Giacomo Roggeri Mermet, Cristianità n. 407 (2021)
Dio vive in Olanda è una densa intervista del giornalista di Avvenire Andrea Galli all’arcivescovo di Utrecht, card. Willem Jacobus Eijk, primate di Olanda. Essa si articola in tre parti: Beati i poveri, Lex Orandi e Il medico di Dickens, dove l’intervistato risponde in maniera esaustiva alle molte domande sulla situazione della fede in quella terra fortemente secolarizzata e scristianizzata.
Nella premessa su San Willibrord (pp. 7-9) Galli ricorda come l’Olanda sia stata una delle «principali fucine di missionari nel mondo, fino agli ’60» e che, successivamente, la fede è rimasta «come un tizzone sotto la cenere» (p. 8). Compito cui il primate è stato chiamato è proprio quello di far riemergere quel tizzone ancora acceso, raggiungendo un certo qual risultato con un lavoro incessante, alimentato dalla fede.
Nato nel 1953 a Duivendrecht, vicino Amsterdam, da padre battista e madre cattolica, venne battezzato a sei mesi e gli furono imposti i nomi di Willem e di Jacobus che significano rispettivamente «voglio un elmo» e «figlio del tuono», evocando così la necessità di essere «pronti a combattere» (p. 25), proprio come il presule ha dovuto fare più volte per annunciare e difendere la dottrina della Chiesa.
Ricevette la preparazione alla prima Comunione da una maestra laica, profondamente credente, con «una catechesi esplicita sul Cielo, sull’Inferno, sul Purgatorio» (p. 28), come ama mettere bene in evidenza — e così «il fuoco che lo Spirito Santo ha acceso in me mediante questa donna non si è mai più spento» (ibidem) —, mentre la preparazione alla Cresima fu opera di «[…] una maestra della quarta elementare che aveva una fede se possibile ancora più fervorosa della maestra che mi aveva portato alla prima Comunione» (ibidem). Imparò quindi a suonare l’organo da un maestro protestante che conosceva bene la liturgia cattolica.
Frequentò il liceo in una scuola cattolica dove «i primi due anni il livello della formazione religiosa era ancora buono ma, a partire dal terzo anno, ’67-’68, le ore di religione divennero altro, persero qualsiasi contenuto religioso» (p. 31). Si trattava di lezioni tenute «da docenti preti», in cui «si discuteva di tutto, dalla politica, all’aborto, all’amore libero e si fumava in classe» (pp. 31-32).
La chiamata alla vita sacerdotale, dopo una scintilla al tempo della prima Comunione, non si spense, nonostante l’accesa contrarietà paterna, durante gli studi liceali e nemmeno alla facoltà di Medicina. Divenuto medico fu invitato a lavorare nel reparto di medicina interna della facoltà: nel frattempo fece gli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) e al termine degli stessi decise di lasciare l’ospedale e di entrare, nel gennaio del 1980, nel seminario di Rolduc, nella diocesi di Roermond, «l’unico seminario con una impostazione diciamo classica rimasto in Olanda» (p. 35).
Fu ordinato sacerdote il 1° giugno 1985. Consacrato da san Giovanni Paolo II (1978-2005) nel 1999 vescovo di Groningen, una diocesi di centomila abitanti, divenne arcivescovo di Utrecht (settecentomila abitanti) il 26 gennaio 2008, dove trovò una situazione economicamente disastrosa, prossima alla bancarotta. Non si perse d’animo e risanò quella condizione con un energico piano di risparmio che comprese, fra l’altro, la soppressione dei decanati dove lavoravano 104 collaboratori a busta-paga, la vendita di alcune chiese a comunità cattoliche orientali, comunità protestanti e centri medici, evitandone la trasformazione in moschee in quanto «i vescovi olandesi proibiscono che una chiesa sia venduta per farne una moschea» (p. 17). Ha quindi accorpato le oltre trecento parrocchie della diocesi in sole quarantanove e si è impegnato a fondo nel difendere«apertamente l’insegnamento della Chiesa in campo morale» (p. 14) e nel «[…] migliorare la liturgia secondo le direttive romane» (ibidem).
L’Olanda fu teatro di una rivoluzione bioetica «cominciata nel 1969 con la pubblicazione di un libretto, Medische macht en medische ethiek [“Potere medico ed etica medica”, ndr] di un professore di psichiatria dell’Università di Leida, Jan Hendrik van den Berg [1914-2012] che propugnava la soppressione di bambini nati con gravissime anomalie fisiche, agli arti soprattutto, causate dal thalidomide» (p. 35), farmaco usato per combattere la nausea delle donne incinte. Il primate, allora giovane medico in ospedale, si schierò apertamente contro l’eutanasia e si trovò isolato. Ricorda anche nell’intervista che «uno dei due professori di ostetricia-ginecologia disse durante una lezione che la clinica dove operava non accettava candidati alla specializzazione di ginecologo che rifiutassero di eseguire aborti» (p. 38).
Questo era il clima nel quale il giovane Willem Jacobus si trovò a lavorare: rifiutò l’eutanasia a una donna che ne aveva fatto richiesta e riuscì ad evitare il ricorso alla stessa eutanasia e a far amministrare i sacramenti a un signore gravemente malato, che sotto il consiglio del giovane medico poté quindi morire serenamente. Ricorda che «questo caso mi ha insegnato che come cattolici, non solamente consacrati ma anche laici, dobbiamo osare di più e parlare della forza che il Signore dona ai sofferenti tramite la preghiera, i sacramenti e l’assistenza spirituale» (p. 39) e che dobbiamo imitare «[…] Gesù che ha accettato la sofferenza e la morte sulla croce» (p. 40).
In Olanda «[…] si iniziò a parlare di eutanasia con il libretto di Van den Berg nel 1969» (p. 44). Nel 2004 il Protocollo di Groningen — un accordo fra pediatri — rese possibile dare la morte a neonati «handicappati» senza essere perseguiti dalla giustizia. Tale protocollo ricevette molte critiche ma nel 2007 «[…] ha assunto valore giuridico a livello nazionale» (p. 43). La legge arrivò quindi nel 2002, come in Belgio, mentre quella sull’aborto era stata approvata nel 1981.
Il prelato ricorda anche altri aspetti della visione della vita umana considerata come disponibile e fra questi «[…] riassegnare il sesso biologico — gli organi sessuali e le caratteristiche sessuali secondarie», «[…] connettere le persone a dei computer mediante chip nel cervello», migliorare il «corpo mediante la modifica di Dna» (pp. 47-48).
Questa prima parte si chiude con la denuncia della pressione che esiste in ambito medico nei confronti di chi segue la dottrina della Chiesa, affermando che «in un certo senso siamo già di fronte a una persecuzione» e ricordando di aver anche subìto «attacchi dall’interno della Chiesa» (p. 50).
La seconda parte è dedicata alla crisi che la Chiesa ha patito dopo la conclusione del Concilio Vaticano II (1962-1965). Il porporato afferma che «dal 1965 al 1975 c’è stato un dimezzamento dei fedeli che andavano a Messa la domenica» (p. 51) e che «il numero di cattolici ufficiali, cioè registrati come tali, è passato da 5.106.000 nel 2000 a 3.882.000 nel 2015, con un calo del 24%. Si chiudono ogni settimana due chiese, cattoliche e protestanti. I cattolici che vanno a Messa la domenica erano 385.000 nel 2003 e nel 2015 erano 186.000, con un calo del 52%» (p. 52). Queste cifre danno un’idea della drammatica situazione in cui versa quella Chiesa. Il presule ne cerca le cause indietro nel tempo e giunge a una data significativa nella storia della Chiesa olandese, il 9 ottobre 1947, quando «un gruppo di nove persone, laici e sacerdoti, si riunì nel seminario minore dell’arcidiocesi di Utrecht per discutere dei cambiamenti inquietanti che venivano osservati fra i cattolici di tutto il Paese» (ibidem). I lavori furono pubblicati in un libro, Onrust in de Zielzorg, ossia «fermento nella cura delle anime» (ibidem), che mise in evidenza come il legame fra i cattolici e la Chiesa non si fondava più sui contenuti della fede ma era ormai di tipo sociale, comunitario.
Quel gruppo di studio previde con precisione il crollo che poi avvenne: «Sono eserciti potenti che stanno preparando la grande apostasia del prossimo futuro, un processo lento e inosservato» (p. 53). Da tutto ciò il cardinale individua tre lezioni. La prima riguarda la catechesi che «[…] oltre a trasmettere le verità della fede e della morale annessa, insegni a coltivare una vita guidata dallo Spirito Santo, una vita di preghiera, un rapporto personale con Gesù» (p. 56). La seconda è relativa all’integrità del messaggio evangelico da trasmettere. «Già negli anni ’50 i sacerdoti, gli insegnanti e i catechisti, per cercare di tenere il più possibile legati a sé i giovani che se ne andavano, aggiungevano per così dire acqua al vino» (ibidem), diluendo e falsificando il messaggio evangelico. Infine, rileva che i «veri credenti» (p. 57) — così li definisce — si trovano in quelle parrocchie che anche negli anni rivoluzionari 1960 e 1970 hanno mantenuto «un carattere veramente cattolico nel modo di celebrare la liturgia» (ibidem).
Quanto agli abusi sessuali che ne hanno minato la credibilità, la Chiesa olandese ha reagito in modo esemplare, istituendo la Commissione Deetman, destinata a svolgere un’indagine indipendente sugli abusi commessi sui minori fra il 1945 e il 2010, e creando una fondazione per il controllo e la gestione dell’abuso, alla quale possono essere presentate le denunce e che stabilisce gli indennizzi. Sono così stati trattati duemila casi, indennizzati nel caso più grave con centomila euro.
Sulla situazione politica il cardinale Eijk ricorda che «cattolici e protestanti hanno saputo mantenere una maggioranza in parlamento fino al 1967» (p. 62). Nel 1980 si sono fusi fondando il CDA, Christen-Democratish Appel, al quale si aggiungono altre formazioni protestanti minori, il Christen-Unie (CU-Unione di Cristiani) e la Staatkundig Gereformeerde (SGP-Partito Statale riformato). Oggi il CDA ha 19 seggi in Parlamento, il CU 5 e il SGP 3, per un totale di 27 su 150. Pur essendo una minoranza sono riusciti a bloccare la legge sulla cosiddetta «vita compiuta», secondo la quale persone con una età superiore ai 75 anni, sane ma convinte che la propria vita non abbia più un senso e sia perciò «compiuta», potrebbero chiedere il suicidio assistito. La collaborazione con i protestanti si esplicita anche in attività pro-life negli ospedali.
Sulla questione immigrazione il presule ricorda che la presenza islamica è calcolata in 850.000-1 milione di persone, pari al 5-6% della popolazione; parimenti si calcolano in un milione i cristiani immigrati in Olanda, molti dei quali hanno salvato alcune parrocchie.
Il cardinale mette poi il dito sulla piaga degli stupefacenti. In Olanda è frequente l’uso della cannabis, considerata una droga leggera, ma «[…] i giovani che fanno uso di cannabis hanno prestazioni inferiori a scuola, molti di loro lasciano la scuola senza un titolo di studio, il che li condiziona per tutta la loro vita» e «non c’è dubbio poi che la droga leggera apra il cancello all’uso di altre droghe, perché c’è un bisogno sempre più forte di anestetizzare la coscienza» (p. 73). Inoltre, ricorda che «anche i narcotrafficanti messicani si riforniscono in Olanda» (ibidem).
Ha sempre vissuto da cattolico — ricorda nell’intervista —, senza temere di mostrare la propria fede in pubblico, per esempio facendo il segno della croce alla mensa, anche se ciò comportava sorrisi di compatimento da parte dei presenti, oppure dichiarandosi contro l’aborto e contro l’eutanasia in ospedale e ricevendo numerose critiche da parte sia dei medici sia dei colleghi di studio. Uno dei suoi primi incarichi da viceparroco fu quello di fare catechesi in alcune classi elementari di scuole cattoliche, ma tali solo di nome. Dovette scontrarsi con un team di insegnanti che non voleva che menzionasse Dio nemmeno una volta. Agendo astutamente riuscì a stringere un certo rapporto con il comitato direttivo e ad arrivare a un accordo: «dovevo dare alla maestra della classe in cui andavo a fare catechesi, prima della lezione, un riassunto di quello che avrei detto» (p. 78). Oggi la catechesi nelle scuole è quasi scomparsa a causa di forti ostacoli. Da viceparroco visse esperienze significative assistendo i malati terminali e portandone parecchi alla Confessione, all’Estrema Unzione e alla Comunione prima della morte.
Oggi i partecipanti alla Messa sono diminuiti sensibilmente, ma quelli rimasti sono più credenti e hanno una vita di preghiera, soprattutto se sono giovani.
Il cardinale fa quindi un paragone con la situazione dei sacerdoti perseguitati durante il comunismo e quelli di oggi nell’Europa Occidentale. I primi avevano «[…] parecchi fedeli che volevano conoscere Cristo» mentre oggi «[…] il prete incontra spesso resistenza o, peggio ancora, una profonda indifferenza» (p. 82).
Proseguendo, individua tre condizioni perché un sacerdote riesca ad andare avanti: una formazione solida e completa, la conservazione dello stile di vita del seminario e, una volta ordinato, la frequentazione regolare di una guida spirituale.
Non gli mancarono le critiche dopo l’ordinazione episcopale, specialmente quando trattava il tema dell’omosessualità, ricevendo anche una denuncia da un sacerdote, già sospeso a divinis nel 1974 per essere stato eletto al parlamento olandese e poi a quello europeo. Tuttavia, la sua fede aveva profonde radici. Il suo «storico parroco» don Hans van der Laan (1904-1991) gli diceva nelle preghiere durante l’offertorio di «[…] mettere me stesso spiritualmente sulla patena, per inserirmi nel sacrificio di Cristo» (p. 89). Le tensioni cui era soggetto a seguito dei molti attacchi gli causarono una paralisi per la rottura di un’arteria del cervello. La convalescenza fu lunga, trascorsa meditando sul libro del venerabile card. François-Xavier Nguyên Van Thuán (1928-2002), Testimoni della speranza, dove è scritto: «Quando Dio vuole che tu lasci tutto questo lavoro, fallo subito e abbi fiducia in lui» (p. 92); il card. Eijk ne concluse che «[…] l’attenzione per Dio non deve essere spenta dall’attivismo, per quanto buono» e che bisogna «rimettere nelle giuste proporzioni la vita interiore e la vita attiva» (ibidem)
Insiste quindi sulla necessità che nella Chiesa venga fatto ordine, affinché possa essere «di nuovo davvero capace di evangelizzare il mondo» (p. 95). Non lesina poi critiche alle liturgie sperimentali degli anni 1960 e 1970, definendole «un grande sbaglio, una via attraverso cui non si raggiunge nulla», dal momento che «[…] alla lunga la gente seria cerca una Messa secondo la liturgia autentica della Chiesa» (p. 96).
La terza parte, Il medico di Dickens, s’ispira al romanzo Bleak House (Casa Desolata), dello scrittore inglese Charles Dickens (1812-1870), e rimanda alla desolazione in cui versa oggi la Chiesa; probabilmente il cardinale vuole richiamare alla memoria l’abominio della desolazione degli ultimi tempi, citato nei Vangeli di Marco (13,14) e Matteo (24,15), che a loro volta lo riprendono dal Libro di Daniele (9,27-11,31 e 12,11); ciò spiega anche il sottotitolo di copertina, «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc. 18,8).
Questa parte inizia con una riflessione sul celibato ecclesiastico, ricordando che «la vita celibataria non è di per sé facile» ma offre «[…] una libertà e una disponibilità nel dedicarsi alla Chiesa che non può avere chi deve occuparsi anche di una famiglia» (p. 98) e «[…] rimanda allo stato che avremo una volta risorti» (p. 99). La celebrazione dell’Eucaristia è la gioia più grande del suo ministero, cui si aggiunge l’aver seguito alcuni seminaristi e non aver trascurato i giovani. Ribadisce, quindi, l’importanza della devozione a Maria, stigmatizzando i molti teologi che non vi danno la necessaria importanza e manifestando la propria gioia perché a Utrecht tale devozione è ancora viva, come si evidenzia, per esempio, dai pellegrinaggi a Lourdes in Francia, con numerosi partecipanti, alcuni dei quali riscoprono la prassi religiosa e si riavvicinano ai sacramenti. Maria è «[…] la segnaletica che ci fa ritrovare la strada di Cristo» (p. 102)
L’intervista prosegue sulle conversioni oggi in Olanda, circa cinquecento ogni anno. A tal proposito il cardinale cita l’episodio di un uomo che si sentiva attratto misteriosamente dalla cattedrale di Groningen e che nel momento in cui vi è entrato ha deciso di convertirsi al cattolicesimo. Si intrattiene quindi sulla vicenda della chiesa di San Willibrord, costruita in stile neogotico, che fu venduta dal card. Bernard Alfrink (1900-1987) ma non abbattuta — perché l’acquirente fu colpito dalla sua bellezza — e dopo vari passaggi venne acquistata dalla Fraternità di San Pio X con la quale il card. Eijk è convinto che sarà stabilita la piena e visibile unità. Subito dopo ricorda che a Utrecht vi è un sacerdote diocesano che celebra la Messa secondo la forma straordinaria del rito romano una volta al mese in cattedrale.
In Olanda, nonostante la protestantizzazione, il cattolicesimo, che nel passato ha donato alla Chiesa universale moltissimi missionari — l’11-12% del totale nel 1960 proveniva appunto da quel Paese — si è mantenuto vitale e numericamente ha superato il protestantesimo.
La teologia liberal, che vorrebbe rendere «la fede accettabile all’uomo moderno e per così dire illuminato» in realtà «[…] uccide se stessa perché non trasmette la vera fede, il vero Cristo» e «quando noi proclamiamo la vera fede, lo Spirito Santo la fa sorgere nel cuore dei fedeli»;invece «lo Spirito non lavora sulla strada della teologia liberale» (p. 109).
Sul tema dell’omosessualità il cardinale lamenta disunità e confusione fra i pastori e fra i fedeli. Tuttavia «lo Spirito Santo, che guida la Chiesa sulla strada della Verità, porterà a un superamento di questa crisi. Che però può durare a lungo» (p. 112).
Il seminario diocesano è stato chiuso nel 2009 per problemi economici, ma successivamente riaperto per la crescita del numero dei seminaristi, anche se in forma più modesta e con costi più contenuti.
Alla domanda, che riprende il pensiero di Papa Benedetto XVI (2005-2013) circa la consapevolezza oggi venuta meno di atti che non possono mai essere compiuti, così risponde il cardinale: «Il punto di fondo è che si nega l’esistenza della verità assoluta, vige un completo relativismo nell’opinione pubblica. Il relativismo contrasta però se stesso ponendo come verità immutabile l’assenza di una verità immutabile.
«E diventa dittatoriale respingendo ogni altra visione. Quando si critica questo relativismo si viene accusati di essere fondamentalisti e si viene marginalizzati. Si parla dell’autonomia, della libertà personale però si dimentica che esiste una vera dittatura dell’opinione pubblica.
«Un autore belga ha scritto una critica alla teoria del gender dalla prospettiva cattolica. Un uomo di scienza ha reagito dicendo in sostanza: questo è il parto di una mente schizofrenica. Gli ha dato insomma del pazzo. Non ha criticato l’argomentazione esposta — cioè che non si può separare totalmente il genere, cioè il ruolo sociale dell’uomo e della donna, dal sesso biologico — ma ha direttamente squalificato l’interlocutore, non meritevole di essere preso in considerazione.
«Chi difende la dottrina cattolica si sente dare del pazzo. Questo atteggiamento è sempre più diffuso nel mondo occidentale e molti cattolici sono intimiditi, non trovano il coraggio di esporre la dottrina della Chiesa, le loro convinzioni. Anche tra i consacrati e i vescovi si vede questo indietreggiare» (pp. 118-119). Nel leggere questo passo sembra davvero di rivivere la passione di Cristo quando gli fu imposta la tunica bianca, riservata ai pazzi.
Successivamente insiste sulla necessità di parlare della vita eterna, del Paradiso, del Purgatorio, dell’Inferno e della Resurrezione. Oggi queste verità sono sovente dimenticate, così che «[…] la vita cristiana perde il suo significato. Gesù rimane solo un grande educatore e il cristianesimo una filosofia dalle forti ricadute etiche, com’era lo stoicismo» (p. 121).
Sulle divisioni oggi nella Chiesa il presule sostiene che in Olanda con il ricambio generazionale vi sia stato un risanamento silenzioso. «I preti del ’68, che sono stati ordinati in quegli anni di sbandamento, con idee ultraprogressiste, non ci sono quasi più o almeno non sono più parroci» (p. 125) e così avverrà nelle altre parti del mondo. Ricorda, quindi, il card. Carlo Caffarra (1938-2017), «figlio della teologia scolastica, con un modo di ragionare molto rigoroso, sistematico, preciso, fatto di premesse e di conseguenze. In questo era un vero tomista». Inoltre, «come Giovanni Paolo II anche Caffarra ha sviluppato un’analisi antropologica del matrimonio e della sessualità che serviva nella Chiesa dopo la Humanae Vitae. Paolo VI [1963-1978] aveva ribadito una verità morale fondamentale, cioè che la contraccezione è un male intrinseco, Giovanni Paolo II e il cardinale Caffarra fecero un grandissimo lavoro per spiegare questa verità» (p. 127).
Tanti credenti oggi soffrono per la situazione della Chiesa ed è cresciuto il senso di sfiducia alimentato dal diavolo, il quale «[…] vuole che diminuisca l’entusiasmo nel seguire Gesù» (p. 128). Alla domanda se oggi non sarebbe meglio anziché scrivere tanti documenti pregare di più, risponde dicendo che la cosa più importante è partecipare alla celebrazione eucaristica e poi all’adorazione eucaristica, specificando che a quest’ultima molti giovani olandesi partecipano e che diversi parroci vogliono introdurla. «Tutto questo trent’anni fa sarebbe sembrato impossibile (p. 129).
Infine, ricorda che vi sarà «una grande apostasia prima della fine del mondo» e che quanto descrive il Catechismo «[…] fa pensare al nostro tempo» (p. 131), anche se «è ovvio che dobbiamo essere molto cauti» (p. 130) perché analoghe gravi situazioni si sono già verificate nei periodi di crisi. «Il nostro compito è annunciare la fede e vivere la fede. Sappiamo, infatti, che la fine di questo mondo implica il ritorno di Cristo» (p. 131).
Giacomo Roggeri Mermet