
Le Chiese orientali, minacciate dalle guerre contemporanee, sono un dono per tutta la Chiesa. La Santa Sede, il Papa, gli stessi fedeli cattolici di rito latino sono chiamati a conoscere e preservare le tradizioni delle comunità in pericolo, dato che ci sono di esempio su molti aspetti della vita liturgica
di Michele Brambilla
Il 14 maggio Papa Leone XIV riceve in udienza i vescovi e i pellegrini appartenenti alle Chiese orientali, ovvero a quelle comunità asiatiche, copte e dell’Europa dell’est che dopo lo scisma del 1054 sono tornate in comunione con Roma. Sono tutti cristiani che vivono nelle aree più calde dei conflitti attuali, dall’Ucraina al Medio Oriente, dall’Africa degli scontri interetnici all’India dei fondamentalismi induista e islamico, calcolando anche le tensioni tra Armenia e Azerbaijan.
Il Papa ribadisce lo sforzo diplomatico della Santa Sede e il suo impegno personale «perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace». Il Pontefice non dimentica nessuna delle guerre in corso, «dalla Terra Santa all’Ucraina, dal Libano alla Siria, dal Medio Oriente al Tigray e al Caucaso».
«Penso alla varietà delle vostre provenienze, alla storia gloriosa e alle aspre sofferenze che molte vostre comunità hanno patito o patiscono» per conservare la fedeltà alla propria fede, alle proprie tradizioni e alle proprie terre native: di fronte a tutto ciò «si staglia un appello: non tanto quello del Papa, ma di Cristo, che ripete: ‘Pace a voi!’», l’antico invito del Risorto, che non abbandona nessuna delle sue membra ferite.
Dopo la croce c’è sempre la risurrezione, quindi «preghiamo per questa pace, che è riconciliazione, perdono, coraggio di voltare pagina e ricominciare». Il Santo Padre spiega cosa significhi l’espressione “pace giusta”, che non si limita a far tacere le armi, dato che «la pace di Cristo non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita». Il Pontefice evidenzia che «i popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano». Ricorda che «passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare».
Condannate «le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi» sulla base di semplificazioni ideologiche, il Papa tesse l’elogio dei «cristiani – orientali e latini – che, specialmente in Medio Oriente, perseverano e resistono nelle loro terre, più forti della tentazione di abbandonarle”». L’obbiettivo, infatti, non è incentivare un esodo verso luoghi più sicuri, che equivarrebbe ad uno sradicamento della presenza cristiana nelle terre che hanno visto nascere il Cristianesimo stesso. «Ai cristiani va data la possibilità, non solo a parole, di rimanere nelle loro terre con tutti i diritti necessari per un’esistenza sicura. Vi prego, ci si impegni per questo», chiede il Santo Padre a tutta la comunità internazionale, dato che molto cristiani orientali sono «costretti a fuggire dai loro territori di origine a causa di guerra e persecuzioni, di instabilità e povertà», rischiando di perdere, emigrando in Occidente, anche la propria identità religiosa.
«Accogliamo l’appello a custodire e promuovere l’Oriente cristiano, soprattutto nella diaspora; qui, oltre ad erigere, dove possibile e opportuno, delle circoscrizioni orientali, occorre sensibilizzare i latini» sull’importanza di proteggere comunità che possono insegnarci molto. «Quanto bisogno abbiamo», infatti, «di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana».
Giovedì, 15 maggio 2025