di Oscar Sanguinetti
A sessant’anni dalla morte dell’autore, è più che opportuna una rivisitazione del capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), Il gattopardo, il romanzo che ha sullo sfondo la drammatica vicenda dell’invasione garibaldina della Sicilia, del crollo dell’antico regno borbonico e del Risorgimento nel Mezzogiorno. Attraverso la figura del principe Fabrizio di Salina, le vicende della sua famiglia, le sue idee, la sua profonda sicilianità, la sua disillusione sugli uomini e su Dio, l’autore descrive, per bozzetti piuttosto che attraverso un flusso narrativo continuo e omogeneo, cinquant’anni di storia della sua isola dall’Unità fino all’età che precede la Grande Guerra, quando è Papa san Pio X (1835-1914). Quindi un arco di tempo assai più ampio di quello coperto dalla pregevole e indimenticabile trasposizione filmica omonima del 1963, realizzata dal regista Luchino Visconti di Modrone (1906-1976), che parte dal 1860 e si ferma ai “fatti di Aspromonte” del 1862. Romanzo pluridimensionale, Il gattopardo racconta, in una forma letteraria impareggiabile e traguardando attraverso le memorie della famiglia dell’autore, la fine del non spregevole “antico regime” duo-siciliano, ovvero il tramonto definitivo, dopo il declino dell’età rivoluzionaria, dell’aristocrazia feudale come classe dirigente politica; l’ascesa della nuova borghesia “patriottica”, liberale e rapace, per la quale il “nuovo” regno è un’opportunità senza pari di arricchirsi e di conquistare potere; e l’immobilità della condizione di degrado e di oblio dalla storia che affligge le classi subalterne, paralizzate non solo dall’oppressione — che il cambiamento di élite dirigente si limita ad aggravare —, ma dalla loro atavica propensione alla sopportazione che la storia e il clima potenziano.
Tuttavia Il gattopardo non è un romanzo “gramsciano”, a sfondo classista, ma un affresco ad ampio spettro di come la sicilianità, emblematizzata nel principe, nella sua psicologia e nel suo disincanto, vive il trapasso dal vecchio mondo all’Italia moderna.
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