da Avvenire del 12/11/2020
Anche al termine dell’udienza di ieri papa Francesco, per la terza settimana consecutiva, ha fatto riferimento alla vicenda dell’aborto in Polonia richiamando nei saluti in lingua polacca «quanto san Giovanni Paolo II insegnava ai giovani: ‘Essere veramente liberi non significa affatto fare tutto ciò che mi piace, o ciò che ho voglia di fare… significa usare la propria libertà per ciò che è un vero bene. Essere veramente liberi significa essere un uomo di retta coscienza, essere responsabile, essere un uomo ‘per gli altri». Parole interpretate come un’allusione a ciò che accade in Polonia con le piazze ancora in subbuglio. Il governo sta ritardando l’attuazione della sentenza con la quale il 22 ottobre la Corte costituzionale ha vietato l’aborto per malformazioni del feto. Le proteste guidate dal movimento ‘Sciopero delle donne’ continuano ammonendo che «Questa è una guerra», in attesa di un nuovo sciopero generale.
Michal Dworczyk, capo ufficio del primo ministro Mateusz Morawiecki, invita al dialogo per la «ricerca di una nuova posizione», mentre Marta Lempart e Klementyna Suchanow, leader di ‘Sciopero delle donne’, respingono la proposta del presidente Andrzej Duda di ammettere l’interruzione di gravidanza solo in caso di malformazioni letali per il nascituro. Nel frattempo la pandemia ha raggiunto il suo picco anche grazie ai massicci assembramenti. L’altra faccia della Polonia è quella che a più riprese, con grandi numeri (l’ultima iniziativa popolare ha raccolto 800mila firme), negli anni passati ha chiesto «la limitazione degli aborti eugenetici, dopo il loro aumento inarrestabile», come ricorda Jakub Baltroszewicz, presidente della Federazione polacca per la Vita e per la Famiglia. A sostegno della sentenza si è schierata la Federazione europea One of Us con la dichiarazione «Il principio di non discriminazione delle persone con disabilità come pilastro dei diritti civili» firmata da più associazioni.
«One of Us» plaude alla decisione del Tribunale costituzionale che «fissa una uguaglianza reale tra persone con o senza malattie o disabilità» e auspica che la Polonia possa diventare un modello, appellandosi al governo polacco affinché rispetti la sentenza cercando una soluzione per prendersi cura dei bambini con malattie o disabilità.
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