Don Stefano Caprio e Giovanni Codevilla, Cristianità n. 383 (2017)
1. Padre Romano Scalfi ha vissuto quasi un secolo intero, rappresentando per moltissime persone un punto di riferimento e una guida spirituale molto speciale. Nato a Tione in Trentino il 12 ottobre 1923, era stato ordinato sacerdote nel 1948, dopo che la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) aveva sconvolto gli equilibri politici e culturali dei secoli passati, lasciando il mondo in un permanente stato di conflitto fra diversi sistemi e concezioni di vita. Tre anni prima la Conferenza di Yalta, in Crimea, aveva creato lo schema della spartizione del mondo in due grandi blocchi: era il mondo dei capitalisti contro i socialisti, ma anche degli atei contro i cristiani, anche se in realtà le cose non erano così semplici — fra gli «atei» rimanevano molti credenti e i «bravi cristiani» diventavano velocemente più atei degli atei —, e la Chiesa cattolica del venerabile Papa Pio XII (1939-1958) chiamava tutti i fedeli, e specialmente i sacerdoti, a una grande crociata contro i nemici della fede.
In questa crociata, ovviamente, un posto speciale spettava alle iniziative della Chiesa cattolica nei confronti dell’Unione Sovietica (URSS) guidata da Iosif Visarionovič Džugasvili (1879-1953), meglio noto come «Stalin», epicentro del cosiddetto «impero del male» dell’ateismo militante. La Russia, del resto, suscitava nei vertici della Chiesa un vivo interesse da molto tempo, anzi da molti secoli; unico grande Paese ortodosso rimasto libero dalla dominazione ottomana, dopo la fine del Medioevo, era ritenuta da Roma la chiave per giungere all’unione di tutti i cristiani, che sarebbe dovuta nascere proprio dalla rinnovata fratellanza fra gli ortodossi e i cattolici, uniti dalla comune tradizione apostolica e patristica. I tentativi di avvicinare la Russia all’Occidente latino si erano moltiplicati nel corso dei secoli, con piani anche molto audaci e creativi, dalle trattative diplomatiche ai matrimoni combinati, alle missioni segrete e all’invio in Russia di artisti, ingegneri e architetti, passando dall’unione con Roma delle diocesi ucraine del 1596 alla tutela della Compagnia di Gesù da parte della zarina Caterina II (1729-1796). All’inizio del secolo XX, la Chiesa cattolica aveva nuovamente messo in campo grandi progetti per ricongiungersi alla Russia e a tutto l’Oriente cristiano: nel 1917, proprio durante la rivoluzione russa, era stata istituita la Congregazione per le Chiese Orientali ed era stato aperto il Pontificio Istituto Orientale, affidato ai gesuiti, per lo studio delle tradizioni del cristianesimo orientale e, in particolare, proprio di quella russa. La tragica evoluzione degli eventi rivoluzionari, con la nascita della Russia sovietica, aveva portato nel 1920 anche a formare una speciale commissione vaticana Pro Russia, sottoposta direttamente ai pontefici e guidata per oltre un decennio dal gesuita francese Michel d’Herbigny (1880-1957).
2. Il piano della Pro Russia prevedeva la penetrazione e la diffusione nel Paese di un cattolicesimo molto militante e spregiudicato, addirittura con la speciale concessione ai sacerdoti incaricati di questa missione della facoltà di celebrare anche nel rito bizantino degli ortodossi, il cosiddetto «bi-ritualismo», normalmente escluso dalla pratica ecclesiastica ordinaria. Fu creato allo scopo anche uno speciale seminario, sempre guidato dai gesuiti, il Pontificio Collegio Russicum di Roma, dove si praticava il rito bizantino-slavo e si parlava la lingua russa; i sacerdoti, diocesani e religiosi, che giungevano da tutto il mondo, venivano distaccati dalle loro giurisdizioni originarie per mettersi al servizio esclusivo della missione Pro Russia, «quotidie dare Domino in sacrificium seipsos pro populo Russo», «offrirsi ogni giorno in sacrificio al Signore per il popolo russo», secondo la formulazione ufficiale. I missionari cattolici dovevano essere pronti perfino a sostituire i preti ortodossi, che sembravano destinati a finire tutti nell’inferno del GuLag sovietico. Durante le vicende belliche, alcuni sacerdoti del Russicum vennero addirittura inviati nei territori ucraini e russi occupati dalla Germania nazionalsocialista, che nel 1941 con l’Operazione Barbarossa, la più vasta operazione militare terrestre di tutti i tempi, avevano rotto l’alleanza stipulata nel 1939 con Stalin. I tedeschi invasero la Russia da nord, attraverso i Paesi baltici e la Russia settentrionale, mentre altre divisioni marciarono attraverso la Bielorussia e le regioni centro-occidentali e da sud penetrarono in Ucraina e nei territori a nord del Caucaso. Alcune decine di sacerdoti cercarono d’inserirsi in queste divisioni come cappellani delle armate tedesche e italiane, perfino come semplici soldati, allo scopo di essere presenti e attivi sul territorio, anche qualora la guerra fosse stata vinta dai sovietici e quelle terre riconquistate. Così in effetti avvenne, ma tutti i missionari del Russicum vennero immediatamente identificati ed espulsi, alcuni di loro uccisi, altri imprigionati e detenuti a lungo. Cinquantadue cappellani militari italiani sono morti in Russia, diciannove dei quali nel GuLag. Fra i sopravvissuti basterà qui ricordare i nomi di padre Pietro Leoni S.J. (1909-1995), don Armando Zavatta (1915-1976) e padre Pietro Alagiagian (1894-1981), condannati il primo a dieci e gli altri a dodici anni di campo di lavoro forzato (1).
3. Il fallimento della missione bellica non spense, anzi alimentò ancor di più il fervore delle iniziative cattoliche verso la Russia. Papa Pio XII già nel 1942, su richiesta della veggente di Fatima suor Lucia dos Santos (1907-2005), aveva consacrato il mondo al Cuore Immacolato di Maria, con un chiaro accenno alla Russia, e consacrò poi direttamente i popoli della Russia nel 1952, invitando tutte le Chiese del mondo a unirsi nella preghiera e a mettere a disposizione tutte le energie, soprattutto quelle dei giovani orientati al sacerdozio, per favorire questa grande missione della Chiesa.
Padre Scalfi fu tra i primi a rispondere con entusiasmo, entrando nel Russicum all’inizio dell’anno accademico 1951-1952. Insieme a lui si trovarono lì molti altri giovani sacerdoti, spinti dall’idea di ricostruire spiritualmente un mondo distrutto dall’odio e dalla violenza. Il dopoguerra vide infatti una grande affluenza di vocazioni, non solo al Russicum, ma in tutto il mondo bisognoso della pace e dell’assistenza della Chiesa. La terra di nascita di padre Scalfi, il Trentino, fu una delle più generose, e molti di quei giovani si dedicarono a quella missione così audace e rischiosa, rivolta ai Paesi dominati dal «diavolo comunista» in Russia e nell’Europa Orientale. Molti sacerdoti insieme a lui passarono in quegli anni dal Russicum e dagli studi del Pontificio Istituto Orientale, soprattutto uomini provenienti dagli ex-territori dell’Impero austro-ungarico, di cui anche Trento faceva parte, e che aveva riunito per secoli cristiani d’Oriente e d’Occidente. Ad essi si proponevano due diversi approcci di specializzazione: uno dedicato alla riscoperta della spiritualità bizantino-slava della tradizione russa, e l’altro allo studio della filosofia e della sociologia, in particolare del marxismo-leninismo, per meglio conoscere e confutare l’avversario. Sulla base di questi studi i gesuiti aprirono uno dei più grandi centri di studi sul marxismo del mondo. A tutti gli studenti s’imponeva lo studio intensivo della lingua russa, con cui si doveva conversare anche a tavola, e la partecipazione quotidiana alla liturgia bizantina nella versione slavo-ecclesiastica, per ottenere le facoltà di celebrazione bi-ritualista. Nel 1954, padre Scalfi ottenne la laurea in Scienze Sociali, avendo preferito la specializzazione «marxista», ed essendosi nello stesso tempo impregnato di teologia e liturgia orientale.
4. Già durante gli studi, dietro sollecitazione dei superiori e dei professori gesuiti dell’Orientale e del Russicum, padre Scalfi con altri studenti aveva iniziato a pubblicare un Notiziario religioso russo, anche con il titolo di Russia Cristiana, che lo accompagnerà per il resto della vita. In esso si facevano conoscere le condizioni dei cristiani perseguitati nell’URSS, insieme ad approfondimenti sulle loro tradizioni culturali e religiose. Finiti gli studi, si poneva il problema di come realizzare la missione: la Cortina di Ferro sembrava ormai impenetrabile e recarsi in Russia stabilmente era un’utopia. Nel 1956 padre Scalfi rimase per qualche mese a Bologna, dove si affiancò al francescano padre Tommaso Toschi (1922-2016), il «frate volante» a cui l’arcivescovo, card. Giacomo Lercaro (1891-1976), aveva chiesto di istituire una speciale «pattuglia» di sacerdoti. Era un gruppo di religiosi che, a bordo delle loro Fiat 1100, andavano in giro nelle periferie a improvvisare Messe laddove non erano ancora state costruite le chiese, ma anche a impegnarsi in prima persona, con grande determinazione e preparazione, nelle campagne elettorali e nei dibattiti con i militanti del Partito Comunista, allora egemone nel bolognese. In queste «pattuglie volanti» padre Scalfi recitava il ruolo del comunista, forte della sua preparazione specifica, permettendo a padre Toschi di prevalere nei dibattiti. Il leggendario francescano, di un anno più anziano, è scomparso soltanto un mese prima di lui, il 1° novembre 2016.
L’esperienza bolognese suggerì a padre Scalfi di mettere in pratica il sistema delle «volanti» anche in URSS, dove qualche anno dopo, nel 1960, si recò come turista insieme ad altri tre sacerdoti e quattro laici a bordo di due Volkswagen. Attraversando le città di Minsk, Smolensk, Zagorsk, Novgorod, Leningrado, Kiev, Leopoli e ovviamente Mosca, il gruppo cercava di entrare in contatto con la popolazione locale, fingendo improbabili guasti alla macchina, che suscitava la curiosità dei passanti, nonostante la presenza di una «guida» incaricata di controllare i loro spostamenti e contatti; i dialoghi spesso ricalcavano i copioni delle «volanti» bolognesi, allo scopo di far risaltare la superiorità del cristianesimo sul comunismo. L’esperienza venne ripetuta alcune volte negli anni successivi, finché nel 1970 alla frontiera di ritorno venne chiaramente detto a padre Scalfi e ai suoi sodali di non farsi più rivedere da quelle parti, cosa che si potè realizzare solo dopo la fine del regime sovietico nel 1992.
5. Nel frattempo, insieme ad altri missionari provenienti dal Russicum, padre Scalfi cercò nuove strade per la realizzazione della sua missione russa, trovando una soluzione completamente diversa: non più rivolta alla Russia e a Oriente, ma diretta ai fedeli d’Italia e d’Occidente. Se non si poteva andare in Russia, si poteva portare la Russia a casa propria. Con altri studiosi padre Romano fondò il Centro Studi Russia Cristiana e si dedicò a diffondere la spiritualità russo-bizantina nel mondo latino. Il Centro fu aperto nel 1957 a Milano, dove padre Scalfi aveva ottenuto la possibilità di frequentare la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Egli e padre Pietro Modesto (1923-2009) si accasarono come cappellani delle Piccole Suore dell’Assunzione, in via Martinengo 16; siccome il posto era disponibile solo per un sacerdote, finsero di essere una persona sola, «Modesto Scalfi», e iniziarono a radunare persone interessate a fare qualcosa per la Russia nella semi-clandestinità della cappellania. Il gruppo si riuniva in via Statuto e negli anni seguenti nella villetta di via Martinengo il martedì sera. Ai due missionari «cospiratori», peraltro, si aggiunse presto un terzo personaggio, destinato a dare alle sue iniziative ben altra fama nazionale e internazionale. Nella stessa via abitava infatti in affitto un giovane sacerdote milanese, don Luigi Giussani (1922-2005), che da un paio d’anni aveva cominciato a insegnare religione al liceo classico Berchet, animando il ramo dell’Azione Cattolica milanese chiamato Gioventù Studentesca, per portare nei licei e nelle scuole una nuova forma di presenza e attività dei cattolici. Don Giussani temeva la scristianizzazione del popolo cattolico, evidente già dai suoi anni studenteschi, e voleva contrastare il dominio culturale dei professori liceali, quasi tutti laicisti e vicini al Partito Comunista. Le sue preoccupazioni non potevano non trovarsi subito in grande sintonia con quelle dei sacerdoti «russipeti» — come venivano chiamati i diplomati del Russicum —, e quando a Giussani scadde l’affitto del suo monolocale Scalfi e Modesto lo invitarono a stare con loro, dividendo ulteriormente gli spazi della cappellania di via Martinengo. La sede di Russia Cristiana coincise così, per più di trent’anni, con la residenza del fondatore di Comunione e Liberazione, che abitando al piano terra chiamava Scalfi «il mio superiore» del piano più elevato, dove ogni giorno prendevano il tè nella piccola cucina, discutendo sul modo migliore di rievangelizzare l’Italia, la Russia e il mondo intero.
6. A Milano padre Scalfi trovò un appassionato sostenitore delle sue iniziative nel biblista monsignor Enrico Rodolfo Galbiati (1914-2004), che al seminario di Venegono Inferiore (Varese) insegnava anche Teologia Orientale e amava la liturgia bizantina, che faceva celebrare presso la basilica di Sant’Ambrogio a Milano. Monsignor Galbiati fu insieme ai padri «russipeti» — padre Scalfi, padre Modesto, padre Ezio «Nilo» Cadonna († 1997) e don Armando Bisesti — e a don Adolfo Asnaghi (1917-2007), autorevole studioso di Vladimir Sergeevich Solov’ëv (1853-1900), l’iniziatore della pubblicazione della rivista Russia Cristiana, e invitò padre Modesto a continuare le sue lezioni di spiritualità orientale presso il Seminario.
Attorno a loro si formò un gruppo di giovani entusiasti della Russia e dell’Oriente, alcuni legati a don Giussani, che partecipavano agli studi e alle pubblicazioni e si rendevano disponibili alle varie proposte di lavoro in Russia e alla diffusione della conoscenza della Russia in Italia. Alla fine del 1957, padre Scalfi e gli altri conobbero la contessa Betty Ambiveri (1888-1962) di Seriate, nei dintorni di Bergamo, una nobildonna consacrata alla vita religiosa laicale, che l’anno prima si era interessata degli ungheresi esuli dalla patria in seguito all’invasione sovietica. Sensibile agli interessi di Scalfi e dei suoi autorevoli amici, ella mise a disposizione la propria villa per le loro iniziative; in essa si recò a vivere padre Cadonna, e da allora funge da sede principale delle attività di Russia Cristiana. In questa villa padre Scalfi si è spento la mattina di Natale del 2016.
Nella villa di Seriate si organizzarono fin da subito delle riunioni con i sacerdoti e i collaboratori del Centro, in particolare con tutti coloro che avevano modo di viaggiare in Russia in qualunque forma, o di mantenere in altro modo un legame con quella terra. Al gruppo italiano si associò in quegli anni anche un’altra squadra di missionari del Russicum, che avevano creato un centro analogo a Bruxelles, il Foyer Oriental Chrétien, ispirato dall’intellettuale russa Irina Posnova (1914-1997). Insieme a lei, i gesuiti sloveni Antonij Ilc (1923-1998) e Kirill Kozyna (1925-2004) aprirono in Belgio anche una casa editrice, La vie avec Dieu (Žizn’ s Bogom), che per tutto il periodo sovietico pubblicava Bibbie e letteratura religiosa in lingua russa, da far pervenire per vie clandestine ai cristiani perseguitati dell’URSS. Nelle riunioni di Seriate si discuteva quindi non solo delle possibilità di operare direttamente in Russia, cosa che, al di là dei romantici viaggi delle «volanti», era possibile solo nelle istituzioni diplomatiche, ma anche degli itinerari dei libri da far entrare in URSS attraverso la Polonia, l’Ungheria e la Cecoslovacchia, o qualunque altra via praticabile. Alcuni membri di questo duplice centro di Seriate/Bruxelles, in effetti, riuscirono a portare in Occidente molti testi del Samizdat, l’editoria clandestina dei dissidenti russi, che venivano poi regolarmente pubblicati in Belgio, in Francia e in Italia, sulla rivista Russia Cristiana e sulle case editrici affini, tra cui quella creata appositamente dal Centro, La Casa di Matriona — nome tratto dal titolo di un romanzo di Aleksandr Isaevič Solženicyn (1918-2008), leader del dissenso russo —, o quella legata a Gioventù Studentesca, la Jaca Book. Incalcolabile, poi, il numero di Bibbie russe — chiamate «Bibbie di Bruxelles» — e di altri libri portati in Russia da ogni dove, tra cui le opere del padre del dissenso religioso in Russia, il sacerdote ortodosso Aleksandr Men’ (1935-1990), che visitò Seriate nel 1989 e fu assassinato in Russia l’anno seguente. Padre Scalfi con i suoi aiutanti, per tanti anni, si recava regolarmente a Vienna e Monaco di Baviera, poi a Cracovia, Częstochowa, Lublino, Bialystok in Polonia, ma anche a Bratislava e sui monti Tatra in Slovacchia, a Budapest e Pannonhalma in Ungheria e in altri Paesi da cui partivano viaggiatori «farciti» di libri per la Russia; una rete meravigliosa, clandestina e insieme luminosissima, di solidarietà nella fede, nella libertà e nella cultura. Perfino la statunitense Central Intelligence Agency (CIA) e gli altri servizi segreti invidiavano i successi di questo manipolo di missionari, che cercarono invano più volte di reclutare.
7. Oltre alle azioni rivolte verso l’Unione Sovietica, come abbiamo ricordato, l’intuizione di padre Scalfi e di Russia Cristiana era rivolta verso l’Italia e l’Occidente. A Seriate si cominciarono presto a organizzare anche corsi residenziali estivi, le cosiddette Settimane Ecumeniche, inizialmente per sacerdoti e seminaristi interessati ad approfondire la tradizione orientale e la realtà sovietica. A questi corsi si aggiunse, dal 1961, quello di lingua e cultura russa per i laici, con la collaborazione di professori dell’Orientale e di altre università. Si studiavano in particolare i filosofi e gli scrittori slavofili dell’Ottocento, come Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821-1881) e Solov’ëv, e la filosofia religiosa d’inizio Novecento di Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev (1874-1948), Michail Afanas’evič Bulgakov (1891-1940) e Pavel Aleksandrovič Florenskij (1882-1937), oltre alla storia e alla cultura russa in generale. In una delle ali della villa Ambiveri venne anche allestita una cappella per la celebrazione in rito bizantino-slavo, praticato dagli ortodossi e dai cattolici di rito orientale, che ispirò la formazione di un apposito coro, ancora oggi molto nutrito, che ha accompagnato padre Scalfi e tanti altri sacerdoti suoi collaboratori nel far conoscere in tutta Italia lo splendore della liturgia e della tradizione musicale russo-bizantina, oggi diffusa in Italia e in Europa dalla tante comunità di immigrati dai Paesi ortodossi dell’Europa Orientale.
Insieme alla liturgia, l’altro elemento caratteristico della spiritualità e dell’arte bizantino-slava è costituito dalle sacre icone, le immagini che servono per la preghiera e la liturgia, oggi conosciutissime in tutto il mondo cattolico. Negli anni 1950, quando ancora nessuno le apprezzava e conosceva in Occidente, le icone divennero uno degli oggetti su cui maggiormente si concentrò l’attività di Russia Cristiana: prima limitandosi a incollare su legno delle riproduzioni, poi addirittura istituendo una vera e propria Scuola Iconografica, a cui hanno partecipato maestri e pittori insigni come il gesuita padre Egon Sendler (1923-2014) e altri, anche provenienti dalla Russia stessa, appena fu possibile. La Scuola di Seriate è ancora oggi una delle più importanti d’Italia e di tutto il mondo cattolico. Dopo tanti secoli di diffidenza, insomma, l’Occidente imparò da padre Scalfi, e da pochi altri pionieri di questa missione ecumenica, ad amare le icone, la liturgia bizantina, la mistica di Dostoevskij e la filosofia di Solov’ëv e Berdjaev, e tanti altri tesori della Russia e dell’Oriente cristiano. Con la solenne barba bianca monastica, e lo sguardo celestiale dell’uomo di Dio, egli divenne per tanti giovani lo starets d’Occidente, maestro di fede e di vita, amante dei lontani e difensore dei perseguitati, appassionato lettore dei Padri della Chiesa e voce della «Chiesa del Silenzio» dell’Europa, di cui pubblicava le testimonianze clandestine.
8. I giovani in effetti affollavano gli incontri e le liturgie di padre Scalfi, soprattutto da quando, negli anni 1970, gli studenti di don Giussani erano cresciuti, formando il movimento di Comunione e Liberazione (CL), uno dei più influenti nella Chiesa e nella società italiana degli ultimi decenni. Furono proprio i giovani di CL ad accogliere il grande esule russo Solženicyn nel 1974, quando venne a Milano per un incontro pubblico dopo l’espulsione dall’URSS. Russia Cristiana accolse in Italia e fece conoscere tanti dissidenti russi, come Andrej Donatovič Sinjavskij (1925-1997), Aleksandr Arkad’evič Galič (1918-1977), Vladimir Konstantinovič Bukovskij, Vladimir Emel’janovic Maksimov (1930-1995), padre Men’, Vladimir Poreš, Tatʼjana Goričeva, Kornelij Ljucianovič Želinskij (1896-1970) e molti altri. I testi del dissenso, in particolare dei dissidenti religiosi, entravano nelle prime Scuole di Comunità, le antologie pubblicate da CL per il confronto e la meditazione settimanale tra i suoi membri. Il Centro di padre Scalfi, inizialmente pensato come circolo di specialisti e d’intellettuali, divenne un’espressione di popolo, in armonia con il percorso del movimento di don Giussani, e diede vita a una Fondazione e a una Fraternità riconosciuta dalle diocesi di Milano e di Bergamo, ma diffusa anche in altre città e Paesi. Nella stessa Russia è oggi attivo un Centro culturale, la Biblioteca dello Spirito di via Petrovka, a Mosca, formato e animato da persone provenienti da Russia Cristiana; perfino l’arcivescovo cattolico di Mosca, mons. Paolo Pezzi, proviene dalle file di CL e dalla formazione trasmessa da padre Scalfi.
Dal Centro Studi Russia Cristiana di Seriate sono gemmati diversi centri interessati allo studio della spiritualità russa, fra i quali ricordiamo il Centro Studi Russia Ecumenica, fondato a Roma da padre Cadonna, don Sergio Mercanzin, Irina Ilovajskaja Alberti (1924-2000), Maria Giovanna Muzj e Nelda Vettorazzo; il Centro Vladimir Solov’ëv di Padova, diretto dal professor Lorenzo Fellin, e il Centro Amici di Padre Nilo, di Trento. A queste realtà fanno capo diversi autorevoli docenti e traduttori che hanno scelto di dedicare la propria vita professionale alla conoscenza del mondo religioso russo e della sua storia.
Va detto che non sempre l’attività di questo Centro è stata ben vista dai vertici della Chiesa, soprattutto negli anni della cosiddetta détente; ci limitiamo a riferire un episodio assai significativo che aiuta a cogliere l’atmosfera di quel tempo. Agli inizi degli anni 1960, monsignor Guglielmo Carozzi (1880-1970), amico d’infanzia di Papa san Giovanni XXIII (1958-1963) e parroco di Seriate, organizzò un incontro in Vaticano con il Pontefice, al quale parteciparono, oltre a padre Scalfi, la contessa Ambiveri, monsignor Galbiati e padre Cadonna. Di questa visita non fu conservata alcuna documentazione fotografica e ai partecipanti fu espressamente richiesto di non diffondere alcuna notizia in proposito; infine, alla richiesta di padre Scalfi di benedire l’attività del Centro, il Papa si limitò a rispondere: «Non c’è niente da benedire».
Un cenno particolare meritano le casa editrici Jaca Book e la Casa di Matriona, che hanno creduto fin dall’inizio al progetto di Russia Cristiana, pubblicando una serie di opere dedicate al mondo russo e sovietico, con particolare attenzione ai temi della spiritualità ortodossa e del dissenso religioso.
9. Non sappiamo quanti meriti abbia avuto padre Scalfi nel crollo del regime ateo dell’Unione Sovietica — certo non pochi —, ma ebbe comunque la gioia di vedere il suo sogno realizzato, i giovani da lui formati andare in Russia come missionari ed esploratori di un mondo tanto amato e desiderato, ed egli stesso tornò a regalare alla Russia il suo sorriso e la sua saggezza. Alla fine della sua lunga vita, padre Romano ha potuto contemplare insieme la rinascita religiosa della Russia e l’inizio di nuove apprensioni per il futuro del mondo globalizzato, a cui dedicherà dal Cielo la sua intercessione accorata, certi che nostro Signore presterà ascolto alla sua voce, ora che canta gli inni della Chiesa unita di tutti i santi.
Note:
(1) Per un elenco dei sacerdoti incarcerati o uccisi vedi il sito web <http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/russicum/721/default.aspx>, consultato il 22-2-2017.