Giovanni Paolo II, Cristianità n. 173 (1989)
Omelia della Messa per i giovani e i fedeli della Galizia, sul Monte del Gozo, del 20-8-1989, nn. 4-6, in supplemento a L’Osservatore Romano, 23-8-1989, p. VIII. Traduzione e titolo redazionali.
[…] “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi” (Mt 20, 25-26).
Il criterio con il quale è diretto il mondo è il criterio del successo. Avere il potere… Avere il potere economico, per mettere in evidenza la subordinazione degli altri. Avere il potere culturale per manipolare le coscienze. Usare… e abusare!
Questo è lo “spirito di questo mondo”.
Questo significa forse che il potere è cattivo in sé? Questo significa che l’economia – l’iniziativa economica – è cattiva in sé?
No! In nessun modo. Sia l’uno che l’altra possono essere anche un modo di servire. Questo è lo spirito di Cristo, la verità del Vangelo. […].
5. Perché siete qui voi, giovani degli anni Novanta e del ventesimo secolo? Non sentite forse anche dentro di voi “lo spirito di questo mondo”, nella misura in cui quest’epoca, ricca di strumenti d’uso e d’abuso, lotta contro lo spirito del Vangelo?
Non siete forse venuti qui per convincervi definitivamente che “essere grandi” significa “servire”? Ma… siete disposti a bere questo calice? Siete disposti a lasciarvi penetrare dal corpo e dal sangue di Cristo, per morire all’uomo vecchio che è in noi e risuscitare con Lui? Sentite la forza del Signore per farvi carico dei vostri sacrifici, delle sofferenze e delle “croci” che pesano sui giovani disorientati circa il senso della vita, manipolati dal potere, disoccupati, affamati, travolti dalla droga e dalla violenza, schiavi dell’erotismo che si diffonde ovunque…? Sapete che il giogo di Cristo è soave… E che solo in Lui avremo cento per uno, qui e ora, e infine la vita eterna.
6. Perché siete qui voi, giovani degli anni Novanta e del ventesimo secolo? Non sentite anche dentro di voi “lo spirito di questo mondo”?
Non siete venuti forse – torno a ripetervelo – per convincervi definitivamente che “essere grandi” significa “servire”? Questo “servizio” non è certamente un mero sentimento umanitario. Né la comunità dei discepoli di Cristo è un’agenzia di volontariato e di aiuto sociale. Un servizio di questa natura rimarrebbe limitato all’orizzonte dello “spirito di questo mondo”. No! Si tratta di molto di più. La radicalità, la qualità e il destino del “servizio” al quale tutti siamo chiamati, si inquadra nel mistero della Redenzione dell’uomo. Poiché siamo stati creati, siamo stati chiamati, siamo stati destinati, innanzitutto e soprattutto, a servire Dio, a immagine e a somiglianza di Cristo che, come Signore di tutto il creato, centro del cosmo e della storia, manifestò la sua regalità mediante l’ubbidienza fino alla morte, essendo stato glorificato nella Risurrezione (cfr. Lumen gentium, 36). Il Regno di Dio si realizza attraverso “questo servizio” che è pienezza e misura di ogni servizio umano. Non agisce con il criterio degli uomini mediante il potere, la forza e il denaro. Chiede a ciascuno di noi la totale disponibilità a seguire Cristo, il quale “non è venuto per essere servito, ma per servire”.
Vi invito, cari amici, a scoprire la vostra autentica vocazione per collaborare alla diffusione di questo Regno della verità e della vita, della santità e della grazia, della giustizia, dell’amore e della pace. Se veramente desiderate servire i vostri fratelli, lasciate che Cristo regni nei vostri cuori, che vi aiuti a capire e a crescere nel dominio di voi stessi, che vi fortifichi nella virtù, che vi riempia soprattutto della sua carità, che vi porti sul cammino che conduce alla “condizione dell’uomo perfetto”. Non abbiate paura di essere santi! Questa è la libertà con cui Cristo ci ha liberati (cfr. Gal 5,1). Non come la promettono in modo illusorio e ingannevole i poteri di questo mondo: una totale autonomia, una rottura di ogni appartenenza in quanto creature e figli, un’affermazione di autosufficienza, che ci lascia indifesi dinnanzi ai nostri limiti e alle nostre debolezze, soli nel carcere del nostro egoismo, schiavi dello “spirito di questo mondo”, condannati alla “schiavitù della corruzione” (Rm 8,21).
Perciò, chiedo al Signore che vi aiuti a crescere in questa “autentica libertà”, come criterio fondamentale e illuminante di giudizio e di scelta nella vita. Questa stessa libertà orienterà la vostra condotta morale nella verità e nella carità. Vi aiuterà a scoprire l’amore autentico, non corrotto da un permissivismo alienante e deleterio. Vi renderà persone aperte a un’eventuale chiamata alla donazione totale nel sacerdozio o nella vita consacrata. Animerà le vostre opere di solidarietà e il vostro servizio ai bisognosi nel corpo e nell’anima. Vi trasformerà in “signori” per servire meglio e non essere “schiavi”, vittime e seguaci dei modelli dominanti negli atteggiamenti e nei comportamenti.
Giovanni Paolo II