Ogni vita di uomo lunga qualche decennio è un ponte fra passato e futuro ma ad una sola condizione: che sia intensamente vissuta. Vivere intensamente il reale significa dare la vita stessa. Questo non vale solo per la nostra epoca frenetica, piena di cambiamenti, ma anche per chi viveva nel XIX secolo, tempo di rivolgimenti epocali. Ed è questo il caso di monsignor Frédéric-Francois-Xavier-Ghislain de Mérode, nato a Bruxelles il 20 marzo 1820 e morto a Roma il 12 luglio 1874. Nei libri di storia viene trattato in modo sommario, di solito appioppandogli l’epiteto di “fanatico”. Per capire un uomo del suo calibro bisogna partire dalle radici, dalla sua educazione, come fa il Besson in questa sua opera, pubblicata nel 1886 e oggi rieditata da ARES a cura di Guglielmo Gualandris.
In realtà monsignor De Merode fu molto di più: soldato nella Legione Straniera, poi, con l’avvento della vocazione, sacerdote e vescovo a Roma. E da qui comincia la parte più avventurosa della sua vita quando, in pochi mesi, costruisce un esercito pontificio quasi dal nulla in previsione dell’attacco allo Stato della Chiesa sferrato dai rivoluzionari e dal governo piemontese. La sconfitta di Castelfidardo e la perdita della piazzaforte di Ancona nel settembre del 1860 non scalfirono la sua fama di uomo energico e capace, di obbedienza filiale a papa Pio IX ma insofferente delle lentezze e delle tergiversazioni della Curia romana. Infatti, quando perse l’incarico di Ministro delle armi, iniziò una nuova attività che doveva rivelarsi ancor più decisiva per l’avvenire della città di Roma.
Fu lui a far costruire quella grande piazza davanti a quella che sarebbe stata la stazione Termini, tracciando via Firenze, via Torino e via Palermo. Suo il piano urbanistico che sviluppò via Nazionale che, per l’appunto, si chiamava inizialmente via De Mérode. Il talento per gli affari e il ricavato delle sue speculazioni immobiliari, gli permisero di finanziare opere di carità e, fatto decisivo, gli scavi archeologici, diretti dal cavaliere Giovanni Battista de Rossi, che riportarono alla luce le catacombe di san Callisto e di santa Domitilla.
Ma da dove proveniva questa energia? Dalle sue radici, dal fatto di appartenere a una famiglia che risaliva all’epoca carolingia e il cui motto era “plus d’honneur che d’honneurs”. Un retaggio del medioevo? Un uomo fuori tempo? A molti può esserlo sembrato. Ma fu proprio questa educazione, questo rigore morale, questa Fede a permettergli di affrontare la fine dello Stato Pontificio. Dopo il 20 settembre 1870 non stette a piangere sulla sconfitta o ad arroccarsi in uno sdegnoso rifiuto del dato storico ma intervenne sulla realtà che aveva di fronte cambiando il volto della stessa Roma. E questa è una lezione per tutti i cattolici che ancora non si vogliano rassegnare al Grande Nulla della modernità che tutto sembra sommergere.
Categoria: Saggio, a cura di Guglielmo Gualandris, invito alla lettura di Alberto Leoni
Autore: Francois-Nicolas X.-L- Besson
Pagine: 412 pp
Prezzo: € 25,00
Anno: 2023
Editore: Ares, Milano
EAN: 9788892982277