I due neo-Presidenti delle Camere sono stati “massacrati” mediaticamente appena eletti. Il rischio è che la sinistra, che ha perso le elezioni, riesca a imporre il silenzio al prossimo governo su temi fondamentali
di Marco Invernizzi
Quando la sinistra perde scatena l’odio. Non è una novità, lo abbiamo già sperimentato nella seconda metà del Novecento, quando a partire dai fatti di Genova (1960) la violenza è dilagata nelle scuole e nelle università, fino al terrorismo di matrice comunista delle Brigate Rosse e delle sigle affini.
Oggi la violenza si esercita con le parole e con la pressione mediatica. I due neo-Presidenti delle Camere sono stati “massacrati” mediaticamente appena eletti. In particolare Lorenzo Fontana, per le sue posizioni contro l’aborto e per la famiglia naturale, quasi fosse un attentato alla Costituzione essere a favore della vita fin dal concepimento, oppure sostenere che soltanto mamma e papà possono mettere al mondo dei figli e quindi costituire una famiglia.
Il sen. Maurizio Gasparri ha presentato una proposta di legge per riconoscere il bambino concepito come un soggetto giuridico da proteggere. Apriti cielo! Avrebbe attentato al “diritto di abortire”, che peraltro, secondo la stessa legge 194, non esiste.
Qual è il rischio di tutto questo clamore? Che le forze politiche che hanno vinto le elezioni e i nuovi responsabili della cosa pubblica non facciano nulla di positivo, perché sopraffatti dalla pressione carica d’odio che si respira nella società. Di fronte alle emergenze di carattere sociale ed economico, che indubbiamente non mancano e saranno sempre più drammatiche nei prossimi mesi, c’è il rischio che il prossimo governo e il Parlamento appena eletto evitino temi divisivi e scomodi, che forse rischierebbero di incendiare le piazze e di farci litigare con Bruxelles, ma che sono i temi fondamentali per il bene comune.
Faccio un esempio: la legge 194. Pur essendo una legge ingiusta, nessun uomo politico ha mai pensato che vi fossero le condizioni per abrogarla, sia perché non c’erano i numeri nel precedente Parlamento, sia perché la battaglia per la vita si vince operando per cambiare il modo di pensare delle persone, prima di pensare agli effetti istituzionali. Nel 1981 solo il 32% dei votanti si espresse a favore dell’abrogazione della legge abortista e oggi non ci sono nuovi elementi per sperare di meglio.
Ma che cosa è successo in questi mesi? Spinti dalla pressione, i leader di centro-destra hanno risposto all’aggressione mediatica giocando sempre in difesa. Abbiamo così ascoltato banalità come “l’ultima parola spetta sempre alla donna”, “nessuno vuole toccare i diritti”, quasi come se il diritto a vivere di un bambino non sia tale. Insomma, si è passati da “non ci sono le condizioni per abrogarla” all’assenza di un giudizio sulla legge.
I leader di centro-destra hanno sostenuto la necessità di applicare la prima parte della legge, che protegge e favorisce la maternità. Si tratta di un’iniziativa sacrosanta, ma non sufficiente. Infatti, la battaglia per la vita non può prescindere da un giudizio sulla legge che ha legalizzato l’aborto nel 1978. Certamente si tratta di una legge moderata rispetto a quelle che verrebbero proposte oggi, ma proprio perché era moderata venne presentata allora, per riuscire a convincere quei settori dell’opinione pubblica del Paese che non avrebbero mai accettato una completa liberalizzazione del diritto di abortire, tanto da suscitare la protesta dei Radicali, che volevano una liberalizzazione più ampia.
Questo è il rischio che intravedo. Spero di sbagliarmi.
Chi invece non partecipa alla campagna d’odio è il Santo Padre, che ha telefonato al neo-Presidente della Camera per ringraziarlo di averlo citato nel suo discorso di insediamento. L’avrebbe fatto con chiunque, e avrebbe fatto bene, perché le istituzioni vanno rispettate a prescindere da chi le occupa. Papa Francesco ha mostrato ancora una volta l’importanza del ruolo della Chiesa in Italia.
Venerdì, 21 ottobre 2022