Giovanni Cantoni, Cristianità n. 109 (1984)
Tradire non paga: in Vietnam i comunisti perseguitano anche i cattolici «collaborazionisti»
«Il governo del Vietnam sta attuando una pesante repressione nei confronti della Chiesa Cattolica, soprattutto contro gli ordini religiosi sia maschili che femminili […].
«Il primo bersaglio della repressione governativa sono state le suore della Provvidenza, che sono oltre 400 in Vietnam e lavorano per i più poveri nei villaggi, nelle scuole, negli ospedali e nei dispensari pubblici. La loro casa provinciale si trova a Cao Tho, città importante del delta del Mekong, e vi risiedono stabilmente circa 60 suore, ma il centro religioso ospita frequentemente anche altre suore per incontri vari di studio o di preghiera.
«A metà febbraio la polizia ha fatto un’improvvisa irruzione nella casa provinciale, dove erano presenti circa 80 suore, e ne ha arrestate e messe in prigione 21 che non avevano il domicilio nel convento. Altre suore sono state messe sotto sorveglianza. Il convento è stato rovistato da cima a fondo, le suore sono state perquisite da donne-poliziotto; poi le autorità hanno fatto venire sul posto gruppi di studenti per mostrare loro i “corpi del reato”: giornali e riviste della stampa cattolica francese, bibbie, libri di teologia…
«Lo stesso trattamento è toccato ai Padri della S. Famiglia, che si sono stabiliti nel Vietnam da oltre dieci anni e vivono in tre conventi dislocati in tre provincie del paese. Le tre case religiose sono state “visitate” dalla polizia e il superiore della casa di Can Tho è stato portato via.
«Il fatto che ha avuto maggiore risonanza nel paese è “il processo dei gesuiti”, che si è svolto nel giugno dello scorso anno, dopo due anni di prigione per i gesuiti e i cristiani che erano stati arrestati sotto l’accusa di sovversione alle [sic] istituzioni dello stato. Il tribunale ha condannato all’ergastolo M. Nguyen Van Hien, che è stato giudicato come “religioso”, nonostante tutte le testimonianze affermassero che è un cristiano laico: 12 anni al superiore provinciale dei gesuiti […]; 15 anni di prigione agli altri 11 imputati» (1).
Avendo presente che si tratta della sorte di cattolici viventi sotto il giogo di un regime socialcomunistico, le informazioni che ho trascritto possono essere semplicemente considerate come relazione di una tragica routine di cui si va perdendo memoria, e che, perciò, è particolarmente opportuno fare circolare. Ma, se i fatti riferiti contengono una lezione tutto sommato ovvia, decisamente esemplari sono tre passi della nota di agenzia che ho omesso e che vengo ora a trascrivere.
Nel primo si osserva come «le misure repressive delle autorità appaiono inspiegabili perché i cattolici vietnamiti, a partire dallo stesso arcivescovo di Ho Chi Minh mons. Binh, hanno collaborato lealmente per la riconciliazione nazionale e il bene comune del paese».
Nel secondo si informa che, a conclusione del citato processo, sono stati comminati «12 anni al superiore provinciale dei gesuiti, p. Nguyen Cong Doan, collaboratore stretto di mons. Binh e principale redattore della lettera dell’arcivescovo che è considerata come la “carta” della cooperazione tra i cattolici e il potere politico socialista».
Nel terzo, infine, si riferisce che «l’ultimo episodio del conflitto tra governo e Chiesa cattolica è “l’uscita” dal “fronte della Patria” di p. Chan Thi che era uno dei dirigenti di questo organismo e di cui nessuno ha mai messo in dubbio le convinzioni patriottiche».
Mi chiedo: si tratta veramente di «misure repressive […] inspiegabili»? Era proprio impossibile, per le autorità religiose citate nella nota di agenzia, prevedere con fondata verosimiglianza come sarebbero andate le cose? Non bastava – e non basta – forse riflettere sul divieto di «collaborazione con […] [il comunismo] da parte di chiunque voglia salvare la civilizzazione cristiana» (2) per identificare correttamente il fondamento di questo divieto non nell’arbitrio alimentato da un «anticomunismo viscerale», ma nel fatto – nello stesso tempo teorico e pratico – che «il comunismo è intrinsecamente perverso» (3) e, quindi, per cogliere la logica consequenzialità che rende veramente impossibile tale «collaborazione»? Non bastava ricordare che, «se taluni indotti in errore cooperassero alla vittoria del comunismo nel loro paese, cadranno per i primi come vittime del loro errore e quanto più le regioni dove il comunismo riesce a penetrare si distinguono per l’antichità e la grandezza della loro civiltà cristiana, tanto più devastatore vi si manifesterà l’odio dei “senza Dio”» (4)?
Ancora: non sarebbe stato più prudente, cioè più conforme a verità (5) opporsi con coraggio al comunismo piuttosto che collaborare «lealmente» alla sua instaurazione e poi caderne vittime, finalmente «a Dio spiacenti ed a’ nemici sui» (6)?
La risposta di repertorio a questi quesiti retorici recita: «Opporsi al comunismo avrebbe significato collaborare con il regime corrotto di Van Thieu; oppure, altrove, con quello di Anastasio Somoza Debayle o, prima, di Fulgencio Batista y Zaldivar!». Lungi da me l’intenzione di fare l’apologia di qualcuno dei tre personaggi consuetamente citati come abisso di perversità. Insisto però nel qualificare come erronea e, quindi, estremamente pericolosa la mancata distinzione tra la corruzione di qualche tirannello fra i tanti che hanno vessato e vessano la povera umanità in hac lacrimarum valle e l’orgoglio, lusingato da «l’antico tentatore», che anima la «rivoluzione dei nostri giorni, la quale o già imperversa o seriamente minaccia, si può dire, dappertutto e supera in ampiezza e violenza quanto si ebbe a sperimentare nelle precedenti persecuzioni contro la Chiesa» (7). Infatti, a causa di questa omessa distinzione, «popoli interi si trovano nel pericolo di ricadere in una barbarie peggiore di quella in cui ancora giaceva la maggior parte del mondo all’apparire del Redentore», cioè nel pericolo di cadere sotto il giogo del «comunismo bolscevico ed ateo che mira a capovolgere l’ordinamento sociale e a scalzare gli stessi fondamenti della civiltà» (8).
Giovanni Cantoni
Note:
(1) In Vietnam pesante repressione contro la Chiesa Cattolica, in ADISTA, anno XVIII, nn. 2916-2917-2918,19/20/21-4-1984, pp. 9-10. Tutti i riferimenti senza indicazione di fonte sono tratti da questa nota.
(2) PIO XI, Enciclica Divini Redemptoris, del 19-3-1937, in Le Encicliche sociali dei Papi. Da Pio IX a Pio XII (1864-1956), 4ª ed. riveduta e aumentata, Studium, Roma 1956, p. 627.
(3) Ibidem.
(4) Ibid., pp. 627-628.
(5) Cfr. JOSEF PIEPER, Sulla prudenza, trad. it., Morcelliana, Brescia 1956.
(6) DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia. Inferno, canto III, v. 63.
(7) PIO XI, doc. cit., p. 601.
(8) Ibidem.