Dal sito di Tempi del 2 novembre 2016 – Foto Ansa
Vuoi risparmiare? Vuoi pagare di meno? E chi direbbe di no? Uno dei punti qualificanti della propaganda della riforma costituzionale – ripreso nel quesito referendario – è la riduzione dei costi. Se i sostenitori della nuova Costituzione, premier in testa, lo usano, lo ripetono, lo rilanciano, sarà il caso di avere qualche informazione, per lo meno quanto alle fonti di contenimento della spesa e all’ammontare del risparmio: usciamo dallo spot e verifichiamo il dato obiettivo. Ogni qual volta un testo di legge sta per essere approvato dal Parlamento è accompagnato da una scheda tecnica dettagliata che ne illustra l’impatto sul bilancio dello Stato. È un lavoro che svolge la Ragioneria Generale dello Stato, il cui esito positivo si chiama in gergo “bollinatura”. Se quella legge prevede spese, viene stabilito come coprirle; se è a costo zero ne viene spiegata contabilmente la ragione; se addirittura prevede nuove entrate – anche sotto forma di risparmi – esse sono quantificate. È vero che qui ci si trova non di fronte a una legge ordinaria ma a norme costituzionali, e che quindi non è necessario l’ossequio all’art. 81 della Costituzione che impone la verifica delle coperture finanziarie, ma – proprio perché la riduzione dei costi è argomento del confronto referendario – qualche elemento andrebbe fornito.
Invece manca qualsiasi relazione tecnico-contabile; scandagliate i lavori parlamentari, scorrete una per una le sedute di Commissione e Aula: non la troverete. Già qui il discorso andrebbe chiuso: come faccio a dire che c’è risparmio se manca il documento che illustra nel dettaglio l’impatto sul bilancio dello Stato? In realtà dagli atti parlamentari emergono un paio di surrogati un po’ singolari. Il primo è la risposta a una question time data da Maria Elena Boschi l’8 giugno 2016. Il ministro delle Riforme ha indicato tre voci di risparmio: l’abolizione del Cnel, l’abolizione delle province – o meglio degli emolumenti a presidente, assessori e consiglieri provinciali –, la riduzione del numero dei senatori. Ciò, a suo dire, farebbe risparmiare circa 490 milioni di euro l’anno. Nel dettaglio, le entrate dalla cancellazione del Cnel corrisponderebbero a 20 milioni: peccato però che l’ultimo bilancio del Cnel indichi il costo della struttura in 10 milioni (e poiché nessuna norma prevede lo sterminio del suo personale, quest’ultimo andrà in mobilità, e il suo costo resterà invariato); il risparmio relativo alle province è già stato contabilizzato da quando queste non sono più elettive (per questa voce il risparmio è zero). Quanto al Senato, un documento agli atti della Commissione affari costituzionali della Camera, inviato dal Governo su richiesta della stessa Commissione, quantificava le minori spese per il Senato in 49 milioni di euro. Il totale tra Cnel e Senato è 59 milioni, non 490! 59 milioni corrispondono a meno di un quarto delle spese risultanti dal consuntivo di gestione 2015 del Comune di Lecce, nel quale mi trovo felicemente mentre scrivo. Se invece si vuol fare il confronto col totale della spesa pubblica italiana, che è di circa 800 miliardi, il risparmio è quantificabile nello 0,006 per cento di essa.
I nuovi ruoli del Senato
Vale la pena scardinare l’ordinamento, costruire il Senato-monstrum, squilibrare il rapporto con le Regioni, per un risparmio di questa entità? Sempre che ci sia effettivamente. La riforma attribuisce al Senato la partecipazione «alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione Europea»: siamo sicuri che, in virtù della nuova ed esclusiva competenza che gli è attribuita, il Senato non aprirà una propria sede a Bruxelles, necessaria perché quella partecipazione possa realizzarsi? Hanno sedi a Bruxelles tante Regioni italiane e non dovrebbe averla il Senato, col ruolo che sarebbe chiamato a svolgere? La stessa riforma attribuisce al Senato potere di indagine e di inchiesta: i mezzi e i consulenti per adempiere a questa funzione si immaginano gratis, come l’eventuale sede a Bruxelles? Vuoi risparmiare? Vuoi pagare di meno? Non con questa riforma.
Alfredo Mantovano