Giovanni Cantoni, Cristianità n. 45 (1979)
Quando, nella seconda metà del fatale 1978, meditavo in pubblico – come si dice – sugli orizzonti aperti dalla recente scomparsa di Papa Paolo VI – e tali considerazioni non sono state certamente scalfite dal brevissimo, quasi fulmineo pontificato di Giovanni Paolo I -, mi figuravo, come alternativa al tragico perdurare della «autodemolizione» della Chiesa, una condizione di persecuzione (1). O il «mondo» nella Chiesa, il «fumo di Satana nel tempio di Dio», oppure la Chiesa nel mondo, ma non del mondo, e quindi contro il «mondo», con buona pace della morbosa fantasticheria «liberale» di una «libera Chiesa in libero mondo»!
1. Verso il termine dell’«autodemolizione»?
Da quando gli avvenimenti mi offrivano spunto per questi pensieri sono passati pochi mesi, e la (facile) profezia, se non è già in via di realizzazione, mostra sempre più la sua radicale verisimiglianza, e quindi la sua sostanziale possibilità.
L’«autodemolizione», infatti, non è certamente terminata, né, ordinariamente, si può pensare che termini ad horas, con grande dispiacere di molti – almeno di tutti i fedeli -, ma, soprattutto, di quanti, per le ragioni più diverse, non ne sanno o non ne vogliono riconoscere le radici lontane, dal modernismo e forse dal giansenismo, e si limitano a contrapporre molto semplicisticamente un pre e un post-Concilio, assunti al rango di categorie, senza sottoporre a un attento esame il Concilio stesso, e quindi senza distinguere accuratamente tra l’avvenimento – non certamente «primaverile» – e i documenti che, pure nella comune «pastoralità», hanno diversissima rilevanza dottrinale e giuridica.
L’«autodemolizione», dicevo, non è terminata, e il suo cessare si nutre, al momento, solo e semplicemente di speranze, variamente e diversamente fondate, e non è niente più di un legittimo desiderio o di un auspicio caloroso.
2. Guerra «mondana» contro la verità cattolica?
Ma, se l’«autodemolizione», al momento, continua o, nella migliore delle ipotesi, segna il passo, si sente già, confuso, il vociare scomposto che accompagna solitamente la persecuzione, o almeno a essa prelude.
In tesi, in queste ultime settimane non è successo nulla. Infatti, l’accaduto può essere descritto, senza tradirne assolutamente la verità sostanziale, nei termini seguenti: il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha detto ripetutamente la verità, simpliciter, su due temi di diritto naturale, cioè il divorzio e l’aborto.
Ebbene, in tesi, il fatto che il Sommo Pontefice dica la verità non dovrebbe «fare notizia»: non è forse assiso sulla cattedra di verità? Non è forse la sua funzione, quella di dire la verità? Che altro devono e possono aspettarsi da lui i settecento milioni di fedeli cattolici di tutto il mondo?
In concreto, però – nonostante le mille considerazioni ovvie che si potrebbero fare in proposito, e le ancora più numerose domande retoriche che si potrebbero enunciare -, il fatto che il Sommo Pontefice abbia detto la verità, con voce virile e senza equivoci, è bastato per creare un caso di grande rilevanza e dalle conseguenze ancora imprevedibili.
E la «notizia» merita di essere commentata e quasi trascina al contrappunto critico.
3. Più accesa la guerra perché più netta la verità?
La prima notazione, dunque, suona in questi termini: i due temi, su cui il regnante Pontefice si è espresso, sono di tragica attualità, in Italia e nel mondo, già da diversi anni, e le prese di posizione della autorità ecclesiastica, in materia, non sono certo mancate. Mi chiedo: perché non hanno mai suscitato il vespaio attuale? È forse possibile non rilevare – non fosse altro che dalle reazioni – una differenza di tono assolutamente non trascurabile tra le dichiarazioni di Giovanni Paolo II e quelle del personale ecclesiastico cui la storia più recente ci ha abituati? Se oggi i fautori del divorzio e dell’aborto accusano in modo sgraziato il colpo costituito dalla proclamata verità sull’argomento, e se in altre occasioni hanno reagito meno, come non dedurne, tra l’altro, che non erano forse fuori strada quanti, in tali occasioni, lamentavano che la verità fosse proclamata meno?
4. Il modo ama i cristiani quanto meno essi sono cristiani
In secondo luogo, inoltre, di fronte allo spettacolo ripugnante offerto dal vociare triviale degli esponenti del «mondo laico», in tutto lo spettro liberal-comunista, ci si può chiedere, senza mancare di carità, dove sia finito il loro proclamato «umanesimo» e che fine abbia fatto il loro «non potersi non dire cristiani». Infatti, lo spettacolo indegno costituito dall’attuale tentativo di linciaggio lascia chiaramente intendere, in modo ormai inequivocabile, che i cristiani piacciono al mondo solamente se sono poco cristiani; anzi, proprio nella misura in cui sono poco cristiani! Sulla base di questa evidenza, come non incalzare gli amici clericali del «mondo», che giuravano, e forse giurano ancora, fosse guarito dalla sua avversione strutturale, intrinseca, alla verità cattolica?
5. Il tradimento democristiano come «giusto mezzo» tra verità cattolica e negazioni anticristiane
In terzo luogo – e da ultimo -, è impossibile non segnalare lo spettacolo – risibile, penoso e disgustoso insieme – offerto da chi, nel generale schierarsi e prendere campo, tenta di non assumere posizione alcuna, oppure, ed è la stessa cosa, giura fedeltà alla repubblica e conferma la propria «ispirazione cristiana»; e intanto, incerto su quale sponda prendere terra, si dibatte scompostamente e pare affogare nelle acque di un Tevere sempre più largo.
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Almeno questi tre punti mi pare di dovere sottolineare, mentre – oltre le apparenze – la tensione sale e l’ipotesi della persecuzione aperta si fa sempre più concreta, o almeno sempre meno teorica.
E tutto questo perché il Sommo Pontefice ha osato dire apertis verbis che non è umano – e quindi tanto meno cristiano – uccidere l’innocente! Figuriamoci che cosa succederebbe se un giorno venissero dette tutte le verità, e non solo alcune di esse! O immaginare questa ipotesi – nonostante le prove contrarie – è da «profeti di sventure»?
Giovanni Cantoni
Note:
(1) Cfr. il mio Continuerà l’«autodemolizione»?, in Cristianità, anno VI, n. 40-41, agosto-settembre 1978.