Vescovi maroniti del Libano, Cristianità n. 209-210 (1992)
Dopo lo svolgimento di due delle tre tornate in cui si è articolata la prima consultazione elettorale svoltasi in Libano dal 1972, su L’Osservatore Romano del 5 settembre 1992 è comparso — testo in francese e titolo in italiano — un Comunicato dei Vescovi maroniti del Libano al termine della riunione mensile a Bkerké, emesso il 2 settembre. La traduzione, il nuovo titolo e la nota sono della redazione di Cristianità.
Le Loro Eccellenze i vescovi maroniti hanno tenuto la loro riunione mensile mercoledì 2 settembre 1992, sotto al presidenza di Sua Beatitudine il Patriarca Mar Nasrallah Pierre Sfeir.
Essi hanno esaminato alcune questioni ecclesiastiche di ordine amministrativo, e si sono soffermati sulla situazione attuale, più precisamente sui risultati delle elezioni legislative delle quali si sono già svolte due tornate al Nord e nella Békaa, quindi a Beirut e sul Monte Libano. Alla fine della riunione hanno reso pubblico il seguente comunicato:
1. I Padri osservano con profondo dispiacere che si sono proprio verificate le manipolazioni nelle operazioni elettorali che avevano previsto nei loro comunicati precedenti. Prova ne è il fatto che diversi di coloro che erano i sostenitori più entusiasti delle elezioni prima del loro svolgimento, oggi sono diventati i maggiori accusatori della loro autenticità, a causa delle pratiche che le hanno accompagnate a livello della formazione delle liste dei candidati, della determinazione delle circoscrizioni elettorali, della compera dei voti, delle minacce, e in ragione delle falsificazioni che non possono essere coperte dal fatto che un certo candidato abbia fallito mentre si sperava di vederlo eletto, oppure che un altro sia stato eletto mentre ci si aspettava il suo fallimento. Questo costituisce solamente una copertura voluta per far accreditare presso i semplici un’onestà artificiale.
2. La risposta della maggior parte dei libanesi, sia all’appello dell’opposizione a uno sciopero di tre giorni in occasione di ogni tappa elettorale, sia al boicottaggio oppure all’astensione, come pure il ritiro di tutti i candidati nella circoscrizione del Kesruan, escluso uno solo, e l’elezione di molti candidati d’ufficio oppure con un numero di voti molto esiguo, tutto fa di queste elezioni, per la maggior parte dei libanesi, elezioni puramente formali, che non riflettono la loro opinione e nelle quali non riconoscono gli eletti come loro rappresentanti.
3. I Padri salutano le voci che si sono levate a favore del rafforzamento della solidarietà islamo-cristiana, malgrado le pressioni esercitate qua o là, perché se il Libano non è una terra di libertà, di tolleranza, d’amore, di convivenza, d’uguaglianza, di giustizia e di rispetto dei diritti dell’uomo, non può restare il Libano come lo vogliamo e come vorremmo lasciarlo, patrimonio prezioso, ai nostri figli, come l’abbiamo ereditato dai nostri padri e dai nostri avi.
4. Le perquisizioni e gli arresti in corso fra i cittadini e gli ufficiali dell’esercito devono essere fatti nel rispetto delle leggi libanesi, affinché il Libano non venga condotto sulle vie della dittatura, quando questa è ormai scomparsa dagli Stati su cui dominava.
5. Il fatto che vengano mantenuti in stato di rapimento l’avvocato Nasri Khoury Sader (1) e i suoi compagni, malgrado i ripetuti appelli e lo sciopero dell’ordine degli avvocati, che continua senza esito da giorni nell’intento di liberarli, e malgrado l’affermazione di quanti sono addentro alle segrete cose secondo cui lo Stato è a conoscenza della causa del loro rapimento e del luogo in cui sono detenuti, scuote la fiducia del cittadino nella capacità dello Stato di proteggerlo contro ogni aggressore, nel momento in cui abbiamo più che mai bisogno di uno Stato che imponga la sua autorità nel quadro delle leggi vigenti.
6. I Padri chiamano i loro figli a continuare a pregare nel quadro del Sinodo pastorale per il Libano, e chiedono a Dio di ispirare ai nostri responsabili il modo per far uscire il paese dalla crisi e per operare nella prospettiva di trovare le soluzioni che urgono per la crisi economica soffocante, perché i libanesi, residenti ed emigrati, ritrovino la fiducia nella loro patria, e si appoggino per la ricostruzione sulla solide basi della giustizia, dell’uguaglianza, della convivenza, della libertà, del rispetto dei diritti dell’uomo e della pace.