Card. Stefano Wyszynsky, Cristianità n. 9 (1975)
Omelia tenuta nella chiesa di Sant’Anna il 9-4-1974, in Pro fratribus, Roma novembre 1974, anno 4, n. 8, pp. 9-11.
Possiamo talvolta avere l’impressione che la vita ecclesiale nella Chiesa postconciliare abbia ben poco a che fare con quanto accaduto sul Calvario; che la Chiesa di oggi riduca le sue esigenze e non risolva più i problemi secondo le leggi del Dio vivente ma secondo le possibilità umane; che essa non voglia più vedere gli errori dei suoi figli e servitori-sacerdoti, vescovi e religiosi; che persino il Credo sia diventato elastico e la morale relativa.
Nella stampa del nostro paese e del mondo si leggono opinioni di teologi che tentando invano di scoprire la verità sulla Chiesa e che nelle loro esposizioni mettono in luce soprattutto la propria ignoranza. La Chiesa, che questi autori descrivono, è una Chiesa nella nebbia. Una Chiesa senza le tavole di pietra del decalogo. Una Chiesa che chiude i suoi occhi dinanzi al peccato e che teme il rimprovero di essere tradizionalista, arretrata e non moderna. Una Chiesa di teologi litiganti e non di maestri della verità il cui sì è sì, e il cui no è no.
Malgrado questa nebbia artificiale di dubbio e di incertezza l’uomo credente può ancora scoprire il vero volto della Chiesa postconciliare. Questa Chiesa ha l’onore di annoverare fra i suoi cardinali un certo numero di intrepidi confessori, martiri e prigionieri. Come esempio vi presento alcune personalità: recentemente è morto in Cecoslovacchia il cardinale Trochta. Quasi tutta la sua vita di vescovo egli l’ha trascorsa in prigione e in campi di concentramento. Venne cacciato dalla sua diocesi e condannato ai lavori forzati in una fabbrica.
Quando entrava in fabbrica i lavoratori sapevano ch’egli non veniva coma prete operaio per far loro concorrenza nella lotta per il pane quotidiano, ma che la fabbrica era il suo esilio. L’unica sua colpa era di essere vescovo della Chiesa di Cristo. Egli ha dovuto pagare questa colpa con circa vent’anni di prigionia.
Anche il cardinale Stepinac era un prigioniero e un esule. Venne sepolto nella sua cattedrale a Zagabria. I fiori e le candele intorno alla sua tomba ci ricordano la resurrezione e la vita. Egli venne cacciato dal suo seggio vescovile perché era un vescovo che testimoniava il Cristo. Questo era un misfatto. Lontano dal suo seggio vescovile morì l’arcivescovo di Praga, il cardinale Beran, dapprima prigioniero a Dachau e poi prigioniero di questo tempo. La sua colpa era di essere un vescovo che confessava Cristo.
Anche il cardinale Mindszenty, primate di Ungheria, era un prigioniero ed è stato rimosso dal suo seggio vescovile. Perché? Era egli un malfattore? Un nemico del suo popolo e patria? No, egli era un vescovo e testimoniava per Cristo.
E il cardinale Slipyi, arcivescovo di Lviv, condivise per più di vent’anni la sorte degli esuli e dei prigionieri. Ora vive fuori dalla sua diocesi e dalla sua patria. Perché? Sempre di nuovo perché? Una risposta onesta in merito i vigliacchi non la danno mai. Questa è la vera Chiesa postconciliare. Dio stesso rispose alla domanda come questa Chiesa avrebbe dovuto apparire quando inviò al fronte cardinali che per Cristo divennero confessori, prigionieri e martiri […].
È venuto il tempo in cui dovete dire ai vostri educatori e professori: insegnateci la verità e non ci distruggete. Non strappateci la fede. Non annientate il nostro modo di vivere cristiano e morale attraverso uno stolto laicismo del quale nessuno comprende il senso e per il quale viene speso tanto denaro. Non ci togliete la fede nel Dio vivente. Poiché ci rendete schiavi di idoli come un tempo l’antico Israele e come Giuda che venne inghiottito dalla notte quando lasciò la cena per tradire il Signore. È venuto il tempo in cui voi, giovani, nelle università e nelle case degli studenti, dovete avere l’ardire di esigere: Rispettateci! Rispettatevi a vicenda! Noi siamo esseri umani. Non ci strappate la fede perché non ci potete dare nulla di più prezioso in cambio […]. È venuto il tempo in cui dovete dire coraggiosamente anche a noi, sacerdoti e vescovi: la vostra indulgenza nei confronti dell’indebolimento della morale non ci piace. Non accettiamo il fatto che vi manchi il coraggio di esigere qualche cosa da noi.
Se scoprite degli errori in noi indicateceli – perché questo è il vostro compito. Noi non vogliamo dei pastori che non osano fare appello alla nostra generosità. È venuto il tempo di dire la verità persino a coloro che con il pretesto dell’azione sociale vi privano del vostro riposo festivo o vi tengono lontani dalla chiesa.
Vi mettono nelle mani vanghe e vi fanno scavare fossati, colare cemento e stendere cavi. Questo non è un lavoro giovanile economicamente giustificabile se vi si priva di uno svago indispensabile, di un attimo di respiro, di uno stare in famiglia, di un recupero delle forze dopo una intensa settimana lavorativa, del contatto con i genitori, con la Chiesa e con l’Eucarestia…
È necessario che esprimiate tutto questo coraggiosamente. Perché i più grandi nemici della patria, del popolo e dello Stato sono i vigliacchi e i cittadini che tacciono, che non hanno il coraggio di dire apertamente: questo non potete farlo.
* CARD. STEFANO WYSZYNSKY *