Una peregrinatio a Roma nel nome del beato martire Rosario Livatino
di Marco Invernizzi
Nei giorni scorsi è avvenuto qualcosa di importante nella battaglia fra il bene e il male, fra la luce e le tenebre. Una reliquia, la camicia insanguinata di un martire dei nostri giorni, Rosario Livatino, ucciso dalla Mafia ad Agrigento il 21 settembre 1990 e riconosciuto come martire dalla Chiesa, è stata accolta per una settimana nei luoghi più importanti delle istituzioni del Paese, al Senato, alla Guardia di finanza, alla Confindustria, al Consiglio Superiore della Magistratura. In particolare, mercoledì 18 gennaio, la reliquia è stata omaggiata a Palazzo Madama dalle massime autorità dello Stato. Un convegno promosso dal Centro studi Rosario Livatino nella splendida sala della Biblioteca del Senato, in piazza della Minerva, ha visto l’intervento scritto del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, quello in presenza del Presidente del Senato (la seconda carica dello Stato), Ignazio La Russa, le massime autorità giudiziarie e i messaggi di numerosi ministri. Sul tavolo dei relatori, uno a fianco dell’altro, tre uomini che provenivano dalla storia di Alleanza Cattolica, nel giorno del terzo anniversario della morte del fondatore Giovanni Cantoni. Un caso? Non direi il caso, ma la Provvidenza, che ci ha regalato un tempo di consolazione, per usare le parole degli esercizi di s. Ignazio. Durante la consolazione bisogna raccogliere la legna per l’inverno, per quando arriverà la desolazione.
Oggi viviamo un tempo miracoloso, perché il sacrificio della vita di un martire permette a tanti uomini delle istituzioni di inchinarsi di fronte al Mistero. La Grazia di Cristo così è entrata nelle stanze del potere e per un attimo ha permesso a tanti di riflettere sulle cose ultime, sulla verità, sul martirio per la giustizia. Nello scontro fra il bene e il male nella storia, sembra si sia aperta una fessura, almeno in Italia, dalla quale è penetrato un vento di Grazia. Ma la desolazione tornerà e il Nemico sarà ancora più feroce perché vorrà vendicare, quasi cancellare, questi momenti così belli.
Noi dobbiamo ringraziare il Signore e Maria Sua Madre per questo tempo che ci è concesso e utilizzarlo al meglio per costruire ambienti di sopravvivenza, oasi di verità e di carità nelle quali sperimentare una diversa qualità della vita, per costruire delle cattedrali, cioè delle micro-cristianità, dove governi la pace, la serenità, l’amore. Dobbiamo continuare a farlo col nostro stile, discreto, quasi nascosto, lo stile che Giovanni Cantoni ha praticato per una vita, nulla chiedendo al potere, eppure servendo le istituzioni con passione ogni qual volta ce ne fosse la possibilità, nella certezza che Dio vede e tiene conto di tutto, e con lo spirito di san Francesco di Sales, espresso nelle parole «nulla chiedere, nulla rifiutare».
La situazione che ha reso possibile quanto accaduto è tuttavia molto fragile. Ecco dunque la necessità della preghiera e dei sacrifici, che vanno indirizzati a Qualcuno che può sconvolgere i piani degli uomini e rendere possibile l’impossibile. Il martirio di Livatino ha innescato nella storia una serie di atti virtuosi, come sempre avviene in conseguenza del sacrificio fecondo di un uomo. Si è accesa una luce dentro un mondo che muore. Sapremo noi tenerla accesa? E’ la domanda che ciascuno è tenuto a porre alla propria coscienza, nella consapevolezza che un altro mondo può rinascere dentro un mondo che muore soltanto se vi sono degli uomini che sono disposti a sacrificare qualcosa della loro vita.
Lunedì, 23 gennaio 2023