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Venezuela, la partita decisiva tra il narcostato e il mondo libero

2 Dicembre 2025 - Autore: Testo redazionale

Cronaca della prima puntata di “AltrAmerica”, un nuovo programma radiofonico che racconta l’America ispanofona oltre gli stereotipi*

Trump ha chiuso lo spazio aereo venezuelano. Non si tratta di un atto formale di guerra né di una dichiarazione di emergenza, ma di un segnale politico diretto al dittatore Nicolás Maduro. Il presidente statunitense ha fatto della lotta al narcotraffico una priorità politica, anche per la devastazione sociale che la droga provoca negli Stati Uniti. A spingerlo vi è anche il peso dell’elettorato latino, composto in larga parte da esuli venezuelani, cubani e nicaraguensi, vittime delle dittature caraibiche. Sullo sfondo, inoltre, si concentrano in Venezuela interessi cinesi, russi, iraniani e del terrorismo internazionale. Il regime di Maduro è al centro di questo intreccio.

In questo quadro incerto e pericoloso si inserisce la prima puntata di “AltrAmerica”, nuovo spazio di informazione moderato dalla giornalista italo-venezuelana Marinellys Tremamunno, insieme a Roberto Sciarrone, anche lui giornalista e responsabile della comunicazione dell’Università Unitelma Sapienza, nato per raccontare l’America ispanofona oltre la propaganda e gli stereotipi. Il primo episodio, “Venezuela, la crisi senza fine”, ospita l’on. Fabio Porta, deputato eletto in Sud America, e il professor Carmine Pinto, docente di Storia Contemporanea all’Università di Salerno.

Dalle speranze del chavismo al regime autoritario

Ricostruendo le radici della tragedia venezuelana, Marinellys Tremamunno individua nel 1999, con l’ascesa politica di Hugo Chávez, il momento decisivo: “È arrivato con un discorso di odio contro il sistema e contro la corruzione, ma quel progetto si è trasformato lentamente in un regime dittatoriale che ha smontato la democrazia”.

Chávez seppe intercettare il malcontento popolare contro un sistema politico percepito come corrotto e distante. Ma quella “rivoluzione” si è progressivamente trasformata in una struttura di potere autoritaria, consolidata poi dal successore Nicolás Maduro, sempre più chiusa al controllo democratico e sempre più legata a circuiti criminali internazionali.

Il volto umano della crisi venezuelana emerge con forza dai numeri e dalle immagini evocate in trasmissione. Caracas, un tempo metropoli moderna e dinamica, oggi appare come una città svuotata: “Grandi palazzi di venti piani abitati solo per un terzo, una popolazione sempre più anziana perché i giovani sono fuggiti”.

Per nutrire una famiglia di cinque persone servono circa 580 dollari al mese, mentre il salario minimo è di un dollaro. La moneta nazionale, il bolívar, è stata annientata dall’iperinflazione: “L’economia è ormai dollarizzata, ma si guadagna in bolívar e si paga tutto in dollari, al cambio parallelo”. Le conseguenze sono drammatiche: il 30% dei bambini soffre di denutrizione acuta e oltre 9 milioni di venezuelani hanno lasciato il Paese negli ultimi anni.

Sul piano politico, la valutazione dell’on. Fabio Porta (PD) è netta: “In Venezuela vige una dittatura. Il governo non ha mai mostrato al mondo i risultati verificabili delle ultime elezioni, nemmeno ai Paesi alleati”.

La repressione del dissenso è sistematica. Oggi in Venezuela si contano 882 prigionieri politici, di cui 85 stranieri. Almeno quindici sono italiani o italo-venezuelani. Su molti di loro regna il silenzio ufficiale della Farnesina: “Spesso si viene a sapere degli arresti solo quando le famiglie, disperate, parlano con i media”, ha denunciato Tremamunno.

Il caso Pilieri e il dramma dei detenuti italiani

Oltre al caso del cooperante Alberto Trentini, il caso più emblematico è quello del giornalista e attivista italo-venezuelano Biagio Pilieri, arrestato senza mandato e detenuto nel carcere dell’Helicoide, noto come uno dei principali centri di tortura dell’America Latina. “Gli sono state negate le cure mediche e il diritto alla difesa”, ha denunciato la moglie, rivolgendo un appello diretto al governo italiano perché eserciti tutte le pressioni necessarie per ottenere la liberazione dei connazionali detenuti.

Secondo l’on. Porta, la risposta italiana è stata tardiva e non coordinata: “Non basta l’azione dei funzionari diplomatici. Serve un’iniziativa politica di alto livello”. Anche il senatore Roberto Menia (Fratelli d’Italia) ha definito il Venezuela “un Paese senza libertà, dove i diritti umani sono calpestati”. Entrambi concordano sulla necessità di superare le divisioni politiche all’interno del governo italiano e assumere un’iniziativa forte e unitaria per salvare i connazionali detenuti.

Una crisi che interroga la coscienza dell’Occidente

L’analisi storica e geopolitica del professor Carmine Pinto ha chiarito il nodo centrale della crisi attuale: “Il Venezuela è oggi un narcostato. Maduro è al centro del cartello de los Soles, guidato dai vertici militari”.

Il Paese è divenuto un crocevia dei principali cartelli mondiali: ELN colombiano, Tren de Aragua, cartello di Sinaloa. E, dal 24 novembre, il cartello dei Soles è stato formalmente classificato come organizzazione narcoterroristica, aprendo a nuove forme di pressione internazionale.

In chiusura, la giornalista Marinellys Tremamunno ha voluto ribadire il punto di vista del popolo venezuelano: “Sappiamo che le minacce di Trump non sono contro il popolo venezuelano. Per noi invece c’è la speranza di una liberazione. Ormai non ce la facciamo più da soli”.

E’ opportuno ricordare “quando gli americani arrivarono in Europa nel 1943 o quando a Panama hanno portato via Noriega che era un altro narcotrafficante”, ha evidenziato Roberto Sciarrone, già ricercatore in Storia dell’Europa orientale presso il Dipartimento di Storia Culture Religioni di Sapienza Università di Roma.

Il Venezuela è oggi un Paese inerme di fronte a un sistema ideologico e criminale, sostenuto da potenze straniere e da grandi interessi geopolitici non occidentali. Ma la sua tragedia interpella l’Occidente, l’Europa e anche l’Italia.

“AltrAmerica” ha scelto di aprire il suo percorso dando voce a questo dolore silenzioso. Perché, come dimostrano i prigionieri politici, le migliaia di morti e torturati, le famiglie spezzate, i bambini denutriti, il Venezuela non è soltanto una crisi geopolitica: è una ferita aperta nella coscienza della comunità internazionale, che chiede verità, giustizia e responsabilità.

Potete visionare la puntata completa qui:

*Cronaca scritta da Marinellys Tremamunno, giornalista+

Martedì, 2 dicembre 2025

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