di Leonardo Gallotta
La denominazione “Commedia” risale a Dante stesso che nell’epistola XIII indirizzata a Cangrande della Scala, riferendosi al titolo della sua opera dice: “Comincia la Commedia di Dante Alighieri, fiorentino di nascita, non di costumi”. Ma perché “Commedia”? Occorre tener presente che le poetiche medievali distinguevano, soprattutto su base stilistica, tragedia, commedia ed elegia, con la commedia posta in mezzo tra lo stile sublime della tragedia e quello basso dell’elegia. I tre stili li troviamo non tanto mescolati, ma in climax crescente, nella Commedia dantesca, dal più basso in Inferno al più alto in Paradiso.
Ma non basta. Dante stesso definisce “Commedia” la sua opera in base al genere di narrazione poetica. La commedia infatti – al contrario della tragedia che finisce male – inizia con la presentazione di una situazione difficile, ma poi va a finire bene. E il viaggio dantesco finisce non bene, ma benissimo. Quanto all’aggettivo “divina” esso compare in una edizione veneziana del 1555, ripreso da una definizione data all’opera da Giovanni Boccaccio che faceva riferimento alla materia soprannaturale ivi trattata
Il numero tre si potrebbe poi dire che stia alla base della struttura dell’opera, in quanto è il numero della Trinità cristiana. Tre sono le cantiche, Inferno, Purgatorio, Paradiso. La narrazione è distribuita in 99 canti, più il canto introduttivo premesso all’Inferno, che assommano così a 100. Il metro scelto è l’endecasillabo, raggruppato in terzine, legate fra loro in terza rima.
Dove inizia il viaggio dantesco? Teniamo presente che la Terra per Dante aveva due emisferi: quello delle terre emerse e quello delle acque. Al centro del primo stava Gerusalemme (Jerusalem in medio gentium, dice la Bibbia), al centro del secondo la montagna del Purgatorio. Sotto le mura di Gerusalemme si trova la selva oscura in cui si smarrisce Dante. In suo aiuto, per intercessione della Vergine e poi grazie a Santa Lucia e a Beatrice, viene in soccorso Virgilio che farà da guida a Dante per tutto l’Inferno e il Purgatorio.
Ma perché Virgilio, un autore pagano? Diversi sono i motivi della scelta da parte di Dante: 1) L’autore latino è per Dante maestro di poesia e di stile. Si pensi alla medievale Rota Vergilii che evidenzia stile e materia bassa nelle Bucoliche, poi stile e materia media nelle Georgiche e infine stile e materia elevata nell’Eneide. 2) E’ maestro di virtù, soprattutto le due di cui è dotato Enea: iustitia et pietas 3) Virgilio rappresenta la ragione umana e quindi tutte le verità morali a cui si può giungere indipendentemente dalla fede cristiana 4) Virgilio per aver cantato della nascita di un “puer” e di una nuova età dell’oro nella IV egloga delle Bucoliche era considerato nel Medio Evo profeta di Cristo e del cristianesimo venturo 5) Anche Virgilio aveva narrato, nell’Eneide, un viaggio nell’aldilà, quello di Enea 6) Come Virgilio crede nel Fato così, in parallelo, Dante crede nella provvidenzialità della Storia.
Con Virgilio come guida comincia il viaggio nella voragine infernale, una voragine ad imbuto dove i peccati sono puniti in gravità crescente. Dopo l’Antinferno dove stanno gli ignavi, coloro cioè che, inetti, non presero mai partito, comincia l’Inferno vero e proprio suddiviso in nove cerchi, il primo dei quali è costituito dal Limbo sede delle anime dei bambini morti senza battesimo e dei pagani che non conobbero la Fede, con la presenza di un Castello dove si trovano gli spiriti magni, eroi precursori dell’Impero, sapienti e poeti dell’antichità tra cui il succitato Virgilio, temporaneamente distaccato dagli altri per far da guida a Dante. Le anime hanno corpi sottili, impalpabili e tuttavia capaci di ogni sofferenza, come se fossero ancora sulla terra. Le punizioni sono soggette alla legge del contrappasso, vengono cioè inflitte per analogia o per contrasto col peccato commesso.
Dal secondo al quinto cerchio sono puniti i peccati di incontinenza, cioè gli eccessi di tendenze insite nella natura dell’uomo, di cui ovviamente non ci si è pentiti: lussuriosi, golosi, avari e prodighi, iracondi e accidiosi. Nel sesto cerchio vi sono gli eresiarchi, nel settimo i violenti, nell’ottavo i fraudolenti contro chi non si fida, cerchio diviso in 10 bolge o gironi infernali. Nel nono si trovano i peggiori peccatori, i fraudolenti contro chi si fida. Al centro della Terra sta Lucifero che con una delle sue tre bocche maciulla Giuda traditore di Cristo (fondatore della Chiesa) e con le altre due Bruto e Cassio traditori di Cesare (fondatore dell’Impero).
Si deve tener presente che al centro del già citato emisfero delle acque, agli antipodi di Gerusalemme, Dante pone la montagna del Purgatorio. Attraverso uno stretto budello, Virgilio e Dante passano nell’emisfero delle acque e lì si trovano di fronte ad una montagna a forma di cono tronco, quella appunto del Purgatorio. Anche qui, prima delle sette cornici che la caratterizzano, si trova un Antipurgatorio ove stanno le anime che per un motivo o per l’altro hanno tardato a pentirsi dei loro comportamenti peccaminosi. Sette, come abbiamo detto, sono le cornici ove si scontano i sette peccati capitali, decrescenti in gravità verso l’alto: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola, lussuria. E’ alla fine dell’ultima cornice che dopo avere attraversato l’ultimo ostacolo costituito dal fuoco, Virgilio si congeda da Dante. E’ ormai nella parte tronca della montagna, cioè nel Paradiso terrestre. E Dante dopo aver bevuto l’acqua del Lete che fa dimenticare le cattive azioni e quella dell’Eunoè che fa ricordare quelle buone sarà così pronto, con l’aiuto di Beatrice che ha sostituito Virgilio, a salire verso il Paradiso celeste.
Sette sono i cieli che in cerchi concentrici, corrispondono ai sette pianeti. Anche in Paradiso c’è una gerarchia di beati, dai meno ai più perfetti, ma nessuno invidia nessuno perché tutti sono conformati alla volontà di Dio. I cieli – Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno – sono mossi da altrettante intelligenze angeliche: Angeli, Arcangeli, Principati, Potestà, Virtù, Dominazioni e Troni. E poi all’ottavo posto il Cielo stellato mosso dai Cherubini e al nono il Cielo cristallino mosso dai Serafini. Infine il decimo Cielo, l’Empireo con la sua Rosa dei beati, cielo che è pura luce, “luce intellettual, piena d’amore”. E’ in questo cielo che San Bernardo intercede presso la Vergine affinchè Dante sia in grado di vedere riunito nella luce di Dio, tutto l’universo. Così avviene e così si conclude il mistico viaggio di Dante, pellegrino d’oltretomba e grandissimo poeta.
Sabato, 4 luglio 2020