Massimo Introvigne, Storia del New Age 1962-1992, Cristianità, Piacenza 1994, pp. 216, L. 20.000
Autore di tredici volumi e curatore di altri nove in tema di nuova religiosità e di magia contemporanea — nonché militante di Alleanza Cattolica fin dagli anni del liceo — Massimo Introvigne, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, ormai ben noto al pubblico italiano e internazionale per i suoi studi su una varietà di nuovi movimenti religiosi e magici, si occupa in un denso volume, Storia del New Age. 1962-1992, di un fenomeno, appunto il New Age, che, fra le espressioni della nuova religiosità contemporanea, ha un’importanza cruciale, ma che raramente viene correttamente definito e inquadrato.
L’Introduzione (pp. 5-9) giustifica le date che l’autore ha scelto come limiti cronologici della sua storia del New Age: il 1962 — l’anno della fondazione delle due importanti comunità di Findhorn, in Scozia, e di Esalen, in California, che si possono considerare all’origine del fenomeno — e il 1992, l’anno in cui molti gruppi del New Age hanno organizzato manifestazioni, di notevole rilevanza culturale e simbolica, contro il quinto centenario della scoperta e dell’evangelizzazione del continente americano e, in particolare, contro la visita del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II a Santo Domingo nell’ottobre del 1992.
Lo studio si articola quindi in cinque capitoli. Nel primo — Origini e definizione (pp. 11-29) — Massimo Introvigne propone tre diverse definizioni del New Age: una prima psicologica — con radici astrologiche, nelle teorie sul passaggio dall’Età dei Pesci all’Età dell’Acquario — come stato d’animo o sensazione secondo cui stiamo entrando in un’epoca in cui tutto cambierà, in tutti i campi; una seconda sociologica, come network — rete di gruppi che mantengono fra loro un legame elastico, quindi né movimento né “setta” —, o meglio ancora metanetwork, giacché il New Age è propriamente il punto d’incontro fra quanti partecipano a network diversi; e una terza dottrinale, come forma di relativismo volontaristico secondo cui “[…] ognuno di noi può letteralmente creare la sua realtà, di cui quindi sarà autorizzato a porre i criteri di verità e le leggi” (p. 22). L’autore affronta quindi alcuni problemi particolari, mostrando in che senso sia appropriato — e in che senso, invece, esagerato e inadeguato — definire il New Age un “complotto”: stricto sensu, non esiste nessun piano unitario “[…] che regoli, guidi e diriga con mano ferrea le manifestazioni fra loro diversissime del fenomeno”, anche se non mancano forze che hanno “[…] favorito e promosso il New Age per una serie di fini, che vanno dal semplice guadagno economico all’uso di aspetti e di tematiche del New Age in funzione anticristiana e, in particolare, anticattolica” (p. 27).
Nel secondo capitolo — Profilo storico (pp. 31-84) — l’autore introduce, accanto alle definizioni psicologica, sociologica e dottrinale, una quarta definizione — storica, appunto — secondo cui il New Age è un fenomeno di “risveglio”, che trova le sue origini in movimenti che — così come il pentecostalismo ha “risvegliato” un mondo protestante anglosassone che appariva in crisi nei primi decenni del secolo — hanno a loro volta “risvegliato” gli ambienti laicisti, teosofici e massonici che denunciavano anch’essi, fra l’inizio del Novecento e l’epoca fra le due guerre mondiali, momenti di stanchezza (pp. 31-32). Fra i promotori di un “risveglio” di questi ambienti gioca un ruolo fondamentale la teosofa indipendente inglese Alice Bailey (1880-1949), che inizia fra l’altro a utilizzare l’espressione “New Age” nel senso oggi corrente. Dopo la sua morte la scuola esoterica da lei fondata si frammenta in molti gruppi concorrenti, e un gruppo di suoi discepoli indipendenti — che inizia a riunirsi a Londra negli anni 1950 — nel 1962 fonda in Scozia la comunità di Findhorn. Secondo Massimo Introvigne vi sono buone ragioni per considerare la fondazione di questa comunità come il momento di origine dell’intero fenomeno del New Age. Infatti da Findhorn — grazie a contatti stabiliti con gruppi americani, e anche all’intervento di mecenati inglesi che finanziano un’importante opera di propaganda negli Stati Uniti d’America — le idee del New Age si diffondono nel Regno Unito, negli Stati Uniti d’America e poi, lentamente, in tutto il mondo. L’autore mostra quindi come il processo storico di diffusione del New Age si colleghi alla sua natura sociologica di metanetwork, giacché intorno ai temi annunciati per la prima volta sinteticamente a Findhorn a poco a poco confluiscono persone che già in precedenza partecipavano a numerosi network diversi. Ciascuno di questi network esisteva già prima del New Age, e anche dopo il 1962 ha continuato una sua esistenza autonoma, fungendo però contemporaneamente da porta di entrata — che può essere o meno varcata — attraverso cui molte persone finiscono per entrare nel metanetwork del New Age. Massimo Introvigne distingue quattordici network principali che partecipano al metanetwork che è il New Age, paragonandoli a fiumi che scendono da tre “montagne” principali: la “montagna” delle “spiritualità alternative”, che comprende l’interesse per le religioni non cristiane, le forme “esoteriche” di cristianesimo, lo spiritismo, l’occultismo, il neopaganesimo, i culti dei dischi volanti e l’astrologia (pp. 38-56); la “montagna” delle “terapie alternative”, dalla medicina olistica al movimento vegetariano, fino alle psicologie alternative e al movimento della recovery, che estende il metodo dei “dodici passi”, originariamente formulato dagli Alcolisti Anonimi con riferimento al solo problema dell’alcolismo, fino a farne una soluzione globale per ogni genere di difetti e di problemi dell’uomo (pp. 56-72); infine, la “montagna” delle “organizzazioni sociali alternative”, fra cui l’autore menziona il movimento delle comuni, la nuova scienza, l’“ecologia profonda” — che non si limita a proporre soluzioni per problemi ecologici concreti, ma mette in discussione la stessa differenza ontologica fra l’uomo e le altre creature — e una “nuova politica”, largamente ispirata da tale forma di ecologia (pp. 72-84).
Sembrerebbe che la natura di metanetwork — aperto ad apporti diversissimi, e per di più continuamente cangianti — del New Age renda impossibile rispondere al quesito se abbia o proponga una dottrina. Tuttavia nel terzo capitolo — L’emergere di una visione del mondo (pp. 85-120) — Massimo Introvigne sostiene che almeno “[…] alcuni temi di una visione del mondo percorrono tutti i gruppi del New Age, danno unità alla corrente e possono essere identificati senza troppe difficoltà” (p. 85). Il tema principale e cruciale è, come accennato, un principio epistemologico: un relativismo volontaristico — distinto dal relativismo razionalistico, più consueto in Occidente negli ultimi due secoli — ultimamente fondato sulla tesi secondo cui “[…] non esiste nessuna realtà oggettiva, ma soltanto possibilità soggettive infinite in cui ciascuno è libero di muoversi a suo piacimento” (p. 87). È questo stesso relativismo volontaristico che spiega l’atteggiamento del New Age rispetto ai principali temi della sua visione del mondo: la religione, sostituita da una vaga spiritualità di tipo sincretistico; Dio, considerato in chiave panteistica come il fondo oscuro dell’universo; l’uomo, da una parte “onnidipendente” in quanto in balìa della reincarnazione e di varie forme di influsso degli astri, ma dall’altra “onnipotente” in quanto portatore di una scintilla divina — talora chiamata “il Cristo”, intendendo con questa espressione un principio e non una persona — con cui il New Age insegna a entrare in contatto attraverso una varietà di tecniche (pp. 108-110). Infine la morale del New Age sostituisce la nozione di peccato con quella di malattia, e la politica invita a operare attraverso “trasformazioni di coscienza” da cui — senza bisogno di un’azione organica sulla società — dovrebbero conseguire automaticamente, o magicamente, le soluzioni dei problemi sociali (pp. 115-120). Queste idee vengono diffuse attraverso miti — soprattutto il mito dell’eroe, che deve molto alla mitologia comparata di Joseph Campbell (1904-1987) —, archetipi, testi considerati particolarmente autorevoli, e attraverso l’opera di “portavoce” e “personaggi”, nessuno dei quali può veramente essere considerato un leader o un “capo” del New Age, ma che a diverso titolo svolgono funzioni di promozione e di animazione della corrente.
I principali miti, portavoce e personaggi sono presentati nel quarto capitolo — Panorama contemporaneo (pp. 121-163) — senza pretese di esaustività dal momento che, all’interno del New Age, personalità nuove emergono continuamente quasi all’improvviso, e spesso altrettanto rapidamente perdono importanza.
Di particolare rilievo è l’ultimo capitolo — New Age e fede cattolica (pp. 165-203) — nel quale Massimo Introvigne esamina anzitutto l’emergere di una vera e propria “teologia dell’auto-liberazione” promossa da teologi che, amino o meno questa etichetta, finiscono per adottare tutte le posizioni caratteristiche del New Age. I casi più caratteristici sono quelli, in campo cattolico, dell’ex domenicano Matthew Fox, censurato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede già nel 1987 e quindi escluso dal suo ordine religioso e sospeso dalle funzioni sacerdotali nel 1993, e in campo protestante del pastore episcopaliano Leo Booth (pp. 165-175). L’autore fa peraltro notare come l’influenza del New Age si estenda al di là di questi casi più clamorosi, seguendo vari percorsi anche all’interno della teologia e della spiritualità cattoliche. All’estremo opposto, Massimo Introvigne nota gli equivoci in cui possono cadere cattolici che — anche in tema di New Age — adottano troppo frettolosamente le posizioni del movimento anti-sette laicista ovvero del movimento contro le sette di origine evangelica, che spesso attaccano insieme — e con gli stessi argomenti — il New Age e la Chiesa cattolica (pp. 178-183).
L’autore passa quindi a una valutazione del New Age dal punto di vista della fede cattolica, mostrando come la sua premessa epistemologica — il relativismo volontaristico —, le conseguenze che da tale premessa vengono tratte — il sincretismo, la tendenza al panteismo, la negazione della nozione di peccato, la riduzione della religiosità a pura esperienza —, e infine gli stessi metodi del New Age — che privilegiano gli stati alterati di coscienza per entrare in contatto con la scintilla “divina”, che si troverebbe in ogni uomo, e che in molti casi presuppongono l’astrologia moderna e la reincarnazione — sono del tutto incompatibili con la fede cattolica, così come incompatibile con la dottrina sociale della Chiesa e con le sue premesse filosofiche e teologiche è la politica del New Age fondata sull’“ecologia profonda” (pp. 184-194). Il cattolico tuttavia — nota il direttore del CESNUR — non deve limitarsi a una generica condanna, pure necessaria e richiamata con autorevolezza da un recente magistero episcopale e dallo stesso Pontefice Giovanni Paolo II. Deve cercare di comprendere perché oggi il New Age si diffonda e affascini molti giovani, fra cui anche molti cattolici. L’autore muove dalla distinzione del processo rivoluzionario di allontanamento dalla verità cattolica in quattro fasi, proposta dal pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira nel suo Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (3ª ed. it. accresciuta, Cristianità, Piacenza 1977), e a suo tempo applicata dallo stesso Massimo Introvigne per distinguere fra quattro diverse “ondate” di nuove religioni (cfr. i suoi I nuovi culti. Dagli Hare Krishna alla Scientologia, Mondadori, Milano 1990; e La questione della nuova religiosità, Cristianità, Piacenza 1993). Il New Age costituisce appunto la quarta fase della nuova religiosità, cioè — in altre parole — l’atteggiamento che la nuova religiosità assume nella fase storica della IV Rivoluzione. Il suo fascino si spiega con la critica, talora puntuale, che il New Age appare in grado di formulare nei confronti di aspetti tipici della III Rivoluzione e anche della terza ondata di nuova religiosità. Il New Age, così, critica il positivismo della psicologia freudiana, il materialismo delle ideologie, il meccanicismo di una certa medicina, il formalismo di una certa vita religiosa, talora con formulazioni felici. Ma — se è vero che ogni fase della Rivoluzione afferma talora per incidens il vero criticando la fase precedente — non è meno vero che la sua critica non avviene nella prospettiva di un ritorno verso la verità cattolica, ma, al contrario, in quella di un ulteriore allontanamento e di una prosecuzione del processo rivoluzionario. Così, “nel caso del New Age, la critica del materialismo e del positivismo non mira certamente a compiere un passo che si avvicini alla verità cattolica, ma, al contrario, è la premessa per procedere ulteriormente in un itinerario di allontanamento” (p. 199). Parallelamente, Massimo Introvigne ritiene che si possa parlare — come di quattro Rivoluzioni e di quattro ondate di nuova religiosità — anche di quattro “progressismi” che, all’interno del mondo cattolico, “importano” rispettivamente tematiche della I, della II, della III e della IV Rivoluzione. Se la “teologia della liberazione” importava all’interno della teologia cattolica tematiche della III Rivoluzione socialcomunista, e costituiva quindi un “terzo progressismo”, la “teologia dell’auto-liberazione” — di cui il citato teologo americano Matthew Fox costituisce il più tipico esponente, e da non sottovalutare, giacché sembra si tratti dell’autore di opere di teologia in lingua inglese più letto nel mondo — rappresenta un “quarto progressismo”, che — dopo la crisi delle ideologie e in particolare del marxismo — cerca di portare nella teologia cattolica temi della IV Rivoluzione e del New Age (pp. 199-200). Si spiega così il particolare allarme — che non è certo improprio allarmismo — con cui guarda al New Age il Magistero della Chiesa non soltanto per la sua pericolosità ad extra, ma anche ad intra: “Le idee del New Age — ha affermato Papa Giovanni Paolo II in un discorso ai vescovi statunitensi dell’Iowa, del Kansas, del Missouri e del Nebraska in visita ad limina Apostolorum, del 28-5-1993 (L’Osservatore Romano, 29-5-1993) — alcune volte penetrano nella predicazione, nella catechesi, nei seminari di studio e nei ritiri e quindi influenzano anche cattolici praticanti, che forse non sono consapevoli dell’incompatibilità di queste idee con la fede della Chiesa”. Lo studio di Massimo Introvigne — arricchito da un Orientamento bibliografico (pp. 205-206) e da una Nota bio-bibliografica (pp. 207-208) — offre ora ai cattolici desiderosi di premunirsi nei confronti del rischio paradossale — ma tipico dei fenomeni di IV Rivoluzione — di trovarsi coinvolti nel New Age senza saperlo, un adeguato strumento di informazione, di formazione e di discernimento, inteso a rimuovere un ostacolo sulla strada della nuova evangelizzazione che già oggi, anche in Italia, non può più essere considerato soltanto potenziale.