Comitato per la Libertà e l’Indipendenza del Libano, Cristianità n. 204 (1992)
Il 23 febbraio 1992, a Voghera, in provincia di Pavia, nella Sala CESDA, si è svolta la seconda assemblea del Comitato per la Libertà e l’Indipendenza del Libano, quindi è stato emesso un comunicato stampa sulla situazione nel paese mediorientale, che espone sinteticamente le ragioni permanenti di un impegno per le popolazioni che lo abitano.
Sul piano militare il conflitto libanese si è concluso il 13 ottobre 1990 con l’affermazione delle ragioni del più forte, cioè con la sconfitta del generale Michel Aoun, ultimo capo di un governo libanese libero, e con la totale occupazione del territorio. Da allora è iniziato un processo che rischia di portare alla scomparsa del Libano, assorbito nella Grande Siria, e alla riduzione della componente cristiana nelle medesime condizioni delle altre comunità cristiane nel mondo arabo, minoranze perseguitate e prive del diritto di annunciare, ma in taluni casi anche di professare, la propria fede, e di sviluppare la propria cultura. Tale processo avanza su molteplici piani: politico, dell’informazione e della cultura, delle libertà personali, economico e sociale, dell’organizzazione militare.
Evidentemente, stando così le cose, la guerra in Libano non è finita. È solo cambiato l’obbiettivo: non più l’occupazione territoriale — ormai conseguita —, ma la radicale progressiva trasformazione, perseguita dal regime siriano, della realtà socio-culturale libanese. Non più una società pluralista e libera, di cui la comunità cristiana è l’anima e il fondamento, ma una provincia siriana in cui è stata schiacciata ogni differenziazione e in cui la minoranza cristiana sarà una minoranza perseguita e senza voce.
Le nazioni libere devono, a questo punto, intervenire per fermare il processo. Lo devono fare per almeno tre buone ragioni:
1. per una questione di principio: come ci si è mobilitati per salvare il Kuwait dall’aggressione irakena, ci si deve mobilitare per salvare il Libano dall’occupazione siro-israeliana;
2. per la specificità del Libano: non a caso definito dal Santo Padre Giovanni Paolo II “un esempio ed un laboratorio di coesistenza per tutto il mondo”, il Libano — per il quale la Chiesa cattolica sta preparando un Sinodo Straordinario — rappresenta una eccezione fra regimi intolleranti quando non totalitari; costituisce una speranza di coesistenza, non solo per il Medio Oriente, ma per il mondo intero, che non è possibile lasciar morire;
3. perché l’Europa ha bisogno di una realtà amica nella regione mediorientale: e tale realtà può essere, per la sua storia, per la sua cultura, per la sua naturale vocazione di “ponte” fra diverse civiltà, solo il Libano.
Per queste ragioni il Comitato per la Libertà e l’Indipendenza del Libano chiede alle autorità religiose e civili, e ai popoli di un’Europa che ha saputo uscire dalla notte del totalitarismo comunista, di promuovere un forte movimento di opinione a favore della libertà del Paese dei Cedri. L’Europa, come comunità di nazioni libere e sostenitrici del diritto all’autodeterminazione dei popoli, deve ottenere:
1. il ritiro di tutti gli eserciti stranieri dal Libano;
2. libere elezioni sotto il controllo di organismi internazionali;
3. un sistema di garanzie per la salvaguardia della specifica identità pluralista libanese, con particolare attenzione ai diritti della comunità cristiana più direttamente minacciata.
Milano, 23 febbraio 1992
Comitato per la Libertà e l’Indipendenza del Libano
via San Martino della Battaglia 11/B – 20122 Milano