Comitato per i Diritti Umani in Albania, Cristianità n. 191-192 (1991)
In relazione alla decisione del governo italiano di bloccare l’arrivo dei profughi che a migliaia in queste ore lasciano l’Albania e tentano di raggiungere le coste pugliesi con imbarcazioni di fortuna, il
Comitato per i Diritti Umani in Albania
ricorda:
a. che in base all’articolo 7, comma 10, della legge 28-2-1990 n. 39 — la cosiddetta “legge Martelli” —, “in ogni caso non è consentita l’espulsione né il respingimento alla frontiera dello straniero verso uno Stato ove possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”;
b. che in base all’articolo 47, paragrafo 11, del codice penale albanese, chiunque fugge illegalmente dall’Albania è punito con una sanzione che va da 10 anni di reclusione alla pena di morte.
Pertanto, la decisione del governo di far tornare in Albania chi non abbia i requisiti rigorosamente richiesti per godere dello status di rifugiato politico espone gli esuli di questi giorni alla persecuzione, mentre è a tutti applicabile quanto disposto dal richiamato articolo 7, comma 10, della “legge Martelli”;
invita il governo italiano:
a. a non collaborare con il governo socialcomunista nella persecuzione del popolo albanese, e, quindi, a recedere dalla propria intenzione;
b. a organizzare una concreta rete di solidarietà nei confronti di chi ha scelto la dolorosa via dell’esilio a causa dell’impossibilità, anche materiale, di sopravvivere nel regime-gulag di Tirana;
c. di condizionare gli aiuti economici annunciati in favore del governo albanese all’effettivo rispetto da parte di quest’ultimo dei diritti umani e politici;
offre la propria disponibilità ai profughi albanesi in termini di assistenza legale che li renda edotti circa le norme che regolano l’immigrazione.
8 marzo 1991