Il 12 ottobre 1992, aprendo a Santo Domingo la IV Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano nella ricorrenza del quinto centenario della scoperta dell’America, Papa Giovanni Paolo II ha — fra l’altro — affermato che “l’America Latina offre, in Santa Maria di Guadalupe, un grande esempio di evangelizzazione perfettamente inculturata. Infatti, nella figura di Maria — dai primordi della cristianizzazione del Nuovo Mondo e alla luce del Vangelo di Gesù — si incarnarono autentici valori culturali indigeni. Nel volto meticcio della Vergine del Tepeyac si riassume il grande principio dell’inculturazione: l’intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l’integrazione nel cristianesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture (Redemptoris missio, 52)” (Discorso di apertura della IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano, nell’auditorium della Casa San Paolo di Santo Domingo, del 12-10-1992, n. 24, in supplemento a L’Osservatore Romano, 14-10-1992).
L’indicazione pontificia trova strumento d’illustrazione e di approfondimento nello studio edito da Cristianità La Madonna di Guadalupe. Un caso di “inculturazione” miracolosa. In appendice “Preghiera per la Vergine di Guadalupe” di Papa Giovanni Paolo II. Si tratta della ripresa di un ampio articolo di Giulio Dante Guerra, comparso con lo stesso titolo in Cristianità (anno XX, n. 205-206, maggio-giugno 1992), cui l’autore ha apportato piccole integrazioni, e l’editore ha aggiunto un’appendice (pp. 47-48) e una nota bio-bibliografica (pp. 49-50).
Giulio Dante Guerra — nato a Lucca il 13 settembre 1946, laureato in chimica all’università di Pisa nel 1970 e dallo stesso anno militante in Alleanza Cattolica — agli interessi scientifici in senso stretto ne affianca altri nel campo dell’apologetica e dell’agiografia, di cui sono testimonianza i suoi studi comparsi in Cristianità dal 1982.
Dopo una premessa, che collega il testo alle celebrazioni del cinquecentenario della scoperta dell’America (pp. 5-6), l’autore narra i fatti relativi all’apparizione della Madonna all’indio Juan Diego nel Messico del 1531 (pp. 7-14); quindi percorre la storia della devozione alla Vergine di Guadalupe, della sua diffusione e del suo riconoscimento da parte dell’autorità ecclesiastica (pp. 15-18 e 31-41); poi tratta degli esami scientifici cui è stata sottoposta la tilma, il mantello di agave su cui è rimasta miracolosamente impressa l’immagine della Madonna a celeste conferma del carattere né umano né diabolico di quanto accaduto all’indio, e di tali esami espone i risultati straordinari (pp. 19-29); finalmente fa il punto sulla causa di beatificazione del pio veggente (pp. 43-45).
Lo studio — costruito sulla base di una solida documentazione e in modo felicemente sintetico — costituisce esempio significativo di apologetica, cioè di quella perorazione per la difesa e per l’esaltazione delle verità della fede, che non solo ha certamente titolo a essere praticata, ma che deve avere necessariamente anche spazio affinché si rafforzi “la “coscienza di verità”, la consapevolezza […] di essere portatori della verità che salva, […] fattore essenziale del dinamismo missionario“ (Giovanni Paolo II, Per iscrivere la verità cristiana sull’uomo nella realtà della nazione italiana. Loreto, 11 aprile 1985, Cristianità, Piacenza 1985, p. 12), e venga così intrapresa e svolta in modo adeguato ed efficace la sempre più indispensabile e più urgente “nuova evangelizzazione”.