Giovanni Paolo II, Cristianità n. 175-176 (1989)
Omelia durante la celebrazione della Messa nello stadio Istora Senayan, a Jakarta, del 9-10-1989, nn. 4-5, in supplemento a L’Osservatore Romano, 9-10-1989. Traduzione dall’originale inglese e titolo redazionali.
[…] Alcuni capi religiosi avevano chiesto a Gesù:“È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?” (Lc 20, 22). Indicando una delle monete in circolazione nel loro paese, Gesù risponde con una domanda: “Di chi è l’immagine e l’iscrizione? Risposero”Di Cesare””. Quindi, rispondendo alla loro prima domanda, Gesù disse:“Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” (v. 25).
Rispondendo in questo modo Gesù riconosce una distinzione ma non una separazione fra il regno di Dio che egli predicava e il regno terreno a cui tutti appartengono come cittadini del loro paese e membri dell’unica grande famiglia umana (cfr. Istruzione su Libertà Cristiana e Liberazione, 60). Soprattutto Gesù fa conoscere la natura della propria missione, che è quella di rendere testimonianza alla verità (cfr. Gv 18, 37), la verità espressa nelle parole:“Il regno di Dio è vicino” (Mc 1, 15). Il Signore ci insegna che Dio è vicino a ogni aspetto della nostra esistenza nella società e nel mondo. La sua presenza nelle nostre vite la si avverte più profondamente nella vita di grazia e nell’esercizio della responsabilità morale.
L’esortazione di Gesù a “rendere a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” è un’applicazione specifica del più grande di tutti i comandamenti: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso” (Lc 10, 27). Ed è proprio quando noi riconosciamo l’obbligo morale di amare il nostro prossimo – ogni nostro prossimo, tutti i nostri concittadini – che prendiamo atto e compiamo i nostri doveri nei confronti dello Stato e dei responsabili della vita pubblica. Inoltre, coloro che amano Dio sanno che Egli vuole che essi siano attivi e responsabili costruttori di una società giusta e umana.
5. La lettera di Pietro ci aiuta ad applicare la risposta di Gesù nel Vangelo alla vita nella comunità politica:“Siate sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore… Perché questa è la volontà di Dio… Comportatevi come uomini liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servitori di Dio” (1 Pt 2, 13-16). Per il credente, ogni autorità ha la sua origine in Dio, e quanti la esercitano per il bene comune devono essere rispettati “per ragioni di coscienza” (cfr. Rm 13, 1-7). Le parole di Cristo e l’insegnamento del Nuovo Testamento sono la base di ciò che la Chiesa cattolica ha sempre insegnato, vale a dire che l’autorità politica e i doveri dei cittadini rientrano nell’ordine morale. Come nazione, avete incluso questa verità nel vostro ethos nazionale.
In un certo senso l’atteggiamento ufficiale dell’Indonesia di rispetto per la religione riflette la verità delle parole di Gesù nel Vangelo di oggi. Voi cercate di promuovere il benessere del vostro paese conformemente ai valori umani su cui si fonda, rendendo alla società civile ciò che le spetta. Allo stesso tempo, tutti siete incoraggiati a rendere a Dio ciò che è di Dio, riconoscendo che il diritto di praticare la propria religione trae la sua origine direttamente dall’autentica dignità della persona umana quale creatura di Dio. Questa comprensione garantisce pace e collaborazione fra seguaci di diverse tradizioni religiose e permette a tutti di essere attivamente impegnati nel servire il bene comune.