli altri Stati del blocco orientale, che non vengono mai neppure nominati.
Ma il settimanale mostra piuttosto, ed esplicitamente, una spiccata simpatia per i regimi socialcomunisti, soprattutto per quello mozambicano. Lo scomparso despota di quel paese, Samora Machel, viene infatti spesso grandemente lodato. Per esempio, in occasione della sua morte, è stato pubblicato un articolo dal significativo titolo A luta continua!, in cui, fra l’altro, si legge: “Siamo sconvolti e storditi dalla morte del Presidente Samora Machel. […] Era un amico, un consigliere e un alleato della nostra lotta e del nostro popolo, un leader amato e un compagno grandemente stimato. […] Nel corso della conquista della vera indipendenza africana e dello sviluppo di ideali progressisti, il Presidente Machel ha offerto il proprio paese, con il suo popolo e le sue risorse, per il maggior vantaggio della lotta del continente per liberarsi dal colonialismo, dall’imperialismo e da ogni forma di oppressione” (5). Dopo un’ulteriore serie di elogi entusiastici, l’articolo si conclude con queste parole: “Ti rimpiangiamo profondamente, amato compagno Samora Machel, piangiamo con l’eroico popolo del Mozambico. Una parte di noi è morta con te, ma come proprio tu affermasti così fermamente: “A luta continua, la lotta continua”. Così sia” (6).
Né l’articolista fa cenno alcuno alla reale situazione del Mozambico, al disastroso stato della sua economia, portata alla rovina dall’impegno di Samora Machel nella “guerra di liberazione” contro la Rhodesia, e alle nazionalizzazioni forzate, agli arresti in massa operati dalla polizia politica, alla forte resistenza anticomunista che tiene il regime socialcomunista in stato d’assedio… (7).
Anzi, in un successivo numero del settimanale viene reclamizzato un volume contenente diversi discorsi e scritti del leader socialcomunista mozambicano che, secondo The New Nation, costituiscono “profonde lezioni per il Sudafrica“: “La teoria politica è la guida luminosa di una rivoluzione. Senza di essa le pallottole e le granate non servono quasi a nulla – sarebbe come sparare con una pistola ad acqua contro fantasmi” (8). Con essa, invece, “le pallottole e le granate” acquistano senso!
E il plauso espresso nei confronti del regime socialcomunista vigente in Mozambico non costituisce un fatto isolato: nelle pagine di The New Nation, infatti, si possono trovare articoli elogiativi del governo dell’Angola oppure del primo ministro dello Zimbabwe, il marxista Robert Mugabe, ovvero del despota comunista del Burkina Faso, capitano Thomas Sankara.
Colonialismo e missioni
Passando all’analisi della concezione della storia che ispira la linea di The New Nation, lo studio della Young South Africans for a Christian Civilization-TFP trova particolarmente significativo il giudizio formulato a proposito del colonialismo, di cui si parla come di “un’esperienza rovinosa per l’Africa. […] I benestanti europei sono diventati più ricchi, mentre la maggior parte della popolazione dell’Africa è diventata più povera. Ricchezza (sotto forma di materie prime) è stata portata via dall’Africa, ma non è stato introdotto nel continente nulla che lo potesse rendere forte e capace di produrre almeno i beni più elementari” (9).
Orbene, per quanto sia innegabile che gli europei abbiano esteso ai popoli africani quella stessa profonda crisi che ha intaccato la civiltà cristiana a partire dalla fine del Medioevo (10), è però quanto meno riduttivo dimenticare – soprattutto per dei cattolici – che proprio grazie alla colonizzazione è giunto in Africa il cristianesimo, per tacere – da un punto di vista squisitamente naturale – dell’igiene, della scienza medica, della tecnologia moderna, dei mezzi di comunicazione, e così via.
Sorprendente è, poi, il giudizio che The New Nation esprime relativamente ai missionari, sia cattolici che protestanti: “Tutti costoro, attraverso i loro insegnamenti, aiutarono il commercio dei mercanti europei che venivano subito dopo di loro. Per esempio, quando una comunità aveva accettato il cristianesimo, tutti i suoi membri volevano acquistare beni europei, specialmente abiti. […] Ciò significava che la gente doveva guadagnare denaro per comperare beni. Per guadagnare denaro doveva lavorare per i coloni da poco insediati. […] Così i missionari furono utilizzati dall’amministrazione coloniale” (11).
Anche a prescindere dagli innumerevoli benefici spirituali e culturali che gli africani hanno ricevuto e tuttora ricevono dal contatto con le missioni, l’estensore dell’articolo citato si conforma evidentemente alla dottrina del materialismo storico propria del marxismo, secondo la quale la storia è concepita solamente in termini di rapporti economici.
Lotta di classe, violenza e boicottaggio
Nell’analisi dei contenuti di The New Nation è degna di particolare attenzione la parte relativa alla dottrina della lotta di classe.
Infatti, mentre la dottrina sociale della Chiesa sostiene e legittima sia la libertà di iniziativa economica privata che il diritto dei lavoratori ad avere un giusto e adeguato compenso, promuovendo l’armonica collaborazione economica fra i diversi ceti della società, The New Nation sembra invece accogliere e diffondere in modo acritico lo spirito della lotta di classe, che predica un’insanabile e violenta contrapposizione fra detentori del capitale e proletari.
Le citazioni, riprodotte senza riserva alcuna, di leader sindacali socialcomunisti sono decisamente numerose: basti il seguente significativo passo relativo alla legalità del sit-in come mezzo di pressione sindacale: “Gli esperti sindacali dicono che la correttezza e la legalità, o altro, della tattica sono irrilevanti. […] Ciò che importa è se esse siano efficaci come strumenti al fine di evitare le serrate e di incrementare la pressione sui padroni perché cedano alle richieste dei lavoratori. E recenti esperienze provano che la tattica è efficace” (12). Cioè la moralità e la legalità del mezzo dipendono dall’efficacia rispetto al fine perseguito, e non hanno alcun rilievo in sé.
In evidente collegamento con il tema della lotta di classe è quello della legittimità del ricorso alla violenza, argomento quanto mai delicato per una nazione ripetutamente colpita da attentati terroristici e da sanguinosi tumulti, tendenti a instaurare un clima favorevole a una rivoluzione di stampo socialcomunista. In proposito The New Nation si mostra assai ambiguo, quando non propenso al ricorso alla violenza.
Così, per esempio, viene pubblicata una fotografia di agitatori che, nel corso di una manifestazione, “rappresentano” l’imposizione di uno pneumatico attorno al collo di un loro compagno: il significato della scena è chiaramente intimidatorio, quasi un avvertimento per i neri “collaborazionisti” – cioè intenzionati a non praticare né la lotta di classe né quella di razza – che potrebbero essere “giustiziati” con il necklace, la “collana”, l’atroce supplizio consistente appunto nel mettere al collo della vittima designata uno pneumatico d’automobile pieno di benzina e nel darlo poi alle fiamme (13). Ebbene, la didascalia in calce alla fotografia parla semplicemente di un “segno dei tempi che cambiano” (14).
In un altro numero di The New Nation è raccomandata la lettura del volume Mayombe, un romanzo sulla guerriglia in Angola negli anni Sessanta: di esso viene detto esplicitamente che è “più di una semplice raccolta di accadimenti […]. Potrebbe anche passare per un manuale per attivisti. […] Mayombe, anche se ambientato in Angola, ha sorprendenti affinità con il Sudafrica” (15).
In altra occasione vengono riferite senza alcun commento le parole di commemorazione di tre terroristi uccisi in uno scontro a fuoco con la polizia dopo che avevano assalito l’abitazione di un pubblico amministratore nero, e tali parole fanno dei tre quasi eroi nazionali (16); o si pubblica anche un discorso in cui viene esaltata la natura democratica dei “tribunali del popolo” diversa da quella dei “tribunali borghesi”, cioè da quelli dello Stato (17).
La Young South Africans for a Christian Civilization-TFP prosegue la propria analisi dei contenuti di The New Nation mostrando come il settimanale tessa unilateralmente le lodi di diversi leader esplicitamente conosciuti come membri dei partito comunista sudafricano, per esempio Moses Mabhida o Moises Kotane, definito “un Mosè per il suo popolo” (18), e altri ancora.
Inoltre viene messo in risalto il fatto che, sistematicamente, la rivista conferisce prestigio a organizzazioni di natura terroristica come la SWAPO (19) e l’ANC (20).
Infine, viene sottolineata la linea di incondizionato appoggio del periodico alla campagna internazionale di boicottaggio economico del Sudafrica (21) nonché la pesante discriminazione operata ai danni di diversi leader neri, che hanno soltanto il torto di non essere socialcomunisti, e in modo particolare nei confronti del primo ministro dello KwaZulu, principe Mangosuthu Gatsha Buthelezi.
“Teologia della liberazione” di stampo marxista
Venendo a conclusione, gli autori dello studio credono di poter identificare nella linea ideologica seguita da The New Nation un fondamento teologico-dottrinale ben definito, e precisamente una certa “teologia della liberazione” chiaramente condannata dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, nella quale le categorie marxiste si sostituiscono alla visione della storia e del mondo propria del cristianesimo (22).
Questa conclusione è oggettivamente suffragata dal settimanale esaminato, che dà amplissimo spazio alle tesi di teologi notoriamente e apertamente professanti quella certa “teologia della liberazione”. Ne può essere esempio adeguato un passo di un teologo sudafricano ripreso da The New Nation: “Quando si parla dell’analisi sociale – sostiene – subito i critici insorgono e dicono che è marxista. Essa è marxista, è vero. Abbiamo un’eredità che è stata ricevuta dalla tradizione marxista per analizzare la società e non vedo perché dovremmo trascurarla. [… ] Usando l’analisi sociale si guarda alla produzione. […] Si incomincia a guardare alle classi e si comprende che vi è una classe di persone sfruttate” (23).
Allo stesso modo sono molto frequentemente riportate affermazioni di noti esponenti latinoamericani della “teologia della liberazione” come il sacerdote secolare Ernesto Cardenal, membro del governo sandino-comunista del Nicaragua, secondo la cui bizzarra opinione appunto in Nicaragua la persecuzione religiosa sarebbe opera dei vescovi e non del governo stesso (24), oppure il francescano Uriel Molina.
In particolare, viene indicata come esempio per il Sudafrica la cosiddetta Iglesia Popular e precisamente in questo contesto è dato ampio spazio alle opinioni di teologi nicaraguensi filo-sandinisti (25).
In numerosi articoli di The New Nation viene pure espresso plauso per The kairòs document, un testo sottoscritto da diverse personalità religiose sudafricane, sia cattoliche che protestanti, che inneggiano al ricorso alla violenza contro il governo di Pretoria quale unico mezzo per “rimuovere l’ingiustizia e l’oppressione” (26).
Scandalo e polemica
Ma se l’analisi svolta dalla Young South Africans for a Christian Civilization-TFP – e fatta propria dai firmatari della petizione al Santo Padre Giovanni Paolo II – coglie evidentemente nel segno denunciando una situazione di scandalo per i fedeli causata dalla diffusione di dottrine esplicitamente condannate dal Magistero della Chiesa, di diversa opinione è S.E. mons. Wilfrid Fox Napier O.F.M., vescovo di Kokstad, nel Natal.
Il prelato, attuale presidente della Conferenza Episcopale Sudafricana, ha ritenuto di poter respingere le accuse mosse dai firmatari della petizione contro The New Nation, e a sua volta li denuncia come facenti il gioco del partito di governo della Repubblica Sudafricana per il mantenimento dello status quo, invece di condannare le ingiustizie e l’oppressione; afferma poi che il settimanale in questione non promuove il comunismo – di cui egli riconosce espressamente l’incompatibilità con il cattolicesimo -, ma ammette che il periodico, nell’esercizio della libertà accordatagli, ha tributato elogi ad alcune personalità comuniste, anche se non in quanto tali, ma in quanto impegnate nella lotta contro l’oppressione (27).
A tali affermazioni la Young South Africans for a Christian Civilization-TFP ha risposto che con esse non vengono sostanzialmente confutate le denunce contenute nella petizione – e nello studio a essa allegato – ma si conferma il fatto che The New Nation, creando grande confusione a proposito del socialcomunismo, rischia di far precipitare coloro che dice di voler difendere dall’ingiustizia nella peggior forma di oppressione, cioè appunto in un regime socialcomunista (28).
Quanto poi all’accusa mossa ai firmatari di voler mantenere lo status quo, credo che la migliore confutazione si trovi nelle parole stesse del documento diretto a Papa Giovanni Paolo II, di cui riporto la conclusione: “Con deferenza, chiediamo che Vostra Santità intervenga a mettere fine a questo scandalo: lo scandalo dato da un periodico cattolico che, secondo la nostra opinione, favorisce idee consonanti con quelle del comunismo, che è il peggior nemico della Chiesa e della civiltà cristiana.
“Questa richiesta non significa avallo delle posizioni di nessun partito politico, né un atteggiamento acritico nei confronti dello status quo sudafricano in generale e dell’apartheid in particolare. I sottoscritti condividono una comune preoccupazione per il futuro del nostro paese e sono uniti nel desiderio di progresso secondo i valori della civiltà cristiana. Essi sono soprattutto allarmati per il grave danno che può essere causato alle anime mediante lo spirito della lotta di classe così manifesto nelle pagine del N[ew] N[ation]. Questo spirito può portare le anime lontano dalle soluzioni ispirate dalla giustizia e dalla carità cristiane, soluzioni così radicalmente diverse nei loro mezzi e nei loro fini da quelle ispirate dall’odio di classe marxista.
“I firmatari cattolici vorrebbero inoltre approfittare di questa occasione per esprimere a Vostra Santità la loro angoscia nel vedere che i non cattolici, ignari delle formali condanne del comunismo da parte del Magistero pontificio, sono spesso lasciati nell’idea che il punto di vista ideologico del New Nation coincida con l’insegnamento della Chiesa sulle questioni sociali.
“Siamo certi che Vostra Santità accoglierà con pastorale sollecitudine questo appello, che rivolgiamo mossi dal fervente desiderio che al nostro paese venga risparmiata la catastrofe del comunismo, e che possa presto raggiungere la desideratissima armonia sociale fra tutti i gruppi in esso compresi, attraverso una comune adesione ai principi fondamentali della civiltà cristiana” (29).
Ettore Ribolzi
Note:
(1) Cfr. Petition by One Hundred Christians to His Holiness Pope John Paul II, del 12-3-1987. Mons. Joseph Mees è stato richiamato a Roma il 18 ottobre 1987, e nella rimozione vi è chi ha voluto vedere una conseguenza dei suoi difficili rapporti con la Conferenza Episcopale Sudafricana, cui non avrebbe mancato di imputare un eccessivo impegno del clero in questioni politiche: cfr. The Citizen, 22-10-1987.
(2) Cfr. le osservazioni di S.E. mons. John Onaiyekan, vescovo di Ilorin, in Nigeria, nel suo “Interrogativi angosciosi” sul “fallimento del dominio nero“ nell’Africa post-coloniale, in Cristianità, anno XIV, n. 136-137, agosto-settembre 1986.
(3) Cfr. YOUNG SOUTH AFRICANS FOR A CHRISTIAN CIVILIZATION-TFP (commissione di studio della), The “New Nation” and Liberation Theology. The sad journey of a reader of the newspaper published by the Catholic Bishops’ Publishing Company: Uneasiness, Perplexity, Disconcertedness, Anguish, presso l’autore, Johannesburg 1987, pp. 36.
(4) Ibid., n 3.
(5) A luta continua!, in The New Nation, 23-10-1986, p. 6, cit. ibid., pp. 7-8.
(6) Ibid., pp. 8-9.
(7) Cfr. EDWARD P. CAIN, Mozambique’s Hidden War, in CHARLES MOSER (a cura di), Combat on Communist Territory, Regnery Gatewav, Inc. e Free Congress Research and Education Foundation, Lake Bluff (IL) 1985, pp. 38-71.
(8) Not just a revolutionary, in The New Nation, 27-2-1986, p. 6, cit. in YOUNG SOUTH AFRICANS FOR A CHRISTIAN CIVILIZATION-TFP, op. cit., p. 9.
(9) Getting fat on Africa, in The New Nation, 27-2-1986, p. 11, cit. ibid., p. 11.
(10) Cfr. PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro- Rivoluzione, 3ª ed. it. accresciuta, Cristianità, Piacenza 1977, p. 67. Sull’argomento cfr. anche CARD. JOSEPH RATZINGER, Rapporto sulla fede, intervista a cura di Vittorio Messori, Edizioni Paoline, Torino 1985, pp. 205-211.
(11) Mission colonial, in The New Nation, 27-2-1986, p. 11, cit. in YOUNG SOUTH AFRICANS FOR A CHRISTIAN CIVILIZATION-TFP, op. cit., p. 11.
(12) MAWU solidarity stayaways, in The New Nation, 13-3-1986, p. 14, cit. ibid., p. 14.
(13) Once upon a time …, in The New Nation, 25-9-1986, p. 1, cit. ibid., p. 17. Sul numero dei neri uccisi con il necklace, le stime più attendibili parlano di sei-settecento “giustiziati” a tutto l’ottobre del 1986: cfr. The Aida Parker Newsletter. Perspectives on Southern Africa, n. 95, 26-11-1986.
(14) Once upon a time …, cit.
(15) A handbook for true guerrillas, in The New Nation, 16-1-1986, cit. in YOUNG SOUTH AFRICANS FOR A CHRISTIANS CIVILIZATION-TFP, op. cit., p. 17.
(16) Cfr. Huge crowd at ANC burial, in The New Nation, 25-9-1986, p. 5, cit. ibidem.
(17) Cfr. Let the punishment fit the crime, in The New Nation, 5-4-1986, p. 18, cit. ibid., p. 18. L’elogio è stato fatto da Titus Mafolo, dirigente dell’ASRO, l’Atteridgeville-Saulsville Residents’ Organization. Sul tema della violenza, cfr. anche il mio Chi è Nelson Mandela?, in Cristianità, anno XV, n. 148-150, agosto-settembre-ottobre 1987.
(18) The New Nation, 17-7-1986, p. 16, cit. in YOUNG SOUTH AFRICANS FOR A CHRISTIAN CIVILITATION-TFP, op. cit., p. 19. Moises Kotane è morto a Mosca nel 1982, dopo aver occupato per oltre trent’anni la carica di segretario generale del partito comunista sudafricano. Moses Mabhida dal 1963 è stato comandante del braccio militare dell’ANC: cfr. Pravda, 11-3-1986, cit. ibidem.
(19) Per un profilo della natura e dei fini della SWAPO, cfr. AMERICAN SOCIETY FOR THE DIFENSE OF TRADITION, FAMILY AND PROPERTY-TFP (a cura di), Tutta la verità sulla SWAPO. Cristiani idealisti e campioni di libertà e giustizia, oppure strumenti dell’aggressione comunista internazionale?, trad. it., presso l’autore, Roma 1984.
(20) Per un breve profilo dell’ANC, cfr. MASSIMO INTROVIGNE, Rapporto sul Sudafrica, in Cristianità, anno XIII, n. 126, ottobre 1985.
(21) Importa notare come la campagna di boicottaggio economico sia avversata anche dalla stragrande maggioranza dei neri sudafricani: cfr. Appello contro il “disinvestimento”, ibid., anno XIV, n. 136-137, agosto-settembre 1986. Gli stessi vescovi sudafricani stanno mutando il loro iniziale atteggiamento di adesione a tale boicottaggio: cfr. il mio Ripensamento della Conferenza Episcopale Sudafricana sulle sanzioni economiche, ibid., anno XV, n. 143, marzo 1987.
(22) Cfr. SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione su alcuni aspetti della “teologia della liberazione” “Libertatis nuntius”, del 6-8-1984; e IDEM, Istruzione su libertà cristiana e liberazione “Libertatis conscientia”, del 22-3-1986. A proposito dei due documenti nel quadro della situazione della cultura sociale cattolica, cfr. GIOVANNI CANTONI, La “rivalutazione“ della dottrina sociale della Chiesa, in Cristianità, anno XIV, n. 133, maggio 1986.
(23) PADRE BUTI THLAGALE The church at the turning point?, in The New Nation, 16-1-1986, p. 16, cit. in YOUNG SOUTH AFRICANS FOR A CHRISTIAN CIVILIZATION-TFP, op. cit., p. 31. Per il profilo di un celebre esponente della “teologia nera” sudafricana, cfr. il mio L’altra faccia di Desmond Tutu, in Cristianità, anno XV, n. 144-145, aprile-maggio 1987.
(24) Cfr. After the revolution, in The New Nation, 13-3-1986, p. 17, cit. in YOUNG SOUTH AFRICANS FOR A CHRISTIAN CIVILIZATION-TFP, op. cit., p. 32.
(25) Cfr. ibid, p. 33.
(26) Ibid., p. 32. Cfr. Challenge to the Church. The kairòs document. A Theological Comment on the Political Crisis in South Africa, del 25-9-1985, trad. it. con il titolo Sfida alla chiesa. Lettura teologica della crisi in Sudafrica, in il regno-documenti, anno XXXI, n. 542, 1-1-1986, pp. 47-55.
(27) Cfr. MONS. WILFRID Fox NAPIER O.F.M., “The truth will set us free”, in The New Nation, 23/29-7-1987, p. 19.
(28) Cfr. The TFP, The “New Nation” and Bishops’ Conference, in TFP Newsletter, n. 27, Johannesburg 1987.
(29) Petition by One Hundred Concerned Christians to His Holiness Pope John Paul II, cit.