Il grande significato della Consacrazione del 25 marzo e le sue conseguenze nel temporale.
di Marco Invernizzi
La decisione di Papa Francesco di consacrare Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria il prossimo 25 marzo non è stata ripresa dai giornali italiani, con l’eccezione di Libero, che le ha dato grande risalto e ha continuato anche nei giorni successivi, di Avvenire (che forse avrebbe potuto sottolinearne maggiormente l’importanza) e de L’Osservatore Romano (il “giornale del partito” come scherzosamente lo ha chiamato il Papa).
Io non credo che la scelta di non riprendere la notizia sia dovuta all’incomprensione di un tema così “soprannaturale”, perché i “giornaloni” spesso e volentieri capiscono le dinamiche del mondo cattolico, anche se non le condividono. Vedremo cosa scriveranno a ridosso del 25 marzo.
Quello che importa è comprendere l’enorme portata, certamente soprannaturale anzitutto ma non solo, del gesto pontificio. Esso ha riportato dentro la cronaca il Messaggio di Fatima e ha ricordato implicitamente quanto disse Benedetto XVI a Fatima il 13 maggio 2010, che il Messaggio non riguarda soltanto il passato ma anche il presente e il futuro del mondo.
Ma in che cosa consiste il Messaggio di Fatima? Esso risale al 1917 e accompagna tutto il Novecento con le sue tragedie dovute al dilagare soprattutto dell’ideologia comunista. Proprio nel 2000 viene rivelata la terza parte del segreto che riguarda il martirio subito dai cristiani nel XX secolo, mentre le prime due parti riguardavano l’inferno, dove finiscono le anime dei poveri peccatori, e l’inferno delle nazioni, cioè il comunismo, che conquista il potere in Russia pochi giorni dopo l’ultima apparizione e poi dilagherà dalla Russia nel mondo. La Madonna chiede preghiera e penitenza e la consacrazione del mondo e della Russia al Suo Cuore immacolato, oltre alla pratica della devozione cosiddetta dei primi cinque sabati consecutivi del mese (comunione riparatrice, confessione, rosario meditato).
Per screditare il Messaggio nel corso del secolo scorso, fino al 1989 almeno, hanno cercato di “buttarlo in politica”, sostenendo, anche con la complicità di ambienti cattolici, che era un messaggio anticomunista, che la Madonna (e quindi la Chiesa) stavano facendo politica, contro l’Unione Sovietica, i partiti comunisti e addirittura contro la Chiesa ortodossa di Mosca. In realtà, il cuore del Messaggio è la conversione. Senza prendere su serio i suoi richiami, senza ritorno ai sacramenti e soprattutto senza orientare il cuore a Dio e alla Sua volontà, il Messaggio ha ben poco da offrire. La stessa consacrazione della Russia – che avverrà in modo esplicito e quindi questa volta dovrebbe tranquillizzare anche i critici che dubitano della consacrazione avvenuta il 25 marzo 1984 per iniziativa di Giovanni Paolo II – è strettamente legata alla conversione dei russi, che non sembra essere veramente cominciata.
Tuttavia è innegabile che il Messaggio abbia una rilevanza pubblica. Consacrare significa separare dal mondo e affidare a Dio. E qui troviamo una prima importante riflessione: Francesco chiede di affidarsi a Maria sia ai russi che agli ucraini, cercando di superare ogni rancore, peraltro comprensibile, per ricomporre quell’unità storica fra i due popoli “cugini”.
La guerra in corso pone anche altre domande. Un punto di partenza è certamente quanto ha chiesto il Papa all’Angelus di domenica 13 marzo: siamo di fronte a una «inaccettabile aggressione armata» da parte dell’esercito russo. Per quanto Putin possa avanzare delle ragioni, per quanto si sia sentito accerchiato, questa guerra è gravemente immorale, non ha nessuna giustificazione e servirà soltanto a esasperare il rancore fra popoli, quello ucraino e quello russo, certamente legati da una comune tradizione religiosa, ancorché diversi per storia e cultura. Servirà inoltre, a spaventare ulteriormente i Paesi confinanti con la Russia, i Baltici, la Polonia e la Romania, la Moldavia, perché anche loro si sentono minacciati e hanno sempre visto nella Nato la garanzia della loro indipendenza e libertà.
Quest’ultimo tema vale anche per l’Ucraina: «l’unica garanzia vera per l’Ucraina è trovare un ombrello internazionale che ne difenda la neutralità» (il Giornale, 17 marzo).
Diverso è il giudizio morale sulla resistenza del popolo ucraino. Qualcuno sostiene che si dovrebbe arrendere per evitare morti inutili, in quanto la resistenza non ha nessuna speranza di vittoria. Chi sostiene questa tesi «non sa quel che dice» ha scritto Roberto Fabbri perché invece l’«eroica resistenza di un popolo intero sta pagando» (il Giornale, 17 marzo). Chi sostiene queste tesi non credo abbia commercio con la teologia morale, eppure quest’ultima si pone proprio questo problema, quando afferma che uno dei motivi della liceità di una resistenza armata consiste proprio «che ci siano fondate condizioni di successo» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2309). Secondo la storica militare Federica Saini Fasanotti «i numeri della Russia non sono abbastanza per conquistare ma soprattutto dopo per “tenere” un Paese tra l’altro dichiaratamente ostile» (il Giornale, 17 marzo) e quindi la resistenza avrebbe un suo significato. Oltrettutto, mi sembra di poter dire che uomini che combattono per difendere la loro patria, magari dopo avere portato le famiglie in salvo in Occidente, siano testimoni che la vita può essere sacrificata per un bene più grande, un valore che proprio l’Occidente contemporaneo sembra avere dimenticato.
A questo proposito merita di essere ricordato un articolo di Antonio Polito uscito sul Corriere della Sera del 12 marzo che tratta appunto di quel “partito della resa”, «ancora minoritario» ma che «vorrebbe portare l’Italia nel campo di Mosca». Niente di nuovo: queste posizioni terzaforziste ricalcano quel nazionalbolscevismo che anche nell’epoca della Guerra fredda non voleva prendere posizione né con gli Usa né con l’Urss, ma lo poteva fare godendo della libertà di espressione possibile solo in Occidente.
Mi chiedo e chiedo: che cosa dovrebbero fare gli ucraini? Accettare l’occupazione militare senza difendersi? Forse potrebbero in tesi praticare quella sorta di resistenza passiva praticata dal popolo albanese in Kosovo durante l’occupazione serba, quando crearono una società parallela guidata da Ibrahim Rugova (1944-2006, poi convertito al cattolicesimo) e prima che i soldi e le armi di alcuni paesi islamici introducessero il fondamentalismo islamico armato anche in Kosovo. Ma sono iniziative complesse, che richiedono molto tempo.
Ma torniamo alla consacrazione del 25 marzo. Essa sta suscitando entusiasmo e molti vescovi la faranno insieme al Santo Padre. Sarebbe un grande segnale se parrocchie, comunità, associazioni e movimenti facessero altrettanto.
Venerdì, 18 marzo 2022