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Tre ponti di nome Padre, Figlio e Spirito Santo

1 Dicembre 2025 - Autore: Michele Brambilla

La nostra fede, dice Leone XIV, è come i ponti sul Bosforo: unisce più di quanto si pensi, ma ogni tanto ha bisogno di qualche manutenzione

di Michele Brambilla

Papa Leone XIV celebra il 29 novembre la Messa della I domenica di Avvento nella Volkswagen Arena di Istanbul, l’antica Costantinopoli, dove ha commemorato, assieme al patriarca Bartolomeo I e a molti altri rappresentanti delle “Chiese sorelle”, i 1700 anni del concilio di Nicea (325 d.C.). Lo ricorda lo stesso Papa all’inizio della sua omelia, quando rimarca che l’Avvento serve «per prepararci a rivivere, nel Natale, il mistero di Gesù, Figlio di Dio, “generato, non creato, della stessa sostanza del Padre” (Credo niceno-costantinopolitano), come 1700 anni fa hanno solennemente dichiarato i Padri riuniti in Concilio a Nicea».

La nostra meta, quindi, è Gesù, Dio fatto uomo: come annuncia Isaia nella prima lettura, tutti i popoli sono destinati a salire a Gerusalemme, sul Monte Sion, ad adorare il Signore. «Vorrei allora che meditassimo sul nostro essere Chiesa, soffermandoci su alcune immagini contenute in questo testo. La prima è quella del “monte elevato sulla cima dei monti” (cfr Is 2,2). Essa ci ricorda che i frutti dell’agire di Dio nella nostra vita non sono un dono solo per noi, ma per tutti. La bellezza di Sion, città sul monte, simbolo di una comunità rinata nella fedeltà che diventa segno di luce per uomini e donne di ogni provenienza, ci rammenta che la gioia del bene è contagiosa. Ne troviamo conferma nella vita di molti Santi. San Pietro incontra Gesù grazie all’entusiasmo di suo fratello Andrea (cfr Gv 1,40-42)», dice il Papa citando volutamente il patrono di Costantinopoli e dei cristiani bizantini di lingua greca. «In tutto questo», prosegue il Pontefice, «c’è un invito, anche per noi, a rinnovare nella fede la forza della nostra testimonianza. San Giovanni Crisostomo, grande Pastore di questa Chiesa, parlava del fascino della santità come di un segno più eloquente di tanti miracoli. Diceva: “Il prodigio avviene e passa, ma la vita cristiana resta e continuamente edifica” (Commento al Vangelo di San Matteo, 43,5), e concludeva: “Vigiliamo dunque su noi stessi, per avvantaggiare anche gli altri”».

Allora, «carissimi, se vogliamo davvero essere di aiuto alle persone che incontriamo, vigiliamo su noi stessi, come ci raccomanda il Vangelo (cfr Mt 24,42): coltiviamo la nostra fede con la preghiera, con i Sacramenti, viviamola coerentemente nella carità, gettiamo via – come ci ha detto San Paolo nella seconda Lettura – le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce (cfr Rm 13,12). Il Signore, che attendiamo glorioso alla fine dei tempi, viene ogni giorno a bussare alla nostra porta» per scuoterci dalla nostra ignavia.

Per la riconquista della pace nel mondo il Papa offre come esempio di facile comprensione l’immagine del «famoso grande viadotto che in questa città, attraversando lo stretto del Bosforo, unisce due continenti: Asia ed Europa. Ad esso, col tempo, si sono aggiunti altri due passaggi, cosicché attualmente i punti di congiunzione tra le due sponde sono tre. Tre grandi strutture di comunicazione, di scambio, di incontro», proprio come la SS. Trinità, dogma che, lungi dall’essere fattore di divisione, si è dimostrato ancora una volta il vero minimo comune denominatore tra le varie comunità cristiane. Guardando ai tre ponti sul Bosforo, «il loro triplice stendersi attraverso lo Stretto ci fa pensare all’importanza dei nostri sforzi comuni per l’unità a tre livelli: dentro la comunità, nei rapporti ecumenici con i membri delle altre Confessioni cristiane e nell’incontro con i fratelli e le sorelle appartenenti ad altre religioni. Prenderci cura di questi tre ponti, rafforzandoli e ampliandoli in tutti i modi possibili, è parte della nostra vocazione ad essere città costruita sul monte (cfr Mt 5,14-16)», accessibile a tutti, per incontrarvi Gesù.

Leone XIV apprezza che «all’interno di questa Chiesa sono presenti ben quattro diverse tradizioni liturgiche – latina, armena, caldea e sira –, ciascuna apportatrice di una propria ricchezza a livello spirituale, storico e di vissuto ecclesiale. La condivisione di tali differenze può mostrare in modo eminente uno dei tratti più belli del volto della Sposa di Cristo: quello della cattolicità che congiunge». Il Santo Padre recupera, quindi, la metafora dei ponti per ribadire che l’unità della Chiesa attorno all’unica professione di fede «ha bisogno di cura, di attenzione, di “manutenzione”, perché il tempo e le vicissitudini non ne indeboliscano le strutture e perché le fondamenta restino salde. Con gli occhi rivolti al monte della promessa, immagine della Gerusalemme del Cielo, che è nostra meta e madre (cfr Gal 4,26), mettiamo allora ogni impegno a favorire e rafforzare i legami che ci uniscono, per arricchirci reciprocamente ed essere davanti al mondo segno credibile dell’amore universale e infinito del Signore».

Il Papa cita volentieri il predecessore Angelo Giuseppe Roncalli (san Giovanni XXIII), che fu a lungo nunzio apostolico ad Istanbul: con le sue stesse parole chiediamo tutti «che “si compia il grande mistero di quell’unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre Celeste nell’imminenza del suo sacrificio” (Discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962, 8.2), rinnoviamo, oggi, il nostro “sì” all’unità, «perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21), “ut unum sint”», espressione latina che, come noto, è anche il titolo di un’enciclica dedicata specificamente al tema dell’unità delle Chiese, scritta da un altro Papa santo, san Giovanni Paolo II.

Il viaggio papale in Turchia, che in queste ore continua per le strade del Libano, è caratterizzato fortemente dalla questione della pluralità religiosa. «Viviamo in un mondo in cui troppo spesso la religione è usata per giustificare guerre e atrocità. Noi però sappiamo che, come afferma il Concilio Vaticano II, “l’atteggiamento dell’uomo verso Dio Padre e quello dell’uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: “Chi non ama, non conosce Dio” (1Gv 4,8)” (Dich. Nostra aetate, 5). Perciò vogliamo camminare insieme, valorizzando ciò che ci unisce, demolendo i muri del preconcetto e della sfiducia, favorendo la conoscenza e la stima reciproca, per dare a tutti un forte messaggio di speranza e un invito a farsi “operatori di pace” (Mt 5,9)» nel senso indicato dal Vangelo.

Lunedì, primo dicembre 2025

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