Quando i successori degli Apostoli si riuniscono in forma solenne sotto la direzione dello Spirito Santo non c’è pericolo, perché lo Spirito è l’anima della Chiesa
di Michele Brambilla
Papa Francesco, nell’udienza del 9 ottobre, invita a contemplare la scena della Pentecoste, in cui «l’effetto immediato dell’essere “colmati di Spirito Santo” è che gli Apostoli “cominciarono a parlare in altre lingue” e uscirono dal Cenacolo per annunciare Gesù Cristo alla folla (cfr At 2,4ss)». I discepoli fanno così esperienza immediatamente di due grandi doni dello Spirito Santo: creare unità e spingere ad una missione universale. Infatti «così facendo, Luca», autore degli Atti degli Apostoli dopo il Vangelo che ne porta il nome, «ha voluto mettere in risalto la missione universale della Chiesa, come segno di una nuova unità tra tutti i popoli. In due modi vediamo che lo Spirito lavora per l’unità. Da un lato, spinge la Chiesa verso l’esterno, perché possa accogliere un numero sempre maggiore di persone e di popoli; dall’altro lato, la raccoglie al suo interno per consolidare l’unità raggiunta». Sono le due dinamiche che contraddistinguono ancora oggi la comunione ecclesiale.
Per convincere definitivamente il primo collegio apostolico che il Messia non era venuto solo per Israele ci volle una “seconda pentecoste” nella casa del centurione Cornelio (capitoli 10-11 degli Atti degli Apostoli), ricorda il Papa. «A questa espansione etnica si aggiunge quella geografica» coi viaggi apostolici di san Paolo, che dall’Asia traghettò il Vangelo in Europa sempre su spinta dello Spirito Santo.
«Il secondo movimento dello Spirito Santo – quello che crea l’unità – lo vediamo in atto nel capitolo 15 degli Atti, nello svolgimento del cosiddetto concilio di Gerusalemme. Il problema è come far sì che l’universalità raggiunta non comprometta l’unità della Chiesa. Lo Spirito Santo non opera sempre l’unità in maniera repentina, con interventi miracolosi e risolutivi, come a Pentecoste. Lo fa anche – e nella maggioranza dei casi – con un lavorio discreto, rispettoso dei tempi e delle divergenze umane, passando attraverso persone e istituzioni, preghiera e confronto», come in questo caso. «In maniera, diremmo oggi, sinodale», chiosa il Pontefice con un riferimento diretto all’attualità ecclesiale. E’ un invito a fidarsi un po’ di più dei momenti nei quali i successori degli Apostoli si riuniscono in forma solenne per decretare, oggi come allora, quanto «abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi» (At 15,28).
«Sant’Agostino spiega l’unità operata dallo Spirito Santo con una immagine, divenuta classica: “Ciò che è l’anima per il corpo umano, lo Spirito Santo lo è per il corpo di Cristo che è la Chiesa”. L’immagine ci aiuta a capire una cosa importante. Lo Spirito Santo non opera l’unità della Chiesa dall’esterno; non si limita a comandare di essere uniti. È Lui stesso il “vincolo di unità”» e sotto la sua direzione non c’è pericolo.
I pericoli, nel mondo esterno alla Chiesa, sono tanti. A Maria, «Madre premurosa, affidiamo le sofferenze e il desiderio di pace delle popolazioni che subiscono la pazzia della guerra, in particolare la martoriata Ucraina, la Palestina, Israele, il Myanmar, il Sudan».
Giovedì, 10 ottobre 2024