La comunione, contro l’individualismo e la dialettica fra i sessi
di Marco Invernizzi
La differenza fra l’uomo e la donna era una delle caratteristiche più affascinanti della vita relazionale finché qualcuno teorizzò che non andava bene, che bisognava porre fine ai soprusi maschili e alla stessa differenza.
Certamente ci sono sempre stati problemi, prevaricazioni, astuzie, inganni. Il peccato aveva rovinato un progetto buono, direi meraviglioso, che prevedeva l’armonia fra i due sessi e di entrambi con Dio.
Dio si fece uomo e la condizione della donna cambiò radicalmente. Gesù trattava la donna con la dignità che merita e nel cristianesimo le donne ebbero un ruolo grandissimo, a cominciare da Maria. Ma sconfiggere le conseguenze del peccato originale non è stato mai facile, neppure all’interno della cristianità prima nascente e poi matura.
Così, nell’epoca moderna, per combattere un sopruso, diciamo per intenderci il maschilismo, si è creato un altro mostro, più ideologico e dunque più sofisticato e temibile. I diversi femminismi che hanno messo in discussione la collaborazione fra l’uomo e la donna hanno ulteriormente lacerato una relazione già difficile e soprattutto hanno cercato di dare una dignità ideologica a forme di divisione, incrementando l’odio fra i due sessi.
Il patriarcato di cui si parla tanto in questi giorni non c’entra nulla, viene usato o per ignoranza oppure per creare il nemico ideologico, il “fascismo” di turno. Il patriarcato è un sistema sociale ormai assente da secoli in Occidente fondato sulle diverse famiglie che discendono dallo stesso ramo, la bontà o meno dipende dal patriarca non dal sistema, a meno che non si voglia negare la centralità sociale della famiglia.
Ma il problema oggi è proprio questo, quel che viene contestato è che alla base della società ci sia quella relazione per sempre fra un uomo e una donna, aperta alla trasmissione della vita, perché sostenere che famiglia può essere una qualsiasi altra relazione significa scardinarla definitivamente. Ci si può girare intorno, ci si può e ci si deve indignare per le tante donne uccise da amanti, conviventi, delinquenti di vario grado, ma il problema è che la correzione di questo grande male passa attraverso la famiglia e l’educazione che in essa si riceve. E se questo non succede, difficilmente la scuola potrà supplire, come oggi si pretende.
Per scardinare la famiglia quale cellula fondamentale che sostiene la società sono stati messi in contrapposizione dialettica i due ruoli originari, il marito e la moglie. Bisogna allora guardare al modello e dire pubblicamente quale tipo di famiglia si desidera. Non si tratta di guardare indietro, perché si troverà sempre qualcosa da correggere e migliorare. Si tratta di guardare all’origine del progetto di Dio sulla comunione dell’uomo e della donna e cercare di realizzarla storicamente, avendo un modello, pur nella consapevolezza che non sarà mai completamente realizzabile in questo mondo.
«l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta» (Genesi, 2, 20-23).
Può fare sorridere proporre il modello biblico nella nostra società secolarizzata. In effetti, se confrontiamo la proposta con la realtà storica c’è da scoraggiarsi. Tuttavia, senza un modello non si può nemmeno pensare di potere costruire. E altri modelli non ne esistono, si è soltanto cercato di distruggere il modello originario. L’alternativa è l’individualismo, triste e disperato. La coppia omosessuale unisce due individualità ma non costruisce una comunione e non può trasmettere la vita. Così rimane soltanto la solitudine, ma «non è bene che l’uomo sia solo» (Genesi, 2, 18).
Lunedì, 4 dicembre 2023