Alfredo Mantovano, Cristianità n. 377 (2015)
Intervento, annotato, alla manifestazione per la famiglia Difendiamo i nostri figli svoltasi a Roma il 20-6-2015. È stato mantenuto lo stile colloquiale.
Care amiche e cari amici!
Una giornalista poco fa mi chiedeva di riassumere in poche parole-chiave il messaggio che il popolo delle famiglie manda all’Italia da piazza San Giovanni in questa splendida serata.
Le parole chiave sono tre: forza – coraggio – speranza.
Questa piazza dà forza: la forza non di una massa senza identità, ma di centinaia di migliaia di persone consapevoli che il futuro dell’Italia passa dal futuro della famiglia, e consapevoli che fare male alla famiglia significa fare male all’intera Italia.
La giornalista faceva un’altra domanda: quali proposte concrete avete?
Ne abbiamo tante! E non da adesso: sono decenni che le associazioni familiari avanzano proposte concrete. Ma se oggi siamo qui è perché c’è una emergenza: oggi le famiglie in Italia sono sotto tiro. E quando su una casa cadono le bombe non si pensa a dove sistemare il comodino, si pensa a mettersi al riparo e a far cessare il bombardamento.
Ne sono cadute parecchie di bombe sulle famiglie negli ultimi mesi. Non c’è solo la gravissima imposizione dell’ideologia del gender nelle scuole. Ci sono il «divorzio breve» e il «divorzio facile»: ma è possibile che oggi se voglio divorziare da mia moglie ci riesco in modo più semplice e veloce che se voglio disdire il contratto del mio telefonino?! Ci sono la fecondazione eterologa e la selezione genetica degli embrioni, cioè la scelta dei figli come se fossero degli oggetti, e la separazione fra i genitori biologici e i genitori legali.
Ma c’è una bomba che sta per essere lanciata: si chiama legge sulle unioni civili. Il nome è «unioni civili», la sostanza è matrimonio fra persone dello stesso sesso. Non c’è da spendere molte parole:
— art. 3, si applicano alle unioni civili fra persone dello stesso sesso, esattamente come per il matrimonio, una serie di articoli fra cui gli art. 143, 144 e 147: gli stessi che il sacerdote o l’ufficiale di stato civile leggono al momento delle nozze, quelli che descrivono i doveri e i diritti dei coniugi;
— art. 1, c’è una cerimonia di avvio: la dichiarazione va fatta alla presenza di due testimoni, esattamente come per il matrimonio. Si parla di stato vedovile se uno dei due muore, esattamente come per il matrimonio.
Ci dicono: ma a voi che cosa interessa? Se due persone si vogliono bene perché non possono sposarsi? Non è questione di volersi bene. È che la Costituzione considera la famiglia più di qualsiasi altra comunità per una ragione precisa: perché senza la famiglia non nascono i figli, e senza figli una nazione muore.
Qualcuno arriva a dire: ma nella Costituzione all’art. 29 non c’è scritto che il matrimonio debba essere fra un uomo e una donna (capite qual è il livello delle argomentazioni?). Peccato che dopo l’art. 29 c’è l’art. 30: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli»; e come vengono fuori i figli se non ci sono un uomo e una donna? A meno che … non si pensi di comprare i figli con l’utero in affitto.
Il principio di eguaglianza impone di mettere sullo stesso piano situazioni eguali. E qui le situazioni sono diverse: questa piazza ha il coraggio di dire nel modo più chiaro possibile che è profondamente ingiusto mettere sullo stesso piano la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna e l’unione fra persone dello stesso sesso.
Dicendo questo non discriminiamo nessuno.
Passiamo in rassegna quello che l’ordinamento riconosce già da tempo a chi fa parte di una convivenza. C’è già tutto: l’assistenza sanitaria, la successione nella locazione, il permesso di assentarsi dal lavoro per problemi di salute del convivente. C’è tutto tranne tre voci: la pensione di reversibilità, la quota di legittima nell’eredità e l’adozione. Parliamo di queste tre voci. Parliamo di adozione, perché questo è il nodo cruciale. L’art. 5 del disegno di legge «Cirinnà» apre la strada all’adozione. Certo, non lo fa capire; per mascherarlo usa un’espressione inglese: stepchild adoption. Capite qualcosa? Significa che se una donna ha un bambino la sua compagna dello stesso sesso può adottarlo. Questo è il punto nodale: se passa questo non ci sarà bisogno della Corte Costituzionale o delle Corti europee; qualsiasi giudice estenderà la possibilità di adottare a tutte le coppie dello stesso sesso, considerando discriminatorio che lo si preveda solo per alcuni e non per tutti.
Vogliamo le adozioni gay? [«No», urla forte la piazza (ndr)]. Lo devono sentire anche nei Palazzi … vogliamo noi questo? [«No», urla ancora più forte la piazza (ndr)]
E perché diciamo di no? Per ragioni ideologiche, per ragioni religiose? No: diciamo no alle adozioni gay perché ogni bambino ha il sacrosanto diritto di avere entrambe le figure di genitore, ha il diritto di avere un padre e una madre. Perché con un padre e una madre cresce meglio: lo dice la sana pedagogia, lo dice la nostra esperienza quotidiana di genitori e di nonni. Nessuno può convincerci del contrario. Perché la differenza fra quello che dà un padre e quello che dà una madre è una ricchezza e noi non vogliamo privare i bambini di questa ricchezza.
La forza di questa piazza dà coraggio a tutti. Dà coraggio al genitore che rifiuta di mandare il proprio bambino in «un campo di rieducazione» gender. Questa sera tocchi con mano che non sei solo: hai al tuo fianco centinaia di migliaia di amici.
Dà coraggio agli insegnanti: puoi sottrarti alla «colonizzazione ideologica» (anche qui il copyright è di Papa Francesco), ti diamo una mano tutti.
Dà coraggio ai nostri amici parlamentari, tanti dei quali oggi sono qui e condividono la nostra battaglia di popolo — e li ringraziamo per questo.
Dà coraggio a ogni famiglia per affrontare le difficoltà quotidiane e concrete, soprattutto in questi giorni, alle prese con un fisco per il quale la famiglia italiana è come un’oliva da torchiare.
Ma la forza e il coraggio hanno senso perché sono carichi di speranza. Vi è uno spread che oggi interessa l’Italia, molto più di quello che riguarda i titoli del debito pubblico; ed è lo spread fra le nuove nascite e le morti. Lo dicono i demografi e gli economisti seri. La crisi dell’Italia si lega al fatto che ci si sono sempre meno figli: nel 2014 sono nati meno della metà dei bambini che nascevano cinquant’anni fa, nel 1964. E se allora c’era il boom economico, oggi la crisi dipende da questo! I morti superano i nuovi nati di oltre 90.000 unità. Se questospread resta com’è, se non invertiamo la rotta, diventeremo sempre più anziani e scompariremo come nazione.
Piazza San Giovanni dice stasera «no» a questa prospettiva di morte. Non è un destino ineluttabile!
Il popolo delle famiglie stasera dice all’Italia intera: alziamoci, ce la possiamo fare, non abbiamo perso la speranza. E quale segno più grande di speranza vi è che mettere al mondo un bambino? Ogni volta che incontriamo una donna che aspetta un bambino dovremmo dirle grazie, anche se non la conosciamo, perché sta regalando un pezzo di futuro a tutti noi.
Ci accusano di essere antiquati e di non seguire i tempi. Rispondiamo in modo semplice che un Papa di nome Giovanni Paolo II, all’inizio del suo pontificato fu criticato quando esortava l’Europa a respirare con i due polmoni, occidentale e orientale, quando proclamava la caduta dei muri e la rimozione del filo spinato. «Non è al passo coi tempi!», dicevano. Dopo qualche anno accadde un fatto straordinario: furono i tempi a mettersi al passo con san Giovanni Paolo II.
Ci sono stati dei momenti nella nostra storia di italiani nei quali tutto sembrava perso, e pareva perduta anche la speranza. C’erano i lutti, la fame, la paura, gli eserciti stranieri, i capi erano scomparsi o si erano dati alla fuga. Restava solo il popolo. Pensate ai mesi conclusivi della Seconda Guerra Mondiale. In quei momenti il popolo italiano ha saputo prendere in mano il proprio destino e passare dalle macerie alla ricostruzione. È riuscito a farlo perché era un popolo sano, costituito da famiglie. Erano le famiglie dei nostri nonni!
Oggi viviamo un momento simile. Il popolo di Piazza San Giovanni non fa rivendicazioni, non rifiuta né il dialogo né il confronto. Ma sa bene che il dialogo ha senso se parte da una posizione netta. Non c’è conflitto fra la manifestazione in piazza e il confronto. Anzi, il confronto riesce meglio, perché si basa su una identità chiara.
Grazie a ciascuno di voi, torneremo a casa con il cuore carico di forza, di coraggio e di speranza: il popolo delle famiglie esiste! Con questa piazza, senza deleghe, d’ora in avanti dovranno fare i conti le istituzioni e la politica.
Care famiglie, la nostra è una grande battaglia laica di civiltà. È una civiltà che in Europa, in Italia e soprattutto in questa nostra Roma ha radici profonde. E proprio per questo laicamente la affidiamo nelle mani della Padrona di casa, della Salus Populi Romani che è ancheSalus Popoli Italiani.
Che la Santa Vergine aiuti le famiglie italiane!
Viva l’Italia delle famiglie!