Il 25 maggio 2005, a Napoli, è mancato Silvio Vitale, giornalista, saggista e uomo politico.
Nato nella città partenopea il 25 gennaio 1928, si laurea in giurisprudenza nel 1952 e svolge la professione di avvocato civilista.
Matura una precoce vocazione politica: a sedici anni diffonde clandestinamente un giornale ciclostilato a sostegno della Repubblica Sociale Italiana, quindi aderisce nel 1947 al Fronte dell’Italiano e successivamente al Movimento Sociale Italiano, ricoprendo le cariche di consigliere regionale dal 1975 al 1990 e dal 1994 al 1995 e di deputato al Parlamento Europeo dal 1988 al 1989. Nel 1995, dopo la nascita di Alleanza Nazionale, aderisce al Movimento Sociale-Fiamma Tricolore.
All’attività politica alterna quella di giornalista — collabora negli anni 1970 al quotidiano partenopeo Roma, diretto da Piero Buscaroli — e soprattutto di studioso e di saggista, che nel tempo diventa quella prevalente. Il suo interesse si appunta sulla storia patria con l’intenzione di contrastare l’interpretazione deformante imposta dalla storiografia liberale e marxista.
Editore dal 1960 del periodico L’Alfiere. Pubblicazione napoletana tradizionalista, che riprende il nome da un romanzo dello scrittore lucano Carlo Alianello (1901-1981), svolge per decenni una meritevole opera culturale in difesa della memoria storica partenopea, rifiutando “[…] di unirsi al continuo vociare ed osannare che si fa intorno alle figure ed agli avvenimenti relativi al Risorgimento” e assumendo “con sicuro istinto un atteggiamento di vigile critica a quei tempi”, com’era scritto nell’articolo di presentazione della rivista.
“Ultimo tradizionalista napoletano”, secondo la definizione dello storico e giurista spagnolo Francisco Elías de Tejada y Spínola (1917-1978), Vitale rifiuta la denominazione semplicistica di “borbonico”, che gli veniva costantemente attribuita, e chiarisce che la civiltà del Mezzogiorno d’Italia non può essere identificata esclusivamente con la storia dell’ultima dinastia regnante sul trono di Napoli, ma costituisce una delle molteplici versioni della civiltà cristiana occidentale ed è vissuta per secoli in uno stretto rapporto con l’“altra Europa” — presente ovunque nel continente durante l’età moderna e collocata idealmente “sotto i Pirenei” da de Tejada —, che per molto tempo ha rappresentato la sopravvivenza di un’area di Cristianità.
Lo sforzo di Vitale non si esaurisce, dunque, in un’opera lodevole di demistificazione storica, ma si accompagna alla volontà di giungere anche a una chiarificazione dottrinale. Dalle pagine de L’Alfiere diffonde in Italia opere del pensatore brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1975) — in particolare, la prima parte di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione — e di de Tejada, di cui pubblica ampi stralci de La monarchia tradizionale. Inoltre, del primo dà alle stampe, con Giovanni Cantoni, l’edizione italiana del Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo (Edizione de L’Alfiere, Napoli 1970); del secondo, cui era legato da un’amicizia fraterna, traduce tre dei cinque volumi del monumentale saggio Nápoles ispanico (Montejurra, Madrid e Siviglia, 1958-1964; trad. it. del primo, del secondo e del terzo volume, Napoli spagnola. La tappa aragonese (1442-1503), Napoli spagnola. Le Decadi imperiali (1503-1554) e Napoli spagnola. Le Spagne auree (1554-1598), tutti Controcorrente, Napoli 1999, 2003 e 2004).
Nella consapevolezza che l’inquinamento del patrimonio culturale della nazione italiana passa anche attraverso l’abbandono nell’oblio di personaggi particolarmente significativi, si dedica alla riscoperta di alcuni protagonisti della lotta contro-rivoluzionaria nella penisola, primo fra tutti Antonio Capece Minutolo, principe di Canosa (1768-1838). Su di lui pubblica Il Principe di Canosa e l’epistola contro Pietro Colletta (Berisio, Napoli 1969), che presenta ampiamente e ripropone uno dei maggiori scritti canosiani, e Il Pensiero del Principe di Canosa. Le dissertazioni sulla religione (Ed. L’Alfiere, Napoli 1991). Cura la pubblicazione di due scritti inediti — il Discorso sulla decadenza della nobiltà (Krinon, Caltanissetta 1992) e L’isola dei ladroni (Krinon, Caltanissetta 1993) — e di un Ideario. Massime, opinioni e improperi (Il Cinabro, Catania 1997), nonché la versione in italiano corrente de I pifferi di montagna (Controcorrente, Napoli 1998).
Nel 1993, con il medesimo spirito di divulgazione, è fra i fondatori dell’Editoriale II Giglio, per il quale cura la pubblicazione delle opere meno note o più rare di storici e di polemisti napoletani del secolo XIX.
Nel 1995 dà alle stampe il suo I congiurati di Frisio. Un tentativo di insurrezione borbonica a Napoli durante l’occupazione piemontese (Il Cerchio Iniziative Editoriali, Rimini) e cura per le edizioni Il Cinabro la pubblicazione di un’operetta dello scrittore e polemista marchigiano Monaldo Leopardi (1776-1847), Prediche recitate al popolo liberale. Il suo ultimo saggio è dedicato a Lo stemma del Regno delle Due Sicilie. Origini e storia (Controcorrente, Napoli 2005).
Animatore dal 1971 del Convegno tradizionalista della Fedelissima Città di Civitella del Tronto e dal 1992 del Convegno tradizionalista della Fedelissima Città di Gaeta, che si svolgono annualmente nella ricorrenza della resa delle due fortezze borboniche, avvenuta nel 1861, compie la sua ultima apparizione pubblica in occasione della XXXV edizione del Convegno di Civitella, il 7 e 8 maggio 2005, a testimonianza di un impegno e di una passione inestinguibili.
Alleanza Cattolica — pur nella diversità di tante scelte, anche non puramente contingenti, per altro mai occultate né minimizzate — lo ricorda amico serio e fedele e lo segnala come operatore costante, indefesso e degno d’ammirazione dell’indispensabile revisione delle “biografie” dei popoli italiani.