Una campagna infondata contro il rapporto del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Direzione Centrale Polizia di Prevenzione, «Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia», del febbraio 1998
Roma, 24-12-1998 (ACNews, 004/98). Il 29 aprile 1998 il ministero dell’Interno ha inviato alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, così di fatto rendendolo pubblico, il rapporto del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Direzione Centrale Polizia di Prevenzione Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia, del febbraio 1998. Cristianità, organo ufficiale di Alleanza Cattolica, nel mese di maggio (anno XXVI, n. 277, pp. 3-14) ha pubblicato un ampio esame del documento a firma di Massimo Introvigne: Molto rumore per nulla? Il «rapporto italiano sulle sette». Nell’articolo si rileva come il rapporto, di per sé e specie se paragonato a documenti di altri paesi europei, affronti in tono sostanzialmente equilibrato un tema difficile e, accanto a errori e ad aspetti discutibili, ne presenti altri positivi.
Contro il rapporto è ora in corso una raccolta di firme da parte della Fraternità Sacerdotale San Pio X, che lamenta il suo presunto «inserimento […] tra le sette più stravaganti e davvero pericolose», in un testo di cui si afferma che «equipara i sacerdoti e i fedeli della Fraternità San Pio X ai gruppi religiosi più stravaganti ed inquietanti», che creano «pericolo per l’ ordine pubblico».
Se davvero la Fraternità Sacerdotale San Pio X fosse stata definita «pericolosa» o «inquietante» per «l’ordine pubblico», le critiche al rapporto sarebbero giustificate. Ma non è così. Il rapporto consta di una Introduzione (pp. 1-19) e di settanta schede (pp. 20-102) dedicate ad altrettanti gruppi che sono stati oggetto di «maggior interesse» (p. 15). La Fraternità Sacerdotale San Pio X non è menzionata nelle schede. È citata brevemente nella Introduzione, che propone una tipologia dei «nuovi movimenti religiosi» distinguendone tre gruppi o famiglie. Il secondo di questi tre gruppi — quello dei «movimenti di derivazione cristiana» (p. 5) — è distinto in cinque sottogruppi. Il secondo dei sottogruppi è quello dei movimenti «Antipapisti e Scismatici» (p. 7) di origine cattolica. In nota, a proposito dei gruppi «scismatici», si afferma che «si tratta del movimento riferito a monsignor Marcel Lefebvre» (ibidem) — cioè della Fraternità Sacerdotale San Pio X —, al cui proposito si nota che «le motivazioni della separazione risiedono non solo e non tanto nella pretesa dei lefebvriani di conservare la liturgia di San Pio X [sic: per san Pio V] (la famosa “messa in latino”), ma soprattutto nel rifiuto delle tesi concordatarie del Concilio Vaticano II» (ibidem). Di questo secondo sottogruppo — come del primo, che comprende i gruppi «avventisti» e «restituzionisti» (ibidem) — si afferma in esplicito che «[…] non evidenziano elementi d’interesse ai fini del presente studio» (ibidem). Giacché il rapporto si occupa, precisamente, dal punto di vista della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, d’identificare quali gruppi siano potenzialmente pericolosi, si trova qui, a p. 7 del rapporto, una esplicita esclusione dei gruppi «scismatici», dunque della Fraternità Sacerdotale San Pio X, dall’ambito dei gruppi «pericolosi».
Pertanto, la Fraternità Sacerdotale San Pio X non viene elencata fra i gruppi «davvero pericolosi» — il rapporto afferma piuttosto il contrario — e non viene «equiparata» ai gruppi «inquietanti», anzi l’Introduzione ha appunto lo scopo di proporre distinzioni precise, non senza ricordare che l’abitudine di usare per tutti questi gruppi la parola «sette» è «spesso impropria» (p. 3). L’Introduzione ha semplicemente un carattere descrittivo e di inquadramento della materia: non propone liste di proscrizione né, a fortiori, misure amministrative nei confronti dei gruppi menzionati. La menzione dei gruppi «scismatici» fra i movimenti religiosi apparsi in tempi relativamente recenti nel panorama italiano è fattualmente ineccepibile. L’inclusione della Fraternità Sacerdotale San Pio X fra i gruppi «scismatici» rispetto alla Chiesa cattolica rispecchia anch’essa il comune sentire degli specialisti nonché la posizione della stessa Chiesa cattolica, posizione di cui anche un osservatore per definizione laico non può non tenere conto come fatto, a prescindere da qualsiasi valutazione teologica.
L’appello proposto dalla Fraternità San Pio X si fonda, quindi, su un equivoco e legge nel rapporto della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione affermazioni che, oggettivamente, non vi sono. È certamente giusto vigilare nei confronti di una nozione impropria di «setta» e di campagne — che continuano in Francia, in Belgio e in altri paesi — che, con il pretesto delle «sette», limitano oggettivamente la libertà religiosa di tutti. In questo quadro internazionale, tuttavia, il rapporto italiano del 1998 emerge piuttosto per il suo relativo equilibrio. Campagne e appelli che si basano su premesse imprecise ed equivoche rischiano invece di arrecare pregiudizio alla stessa causa della libertà religiosa che si vorrebbe in tesi difendere.