Cosimo Galasso e Maurizio Brunetti, Cristianità n. 403 (2020)
1. Premessa
Da quando gli uomini non credono più in Dio non è vero che non credano più in nulla: credono in tutto. Questo aforisma, solitamente attribuito allo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), non solo descrive la morale di uno deisuoiracconti (1), ma fotografa anche la realtà dell’uomo post-illuminista d’inizio Novecento. Qualche anno fa si espresse con accenti simili, e con la consueta profondità teologica, Papa Benedetto XVI (2005-2013): «Dove scompare Dio, l’uomo cade nella schiavitù di idolatrie, come hanno mostrato, nel nostro tempo, i regimi totalitari e come mostrano anche diverse forme del nichilismo, che rendono l’uomo dipendente da idoli, da idolatrie; lo schiavizzano» (2). Tra questi idoli, surrogati del Dio biblico, possiamo ricordare, in ordine sparso, la Razza, la Classe, lo Stato e la Natura, scritti rigorosamente con l’iniziale maiuscola.
Nel pensiero di George Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), uno dei massimi filosofi della «modernità», è invece la Storia ad assumere un ruolo quasi messianico: Dio e, a fortiori, l’uomo sarebbero destinati a compiersi in essa, che è il farsi stesso della verità. Con Hegel prende piede l’idea che la società, la cultura, le forme politiche –– e persino le Chiese e le loro dottrine –– debbano modificarsi continuamente, allineandosi alla direzione di marcia imposta al mondo dalle correnti storiche dominanti. La Chiesa cattolica non farebbe eccezione: in un’ottica hegeliana essa dovrebbe rinunciare a proporre verità immutabili su Dio, sull’uomo e sulla vita.
La post-modernità ha invece fatto tornare in auge alcuni tratti della riflessione filosofica di Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling (1775-1854), per il quale l’Assoluto coinciderebbe con la Natura, vista come una sorta di spirito pietrificato, agente oltre la fisica e la chimica alla stregua di un organismo vivente. Schelling, dunque, può essere considerato come il traghettatore dalla gnosi antica a quella moderna (3). Tra le forme di gnosticismo moderno, quello «ottimistico» di stampo rinascimentale può essere considerato una vera e propria corrente ispiratrice dell’ecologismo radicale. «Per lo gnostico ottimista –– spiega la studiosa Frances Amelia Yates (1899-1981) –– la materia è impregnata di divino, la terra vive, si muove, per una vita divina, le stelle sono viventi animali divini, il sole brucia di una forza divina, tutte le parti della natura sono buone, perché sono tutte parti di Dio» (4).
In questo articolo tratteremo il tema della natura. Non la Natura-Dio del mondo pagano o magico-rinascimentale, ma una natura che il pensiero giudaico-cristiano aveva dapprima de-sacralizzato spopolando le selve da spiriti e folletti, per poi ri-sacralizzarla in accordo agli insegnamenti biblici. Da questo punto di vista, piante, animali e stelle sono tutte creature chiamate dal nulla all’esistenza da Dio e, dunque, capaci di «parlare» all’uomo, perché eco della sua Parola e riflesso della sua Bellezza. Nel cosiddetto Medioevo, i monaci, soprattutto i benedettini, insegnavano ad amare e a rispettare tutte le creature, finanche le api o le mosche, perché partecipi, in una certa misura, per quanto piccola, del Logos divino. L’amore per il creato era, dunque, tutt’altro che sconosciuto nei secoli della cristianità, ma, a differenza di quanto propugnato da un certo ambientalismo dei giorni nostri, quegli uomini nutriti di spiritualità e di dottrina riconoscevano l’esistenza di una gerarchia delle creature che va «dal meno perfetto al più perfetto» (5), memori delle parole di Cristo: «Voi valete più di molti passeri» (Lc 12,7) e «Quanto è più prezioso un uomo di una pecora!» (Mt. 12,12).
In particolare, analizzeremo il «fenomeno Greta Thunberg», l’adolescente svedese che da due anni a questa parte è divenuta icona dell’intero movimento ambientalista mondiale e può essere considerata una sorta di profetessa di quel «dio verde» al quale, oggi, in tanti si prostrano riverenti. Ad alcuni dati di cronaca seguiranno considerazioni sulla situazione «di salute» dell’Occidente, alcune osservazioni sul pensiero sotteso a questa sorta di ubriacatura collettiva per tutto ciò che è «verde». Infine, prima delle conclusioni, faremo un rapido excursus di natura scientifica, dal quale si evincerà che il «fenomeno Greta» è inquadrabile più correttamente nell’ambito dell’apocalittica che in quello della scienza sperimentale e galileiana, il cui statuto epistemologico reclama equazioni ed esperimenti riproducibili, non proclami ai quali manca il legame tra il soggetto e quanto di esso predicato. A scanso di equivoci, il messaggio che qui si intende comunicare non consiste nel negare la rilevanza di qualsivoglia problema ecologico, ma solo denunciare il carattere quasi sempre ascientifico di un accostamento ideologico al tema: «Il rischio è che una più che auspicabile sensibilità –– diffusa e intergenerazionale –– per i temi ambientali si trasformi in una forma di ideologia che non individua più nell’uomo l’esclusivo centro prospettico a partire dal quale interrogarsi sui detti problemi, anzi considera quella ambientale una questione assolutizzabile» (6).
2. Ha senso scioperare contro i cambiamenti climatici?
Negli ultimi cinquant’anni, abbiamo assistito a ripetuti allarmi circa i cambiamenti climatici. Si è asserita con sicumera la loro antropogenesi, ma non c’è sempre stata unanimità sugli scenari catastrofici ipotizzati come loro conseguenza. Fino agli anni 1970, infatti, non pochi scienziati si dicevano preoccupati di un «raffreddamento globale» allora già in atto. A minacciare l’umanità sarebbe stata l’imminente estensione dei ghiacci artici che, in poco tempo, avrebbe comportato l’estinzione di molte specie viventi. Il paradigma si è successivamente rovesciato, stavolta paventando l’esistenza di un non meno minaccioso «riscaldamento globale» causato, fra le altre cose, da un aumento nell’atmosfera della percentuale di «gas serra» fra cui l’anidride carbonica (CO2). Tuttavia, nella comunità scientifica si preferisce adesso insistere su un più anodino «cambiamento climatico». Personalità del calibro del premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia dicono di dubitare che minori emissioni di CO2 stabilizzerebbero il clima giacché «[…] il clima della terra è sempre cambiato» (7). Dal canto suo, Ernesto Pedrocchi, docente emerito di Energetica al Politecnico di Milano, nega una correlazione fra il global warming («riscaldamento globale») e l’aumento di CO2 o, in altri termini, l’azione diretta dell’uomo: «Il clima globale per gli ultimi decenni è rappresentato tramite la Tgm [cioè la temperatura globale media] rilevata dai satelliti: si rileva un lieve riscaldamento tra il 1979 e il 2000, poi un periodo di stabilità fino a circa il 2014 e dopo un ulteriore riscaldamento dovuto essenzialmente al fenomeno naturale di El Niño, che è sempre responsabile dei picchi di Tgm riscontrati in tutto il periodo. Ora la Tgm sta ritornando al livello di pausa o di leggera crescita che si era manifestato dopo il 2000. Inoltre siamo in una fase di “sole debole” […] che non fa presagire un ulteriore riscaldamento del pianeta. Non è privo di significato il passaggio semantico introdotto dagli stessi sostenitori dell’AGW da “global warming” a “climate change”» (8).
Rebus sic stantibus, il 20 agosto 2018 è deflagrata la «bomba» mediatica Greta Thunberg: da quel venerdì e per diversi venerdì successivi, Greta si è recata di fronte al Riksdag,il parlamento svedese, munita unicamente di un cartello, con scritto sopra Skolstrejk för klimatet, letteralmente, «sciopero scolastico per il clima». Da quel momento è iniziata la sua scalata verso la notorietà mondiale, con una rapidità veramente sorprendente.
Già nel dicembre successivo Greta era ospite alla COP 24 — la Conferenza delle Parti sul Clima, il più importante forum internazionale riguardante i problemi legati ai cambiamenti climatici — tenutosi a Katowice, in Polonia: da lì ha lanciato il movimento mondiale Fridays For Future, con lo scopo di promuovere una serie di scioperi per il clima in tutto il mondo. Quello del 15 marzo 2019 ha visto una partecipazione che, solo in Italia, ha raggiunto il milione di studenti. Lo sciopero del 27 settembre successivo ha avuto un successo analogo. Nel frattempo, nel mese di aprile 2019, Greta è stata ricevuta in pompa magna nel parlamento europeo dove ha tenuto una relazione agli eurodeputati, quindi ha avuto un invito ufficiale dal Senato della Repubblica Italiana e ha incontrato Papa Francesco in Piazza San Pietro. Gli avvenimenti hanno seguito un copione analogo a Madrid, per la COP 25, dove, nel dicembre 2019, è stato lanciato il quinto sciopero mondiale per il clima.
La giovane attivista svedese ha la pretesa — cosa di per sé impossibile — di viaggiare a «emissioni zero». Per partecipare alla conferenza sul clima di New York, svoltasi a settembre 2019, e non produrre CO2 ha trovato mezzi non proprio alla portata di tutti: si è infatti fatta dare un «passaggio» dal veliero di Pierre Casiraghi, il figlio della principessa di Monaco Carolina Grimaldi. Al ritorno, per raggiungere Madrid, ha ricevuto un altro passaggio su una barca a vela da 800 mila euro di una coppia di youtuber australiani…
La portata dei risultati mediatici ottenuti da Greta rende lecito sollevare qualche perplessità circa la genuinità e la spontaneità del fenomeno da lei generato. Chi, a soli quindici anni, potrebbe anche lontanamente immaginare di essere ascoltato e riverito nei massimi consessi internazionali in assenza di una macchina propagandistica di supporto programmata, efficiente e collaudata? Perplessità che aumentano leggendo alcune delle dichiarazioni rilasciate da Greta (9). Il docente diFilosofia del Diritto e studioso di scienze sociali Carlo Lottieri non ha dubbi: «È chiaro che c’è un enorme elemento di artificiosità nella costruzione di questo personaggio che però risponde a una domanda diffusa di miti e di riferimenti oltre il quotidiano» (10).
Il giornalista Roberto Vivaldelli ha provato a identificare qualcuno degli esperti di comunicazione all’opera: «“Ora posso dire che la persona che sta dietro al lancio del libro e lo sciopero scolastico, nonché la successiva campagna di pubbliche relazioni sul problema del clima, è il PR professionista Ingmar Rentzhog [«PR» sta per esperto in pubbliche relazioni]” scrive il giornalista Andreas Henriksson sul suo profilo Facebook […]. Rentzhog, che è fondatore della start-up We Do not Have Time, incontra Greta di fronte al Parlamento svedese e pubblica un post commovente sulla sua pagina Facebook e Instagram. Siamo al primo giorno dello sciopero iniziato da Greta. Curiosamente, quattro giorni più tardi, il 24 agosto, esce il libro dei genitori di Greta, Scenes from the Heart, che racconta i dettagli della vita privata della coppia e della figlia. Una banale coincidenza? Forse. Da lì a poco We Do not Have Time guarda caso decolla, proprio grazie alla spinta mediatica di Greta. Il 24 novembre Rentzhog la nomina nel board. Solo tre giorni dopo, la start up lancia una campagna di crowdfunding per 30 milioni di corone svedesi (circa 2,8 milioni di euro). Greta è nominata ovunque. Lo stesso Ingmar Rentzhog si vanta di “aver scoperto” la ragazza ma nega, in seguito, di averne sfruttata l’immagine per raccogliere denaro, pur sostenendo di “aver avuto un ruolo centrale nella crescita della sua popolarità”» (11).
Quanto ai problemi sollevati da Greta, la lunghissima storia geologica del pianeta Terra ci ricorda che scioperare contro i cambiamenti climatici è surreale e donchisciottesco: solo nell’ultimo mezzo milione di anni le nostre calotte polari si sono ricostituite e sciolte almeno cinque volte. Solo un uomo accecato dal razionalismo può immaginare –– da vero «padrone del mondo» –– di riuscire a stabilizzare il clima di un pianeta, come si fa in un appartamento regolando i termosifoni d’inverno e i condizionatori d’aria d’estate. Inoltre, è scientificamente discutibile che l’aumento delle emissioni di CO2 comporti sempre un aumento in proporzione di quello della temperatura media. Secondo quanto dichiarato dal professor Franco Prodi, già ordinario di Fisica dell’Atmosfera, «non va la corrispondenza causa-effetto fra aumento della concentrazione di CO2 e riscaldamento, come se fossero le uniche due parti in commedia. Si ammette come sicura la proporzionalità: più CO2, più riscaldamento. Si ignora per esempio la discussione sulla saturazione possibile delle bande di assorbimento di questo gas: oltre a un certo livello d’assorbimento l’aumento di anidride carbonica non determinerebbe altro riscaldamento […]. All’aumento di temperatura corrisponde certamente un maggior contenuto di vapore in atmosfera e presumibilmente maggiore copertura e spessore delle nubi, le quali, si sa, hanno complessivamente un effetto di raffreddamento, quindi opposto al riscaldamento» (12).
3. L’Occidente in crisi
Il «fenomeno Greta Thunberg» trova il suo naturale brodo di coltura nella crisi di identità dell’Europa e di tutto l’Occidente, rilevata per esempio nel 2004 dall’allora card. Joseph Ratzinger, in un discorso tenuto al Senato della Repubblica Italiana: «C’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta sì in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro» (13). Divenuto Papa con il nome di Benedetto XVI, questi rincarò la dose in occasione del cinquantesimo anniversario dell’istituzione dei Trattati europei: «Se […] i Governi dell’Unione desiderano “avvicinarsi” ai loro cittadini, come potrebbero escludere un elemento essenziale dell’identità europea qual è il Cristianesimo, in cui una vasta maggioranza di loro continua ad identificarsi? Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali ed assoluti? Questa singolare forma di “apostasia” da se stessa, prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità?» (14).
Anche il politologo francese Alexandre Del Valle ha svolto sul punto riflessioni acute. Egli nota come il Trattato di Lisbona del 2007 non abbia rinunciato solamente alla menzione delle radici giudaico-cristiane dell’Europa, ma anche alla nozione di «spazio territoriale europeo» a vantaggio di una nuova entità, lo «spazio giuridico europeo», che abbraccerebbe «[…] la totalità degli esseri umani divenuti “cittadini” e quelli che lo diverranno, indipendentemente dalla loro identità e provenienza geografica. In questa prospettiva, il futuro governo d’Europa è concepito in modo radicalmente universalista, extraterritoriale. e ambisce di forgiare “una nuova Storia”, una società pacificata e resa sicura da un “ipergiuridismo” che faccia da contrappeso a un’identità politica “debole”» (15).
Anche per Del Valle l’Occidente è afflitto dalla paurosa malattia già rilevata dai pontefici: il senso di colpa, secondo il quale la nostra sarebbe la peggior civiltà della storia, quella che, a ogni latitudine, ha causato più danni di tutte. Nel contempo, forze diverse cooperano a smantellare ciò che ancora rimane della cultura giudeo-cristiana: l’induzione al consumo esasperato, l’islamismo radicale e la persistente propaganda culturale della sinistra liberal o vetero-marxista che seduce anche il mondo cattolico e la maggioranza delle confessioni protestanti. A snaturare l’Occidente contribuisce dall’interno anche l’ormai intronizzata dittatura del «politicamente corretto» (16), che opererebbe lungo tre diverse direttrici, ognuna corrispondente a una lettera della terna «DRC», acronimo di «Distruzione delle Rappresentazioni Competitive»: «D» come «demonizzazione della cultura occidentale»; «R» come «rovesciamento di tutte le nostre tradizioni», cui si rinuncia aprendosi incondizionatamente all’altro; «C»,infine, come «senso di colpevolezza», interiorizzato il quale non ci si sentirebbe più autorizzati a difendersi dagli attacchi esterni. Nei discorsi che Greta ha pronunciato in questi quasi due anni di attività ritroviamo tutti questi elementi. Ciò spiega «[…] la popolarità che assumono i discorsi di certi ideologi libertari-ecologisti, che arrivano persino a esaltare la decrescita economica e la denatalità dei Paesi occidentali, che “meriterebbero” di sparire per “aver distrutto il pianeta”. […] Questo tipo di radicalismo ecologico e misantropo –– che omette di precisare che i più grandi inquinatori sono i Paesi emergenti –– le cui idee conquistano poco a poco il grande pubblico, è un sintomo ulteriore della depressione collettiva dell’Occidente» (17).
4. L’ambientalismo radicale come religione
Come ho appena ricordato, il radicalismo ecologico ha trovato in un Occidente depresso e dall’identità debole e scristianizzata il terreno perfetto nel quale proliferare: «L’ambientalismo è la religione degli atei urbanizzati [e] il cibo biologico è la sua comunione» (18).Greta appare appunto «la giovanissima santona di questa religione» (19), osserva Giulio Meotti su il Foglio; un culto che si nutre di pessimismo e di catastrofismo. Eppure, «qualche sfida che sembrava insormontabile l’abbiamo già vinta. Il buco dell’ozono, l’angoscia del decennio precedente, si sta restringendo. Dal 1990, c’è stata una riduzione del 90 per cento delle emissioni automobilistiche (e una riduzione del 99 per cento dal 1960), anche se l’auto rimane il nemico pubblico numero uno. Intanto, un miliardo di persone è uscito dalla povertà assoluta, l’aspettativa di vita è aumentata, la guerra è più rara, molte malattie gravi sono state sradicate, il cibo è abbondante, la Nasa ci dice che la terra è più verde oggi di vent’anni fa, la popolazione mondiale si stabilizzerà a metà del secolo per poi scendere, e considerando la mortalità infantile, il reddito medio mondiale e la disponibilità di risorse, lo stato di salute dell’umanità e del mondo non è mai stato migliore, e persino in via di costante miglioramento» (20).
Questa citazione, ancorché lunga, serve a comprendere che l’ecologismo radicale ha ben poco a che fare con la scienza galileiana, che è fatta di numeri, misure, equazioni, esperimenti e tentativi di previsioni. Siamo piuttosto in presenza di un’ideologia con una mistica sua propria: i teorici dell’ambientalismo ricorrono spesso a espressioni quali «grande madre», «madre terra» ed «energia cosmica divina» di cui l’uomo non sarebbe che una scintilla, espressioni che si inquadrano in una visione antropologica ispirata dal New Age della fine dello scorso millennio, in cui le differenze sostanziali fra Dio e l’universo si assottigliano fino a scomparire, una visione che manifesta il suo legame con un panteismo e un immanentismo già presenti tanto nel paganesimo antico quanto nel pensiero del già citato Schelling.
A questo proposito suonano pertinenti alcune considerazioni del filosofo Pierluigi Pavone: «Per l’ecologismo l’uomo è parte del tutto, è una delle tante espressioni finite dell’infinito divino-naturale: il suo spirito non è altro che scintilla dello spirito cosmico. In quanto tale è chiamato a prendere coscienza di questa verità, armonizzando la coscienza particolare con quella materna del Tutto; provvedendo responsabilmente non solo a non disporre delle risorse ambientali, ma a praticare diete alimentari che declinano le massime morali della Critica della Ragion Pratica di Kant [Immanuel, 1724-1804] all’uomo quanto a qualsiasi altro essere vivente, fino a teorizzare di nutrirsi di aria ed energia solare; provvedendo a diminuire drasticamente il numero di esseri umani nel pianeta. Perché? La ragione è una conseguenza implicita, ma che rende motivo di credere che l’ecologismo nasconda pratiche contro l’essere umano. Se il fine ultimo è il benessere del Pianeta e se l’uomo è quell’essere vivente che deturpa il Pianeta, si evince che tale essere vivente non è una parte innocua, bensì una parte malata, anzi la malattia stessa del pianeta. Il cancro. Questa è la tesi di fondo dell’ecologismo: il pianeta è il grande organismo vivente; l’uomo il cancro» (21).
L’esito anti-umano dell’ecologismo bio-centristico non è solo teorico. Infatti, le posizioni estreme testé citate sono già state rivendicate da diversi suoi esponenti. Emblematico, da questo punto di vista, quanto affermato già nel 1988 alla Deutsche Press Agentur –– l’agenzia di stampa tedesca analoga alla nostra ANSA –– dal principe Filippo di Edimburgo, marito della regina d’Inghilterra Elisabetta II e socio fondatore, assieme ad altri, del World Wildlife Fund (WWF), la più nota e influente associazione mondiale per la protezione della natura: «Se rinascessi, mi piacerebbe essere un virus letale, per contribuire a risolvere il problema dell’eccesso di popolazione» (22). L’abbassamento dell’uomo, quando va bene, a essere senziente al pari di tutti gli altri viventi, porta a esiti «sociali» raccapriccianti, non lontani da quanto pronosticato da certa letteratura distopica. Con molta serenità, il noto ambientalista Fulco Pratesi, fondatore del WWF Italia, verso la fine del secolo scorso formulava la proposta che segue: «Si potrebbero adoperare i carnai, gli appositi terreni recintati e sorvegliati, impiegati dalle associazioni naturalistiche come il WWF e la LIPU per alimentare i rapaci. In questi carnai i nostri resti mortali potrebbero servire da cibo agli ultimi grifoni. Il tempo medio di distruzione della salma è di poche ore. Restano le ossa, è vero. Ma a questo inconveniente si potrebbe ovviare se al festino partecipasse anche l’avvoltoio barbuto, che lancia le ossa sulle rocce per divorarne il midollo. In pochissimi giorni, delle nostre spoglie non resterebbero che escrementi mineralizzati» (23).
5. La lunga marcia dei catastrofismi ecologico-demografici
Il catastrofismo ecologico ha i suoi antesignani, fra i quali va annoverato il pastore anglicano ed economista Thomas Robert Malthus (1776-1834). Famosa è la sua teoria, secondo cui la popolazione tenderebbe a crescere — in proporzione geometrica — molto più dei mezzi di sussistenza — in proporzione aritmetica — fino a comportare una penuria generalizzata di beni e l’arresto dello sviluppo economico. Questa teoria sconfessata dalla realtà (24) ha convinto scienziati, filosofi e politici delle generazioni successive, da Charles Robert Darwin (1809-1882) ai tecnocrati mondialisti del Club di Roma, fondato nel 1968, dell’urgenza, anzi dell’«obbligo morale» di attuare politiche eugenetiche e di controllo delle nascite su vasta scala.
L’infanticidio selettivo praticato nell’antica Sparta venne guardato con ammirazione, per esempio, da Ernst Heinrich Haeckel (1834-1919) (25), lo zoologo tedesco che usò per la prima volta il vocabolo «ecologia» in campo biologico, dando alla definizione di tale disciplina una curvatura decisamente darwiniana (26). Haeckel propugnava una peculiare forma di monismo: egli concepiva, infatti, l’uomo, l’anima, il mondo e Dio come espressione di un’unica sostanza che si manifesta nelle infinite forme sensibili dell’universo. Resi evanescenti i confini tra i diversi elementi della natura, tra regno vegetale e regno animale, tra regno animale e mondo umano, le fondamenta teoriche del movimento animalista contemporaneo potevano dirsi gettate (27).
Il catastrofismo demografico ebbe una clamorosa impennata negli anni 1950. Si era nei primi anni della Guerra Fredda (1945-1991) e l’Unione Sovietica era appena riuscita a entrare in possesso della potentissima «Bomba H», quando l’uomo d’affari e filantropo statunitense Hugh Everett Moore (1887-1972), finanziò nel 1954 la pubblicazione di un libello dal titolo The Population Bomb, «La bomba demografica». Quella di Moore, peraltro fondatore nel 1944 dello Hugh Moore Fund avente come ragione sociale, fra le altre, proprio il controllo delle nascite e futuro presidente dell’associazione per la sterilizzazione volontaria, fu una trovata comunicativa molto efficace destinata a influenzare la storia recente del mondo: nel suo pamphlet si equiparavano i pericoli di una crescita incontrollata della popolazione a quelli dello scoppio di una bomba all’idrogeno. Inviò quel testo a tutti i capi di Stato e divenne un punto di riferimento di tutta la galassia del movimentismo radicale, sia quello di orientamento pacifista, sia quello femminista, sia quello ambientalista. Nel 1970, Moore impegnò le proprie risorse per la buona riuscita del primo Earth Day, la «Giornata della Terra». Ebbe fortuna lo slogan da lui coniato «la gente inquina».
Alla morte di Moore, Lester Brown, presidente del World Watch Institute, continuerà a battere la strada dell’apocalittica: «L’annuncio di catastrofi prossime venture (peraltro sempre smentite dalla storia) diventa la strada maestra per giustificare ogni decisione mirante a limitare l’attività e la stessa presenza dell’uomo: dalla condanna dello sviluppo senza limiti alla promozione di aborto ed eutanasia, un unico filo rosso lega le principali politiche globali» (28).
Nell’ottobre del 1973 i metereologi si diedero appuntamento a Chamonix, sul versante francese del Monte Bianco. «Secondo la maggior parte degli scienziati non ci sono dubbi –– riportava una cronaca dell’evento –– il continuo espandersi dei ghiacciai è principalmente dovuto all’alto tasso di inquinamento atmosferico; i fumi industriali sospesi nell’aria rappresentano infatti un serio ostacolo per le radiazioni infrarosse del Sole, e di conseguenza arrivando meno calore sulla terra, i ghiacciai prosperano. […] Se l’uomo non si deciderà ad affrontare, al più presto e seriamente, il problema ecologico, non è improbabile che dietro l’angolo trovi ad attenderlo una nuova Era glaciale» (29).
Quella della glaciazione imminente è stata solo una delle tante catastrofi annunciate negli ultimi sessant’anni (30), ed è certamente significativo che, nel giro di pochissimi anni, alcuni tra i suoi profeti –– il climatologo Stephen Schneider (1945-2010), per esempio, che nel 1974 veniva ascoltato sui pericoli del «raffreddamento globale» da consulenti della Casa Bianca (31) –– siano riusciti a riciclarsi, senza che l’immagine pubblica ne patisse minimamente, come pronosticatori del global warming.
L’esaurimento delle risorse alimentari del pianeta è un altro spauracchio che un certo mondo ambientalista, con enfasi variabile negli ultimi sessant’anni, ha sbandierato con accenti apocalittici. «È ormai troppo tardi perché il mondo possa evitare un lungo periodo di carestia, secondo quanto affermato da un biologo dell’Università di Stanford», si scriveva nel 1967. «Paul Ehrlich ha detto che la “stagione delle carestie” è alle porte e sarà al suo culmine e al massimo della distruzione entro il 1975. Ha dichiarato che la popolazione degli Stati Uniti è già eccessiva, che il controllo delle nascite potrebbe essere ottenuto rendendolo involontario e introducendo sostanze sterilizzanti negli alimenti di base e nell’acqua potabile, e che la Chiesa Cattolica Romana dovrebbe essere spinta a sostenere le misure di routine finalizzate al controllo della crescita della popolazione» (32). Queste tesi sarebbero poi confluite un anno dopo nel best-seller promosso, tra gli altri, dall’International Planned Parenthood, The Population Bomb –– il titolo è lo stesso del pamphlet di Moore –– che avrebbe procurato all’entomologo Ehrlich una notorietà internazionale (33). Da ciò si può intuire quanto siano state forti, nei mesi di elaborazione dell’enciclica Humanae Vitae promulgata da san Paolo VI (1963-1978) nel luglio del 1968, le pressioni da parte del mondo neo-malthusiano sulla Chiesa perché questa mutasse il giudizio sulla liceità morale del ricorso ai contraccettivi come mezzo di regolazione delle nascite.
Il 1975 è passato e le risorse del pianeta non si sono esaurite, così come è passato il 2014 senza che si siano sciolte le calotte polari, come invece aveva pronosticato alla COP 15, la conferenza sul clima tenuta a Copenaghen nel 2009, il profeta di turno «Al» Gore. Come spesso avviene, i fatti hanno smentito i profeti di sventura e i loro pregiudizi ideologici. Nelle discipline scientifiche dovrebbero essere solo i numeri a contare. Purtroppo, però, anche la comunità scientifica subisce l’influenza delle mode culturali e si dimostra, perciò, restia ad abbandonare i propri paradigmi, arrivando talora a ignorare volutamente i dati sperimentali che suggerirebbero di farlo (34).
6. Scienza galileiana o ideologia?
Posto che, nel corso della storia, non di rado la scienza è stata chiamata impropriamente in causa per dare dignità a programmi sociali e politici tendenzialmente abietti –– anche se, è bene precisarlo, Adolf Hitler (1889-1945) non era neanche nato quando Charles Robert Darwindeprecava il vezzo degli «uomini civilizzati» di costruire «asili per pazzi, storpi e malati» e fare di tutto perarrestarne «il processo di eliminazione» (35) ––, dinanzi alle tante catastrofi annunciate e non verificatesi, è lecito chiedersi se da parte dell’ambientalismo radicale vi sia stato negli anni un uso truffaldino della scienza, sistematico e non solo occasionale.
Nel caso specifico della climatologia, la risposta necessita un minimo di articolazione. L’uomo occidentale moderno tende ad aspettarsi da una legge «scientifica» un carattere di predittività cui però non tutti gli ambiti delle scienze empiriche possono aspirare. Anche all’interno della sola fisica, la precisione con cui si può prevedere la traiettoria di un proiettile istante per istante è incomparabilmente superiore alle previsioni riguardanti la dinamica atmosferica. Ciò è dovuto, fra le altre cose, a una caratteristica delle cosiddette equazioni di Navier-Stokes (36) che la governano: non sono integrabili. Non è possibile cioè ricavare, pur fotografando adeguatamente la situazione fluido-dinamica in un determinato istante, formule che ne descrivano con ragionevole precisione ogni possibile stato futuro. Il sistema di equazioni di Navier-Stokes descrive uno stato caotico, ossia un sistema molto sensibile alle variazioni delle condizioni iniziali. Come se non bastasse, un sistema atmosferico subisce istante per istante una tale mole di elementi perturbatori intermedi da rendere antiscientifiche non tanto le soluzioni approssimate ottenute con l’ausilio dei computer quanto la sicumera con cui queste vengono talvolta presentate. Qualche anno fa, Antonino Zichichi, docente emerito di Fisica Teorica, scriveva: «Non esiste alcuna speranza che, con i modelli attuali, le previsioni meteo possano andare al di là delle due settimane» (37).Nonostante l’accresciuta capacità di calcolo dei computer negli ultimi vent’anni, la situazione non è sostanzialmente cambiata: ogni stima della temperatura media della Terra nel 2100 e ogni correlazione con le percentuali di CO2 presenti nell’atmosfera vanno, dunque, recepite con beneficio d’inventario.
7. L’apocalittica secolarizzata di Greta
L’apocalittica è un genere letterario sviluppatosi in particolar modo nel tardo giudaismo e negli ambienti del cristianesimo primitivo del II secolo e ha i suoi cliché: visioni semi-allegoriche, ricorso al simbolismo, sogni traditi o disattesi, descrizioni a tinte forti atte a scuotere l’uditorio. Nei discorsi e nelle dichiarazioni di Greta non è arduo reperire tutti questi elementi, a scapito del linguaggio proprio della scienza galileiana.
Ovviamente, si tratta di un simbolismo –– a differenza del modello giudaico-cristiano –– del tutto secolarizzato. Anche in questo caso lo scenario prevede una sorta di «peccato originale» compiuto dall’umanità e un conflitto drammatico e metastorico tra le potenze del bene e quella del male. Solo che il delitto, in questo caso, è stato perpetrato contro la Madre Terra «che non perdona mai», e il discrimine tra i buoni e i cattivi è tra chi ricicla i rifiuti oppure no, tra chi si impegna a vivere «senza plastica» e «a emissioni zero» e chi inquina. Anche Greta parla di «segni dei tempi»: con la differenza che l’inevitabile catastrofe cosmica annunciata dall’Apocalisse di san Giovanni apostolo ci porterà verso «un cielo nuovo e una terra nuova» (Ap 21,1), dove Dio regnerà incontrastato assieme a chi, liberamente, lo ha scelto. Greta, invece, dopo averci ammonito che il tempo per salvare Gaia e tutte le sue creature sta scadendo –– We do not have time! —, vagheggia la vita armoniosa che potremo vivere sulla Terra una volta che la nostra «conversione» ecologica sarà completa. In realtà, la demonizzazione, e la rinuncia allo sviluppo industriale tout court, avrebbe tra i suoi effetti immediati il peggioramento della qualità della vita di chiunque non sia ultra-ricco. Il rapporto armonioso con la natura non si recupera abolendo il traffico aereo e le medicine sintetiche. L’aumento di benessere e l’allungamento della vita media che si è avuto, ai nostri giorni, in Occidente, a livelli mai raggiunti prima da nessuna epoca e civiltà, sta a dimostrare che la strada giusta non è quella della «decrescita felice», bensì quella di uno sviluppo che sia rispettoso innanzitutto dell’uomo e poi dell’intero creato. Un uso corretto della scienza, affiancato da una giusta considerazione della dignità dell’uomo, può aiutarci, ricordando che lo sviluppo tecnologico non ha sempre significato «più inquinamento»: le lampade elettriche in uso oggi in Occidente inquinano cinquanta volte meno di quelle a petrolio ancora utilizzate nei Paesi in via di sviluppo, cosi come i televisori moderni consumano centinaia di volte meno energia di quanto non facessero quaranta anni fa. E chi rimpiange la presunta salubrità delle città nell’era pre-industriale farà bene a riflettere su quanto osservato da don Robert Alan Sirico, fondatore dell’Acton Institute for the Study of Religion and Liberty: «Chi è infastidito dall’inquinamento dell’aria causato dalle macchine e dai camion, provi a immaginarsi la sporcizia che si riverserebbe sulle strade di New York o di Los Angeles, sovraffollate e piene di cavalli, muli e buoi. Possiamo anche immaginare romanticamente una vita cittadina fatta di carrozze trainate da cavalli perché non dobbiamo sentire l’olezzo, spalare o camminare tra il fango e il letame che hanno caratterizzato quelle città per secoli» (38)
Molto meglio è prendere sul serio le indicazioni della dottrina sociale della Chiesa, secondo cui, innanzitutto, bisogna ribadire «il primato dell’etica e dei diritti dell’uomo sulla tecnica»; che «la natura non va considerata come realtà a sé stante, divina e sottratta all’azione umana»; che «dobbiamo collaborare allo sviluppo ordinato delle regioni più povere»; infine, che «bisogna fornire una risposta a livello di spiritualità che non sia quello dell’adorazione della natura» (39).
Note:
1) Cfr. Gilbert Keith Chesterton, L’oracolo del cane, 1926, in Idem, I racconti di padre Brown, trad. it., San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2013, pp. 456-476.
2) Benedetto XVI, Catechesi su «L’uomo in preghiera». Profeti e preghiere a confronto (1Re 18,20-40) nel corso dell’Udienza Generale, del 15-6-2011.
3) Con «gnosi antica» si denota tutta una serie di movimenti e di dottrine diffusisi tra il II e il IV secolo accomunati dalla credenza che l’uomo possa accedere alla salvezza non per i meriti della Passione di Gesù Cristo, ma con mezzi puramente umani di conoscenza, «gnosis», appunto. Un’altra posizione tipicamente gnostica è il disprezzo del mondo materiale, che sarebbe stato creato da esseri spirituali malvagi. Dunque, spetterebbe all’uomo –– illuminato dalla gnosis –– il compito di «correggere» il mondo creato e, in questo modo, divinizzarsi.
4) Frances A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, trad. it., Laterza, Roma-Bari 1969, p. 39.
5) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 342.
6) Antonio Casciano, «Ecologismo ambientale di massa» ed «ecologia umana integrale». Paradigmi a confronto, in Cristianità, anno XLVII, n. 399, settembre-ottobre 2019, pp. 41-48 (p. 44). Come il titolo suggerisce, questo articolo mette a fuoco le differenze fra l’ecologismo radicale e le riflessioni ormai pluridecennali sui temi ecologici del Magistero della Chiesa. Sul punto, cfr. anche il capitolo dal titolo Salvaguardare l’ambiente nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa promulgato nel 2004 dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Cfr., altresì, l’articolo n. 2432 del Catechismo della Chiesa Cattolica che recita: «I responsabili di imprese hanno, davanti alla società, la responsabilità economica ed ecologica delle loro operazioni».
7) Carlo Rubbia, Intervento presso le Commissioni riunite Affari Esteri e Ambiente e Territorio di Camera e Senato del 26-11-2014, nel sito web <https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/309730.pdf>, p. 20 del pdf (gl’indirizzi Internet dell’intero articolo sono stati consultati l’11-7-2020).
8) Ernesto Pedrocchi, Riscaldamento Globale: emissioni di CO2 prodotta dall’uomo non sono la vera causa, del 20-4-2017, nel sito web <agoravox.it/Riscaldamento-globale-Emissioni-di.html>.
9) Si leggano, per esempio, quelle proferite durante la conferenza stampa tenutasi alla Casa Encendida di Madrid il 6-12-2019: «Stiamo diventando sempre più forti e le nostre voci vengono ascoltate sempre di più, ma ovviamente ciò non si traduce in azione politica» (cit. in Emanuela Barbiroglio, Com’è stata fin qui la conferenza sul clima Cop25,nel sito web <https://www.wired.it/attualita/ambiente/2019/12/09/cop25-prima-settimana-reportage>).
10) Leonardo Petrocelli, L’ecologismo? Pericoloso: mira a controllarci tutti. Intervista a Carlo Lottieri, in Gazzetta del Mezzogiorno, 26-9-2019. Nella stessa intervista, Lottieri ricorda che «ci sono alcuni scienziati che mettono in discussione l’origine antropica del cambiamento climatico. Ma ammettiamo che abbia ragione chi scarica le colpe sull’uomo. Ebbene, il rischio è di una deriva scientista e tecnocratica: siccome i climatologi dicono questo, allora si attivano meccanismi di controllo che intervengono in maniera dettagliata sulla vita della gente. Una specie di superpotere, abilitato, lui solo, a discernere bene e male. Politicamente il rischio è da brividi».
11) Roberto Vivaldelli. Greta Thunberg, chi è e chi c’è dietro, in il Giornale del 13-10-2019, reperibile nel sito web <https://www.ilgiornale.it/news/mondo/greta-thunberg-tutto-che-c-sapere-1759636.html>.
12) Rodolfo Casadei, Negazionisti sarete voi. Intervista a Franco Prodi, in Tempi del 4-12-2019, reperibile nel sito web <https://www.tempi.it/negazionisti-sarete-voi-intervista-a-franco-prodi>.
13) Joseph Ratzinger, Lectio magistralis su «Le radici spirituali dell’Europa», tenuta il 13-5-2004 presso la Biblioteca del Senato; il testo è stato pubblicato integralmente su il Foglio quotidiano del 14-5-2004 ed è reperibile nel sito web <http://disf.org/ratzinger-lezione-minerva>.
14) Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al congresso promosso dalla Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE), del 24-3-2007.
15) Alexandre Del Valle, Il complesso occidentale. Piccolo trattato di decolpevolizzazione, Paesi Edizioni, Isola del Liri (Frosinone) 2019, pp.104-105.
16) Sul tema cfr. specialmente Eugenio Capozzi, Politicamente corretto. Storia di un’ideologia, Marsilio, Padova 2018.
17) Ibid., p. 29.
18) John Michael Crichton (1942-2008), Remarks to the Commonwealth Club,discorso tenuto aSan Francisco, in California, il 15-9-2003, nel sito web <https://www.cs.cmu.edu/~kw/crichton.html>.
19) Giulio Meotti, L’ecologismo, una religione occidentale, in il Foglio quotidiano, 9-9-2019.
20) Ibidem.
21) Pierluigi Pavone, Le radici filosofiche dell’ecologismo, in Studia Bioethica [Rivista di bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma], vol. IX, n. 3, 2016, pp. 13-18 (p.15).
22) Cit. in Vittorio Messori, La sfida della fede, San Paolo, Milano 1993, p. 425.
23) Cit. ibid., p. 427.
24) Cfr. Colin Clark (1905-1989), Il mito dell’esplosione demografica, trad. it., Ares, Milano 1974. Sull’autore, cfr. Pier Marco Ferraresi, voce Colin Clark (1905-1989), in Voci per un «Dizionario del pensiero forte», a cura di Giovanni Cantoni (1938-2020) e con un’introduzione di Gennaro Malgieri, Edizioni di «Cristianità», Piacenza 1997, pp. 101-107, anche nel sito web <https://alleanzacattolica.org/colin-clark>.
25) Cfr. Ernest Heinrich Haeckel, Storia della creazione naturale. Conferenze scientifico-popolari sulla teoria dell’evoluzione in generale e specialmente su quelle di Darwin, Goethe e Lamarck, trad. it., UTET. Unione Tipografica Editrice Torinese, Torino 1892, p. 93.
26) Per Haeckel, l’ecologia era lo studio «[…] del complesso delle relazioni di un animale con il suo contesto sia organico sia inorganico; tutto questo include, in primo luogo le relazioni amichevoli o ostili con quelli, fra gli animali e le piante, con i quali entra in contatto; in una parola l’ecologia è lo studio di quelle interrelazioni complesse alle quali Darwin fece riferimento come alle condizioni della lotta per l’esistenza» (E. Haeckel, über Entwicklungsgang und Aufgabe der Zoologie, 1870 cit. in Pascal Acot, Storia dell’ecologia, trad. it., Lucarini, Roma 1989, p. 43, trad. variata).
27) Cfr. Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari, Le bugie dell’ambientalismo 2, 2a ed., Piemme, Casale Monferrato (Alessandria), 2007, pp. 7-8.
28) Ibid., p. 8.
29) Ito de Rolandis, L’Umanità nella morsa dei ghiacciai in aumento, in Il Messaggero,30-10-1973.
30) La lettura dei quaranta diversi allarmi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) diramati dal 1966 al 2014 è particolarmente istruttiva. Si va dai ripetuti annunci di esaurimento del petrolio –– l’ultimo dei quali, nel 1996, lo fissava entro il 2020 –– alla glaciazione entro il 2000 prevista nel 1970, allo scioglimento totale dei ghiacci artici entro il 2014 annunciato dall’ex vicepresidente degli Stati Uniti d’America Albert Arnold «Al» Gore nel 2009, quando posticipò di un anno la data indicata nel 2008. In base ad alcuni di quei proclami, l’aria sarebbe diventata irrespirabile entro il 1985, l’isola di Manhattan a New York sarebbe stata sommersa entro il 2015 e le isole Maldive, nell’Oceano Indiano, entro il 2018. Per una lista delle catastrofi annunciate cfr. <https://www.miglioverde.eu/onu-50-anni-di-profezie-di-sventura-degli-eco-nazisti>.
31) Cfr. The Cooling, recensione pubblicata sul New York Times Review del 18-7-1976, consultabile nel sito web <http://vocidallestero.it/2019/10/02/50-anni-di-previsioni-eco-apocalittiche-smentite>.
32) George Getze, Dire Famine Forecast by ’75, in The Salt Lake Tribune, 17-11-1967, ibidem.
33) Cfr. Paul R. Ehrlich, The Population Bomb, Ballantine, New York, 1968.
34) Nel 2009 fece scalpore il contenuto di alcuni messaggi e-mail «hackerati» provenienti dal Climate Research Unit dell’Università britannica dell’East Anglia, nei quali un climatologo si dichiarava propenso a non pubblicizzare dati non coerenti all’aspettativa di un innalzamento delle temperature generalizzato. Cfr., tra gli altri articoli pubblicati all’epoca dallo stesso autore, Piero Vietti, Ecco la spy story climatica che ha messo in imbarazzo i catastrofisti climatici, in Il Foglio quotidiano, 23-11-2009.
35) Charles Darwin, L’Origine dell’uomo e la selezione sessuale, (1871), trad. it., Newton Compton, Roma 1990, p. 159.
36) «In fluidodinamica le equazioni di bilancio di Navier (o di Navier-Stokes) sono un sistema di tre equazioni di bilancio (equazioni alle derivate parziali) che descrivono un fluido viscoso lineare. Si tratta di tre equazioni di bilancio della meccanica dei continui, in cui sono introdotte come leggi costitutive del materiale la legge di Stokes (nel bilancio cinematico) e la legge di Fourier (nel bilancio energetico). Le equazioni devono il loro nome a Claude-Louis Navier e a George Gabriel Stokes» (voce Equazioni di Navier-Stokes, in Wikipedia).
37) Antonino Zichichi, Il vero e il falso. Passeggiando tra le stelle e a casa nostra, il Saggiatore, Milano 2003, p. 400.
38) Robert A. Sirico, A difesa del mercato. Le ragioni morali della libertà economica, trad. it., Cantagalli, Siena 2017, p. 107.
39) Si tratta di quattro dei dieci articoli che compongono il «Decalogo per un ambiente a misura d’uomo» chemons. Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste –– desumendolo dagli insegnamenti del Compendio della dottrina sociale della Chiesa –– presentò al Convegno su Etica e ambiente, organizzato il 7 novembre 2005 presso l’Università Europea di Roma, dal Ministero dell’Ambiente, dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e dall’Ateneo ospitante. Fra le personalità che sottoscrissero il Decalogo vi è anche il fondatore di Alleanza Cattolica, Giovanni Cantoni. I dieci articoli sono reperibili nel sito web <https://it.zenit.org/articles/etica-ed-ambiente-presentato-il-decalogo-cattolico>. Cfr. anche Giampaolo Crepaldi e Paolo Togni, Ecologia ambientale ed ecologia umana. Politiche dell’ambiente e dottrina sociale della Chiesa, Cantagalli, Siena 2007.