Sant’Aurelio Agostino, Cristianità n. 324 (2004)
De civitate Dei, libro V, 24, trad. it., La città di Dio, vol. I (Libri I-X), testo latino dell’edizione maurina confrontato con il Corpus Christianorum, introduzione di Agostino Trapè O.S.A. (1915-1987), Robert P. Russel O.S.A. (1910-1985), Sergio Cotta, traduzione di Domenico Gentili, Città Nuova, Roma 1978, p. 393.
[…] noi non affermiamo che sono felici alcuni imperatori cristiani perché hanno regnato più a lungo o perché hanno lasciato con una morte non violenta il potere ai figli o perché hanno sottomesso i nemici dello Stato o perché hanno evitato o domato le rivolte degli avversari. Anche gli adoratori dei dèmoni hanno ottenuto di ricevere questi ed altri favori e conforti della travagliata vita presente, sebbene non appartengano al regno di Dio, mentre vi appartengono gli imperatori cristiani. Il fatto si è verificato per la bontà di Dio affinché i suoi adoratori non desiderino da lui questi beni come i più grandi. Li consideriamo felici al contrario se esercitano il potere con giustizia, se in mezzo agli encomi degli adulatori e agli inchini servili dei cortigiani non s’insuperbiscono e se si ricordano di essere uomini; se pongono il potere al servizio della maestà di Dio per estendere il suo culto; se temono amano e onorano Dio; se amano di più il suo regno in cui non temono di avere rivali; se sono ponderati nell’applicazione della pena e inclini all’indulgenza; se usano la pena soltanto per l’esigenza di amministrare e difendere lo stato e non per sfogare gli odi delle rivalità; se usano l’indulgenza non per lasciare impunita la violazione della legge ma nella speranza della correzione; se compensano una decisione severa che spesso sono costretti a prendere con la mitezza della compassione e con la munificenza; se in essi la lussuria è tanto più contenuta quante maggiori possibilità ha di essere incontrollata; se preferiscono dominare più le brutte passioni che molti popoli e se si comportano così non per la brama di una futile gloria ma per amore della felicità eterna; se non trascurano di offrire al vero Dio il sacrificio dell’umiltà, della clemenza e della preghiera per i propri peccati. Degli imperatori cristiani con tali doti noi affermiamo che sono felici frattanto nella speranza e che in seguito lo saranno di fatto, quando si avvererà l’oggetto della nostra attesa.
Sant’Aurelio Agostino (354-430)