Nell’enciclica Centesimus annus — datata 1° maggio 1991 e intesa a celebrare il centesimo anniversario dell’enciclica Rerum novarum, di Papa Leone XIII — il Santo Padre Giovanni Paolo II affronta, fra altre tematiche, quella relativa alla vita politica, cui dedica la quinta parte del documento, che comprende i nn. dal 44 al 52 ed è intitolata Stato e cultura. Nel n. 46 Papa Giovanni Paolo II afferma che “la Chiesa apprezza il sistema della democrazia”; quindi sostiene che “un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana”; poi nota come “oggi si tende ad affermare che l’agnosticismo ed il relativismo scettico sono la filosofia e l’atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti son convinti di conoscere la verità ed aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perché non accettano che la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici”; finalmente rimanda, nella nota 93, oltre che al n. 29 della costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, del Concilio Ecumenico Vaticano II, al radiomessaggio natalizio Begninitas et humanitas, rivolto da Papa Pio XII ai popoli del mondo intero il 24 dicembre 1944, vigilia della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo.
Il documento di Papa Pio XII vede la luce con il titolo I sommi postulati morali di un retto e sano ordinamento democratico. Radiomessaggio natalizio “Benignitas et humanitas”, titolo ricavato dal Magistero dello stesso Sommo Pontefice proprio in relazione al testo in questione. La sua edizione — che si pone in continuità con quella della lettera Les prochaines assises, diretta da S. Em. il card. Amleto Giovanni Cicognani, segretario di Stato di Sua Santità, a nome del Sommo Pontefice Paolo VI, alla 50a sessione delle Settimane Sociali di Francia, il 2 luglio 1963 (Cristianità, Piacenza 1990; cfr. recensione in Cristianità, anno XVIII, n. 180-181, aprile-maggio 1990) — è curata da Giovanni Cantoni.
Dopo brevi considerazioni congiun-turali — il sesto natale della seconda guerra mondiale, e le speranze che questo tragico avvenimento storico possa insegnare qualcosa al futuro degli uomini — il Santo Padre Pio XII affronta immediatamente il problema della democrazia. Premesso che, secondo gli insegnamenti della Chiesa, si tratta di una forma di governo accettabile, salva però la dottrina cattolica circa l’origine e l’uso del potere pubblico, e da giudicare sulla base del perseguimento del bene comune, si dichiara poi non tanto interessato alla sua struttura e alla sua organizzazione esteriore, quanto piuttosto alle norme secondo cui deve essere regolata, cioè non intenzionato a trattare tanto della democrazia come forma di governo quanto della democrazia come regime, cioè de “la democrazia [che], intesa in senso largo, ammette varie forme e può attuarsi così nelle monarchie come nelle repubbliche”, e che si oppone “ai monopoli di un potere dittatoriale, insindacabile e intangibile”. Sia per rapporto al regime democratico, categoria sociopolitica cui si contrappone quella di regime totalitario, sia in relazione alla forma di governo democratica, poiché l’attenzione del Magistero è rivolta “[…] all’uomo, come tale, che, lungi dall’essere l’oggetto e un elemento passivo della vita sociale, ne è invece, e deve esserne e rimanerne, il soggetto, il fondamento e il fine”, l’esame pontificio verte su due questioni, la prima relativa ai caratteri che devono contraddistinguere gli uomini viventi in regime e sotto un governo democratici, la seconda riguardante gli uomini di governo sempre in tali ipotesi.
Quanto al primo tema, Papa Pio XII evidenzia anzitutto la necessità che ogni singolo cittadino si formi un’adeguata opinione personale, quindi che non divenga un addendo di una moltitudine amorfa, ma conservi i caratteri organici e articolati propri di chi è parte viva di un popolo: fra essi — importantissimi — segnala la libertà di realizzare la propia personalità insieme agli altri e le ineguaglianze derivanti dalla natura della cose e non dall’arbitrio; e libertà e corretta nozione di uguaglianza non devono degenerare in licenza e in livellamento, ché diversamente sono destinati a trionfare “[…] i profittatori più o meno numerosi che hanno saputo, mediante la forza del denaro o quella dell’organizzazione, assicurarsi sugli altri una condizione privilegiata e lo stesso potere”.
Quanto al secondo tema, il Sommo Pontefice ribadisce che l’autorità è essenziale alla vita sociale, che sempre l’autorità trova il suo fondamento in Dio, che i suoi detentori devono essere caratterizzati da elevate spiritualità e moralità, cioè tali da mantenere il corretto rapporto fra la legge positiva e l’ordine assoluto, stabilito dal Creatore e messo in nuova luce dal Vangelo: diversamente, nonostante le contrarie ma vane apparenze, anche un regime democratico, se pratica l’erroneo principio secondo cui l’autorità dello Stato è illimitata, e che di fronte a essa — anche quando dà libero corso alle sue mire dispotiche, oltrepassando i confini del bene e del male, — non è ammesso alcun appello a una legge superiore e moralmente obbligante, si trasforma in un puro e semplice sistema di assolutismo, mentre una sana democrazia, fondata sugli immutabili princìpi della legge naturale e delle verità rivelate, sarà assolutamente avversa a quella corruzione che attribuisce alla legislazione dello Stato un potere senza freno né limiti.
Quindi il Santo Padre Pio XII passa a delinare le conseguenze dell’applicazione di un sano spirito democratico non solo alla vita interna dei singoli Stati ma anche ai rapporti fra gli Stati: espone così la natura e le condizioni di un’efficace organizzazione per la pace che trascriva l’unità del genere umano nella società dei popoli, denuncia la guerra di aggressione come strumento per risolvere le controversie internazionali e ipotizza la formazione di un organismo internazionale per il mantenimento della pace, organismo che non consacri definitivamente nessuna ingiustizia e che, tenendo conto delle austere lezioni del dolore, contrasti ogni proposito di punizione collettiva di interi popoli.
Finalmente il Santo Padre indica nel richiamo ai princìpi morali e religiosi il contributo che la Chiesa, tutrice della vera libertà e dignità umane, può dare al soddisfacimento dell’aspirazione dei popoli alla democrazia, ringraziando quanti — Stati, governi, vescovi e popoli — hanno aiutato la Chiesa stessa a realizzare un’autentica crociata di carità anche materiale, nella difficilissima congiuntura internazionale.
In un momento in cui non soltanto in Italia, ma in essa certamente, fervono dibattiti e polemiche su riforme istituzionali, cioè relative alla grande struttura della convivenza sociale, giudicate indispensabili, il radiomessaggio di Papa Pio XII, autorevolmente richiamato da Papa Giovanni Paolo II, offre a ogni cittadino italiano, cattolico e non, princìpi di riflessione e criteri di giudizio, nonché direttive d’azione.