I partiti di destra vincono le elezioni per la Costituente che stilerà la nuova Carta fondamentale del Cile, ma in questo quadro occorre valutare il preoccupante avanzamento delle chiese protestanti proprio all’interno del fronte conservatore.
di Stefano Nitoglia
Il Cile vira a destra? Il 7 maggio scorso si è votato in Cile per l’elezione dei 50 componenti della nuova Assemblea Costituente, che deve elaborare un progetto per sostituire la Costituzione di Pinochet, emanata 50 anni orsono, che ha subito diversi restyling, l’ultimo nel 2005. Alle elezioni ha partecipato l’84% degli aventi diritto al voto, circostanza non normale in un Paese dove la partecipazione elettorale è stata sempre assai scarsa, anche se questa volta l’affluenza alta è stata probabilmente determinata dal fatto che il voto era obbligatorio.
Con un risultato a sorpresa, la sinistra del presidente Gabriel Boric, tipico rappresentante della cultura woke, che governa il Cile da un anno e mezzo, ha subito una sonora sconfitta. Il Partito Repubblicano, guidato da José Antonio Kast, partito che dai mass media viene definito di estrema destra, ma che in realtà non ha una politica estremista, per il quale votano molti cattolici legati a movimenti conservatori ed anche gli evangelici, che si oppone all’aborto ed è per regolamentare l’immigrazione, ha ottenuto il 35% delle preferenze e 22 seggi insieme alla destra moderata di Chile Seguro, che ha ottenuto il 21% delle preferenze e seggi, permettendo ai due partiti di controllare il processo per la redazione della futura legge fondamentale. José Antonio Kast proviene da una famiglia tedesca emigrata in Cile dopo la Seconda guerra mondiale legata ai valori tradizionali (è il più giovane di nove figli).
La sinistra del presidente Gabriel Boric, Unidad Para Chile, si è fermata al 28% dei voti, con soli 17 seggi, e perde qualsiasi potere di veto sugli articoli della nuova Costituzione, che dovrà essere sottoposta a referendum confermativo in dicembre. Il centrosinistra di Todo por Chile, l’ex-coalizione di Michelle Bachelet, presidente del Cile dal 2006 al 2010 e dal 2014 al 2018, iscritta al Partito Socialista del Cile, non ottiene neppure un seggio. La sinistra tradizionale cilena, che ha dominato la scena politica dopo la fine del regime di Pinochet con il Partito Radicale, la Democrazia Cristiana, il Partito per la democrazia e il Partito popolare populista, è stata anch’essa esclusa dal Consiglio che dovrà elaborare il nuovo progetto, non avendo ottenuto alcun seggio.
Altro dato da sottolineare è l’elevato numero di voti nulli, che ha raggiunto gli oltre due milioni e il 17% del totale degli aventi diritto.
«Oggi è il primo giorno di un futuro migliore per il nostro Paese», ha detto il leader del Partito Repubblicano, che difende sostanzialmente l’attuale Costituzione, promulgata nel 1980 durante la dittatura di Augusto Pinochet, sebbene restaurata in alcune parti.
Questa è la seconda volta che in Cile si vota su un progetto di nuova Costituzione. La prima volta i cileni, nel settembre dell’anno scorso, hanno bocciato il progetto di Costituzione progressista, redatto dal presidente Boric, con il 62% dei voti (cfr. Il Cile boccia la Costituzione di Boric, 12.09.2022). Nonostante la bocciatura, che in base alle regole avrebbe dovuto comportare l’abbandono definitivo del progetto di modifica costituzionale, Boric ha voluto ritentare, subendo, però, un secondo smacco.
Ora il Consiglio Costituente, eletto il 7 maggio scorso, siederà in sessione da giugno per redigere il nuovo progetto di Carta costituzionale, che sarà sottoposto a plebiscito di ratifica il 7 dicembre prossimo. I costituenti dovranno però rispettare 12 principi concordati da un gruppo di 24 esperti costituzionali nominati dal Congresso nel marzo scorso non si sa in base a quali criteri. Da informazione assunte in loco pare che la situazione sia piuttosto confusa perché sembra che tra questi 12 principi irriformabili vi sia quello, già respinto con la bocciatura del settembre scorso, che faceva del Cile uno Stato «plurinazionale», con la creazione di numerose «nazioni» o gruppi etnici indigeni all’interno del Paese, ognuna con un proprio particolare sistema legale, sebbene in forma più soft e una seppur minima apertura in materia di aborto. La commissione di esperti, che sta lavorando sul progetto dal marzo scorso e che è stata selezionata dallo stesso Congresso, vede tra le sue fila anche personaggi conservatori come l’avvocato Hernan Larrain Fernandez, chiamato a presiedere l’inizio dei lavori della commissione. In questa situazione confusa si è aperto un dibattito tra chi, come Kast e il suo partito, non vuole accettare i 12 princìpi ed alcuni esponenti della destra moderata che, invece, sono per un compromesso.
Boric, con il sostegno della coalizione di sinistra Apruebo Dignidad aveva stravinto le elezioni presidenziali al ballottaggio del 19 dicembre 2021 con il 55,87% dei suffragi, prevalendo proprio sullo sfidante Jose Antonio Kast, che ora, a distanza di un anno e mezzo, si è preso la rivincita.
La vittoria della destra è stata probabilmente favorita dei gravi problemi di ordine pubblico, di aumento della criminalità, dell’inflazione e dell’immigrazione irregolare che affliggono ora il Cile, nonché dalla violenta e persistente guerriglia Mapuce, popolo amerindo originario del Cile centrale e meridionale e del sud dell’Argentina.
La sconfitta della sinistra confermerebbe che il Cile è un Paese sostanzialmente conservatore, nel quale Allende e la Unidad Popular vinsero le presidenziali nel 1970 senza raggiungere il 50% perché la destra e il centro, allora, si erano divisi. Consapevole di ciò, l’allora segretario del PCI Enrico Berlinguer nel 1973 scrisse un famoso saggio in tre puntate sulla rivista teorica del PCI, Rinascita, nella quale, riflettendo sulla “lezione cilena” del golpe di Pinochet e della fine dell’esperienza Allende, teorizzò il compromesso storico tra le forze progressiste e quelle cattoliche.
Miguel Angel Fernandez, accademico della Facoltà di Governo della Università del Desarrollo, ha commentato la sconfitta della sinistra di Boric dicendo che «l’avanzata della destra è molto simile a un fenomeno che si sta verificando in altri paesi del mondo, con l’ascesa di partiti di destra, che si definiscono senza timori e senza esitazione».
Il “revirement” del Cile potrebbe essere l’inizio di un cambiamento di tendenza in Sudamerica, che fino ad ora ha visto la prevalenza della sinistra, che governa 7 Paesi su 11. Anche se è presto per valutare il fenomeno “destra” locale, data la sua complessità e la confusione che regna tra le sue varie anime e l’avanzamento del movimento evangelico, che pesca in questo ambiente e che sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti in tutto il Sudamerica.
L’unico dato certo e positivo è la difficoltà in cui si dibatte attualmente la sinistra cilena.
Martedì, 16 maggio 2023