Il libro non è certamente l’unica modalità per riportare alla memoria un avvenimento storico, ma diventa certamente indispensabile quando tale fatto storico non abbia ricevuto praticamente alcuna attenzione rievocativa. Così è avvenuto per le numerose insurrezioni, fin dall’inizio chiamate insorgenze, delle popolazioni italiane contro l’invasione delle truppe napoleoniche a cominciare dal 1796, e così, in particolare, è accaduto per l’Insorgenza avvenuta in Lombardia.
Infatti, oltre duecento anni dopo quegli avvenimenti, nelle terre lombarde si parla di “secessione” dal governo centrale romano, ma la Lega-Nord, il soggetto politico che ha lanciato questa parola d’ordine e proposto questo obiettivo politico, non dedica mai neppure un cenno agli avvenimenti del 1796, che pur videro l’importazione in Italia di quel sistema politico centralista contro il quale oggi dice di combattere. Non solo: proprio la giunta leghista del Comune di Milano ha speso, nel 1996, la non modica cifra di duecentocinquanta milioni per commemorare il bicentenario dell’ingresso in città di Napoleone Bonaparte, come ricorda Marco Tangheroni nella prefazione alla studio di Oscar Sanguinetti Le insorgenze contro-rivoluzionarie in Lombardia nel primo anno della dominazione napoleonica. 1796, che colma una lacuna pluriennale e aggiunge un nuovo tassello nel lavoro di restituzione del periodo delle insorgenze alla memoria degli italiani.
Oscar Sanguinetti nasce a Milano nel dicembre del 1949. Si laurea in scienze politiche nel 1974, all’Università degli Studi del capoluogo lombardo, con una tesi in Storia Moderna dal titolo Premesse e lineamenti storici dei moti popolari antifrancesi in Lombardia alla fine del secolo XVIII, relatore il professor Gianluigi Barni, della quale Le insorgenze contro-rivoluzionarie in Lombardia nel primo anno della dominazione napoleonica. 1796 costituisce profonda rielaborazione e ampia integrazione.
Attivo professionalmente in campo informatico, coltiva studi storici, con particolare attenzione al fenomeno dell’Insorgenza, italiana e non, dei quali sono testimonianza saggi comparsi in opere collettanee o in collaborazione. È direttore dell’ISIN, l’Istituto per la Storia delle Insorgenze. Suoi scritti compaiono in Cristianità, organo ufficiale di Alleanza Cattolica, l’associazione nelle cui file milita dal 1972, e sul Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale.
Lo studio di Oscar Sanguinetti, aperto da una prefazione di Marco Tangheroni, docente all’Università di Pisa (pp. 5-10), e da una premessa dello stesso autore (pp. 11-18), è sostanzialmente articolato in tre parti.
La prima di esse tratta della presenza francese in Lombardia e del legame dell’esercito napoleonico con i giacobini locali, ed è costituita dai capitoli da I a III: Le armate francesi in Lombardia (pp. 19-50), Aspetti del primo regime di occupazione (pp. 51-61) e I giacobini lombardi dopo l’invasione. Nella seconda parte l’autore affronta il fenomeno dell’Insorgenza vera e propria, a Milano, a Como, a Varese e soprattutto a Pavia e nel suo contado, da dove andrà in seguito a estendersi al Lodigiano, e della conseguente repressione da parte dell’esercito di Napoleone Bonaparte: ne trattano i capitoli da IV a VI, rispettivamente intitolati Sintomi di rivolta (pp. 79-93), L’insorgenza (pp. 95-126) e La repressione (pp. 127-165). Infine, in una terza parte, costituita dal capitolo VII, vengono narrati gli avvenimenti verificatisi sempre nel 1796 in una cittadina sulle rive del Po fra Parma e Mantova: La rivolta di Casalmaggiore dal 2 al 4 agosto (pp. 167-187). Nell’ultimo capitolo, l’VIII — Cenni valutativi e conclusione (pp. 189-195) —, Oscar Sanguinetti offre al lettore un sintetico bilancio dell’Insorgenza lombarda. Chiudono il volume una bibliografia (pp. 197-214) — meglio, una ricerca bibliografica senza precedenti quanto a ricchezza e ad accuratezza, senz’altro uno dei principali pregi dell’opera e una base indispensabile per ulteriori approfondimenti — e una nota bio-bibliografica dell’autore (p. 215).
Il lavoro di Oscar Sanguinetti riesce a inquadrare il fenomeno dell’Insorgenza nel contesto del tempo, dedicando ampio spazio e fornendo numerose informazioni, per esempio, sui dati reali della spoliazione effettuata dall’esercito di Napoleone a danno dei fondi comunali, degli enti religiosi, dei tesori artistici, addirittura del Monte di Pietà, oltre che dell’imposizione di contribuzioni di guerra tanto sproporzionate, che il commissario francese Antoine-Christophe Saliceti, in una lettera al Direttorio del 23 maggio, si vanterà di aver spedito a Parigi ben trentacinque milioni e mezzo di lire milanesi, dopo soli tre mesi di guerra, gran parte delle quali prelevate in Lombardia nella prima settimana di occupazione, dal 16 al 22 maggio.
Ma, naturalmente, la parte maggiore dell’opera è riservata alla narrazione delle insorgenze e, in particolare, di quella avvenuta a Pavia e nel suo contado.
Questa infatti è l’unica in Lombardia, unitamente a quella di Casalmaggiore, durante la quale si verificano episodi cruenti di qualche consistenza, che fra l’altro provocarono la sanguinosa rappresaglia di Binasco, paese fra Milano e Pavia, fatto saccheggiare e poi incendiare da Napoleone come monito per tutte le popolazioni italiane, affinché non opponessero — come i contadini che a Binasco, appunto, osarono sfidare in un conflitto a fuoco i soldati francesi diretti a Pavia per sedare la rivolta — resistenza di sorta all’invasione del suo esercito.
Il racconto, praticamente ora per ora, dell’insurrezione di Pavia — di cui la vicenda relativa a Binasco è soltanto un episodio — e della successiva repressione, svolto dall’autore con dovizia di particolari, grazie anche alla consultazione di numerosi manoscritti inediti, permette a Oscar Sanguinetti di trarre alcune conclusioni estensibili almeno a tutti gli altri episodi di insorgenza verificatisi in Lombardia.
Anzitutto, una prima conclusione è relativa all’importanza dell’Insorgenza in Lombardia: essa non ha mai assunto il rilievo di altre successive insorgenze, come per esempio quella dei “Viva Maria!” che nel 1799-1800 da Arezzo si estenderà a tutta la Toscana, oppure quelle avvenute agli estremi opposti d’Italia, in Calabria, dove l’8 febbraio 1799 sbarcherà il card. Fabrizio Ruffo con soli sei compagni, accolto da trecento uomini dai quali nascerà l’Armata della Santa Fede, che libererà tutta l’Italia Meridionale in mano ai franco-giacobini, o quella tirolese condotta da Andreas Hofer, probabilmente il modello di tutti gli insorgenti. Tuttavia in Italia, se si considera la lotta dei “barbetti” — i montanari liguri e piemontesi che dal 1792 al 1796 combatterono la Guerra delle Alpi contro l’esercito francese a fianco dei soldati del Regno di Sardegna — come una sorta di pre-insorgenza, l’Insorgenza lombarda è stata la prima e per prima manifesterà la caratteristica comune a tutte quelle successive, di essere cioè reazione popolare spontanea, immediata, senza nessuna preparazione né speranza di riuscita, voluta dal “proletariato” dell’epoca, dai più umili, e di presentarsi, ancora, senza capi, o addirittura fra l’ostilità o l’indifferenza della gran parte dei nobili e del clero.
L’Insorgenza lombarda testimonia dunque il comune sentire di un popolo che si ribella, soltanto dieci giorni dopo l’inizio dell’occupazione francese rivoluzionaria, perché si sente esageratamente torchiato dalle imposizioni fiscali e dalle “ruberie” degli occupanti e perché percepisce, con “una specie di presagio” (p. 190), l’estraneità ideologica dei francesi — come estranei, cioè isolati, erano i giacobini locali — e non tanto perché stranieri, ma perché portatori di una visione del mondo ostile al “senso comune” delle popolazioni che, tutto sommato, ancora persisteva nella società pre-rivoluzionaria.
Come Oscar Sanguinetti ricorda nel capitolo conclusivo, l’Insorgenza lombarda è completamente priva di capi perché il “[…] patriziato lombardo, in realtà, salvo ben pochi elementi, non costituirà problema per le autorità occupanti, che potranno disporne come e quando vorranno” (p. 191) e il clero lombardo “[…] nella sua generalità, è assente o avverso” (p. 192) all’Insorgenza, anche se le cronache narrano di alcuni frati e preti di campagna schierati accanto agli insorgenti in armi: “[…] mancano peraltro documenti sufficienti per tracciare la fisionomia e le motivazioni alla base della loro adesione ai moti, né peraltro si sa come evolverà il loro atteggiamento” (p. 192). Così, priva di classe dirigente, l’Insorgenza lombarda sarà poco più di una fiammata, ma sufficientemente eloquente per manifestare come, agli inizi del processo risorgimentale, il popolo “[…] sente ben poco il bisogno di “risorgere”, almeno nei termini ideologici e lesivi di un ordine tradizionale” (p. 194) propri della successiva Rivoluzione italiana.
Marco Invernizzi