Benedetto XVI, Cristianità n. 335 (2006)
Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal Partito Popolare Europeo, del 30-3-2006, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 31-3-2006. © Copyright 2006-Libreria Editrice Vaticana. Il titolo è redazionale.
Attualmente, l’Europa deve affrontare questioni complesse di grande importanza come la crescita e lo sviluppo dell’integrazione europea, la definizione sempre più precisa della politica di prossimità in seno all’Unione e il dibattito sul suo modello sociale. Per raggiungere questi obiettivi, sarà importante trarre ispirazione, con fedeltà creativa, dall’eredità cristiana che ha contribuito in modo particolare a forgiare l’identità di questo continente. Apprezzando le sue radici cristiane, l’Europa sarà in grado di offrire un orientamento sicuro alle scelte dei suoi cittadini e delle sue popolazioni, rafforzerà la loro consapevolezza di appartenere a una civiltà comune, e alimenterà l’impegno di tutti ad affrontare le sfide del presente per il bene di un futuro migliore. […]
[…] il […] sostegno all’eredità cristiana può contribuire in maniera significativa a sconfiggere quella cultura tanto ampiamente diffusa in Europa che relega alla sfera privata e soggettiva la manifestazione delle proprie convinzioni religiose. Le politiche elaborate partendo da questa base non solo implicano il ripudio del ruolo pubblico del cristianesimo, ma, più in generale, escludono l’impegno con la tradizione religiosa dell’Europa che è tanto chiara nonostante le sue variazioni confessionali, minacciando in tal modo la democrazia stessa, la cui forza dipende dai valori che promuove (cfr. Evangelium vitae, n. 70). Dal momento che questa tradizione, proprio in ciò che possiamo definire la sua unione polifonica, trasmette valori che sono fondamentali per il bene della società, l’Unione Europea può solo ricevere un arricchimento dall’impegno con essa. Sarebbe un segno di immaturità, se non addirittura di debolezza, scegliere di opporvisi o di ignorarla, piuttosto che di dialogare con essa. In questo contesto bisogna riconoscere che una certa intransigenza secolare dimostra di essere nemica della tolleranza e di una sana visione secolare dello Stato e della società. […] Non bisogna dimenticare che, quando le Chiese o le comunità ecclesiali intervengono nel dibattito pubblico, esprimendo riserve o richiamando certi principi, ciò non costituisce una forma di intolleranza o un’interferenza poiché tali interventi sono volti solamente a illuminare le coscienze, permettendo loro di agire liberamente e responsabilmente secondo le esigenze autentiche di giustizia, anche quando ciò potrebbe confliggere con situazioni di potere e interessi personali.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l’interesse principale dei suoi interventi nell’arena pubblica è la tutela e la promozione della dignità della persona e quindi essa richiama consapevolmente una particolare attenzione su principi che non sono negoziabili. Fra questi ultimi, oggi emergono particolarmente i seguenti:
– tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale;
– riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale;
– tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.
Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Al contrario, tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa.
Benedetto XVI