di Marco Invernizzi
1. Dalle origini al periodo modenese
Monsignor Pietro Balan appartiene alla schiera di quanti hanno patito la Rivoluzione svoltasi in Italia nella seconda metà del XIX secolo anche dopo la loro morte, subendo l’ostracismo decretato a loro riguardo dai “padroni” della cultura ufficiale e dominante. Osteggiato dalle consorterie liberali al potere in Italia nella seconda metà dell’Ottocento, cioè dalla “destra” e dalla “sinistra” storiche, e in modo particolare dalla massoneria, Balan è stato dimenticato anche dalla storiografia d’ispirazione democratico-cristiana che, protesa alla ricerca di una conciliazione a ogni costo con la cultura ispiratrice della Rivoluzione italiana, trovava scomodo questo cattolico intransigente e integrale, che – con non pochi altri – ha profeticamente anticipato e individuato i motivi della mancanza di quell’identità nazionale, di cui ancora si discute a proposito della “morte della patria”.
Nato a Este, nel Padovano, il 3 settembre 1840 da una modesta famiglia, Pietro Balan è ordinato sacerdote a soli ventidue anni, dopo aver studiato nel seminario di Padova grazie all’aiuto economico del concittadino monsignor Francesco Panella (1803-1880). Ancora studente al terzo anno di teologia, pubblica a Padova il volumetto Sul Papato. Studi, datato 28 gennaio 1861 e, quando viene ordinato sacerdote, nel 1863, già da un anno insegnava storia nel suo seminario e suoi scritti apparivano sul periodico Letture cattoliche, fondato con altri da Giuseppe Sacchetti (1845-1906), che sarebbe diventato uno dei massimi dirigenti del movimento cattolico italiano.
Lasciata Padova per Venezia nel 1863, per ubbidire ai desideri del cardinale patriarca Giuseppe Luigi Trevisanato (1801-1877) fonda il periodico La Libertà Cattolica, che lascerà dopo tre anni per sottrarsi al difficile clima politico sorto successivamente al passaggio di Venezia al Regno d’Italia, nel 1866. Da Venezia si sposta a Torino, dove collabora con don Giacomo Margotti (1823-1887) al periodico L’Unità Cattolica, fondato nel capoluogo piemontese il 29 ottobre 1863, ma già un anno dopo, nel 1868, si trova ospite a Modena del conte Claudio Boschetti, uno dei fondatori della Gioventù Cattolica, dove gli viene chiesto di dar vita e di dirigere una nuova testata, che prendesse il posto de Il difensore, periodico cattolico modenese costretto a cessare le pubblicazioni. Nasce così Il Diritto cattolico, che Balan guiderà fino al 1874. Dopo questo periodo, riduce sensibilmente l’attività giornalistica per dedicarsi al lavoro di storico e metter mano alle sue opere principali: la Storia d’Italia, la cui prima edizione esce a Modena in sette volumi fra il 1875 e il 1890, e la Continuazione alla storia universale della Chiesa cattolica dell’abate Rohrbacher, dall’elezione al pontificato di Pio IX nel 1846 ai giorni nostri, pubblicata in tre volumi a Torino fra il 1879 e il 1886.
Ma altre opere di questo stesso periodo modenese lo avevano già fatto conoscere in tutto il mondo cattolico italiano: Clericali, liberali e l’enciclica dell’8 dicembre, del 1864; Storia di san Tommaso di Cantorbery e I precursori del liberalismo fino a Lutero, del 1867; L’economia, la Chiesa e gli umanitari, Romani e Longobardi, Cattolicesimo e Liberalismo, Papato e progresso e Della necessità di restaurare la storia d’Italia, del 1868; Pio IX, la Chiesa e la Rivoluzione, I precursori del razionalismo moderno e Il satanismo e l’immacolata, del 1869; Dante e i Papi, del 1870; Della preponderanza germanica, del 1871; Chiesa e Stato. Lettere a G. I. Dollinger, La Chiesa e lo Stato in relazione specialmente all’Impero germanico, La prima lotta di Gregorio IX con Federico II, del 1871; La Chiesa cattolica e i Romani Pontefici, del 1873; Storia di Gregorio IX e dei suoi tempi, in tre volumi, del 1872-1873; Storia di Giovanni VIII e Storia della Lega Lombarda, del 1876; Pio IX e il giudizio della storia, del 1878; Memoria della b. Beatrice d’Este, Cattolicismo e libertà e Il Papato e l’Italia, del 1879.
Balan era per certo lavoratore assiduo e costante, con una straordinaria resistenza allo studio; del resto, se non avesse avuto queste caratteristiche, non avrebbe potuto dirigere un quotidiano, presto diventato d’importanza nazionale, e contemporaneamente pubblicare un numero così cospicuo di opere storiche e apologetiche. Ma, soprattutto, era lavoratore ispirato a una precisa prospettiva dottrinale, secondo la quale – come spiega Al Lettore nella prima edizione della Storia d’Italia – “[…] la Storia non deve essere nudo racconto, sì ragione dei fatti e maestra delle azioni; nè quelli si intendono, nè questa approda se manchi giusto e solido fondamento”; per cui – prosegue – “è da sperare che il senno italiano si guardi dalle nuove filosofie della storia che sorgono, che pullulano in ogni parte da alquanto in qua, tutte fondandosi in ultimo concetto, sulla negazione della Provvidenza e sulla idolatria del caso o del destino”, e conclude: “Dopo Dio più che altra cosa amo la patria; sarò felice se […] potrò conoscere che la mia Storia d’Italia abbia servito ad illustrare le vere glorie d’Italia ed a persuadere qualche Italiano che senza virtù non v’ha grandezza, senza fede non v’ha libertà, senza religione non v’ha progresso”.
2. Il periodo romano
Nel 1879 viene chiamato da Papa Leone XIII (1878-1903) a Roma come sottoarchivista e come direttore, con monsignor Placido Maria Schiaffino (1829-1889), del quotidiano L’Aurora, con il quale il Pontefice voleva, secondo l’opinione di Pietro Scoppola, saggiare il terreno per la politica conciliatorista praticata nei primi anni del suo pontificato. Su questo giornale Balan cura una Storia della politica segreta italiana (1863-1870), uscita a puntate dal 29 agosto al 9 novembre 1880. Dal 1879 al 1884, nel periodo romano della sua vita, appaiono altre e numerose opere: La politica italiana, La ribellione di Perugia nel 1368 e la sua sottomissione nel 1370, narrata secondo i documenti degli archivi vaticani, Santa Caterina da Siena, Sulla autenticità del diploma di Enrico II e Le relazioni fra la Chiesa e gli Slavi, del 1880; Il processo di Bonifazio VIII, Gli archivi della Santa Sede in relazione alla storia d’Italia e La nuova Italia e i vecchi zelanti del sac. Carlo Maria Curci. Articoli dell'”Osservatore Romano”, del 1881; la raccolta Monumenta reformationis lutheranae ex tabulariis S. Sedis secretis 1521-1525. Collegit, ordinavit, illustravit P. B., pubblicata in due volumi a Ratisbona, del 1883-1884; Di alcuni documenti riguardanti Lutero, del 1883; e La politica di Clemente VII, del 1884.
3. Il ritiro nel Bolognese
Nel 1884, Balan lascia la carica di sottoarchivista e anche la città eterna: secondo don Paolo de Töth (1881-1965) – che, nella sua opera inedita sulla vita di Stanislao Medolago Albani (1851-1921), dedica a Balan una scheda biografica appassionata e ricca di informazioni – il ritiro avviene per ragioni di salute; secondo Scoppola è forse conseguenza di un contrasto con la politica transigente di Papa Leone XIII, tanto che Balan stesso viene accusato di aver scritto testi anonimi contro la politica del Pontefice; ma si tratta di un’insinuazione dalla quale egli si difende con una lettera inviata al giornale di Padova L’Euganeo, pubblicata il 28 ottobre 1883.
Così, il prelato domestico di Sua Santità, nominato nel 1883 referendario di segnatura e conte romano, dopo un breve periodo trascorso a Rocca di Papa, nei pressi di Roma, si trasferisce a Pragatto, un paesino situato sopra una ridente collina a pochi chilometri da Bologna, dove si dedica completamente agli studi e dove chiude la sua esistenza terrena a soli cinquantadue anni, il 17 febbraio 1893. Qui nascerà la seconda edizione della Storia d’Italia, pubblicata a Modena dopo la sua morte, negli anni 1884 e 1885, che narra gli avvenimenti italiani dall’inizio del cristianesimo fino al 1870 in undici volumi, “aumentata e corretta dall’autore, curata e accresciuta di note dal sacerdote dottor Rodolfo Majocchi, prof. di storia al seminario arcivescovile di Pavia”. Nonostante non abbia avuto il tempo di rivedere il lavoro come avrebbe desiderato, monsignor Balan ha indubbiamente prodotto un’opera di grande rilevanza scientifica e apologetica sulla storia italiana, che mette in luce il profondo legame intercorso fra la nazione e la sede del Papato dai primordi del cristianesimo fino alla Breccia di Porta Pia. Don de Töth si rammarica che una tale opera non sia stata ripresa e continuata da altri studiosi cattolici, nonostante l’amicizia e il plauso per l’opera di Balan espressi, per esempio, da Cesare Cantù (1804-1895), da Theodor Mommsen (1817-1903) e da Ludwig von Pastor (1854-1928), un giudizio che può essere sintetizzato nelle parole del cardinale patriarca di Venezia e futuro Papa san Pio X (1903-1914), scritte al curatore della seconda edizione della Storia d’Italia don Rodolfo Majocchi (1862-1924): “Fra le molte opere che ci ha donato l’illustre istoriografo, con questa, che si può dire nel suo genere perfetta, ha riempito un gran vuoto, che si lamentava in Italia, giacchè ha esposto la verità dei fatti, da altri scrittori o per malafede o per ignoranza alterati, e ha trionfalmente confutati numerosi giudizi non sempre a fil di logica e con animo imparziale profferiti”.
Altre sue opere vengono pubblicate in questo periodo: La grandezza di Gregorio VII, discorso e Monumenta saeculi XVI historiam illustrantia, del 1885; Clemente VII e l’Italia dei suoi tempi, del 1887; Roma e l’Italia e la realtà delle cose, del 1889; Il Santuario di Santa Maria della Guardia presso Bologna. Cenni storici, del 1890; La vera realtà delle cose, dei fatti, della lotta presente in Roma ed in Italia, la cui terza edizione è del 1891; La rivoluzione francese e L’intransigenza nella storia, del 1893.
4. Militante nell’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici
Balan non è stato soltanto un fecondo scrittore, ma anche un appassionato oratore, distintosi soprattutto in occasione dei congressi del movimento cattolico italiano, che quasi ogni anno riunivano nelle diverse città italiane i militanti dell’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici. Famoso fu all’epoca il discorso sul Patriottismo cattolico pronunciato all’VIII Congresso, svoltosi a Lodi dal 21 al 23 ottobre 1890, mentre grande risalto nazionale ebbe l’opuscolo, diffuso a cura del Comitato Permanente dell’Opera dei Congressi, scritto da Balan in occasione dell’erezione del monumento a Giordano Bruno (1548-1600) da parte del mondo laicista italiano: Di G. Bruno e dei meriti di lui ad un monumento, pubblicato a Bologna nel 1886; così come quello pubblicato nel corso dell’anno successivo a Venezia, in occasione dell’erezione di un monumento al frate servita Paolo Sarpi (1552-1623). Ripetutamente pubblicato fu anche il discorso pronunciato a Modena, durante il V Congresso tenutosi dal 21 al 24 ottobre 1879, su Il Papato e l’Italia, nel quale sostiene la tesi che tutti i fautori del bene comune della nazione italiana sono stati alleati dei Papi, mentre i nemici della Santa Sede sono stati anche nemici della patria. E proprio anche alla patria monsignor Balan ha dedicato la sua già ricordata opera – la più importante e quella che più amò -, la Storia d’Italia, nella cui introduzione alla seconda edizione scrive: “La coscienza mi assicura che nell’opera mia ho unito due grandi amori: quello supremo di Dio e quello conseguente della Patria. La mia fatica, quantunque imperfetta, non resterà sterile; e se la somma tristizia dei tempi e la malvagità degli uomini togliessero anche la gratitudine della Patria, sempre mi resterà la consolante speranza del premio, che aspetto da Dio”.
Per approfondire: vedi Pietro Scoppola, voce Balan, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 5, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1963, pp. 308-311; Paolo Dalla Torre, voce Balan, in Enciclopedia Cattolica, vol. II, coll. 720-722; e anche, benché di scarso valore informativo, Filiberto Agostini, voce Balan, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1980, vol. III/1, Le figure rappresentative, Marietti, Casale Monferrato (Alessandria) 1984, pp. 43-44.