Da messainlatino.it del 26/01/2020. Foto da articolo
Di tante cose imparate da Giovanni Cantoni e che credo mi siano particolarmente utili adesso che sono prete, è stato capire chi è un laico, e di conseguenza, che cosa deve fare un sacerdote. Ricordo una sua frase; “il santo è l’imitatore di Cristo e non l’imitatore del prete”. Da una parte questa frase è l’antidoto a quella forma subdola di clericalismo per cui si considera la promozione del laico il fatto che adesso – “dopo il Concilio” – può “finalmente” salire in presbiterio, può dire il Padre nostro con le mani aperte come il prete, può distrubuire la S. Comunione etc. etc. Povero laico, considerato bravo perché fa queste cose; l’elevazione al diaconato permanente diventa l’apice della vocazione laicale. D’altra parte la vocazione laicale presentata da Alleanza Cattolica non si limita alla santificazione del lavoro e a compiere bene i doveri di stato; si è eleva alla più alta forma di carità laicale, la carità finalizzata a dare alla società quella forma per cui è più facile salvare l’anima: “dalla forma data alla società dipende la salvezza delle anime” (Pio XII). Non limitandosi quindi a lavorare bene, pregare, etc. etc. e, al momento del voto, attenersi alle indicazioni drlla gerarchia: ma a ribadire da un lato la dottrina sociale della Chiesa fondata sul diritto naturale, dall’altro a metterla in pratica in modo “argomentativo”.La teologia in questa vita non è la semplice contemplazione della verità; comprende necessariamente la confutazione dell’errore (argomentando), di ciò che della verità offusca lo splendore; ma mentre un teologo può combattere l’eresia opponendo un trattato (vero) a un trattato (falso), il laico cristiano non solo enuncia e cerca di mettere in pratica la dottrina sociale, ma conosce e combatte chi vuole realizzare forme di società simili a Babilonia; e allora ecco la santificazione studiando Lenin, Gramsci, la corrispondenza Berlinguer-Bettazzi, il contrappunto (il tradimento) della “Civiltà Cattolica”, etc etc.Per contro, come prete, ho capito grazie a questa chiarezza sulla vocazione laicale, che il prete non deve fare – sebbene dovrebbe capire – queste identiche cose. Il prete da un lato deve stare come Mosè sul monte a pregare (S Messa e ufficio divino) mentre Giosuè combatte a valle; dall’altro – strumento della Chiesa nel suo servizio del Munus docendi –, ribadire i principi del diritto naturale e cristiano, cioè quel corpo di dottrina che comprende criteri di giudizio e orientamenti pratici generali.Cosa succede oggi nella Chiesa italiana? L’esatto opposto. Abbiamo documenti episcopali o simil episcopali che tacciono su Gesù Cristo, sulla legge naturale, e che insinuano, ipocritamente fingendo di essere sopra le parti, per chi votare e per chi no; un suggerimento pratico emotivo, esclamato, ma senza logos; i preti che fanno i laici (in modo maldestro), scambiando l’usurpazione del compito laicale con il permesso ai laici di fare le cose dei preti.
Caro Gianni, riposa in pace, non fare l’egoista godendoti la beatitudine senza aiutarci con incessante intercessione, perché siamo nei guai fino al collo.
Don Alfredo Morselli