Ettore Ribolzi, Cristianità n. 173 (1989)
Pressoché priva di ogni sostegno esterno – propagandistico e materiale -, ma sempre più vicina alle popolazioni, la RENAMO, la Resistência Nacional Moçambicana, si oppone coraggiosamente al regime instaurato nel paese africano dopo il conseguimento dell’indipendenza.
a qualche tempo anche a proposito della Repubblica Popolare del Mozambico si sente insistentemente parlare di apertura all’Occidente quando non di abbandono dell’ideologia marxista-leninista, di mutamento di rotta politica da parte del partito unico al potere, il FRELIMO, il Frente de Libertação de Moçambique, fondato nel 1962 in Tanzania da Eduardo Chivambo Mondlane e passato alla lotta armata contro il governo portoghese nel 1964.
Queste voci hanno trovato recente conferma anche in alcuni contatti ad alto livello avvenuti fra esponenti del governo mozambicano e dirigenti della RENAMO, la Resistência Nacional Moçambicana, mentre un processo analogo è in corso nella Repubblica Popolare d’Angola fra il governo comunista e la Resistenza anticomunista raccolta nell’UNITA, l’União Nacional para a Independência Total de Angola guidata da Jonas Savimbi. La tendenza a porre termine ai conflitti regionali, già manifestatasi al tempo della presidenza di Ronald Reagan, non poteva non investire pure l’Africa Australe e, quindi, non interessare anche le guerre civili in corso in Angola e in Mozambico, nelle quali si scontrano Resistenze nazionali anticomuniste con regimi totalitari socialcomunisti.
La storia recente del Mozambico
Situato nell’Africa Sud-Orientale, con il Madagascar di fronte alle proprie coste, il Mozambico – la cui capitale è Maputo, ex Lourenço Marques – ha una superficie di 799.000 chilometri quadrati, con una popolazione stimata, nel 1988, in 14.890.000 abitanti (1).
Fin dagli anni Sessanta è in corso nel paese una devastante guerra civile che pareva essersi conclusa il 25 giugno 1975, quando veniva proclamata l’indipendenza nazionale e il governo portoghese consegnava il potere, senza alcun tipo di consultazione elettorale, nelle mani di quello che sembrava il principale fra i movimenti indipendentisti, il FRELIMO, allora guidato da Samora Moisés Machel, succeduto al fondatore Eduardo Chivambo Mondlane nel 1969, alla morte di quest’ultimo.
Appena al potere, il FRELIMO inizia la realizzazione di un rigido programma economico di carattere socialcomunista e la porta fino a estremi parossistici come, per esempio, la nazionalizzazione senza indennizzo di tutti gli edifici residenziali, arredamento compreso: da allora, il governo riscuote l’affitto dai precedenti proprietari; allo stesso modo vengono nazionalizzate tutte le scuole cattoliche (2).
Le conseguenze di questo programma economico sono a dir poco disastrose, soprattutto nel settore agricolo: la pianificazione, attuata in esso con la cosiddetta Operação Produção, comporta il massiccio trasferimento coatto di contadini e di mano d’opera generica in grandi comuni agricole, dove il lavoro viene prestato in condizioni di sottoretribuzione e senza la possibilità di commercializzare i prodotti delle coltivazioni. In queste circostanze la produzione diminuisce terribilmente e a tale effetto si vanno ad aggiungere le conseguenze di una terribile siccità che si verifica nel 1979.
Oggi ormai anche fonti socialiste ammettono il disastro provocato dall’applicazione del programma economico di Samora Moisés Machel (3); bisogna inoltre constatare che, alla pianificazione socialista dell’economia, il FRELIMO ha affiancato un sistema politico di rigido stampo marxista-leninista.
Questa considerazione, che parrebbe tanto ovvia, è invece di solito “dimenticata” da molti mezzi d’informazione occidentali, che generalmente sottolineano l’apertura della Repubblica Popolare del Mozambico ai rapporti commerciali con l’Occidente e il supposto ritorno nel paese africano dell’economia di mercato, ma trascurano di esaminare con la dovuta attenzione se a questa provvidenza in campo economico si accompagni o meno una corrispondente ed effettiva liberalizzazione politica e, qualora le cose stessero in questi termini o un simile mutamento fosse sul punto di prodursi, di verificare il reale smantellamento dello Stato poliziesco e totalitario organizzato ed egemonizzato dal FRELIMO.
Proprio a questo proposito non bisogna dimenticare che fin dal 1976 il FRELIMO si è dotato di una propria polizia politica, denominata SNASP, Serviço Nacional de Segurança Popular, con ampi poteri repressivi e di cui era direttamente responsabile lo stesso Samora Moisés Machel (4). Allo SNASP – costituito grazie alla collaborazione del KGB, il servizio di spionaggio sovietico, e al cui addestramento provvedono agenti della Repubblica Democratica Tedesca – è stata affidata la custodia dei numerosi “campi di rieducazione” istituiti nel paese, chiamati “centri di de-colonizzazione mentale”, nei quali sono stati imprigionati migliaia di oppositori del regime (5).
Nasce la Resistenza anticomunista
Sorta nel 1977 dai precedenti movimenti indipendentisti che non si riconoscevano nel FRELIMO, la RENAMO viene unificata e organizzata da numerosi ufficiali delle FPLM, le Forças Populares de Libertação de Moçambique, cioè l’esercito regolare mozambicano, che si erano ribellati al regime o che erano sopravvissuti alle diverse “purghe”, che regolarmente colpivano i quadri delle FPLM nel tentativo di sradicare sul nascere ogni focolaio di opposizione. L’attuale presidente della RENAMO, Afonso Macacho Marceta Dhlakama, è appunto uno di questi ex ufficiali delle FPLM successivamente aggregatisi alla Resistenza. Figlio del re tribale Manguande, di Chibabava, Afonso Macacho Marceta Dhlakama, che è anche comandante supremo delle forze armate della Resistenza stessa, ha assunto la direzione del movimento in tutte le sue articolazioni a partire dal 17 ottobre 1979 quando, in seguito alla morte in combattimento del suo fondatore e primo presidente, André Matadi Matsangaíssa, gli è succeduto.
Nei primi anni dopo la sua costituzione la RENAMO riceve consistenti appoggi e aiuti dalla Rhodesia, nel cui territorio i combattenti anticomunisti mozambicani possono contare su basi operative. Ma nel 1980 la situazione cambia radicalmente in seguito all’ascesa al potere appunto in Rhodesia – da allora l’ex colonia britannica si chiamerà Zimbabwe – di Robert Mugabe, che instaura nel paese un regime socialista, il quale progressivamente si radicalizza in senso sempre più dispotico e totalitario.
La RENAMO conosce allora un momento di difficoltà e di flessione, ma ben presto l’attività della Resistenza riprende con l’appoggio della Repubblica Sudafricana. La circostanza contribuisce a provare che la RENAMO non costituisce una “creazione” artificiale sostenuta dall’estero, ma rappresenta realmente un fenomeno di resistenza nazionale e di opposizione armata fortemente radicato fra la popolazione: infatti, proprio nel momento in cui può contare soltanto sugli aiuti sudafricani – aiuti peraltro molto limitati – e non ha più la possibilità di servirsi ancora di luoghi di rifugio all’estero, dovendo quindi operare soltanto sul territorio nazionale con la collaborazione della popolazione locale, la Resistência Nacional Moçambicana riesce a ottenere i suoi maggiori e più significativi successi e giunge a controllare circa i due terzi del paese e a tenere in stato d’assedio le città costiere nelle mani del FRELIMO.
La conferma di questa tesi si avrà nel 1984 quando, in seguito agli accordi di Nkomati fra i governi della Repubblica Popolare del Mozambico e della Repubblica Sudafricana, viene a cessare ogni aiuto da parte di quest’ultima alla Resistenza mozambicana. Ciononostante la RENAMO non viene meno: al contrario, la sua attività di guerriglia riesce a intensificarsi grazie all’approvvigionamento di viveri fornito dalla popolazione dei territori controllati dai combattenti anticomunisti e grazie anche alla cattura di armi dell’esercito governativo (6). Altri aiuti, benché in misura molto minore, provengono ai combattenti della libertà mozambicani da Stati arabi e da ex coloni portoghesi (7).
La metamorfosi del FRELIMO
Nel 1984, nello stesso anno in cui vengono stipulati gli accordi di Nkomati, forse perché messo in grave difficoltà tanto dall’azione della Resitenza quanto dalla crisi economica che attanaglia il paese, il governo del FRELIMO inizia un vistoso mutamento in campo economico sia all’interno, restituendo ai proprietari parte dei beni espropriati, sia nei rapporti con l’estero, aprendo il proprio mercato all’Occidente.
In questa direzione uno dei maggiori successi del governo di Maputo è la visita effettuata in Mozambico dal presidente della Repubblica Sudafricana, Pieter Willem Botha, nel settembre del 1988, in occasione della quale vengono stipulati diversi accordi di collaborazione economica fra i due Stati, fra cui quello relativo alla riattivazione della centrale idroelettrica di Cabora Bassa, sul fiume Zambesi, già danneggiata dalla Resistenza (8).
Anche la Repubblica Italiana sembra essere uno degli Stati meglio disposti nei confronti del governo socialcomunista di Maputo, fin da quando era presidente Samora Moisés Machel. Significativo a tale proposito è quanto avviene in occasione della morte di quest’ultimo, il 19 ottobre 1985, quando l’allora presidente della Repubblica Popolare del Mozambico perde la vita in un incidente aereo al confine con la Repubblica Sudafricana. Immediatamente i mezzi d’informazione incolpano dell’accaduto i servizi segreti di quest’ultima e soltanto due anni dopo si potrà venire a conoscenza della verità: il Tupolev sul quale stava viaggiando Samora Moisés Machel si schiantò al suolo a causa di un errore dei piloti, di nazionalità sovietica, che erano in stato di completa ubriachezza al momento dell’incidente. Di qualche interesse in tutta la vicenda è anche la fonte che ha rivelato le modalità dell’incidente stesso, cioè il vicesindaco di Reggio Emilia, Giovanni Chierici, che si trovava sul medesimo aereo (9). L’esistenza di un rapporto privilegiato fra le autorità mozambicane e quelle italiane viene confermata, a un livello ben più alto, dai finanziamenti per seicentoventi milioni di dollari concessi alla Repubblica Popolare del Mozambico nel febbraio del 1988 (10) e, esattamente un anno dopo, dalla visita ufficiale nel paese africano del presidente della Repubblica Italiana Francesco Cossiga.
Comunque, l’Italia non è certamente l’unico Stato occidentale a mantenere stretti rapporti di cooperazione economica con il Mozambico socialcomunista. In questo senso sono chiarificatrici alcune dichiarazioni rilasciate dall’attuale presidente della Repubblica Popolare del Mozambico, Joaquim Alberto Chissano (11). Secondo questa autorevole fonte, attualmente sarebbero interessati a investire in Mozambico pure il Portogallo, la Francia e la Gran Bretagna, oltre agli Stati Uniti e ad alcune imprese giapponesi e spagnole.
Particolarmente coinvolte anche al di fuori del campo economico appaiono la Gran Bretagna e la Francia: infatti, nel corso della stessa intervista il presidente Joaquim Alberto Chissano rivela che nel paese, da qualche tempo, operano istruttori militari britannici incaricati di addestrare piccole unità dell’esercito, mentre è allo studio un analogo progetto di collaborazione militare con la Francia (12).
Si potrebbe immaginare che questi aiuti militari vengano forniti dietro precise garanzie di un totale distacco della Repubblica Popolare del Mozambico dall’Unione Sovietica e dal blocco dei Paesi dell’Est, ma lo stesso Joaquim Alberto Chissano ricorda che una parte dell’esercito continua a essere addestrata da sovietici e da nordcoreani oltre che da cinesi (13). Da queste rivelazioni non è forse azzardato dedurre che la sicurezza degli impianti petroliferi della British Petroleum in Mozambico interessa al governo della signora Margareth Thatcher molto di più della coerenza con la propria linea politica e della libertà di popolazioni in lotta contro il totalitarismo socialcomunista (14).
Né è da meno il governo sudafricano che, dopo l’accordo relativo alla centrale di Cabora Bassa, si è a sua volta dichiarato disponibile a fornire aiuti militari al governo mozambicano per impedire altri attentati agli impianti (15).
Contemporaneamente, per quanto riguarda la politica interna, le dichiarazioni del presidente Joaquim Alberto Chissano sull’avvenire del paese non sono certo particolarmente rassicuranti. Alla domanda se l’Assemblea Popolare, l’organo legislativo, fosse sul punto di varare un emendamento costituzionale volto a eliminare il cumulo di funzioni per cui il presidente del FRELIMO è pure presidente della Repubblica Popolare, carica che comporta anche la guida del governo, Joaquim Alberto Chissano risponde: “Non è del tutto esatto … [….]. Quanto al problema del cumulo delle funzioni di Presidente della Repubblica e di Presidente del FRELIMO, la questione è ancora in discussione” (16). Quindi, interrogato sulla possibilità di un mutamento del sistema di “candidatura unica”, lo stesso leader politico non va oltre una generica affermazione secondo la quale “tutto dipenderà dalla decisione dell’Assemblea Popolare” (17). Joaquim Alberto Chissano non fornisce neppure garanzie sull’avvenire dei combattenti della RENAMO in quanto non solo nega la possibilità di un dialogo con la Resistenza (18) ma, nel suo discorso di capodanno del 1989, ha tenuto anche a sottolineare come il rapporto con la Repubblica Sudafricana sia essenziale proprio al fine di neutralizzare la Resistenza (19).
Alle aperture economiche volte ad attirare i capitali occidentali in Mozambico probabilmente seguiranno anche “discrete” aperture politiche per legittimare il regime agli occhi del mondo occidentale, così apparentemente sensibile al rispetto dei diritti umani, benché – com’è tragicamente ben noto – non di tutti e non in tutti i paesi. Infatti, nel novero dei diritti umani in Mozambico bisognerebbe porre anche quello della Resistenza anticomunista, e della popolazione che abita nella parte liberata del paese, ad avere un pieno riconoscimento politico, dal momento che essa corre il rischio, come pure l’UNITA in Angola, di essere la vera vittima della decisione delle grandi potenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, di risolvere in modo verticistico i conflitti regionali, causa di problemi non più compatibili con la “distensione” in corso.
Ettore Ribolzi
Note:
(1) Cfr. Britannica Book of the Year 1989, Encyclopaedia Britannica, Chicago 1989, pp. 393-394.
(2) Cfr. Edward P. Cain, Mozambique’s Hidden War, in Charles A. Moser (a cura di), Combat on Communist Territory, Regnery Gateway, Lake Bluff (IL) 1985, p. 42.
(3) Cfr. Ermanno Bruzzo, Il Mozambico al bivio, in MondOperaio, anno 42, n. 6, giugno 1989, pp. 33-35.
(4) Cfr. E. P. Cain, op. cit., pp. 42-43.
(5) Cfr. ibidem.
(6) Cfr. Almerigo Grilz, Mozambico: la marea della RENAMO, in RID. Rivista Italiana Difesa, anno V, n. 10, ottobre 1986, pp. 17-25. Cfr. anche le informazioni fornite da Bruce Anderson sul Sunday Telegraph, del 18 dicembre 1988, in The Freedom Fighters, vol. IV, n. 9, marzo 1989, p. 7.
(7) Cfr. E. Bruzzo, art. cit., p. 35.
(8) Cfr. ibid.; e Gillian Gunn, The Chissano era. Mozambique comes to terms with itself, in Africa Insight, vol. 19, n. 1, 1989, pp. 16-20.
(9) Cfr. Giancarlo Coccia, “Anch’io ho volato sull’aereo di Machel e mi sono salvato solo per un miracolo”, in il Giornale, 13-12-1987.
(10) Cfr. Corriere della Sera, 8-2-1988.
(11) Cfr. Joaquim Chissano, Mozambique: sortir de la guerre, intervista a cura di Farida Ayari, in politique internationale, n. 42, inverno 1988-1989, pp. 311-322.
(12) Cfr. ibid., p. 316.
(13) Cfr. ibidem.
(14) Sugli interessi della multinazionale petrolifera inglese in Mozambico, cfr. ibid., p. 318.
(15) Cfr. G. M. E. Leinster, South Africa and Mozambique. Prospects for peaceful coexistence, in Africa Insight, vol. 19, n. 1, cit., p. 14; e Sudafrica Oggi, anno V, n. 57, 5-8-1989, p. 1.
(16) J. Chissano, intervista cit., p. 318.
(17) Ibid., p. 319.
(18) Cfr. ibid., p. 315.
(19) Cfr. E. Bruzzo, art. cit., p. 35. Circa l’atteggiamento del governo di Maputo nei confronti dei combattenti della RENAMO, immancabilmente designati come “banditi”, è significativo osservare che, proprio mentre a Nairobi, la capitale della Repubblica del Kenya, era in corso una trattativa fra le parti in lotta con la mediazione del Consiglio delle Chiese Cristiane del Mozambico, il governo socialcomunista ha annunciato di aver trucidato cinquecentonovantatrè combattenti della libertà nella provincia centrale di Sofala: cfr. il Giornale, 13-8-1989.