Il Segretario di Benedetto XVI ci offre uno sguardo vivido e adorante su Cristo condotto a morte.
Non sono molte le pie pratiche che hanno resistito al tempo così da divenire uso consolidato e tradizione.
«Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» [Lc 9,23].
Così si narra che la Vergine Maria ripercorresse la via del Calvario, la pellegrina Egeria (IV secolo) ci informa su una processione dall’Anastasis al Martyrium, i pellegrini di ritorno da Gerusalemme ricostruiscono in patria i principali luoghi santi già dal IX secolo. Certamente, ha aiutato la diffusione del ricordo del viaggio doloroso di Gesù l’impervietà dei pellegrinaggi nella Terra Santa, particolarmente quando ormai essa cade sotto dominazione islamica, e la predicazione degli Ordini mendicanti, incentrata sull’imitazione del Cristo sofferente, con Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), Francesco d’Assisi (1182-1226) e Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274). I Papi concedono indulgenze, a sottolinearne l’utilità per la Fede. L’ordine cronologico delle quattordici stazioni viene composto in Spagna nel secolo XVI, soprattutto in ambienti francescani, gli stessi che con la plasticità del Presepe illuminano la comprensione dei semplici per i misteri fondamentali della Fede: Incarnazione e Sacrificio redentore. In Italia, a Roma, trova il suo più efficace sostenitore in san Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751) [https://alleanzacattolica.org/l-occhio-di-dio/], che a metà del ’700 la rende una formidabile risposta a giansenisti e illuministi. Nel Giubileo del 1750 pianta una croce al Colosseo e lo dichiara luogo santo per i martiri che lì hanno testimoniato Cristo. È grazie a lui che la Via Crucis, la ‘Scala del Paradiso’, si diffonderà velocemente, fino a divenire il cuore pulsante della devozione nella Settimana Santa.
San Giovanni XXIII ripristina il rito al Colosseo nel 1959, san Paolo VI lo realizza nel 1964, san Giovanni Paolo II porta personalmente la Croce fino a quando regge e compone i commenti per le stazioni nel 1984, a conclusione del Giubileo straordinario della Redenzione. Con il papa emerito Benedetto XVI risuona nell’anfiteatro Flavio la certezza che la Chiesa, celebrando la morte del Figlio di Dio, vede nella sua Croce l’albero della vita.
Questa Via Crucis, proposta ora dal segretario di papa Benedetto XVI, S. E. Mons. Georg Gänswein, non è un trattato di sociologia, o un elenco delle disperazioni esistenziali della modernità, e neppure il ripiegamento sulle disgrazie contingenti, che pure esistono e ci turbano.
È una Via Crucis con lo sguardo tutto attento e rivolto alla vicenda di Cristo, affinché la fatica di fermarsi a contemplare un dolore e una umiliazione così sublimi non si disperda nell’autocommiserazione, ma rimanga fisso su di Lui. È un aiuto efficace all’esercizio della composizione di luogo, così che prima di pensare a noi, prima di parlare di noi, prima di renderci protagonisti anche del dolore altrui, ci si possa fermare a contemplare Gesù. “Voi tutti che passate per la via, considerate se c’ è un dolore simile al mio” [Lm 1,12]. Viene spontaneo, leggendola e meditandola, pensare che qualcosa di queste meditazioni – vivide, concentrate e piene di profonda adorazione – sia sgorgato dal dialogo con Benedetto XVI, dalle considerazioni fatte passeggiando e pregando con lui nei giardini vaticani.
Categoria: Saggio
Autore: Georg Gänswein
Pagine: 80 pp
Prezzo: € 10,00
Anno: 2021
Editore: Edizioni Ares, Milano
ISBN: 9788892980327