di Marco Respinti – traduzione di Maurizio Brunetti
Il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald J. Trump, ha visitato ufficialmente la Polonia il 6 luglio 2017 alla vigilia del summit del “Gruppo dei 20”, svoltosi ad Amburgo, in Germania, il 7 e l’8 luglio 2017. Il “G20” ‒ come viene usualmente chiamata quell’assise ‒ è il forum, creato nel 1999, dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali dei 19 Paesi più industrializzati del mondo più l’Unione Europea. Dal 2008, al G20 prendono parte anche i capi di governo o di Stato dei Paesi membri e la sua convocazione prevede anche incontri separati dei ministri economici e dei ministri degli Esteri.
In quella data, a Varsavia, capitale della Polonia, in piazza Krasiński, davanti al monumento che ricorda la rivolta patriottica del 1944 contro i nazionalsocialisti e i sovietici, alla presenza del presidente Andrzej Duda e dell’ex presidente Lech Wałęsa, Trump ha rivolto alla nazione polacca un discorso decisivo nei contenuti e nei toni.
Smentendo le voci di avversari e di nemici che vorrebbero “isolazionista” lui e il suo Paese “in ritirata”, Trump ha rilanciato l’importanza dell’alleanza che unisce Stati Uniti e Polonia, anche nel contesto della NATO, e così facendo ha prospettato l’ideale e il progetto di un’amicizia fra gli Stati Uniti e un’Europa non meno ma diversamente unita che si esplichi in un rinnovato concetto di Occidente. Per Trump, infatti, l’Occidente non è solo uno spazio commerciale, pur importantisismo: ma è anzitutto una comunanza di prospettive, di tradizioni, di cultura e di fede. I nemici sono coloro che si oppongono a questo Occidente.
Smentendo pure chi lo vorrebbe prono alle mire politiche della Russia, Trump ha difeso il concetto di una Polonia-confine della civiltà che deve necessaramente trasformarsi in ponte di pace e priosperità, ma che fino a quando prevaranno le minacce saprà essere bastione, soprattutto con l’incoraggiamento e il supporto degli Stati Uniti.
È, ancora una volta, in modo diverso quanto li impongono le condizioni storiche e l’indole degli uomini, l’orizzonte di una “grand’Europa” di civiltà di cui sono figli sia gli Stati Uniti sia l’Europa, riverberata con forza nei momenti ‒ toccanti ‒ in cui Trump ha rievocato il “Miracolo della Vistola” e l’eroica rivolta patriottica del 1944, le persecuzioni subite dalla Polonia e il dono fatto all’umanità da quella terra, Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005).
Sono quasi dieci anni che l’Amministrazione statunitense non parlava più questa lingua chiara supportata da un pensiero forte. E per trovare un precedente idealmente simile occorre risalire ad ancora prima, al discorso pronunciato dall’allora presidente George W. Bush jr. il 15 giugno 2001, sempre a Varsavia, allora nell’Università, quando disse: «L’ideale europeo è in contrasto con una vita dettata dal lucro, dall’avidità e dal solo perseguimento dell’interesse personale. Esso richiede considerazione e rispetto, compassione e perdono: caratteristiche da cui dipende l’esercizio della libertà. Tutti questi diritti e doveri hanno origine da una fonte di legge e giustizia superiore alle nostre volontà e alla nostra politica: un autore della nostra dignità, che ci chiede di agire in accordo con essa. Questa fiducia è più di una memoria, è una fede viva. Ed è il motivo principale per cui l’Europa e l’America non saranno mai divise. Siamo prodotti della stessa storia […]: condividiamo una civiltà, i cui valori sono universali […]». E ancora: «Oggi, una nuova generazione assume un nuovo impegno: un’Europa e un’America legate da una grande alleanza di libertà, la maggior forza unita della storia a favore della pace, del progresso e della dignità umana. Le campane della vittoria hanno suonato. La cortina di ferro non esiste più. Ora progettiamo e costruiamo la casa della libertà, le cui porte sono aperte a tutti i popoli europei e le cui finestre sono rivolte alle sfide globali. Il nostro progresso è notevole, i nostri obiettivi sono vasti e le nostre differenze, in confronto, sono ridotte.
E l’America, sia nei momenti di calma sia nelle difficoltà, onorerà questa visione e i valori che condividiamo. La Polonia rappresenta un simbolo di rinnovamento […]. Più di mezzo secolo fa, da questo luogo era possibile vedere solo un deserto di rovine. […] Non lontano da qui si nota l’unico monumento sopravvissuto. È l’immagine di Cristo che cade sotto il peso della croce e cerca faticosamente di rialzarsi. Sotto sono riportate le seguenti parole: “Sursum corda”, “In alto i vostri cuori”. […] “In alto i vostri cuori” è la storia della Polonia. “In alto i vostri cuori” è la storia della nuova Europa. Coltiviamo insieme questa speranza di libertà per tutti coloro che la cercano nel nostro mondo. Che Dio vi benedica».
L’Occidente, o, meglio, la consapevolezza di ciò che quell’espressione pur usurata e più volte fraintesa ma in sé ricca e nobile significa, sta forse cominciano a tornare.
Di seguito si propongono i brani salienti del discorso prounciato da Trump del 6 luglio. Il titolo nonché, nel testo, i rimandi ipertestuali e le date di nascita e di morte dei personaggi così come le date degli eventi storici citati, che sono indicate fra parentesi tonde, sono redazionali come anche lo è la traduzione.
La Polonia è l’anima dell’Europa: «Noi vogliamo Dio»
di Donald J. Trump
[…]
Siamo venuti nel vostro Paese perché abbiamo un messaggio molto importante da recapitare: gli Stati Uniti d’America amano la Polonia e il popolo polacco.
I polacchi non hanno solo arricchito molto questa regione del mondo. I polacco-americani hanno arricchito molto anche gli Stati Uniti, e io sono veramente fiero di aver avuto il loro sostegno nelle elezioni nel 2016.
Sono profondamente onorato di trovarmi in questa città, accanto a questo monumento che ricorda la Rivolta di Varsavia, e di rivolgermi alla nazione polacca sognata da così tante generazioni: sicura, forte e libera.
[…]
Siamo anche lieti che l’ex presidente Lech Wałęsa, celebre per essere stato guida del movimento Solidarność, si sia voluto unire a noi, oggi. […]
A nome di tutti gli americani, permettetemi di ringraziare l’intero popolo polacco per la generosità dimostrata nell’accogliere i nostri soldati nel vostro Paese. Questi soldati non sono solamente coraggiosi difensori della libertà, ma anche il simbolo della dedizione degli Stati Uniti alla vostra sicurezza e al vostro ruolo in un’Europa democratica e forte. […]
Il presidente Duda e io siamo reduci da una riunione d’incredibile successo con i leader di governo che hanno preso parte all’Iniziativa dei Tre Mari. Gli Stati Uniti sono ansiosi di espandere la propria partnership con voi, cittadini di questa grande regione. Salutiamo con favore il rafforzamento dei legami commerciali con le vostre economie in crescita. E c’impegniamo ad assicurarvi l’accesso a fonti alternative di energia, di modo che la Polonia e gli Stati confinanti con essa non debbano mai più essere ostaggio di un unico fornitore di energia. […]
Questa è la mia prima visita da presidente nell’Europa Centrale, e mi emoziona il fatto che sia potuta avvenire proprio qui, in questa bella, magnifica terra. La Polonia è il cuore geografico dell’Europa, ma – cosa ancora più importante – nel popolo polacco si vede l’anima dell’Europa. La vostra nazione è grande perché il vostro spirito è grande e perché il vostro spirito è forte.
Per due secoli la Polonia ha subito attacchi continui e brutali. Ma anche se la si è potuta invadere e occupare, cancellandone persino i confini dalle carte geografiche, nessuno è riuscito a cancellarla dalla storia e dai vostri cuori. In quei giorni oscuri, avete perso la vostra terra, ma mai la vostra fierezza.
È dunque con ammirazione genuina che oggi posso dire: dalle fattorie e dai villaggi delle vostre campagne fino alle cattedrali e alle piazze delle vostre grandi città, la Polonia vive, la Polonia prospera, la Polonia vince.
Nonostante tutti gli sforzi per trasformarvi, per opprimervi o per distruggervi, avete resistito e avete prevalso. Siete l’orgolgiosa nazione di Niccolò Copernico (1473-1543) – pensateci – di Fryderyk Chopin (1810-1849) e di san Giovanni Paolo II (1920-2005). La Polonia è una terra di grandi eroi. E voi siete un popolo che conosce il vero valore di ciò che difendete.
Il trionfo dello spirito polacco nei secoli di avversità dà a tutti noi la speranza in un futuro in cui il bene prevarrà sul male e la pace vincerà sulla guerra.
Per gli americani, la Polonia è stata un simbolo di speranza sin dagli albori della nostra nazione. Eroi polacchi e patrioti americani hanno combattuto fianco a fianco nella nostra Guerra d’Indipendenza (1775-1783) e in molti conflitti successivi. I nostri soldati combattono ancora oggi assieme in Afghanistan e in Iraq, combattono i nemici della civiltà intera. […]
I nostri Paesi sono uniti da un legame speciale forgiato da storie uniche e da caratteri nazionali. È un’amicizia che esiste solo tra persone che hanno conosciuto la battaglia, il sangue e la morte per la libertà. I segni di quest’amicizia campeggiano nella nostra capitale. A pochi passi dalla Casa Bianca abbiamo innalzato monumenti a uomini come Kazimierz Pułaski (1745-1779) e Andrzej Kościuszko (1746-1817). La stessa avviene a Varsavia, dove ci sono strade intitolate a George Washington (1732-1799) e un monumento a uno degli eroi più grandi di tutto il mondo, Ronald Reagan (1911-2004).
E così oggi sono qui non solo per far visita a un antico alleato, ma per additarlo come esempio a chi aspira alla libertà e vorrebbe trovare il coraggio e la volontà per difendere la nostra civiltà. […]
La vostra è una nazione più che millenaria. Più di un secolo fa i vostri confini erano stati cancellati e, giusto cento anni fa, finalmente ripristinati.
Nel 1920, con il Miracolo della Vistola, la Polonia fermò l’esercito sovietico lanciato alla conquista dell’Europa. Poi, diciannove anni più tardi, nel 1939, foste di nuovo invasi, stavolta dalla Germania nazionalsocialista da ovest e dall’Unione Sovietica da est. […]
Soggetto a una duplice occupazione, il popolo polacco ha patito sofferenze oltre ogni immaginazione: il massacro nella foresta di Katyń, le occupazioni, l’Olocausto, il ghetto di Varsavia, la sua rivolta, la distruzione di questa bella capitale e la morte di quasi un polacco su cinque. Una vigorosa popolazione ebraica ‒ la più ampia in Europa ‒ è stata ridotta quasi a nulla dall’uccisione sistematica di milioni di cittadini ebrei polacchi, e d’innumerevoli altri, condotta dai nazisti durante la loro occupazione brutale.
Nell’estate del 1944, gli eserciti nazista e sovietico si stavano preparando a quella che sarebbe stata una battaglia terribile e sanguinosa proprio qui a Varsavia. In quell’inferno terrestre, i cittadini polacchi insorsero per difendere la patria. Sono profondamente onorato che con me sul palco vi siano oggi dei veterani e degli eroi della Rivolta di Varsavia. […]
Questo monumento ci ricorda che più di 150mila polacchi morirono nel tentativo disperato di abbattere l’oppressione. Dall’altra parte del fiume, le forze armate sovietiche si fermarono e aspettarono. Rimasero a guardare i nazisti che spietatamente distruggevano la città, ammazzando con cattiveria uomini, donne e bambini. Provarono a distruggere questa nazione per sempre calpestandone la volontà di sopravvivere.
Ma c’è un tipo di coraggio e una forza nel profondo del carattere polacco che nessuno riuscirà mai a distruggere. Bene si espresse il vescovo e martire Michał Kozal (1893-1943): «Più terrificante della disfatta di un esercito è il collasso dello spirito umano».
Lungo quarant’anni di giogo comunista, la Polonia e altri Paesi occupati hanno subito una violenta campagna volta a demolire la libertà, la vostra fede, le vostre leggi, la vostra storia, la vostra identità: in realtà l’essenza stessa della vostra cultura e della vostra umanità. Eppure, nonostante tutto, non avete mai perso il vostro spirito. Gli oppressori hanno tentato di spezzarvi, ma la Polonia non è stata spezzata.
E quando arrivò il 2 giugno 1979, e un milione di polacchi si ritrovarono insieme in Piazza della Vittoria per la prima Messa celebrata dal loro Papa polacco, quel giorno tutti i comunisti a Varsavia hanno capito che il loro sistema oppressivo sarebbe presto crollato. Lo hanno capito nel momento esatto in cui, durante l’omelia di Papa Giovanni Paolo II, le voci di un milione di polacchi – uomini, donne e bambini – si unirono in una sola preghiera. Un milione di polacchi non chiedeva benessere. Non chiedeva privilegi. Un milione di Polacchi cantò invece tre sole parole: «Noi vogliamo Dio».
Con quelle parole il popolo polacco rievocava la promessa di un futuro migliore. Trovò nuovo coraggio per atterrare gli oppressori e le parole per dichiarare che la Polonia sarebbe tornata a essere, ancora una volta, la Polonia.
E io sono qui, dinanzi a questa incredibile moltitudine di persone, oggi, dinanzi a questa nazione fedele, e posso ancora sentire quelle voci riecheggiare nella storia. Il loro messaggio è vero oggi come lo sarà sempre. Il popolo della Polonia, il popolo degli Stati Uniti e il popolo dell’Europa ancora gridano: «Noi vogliamo Dio».
Insieme, con Papa Giovanni Paolo II, i polacchi hanno riaffermato la propria identità di nazione devota a Dio. E attraverso quella vigorosa affermazione di ciò che siete, avete capito cosa fare e come vivere. Siete stati solidali contro l’oppressione, contro una polizia segreta illegale, contro un sistema malvagio e crudele che impoveriva le vostre città e le vostre anime. E avete vinto. La Polonia ha prevalso. La Polonia prevarrà sempre. […]
In quella vittoria sul comunismo siete stati sostenuti da un’alleanza forte di Paesi liberi in Occidente che ha sconfitto la tirannia. Adesso la Polonia, uno dei membri più convinti dell’Alleanza NATO, ha ripreso il proprio posto come nazione leader di un’Europa che è forte, unita e libera. […]
Questo continente non si trova più a dover fronteggiare lo spettro del comunismo. Tuttavia, in Occidente ci sono oggi altre gravi minacce alla nostra sicurezza e al nostro stile di vita. Vedete ciò che succede là fuori. Sono minacce. Le affronteremo. E vinceremo. Ma sono minacce.
A sfidarci è un’altra ideologia oppressiva, un’ideologia che cerca di esportare il terrorismo e l’estremismo in tutto il mondo. Gli Stati Uniti e l’Europa hanno subito un attacco dopo l’altro. Stiamo per mettere fine a tutto ciò. […]
Contro il terrorismo islamico radicale stiamo combattendo duramente e vinceremo. Non possiamo accettare chi rigetta i nostri valori o chi usa l’odio per giustificare la violenza contro gl’innocenti.
Oggi l’Occidente deve fronteggiare anche potenze che mettono alla prova la nostra volontà, minano la nostra fiducia e sfidano i nostri interessi. Per neutralizzare queste nuove forme di aggressione –propaganda, crimini finanziari e guerra cibernetica inclusi – dobbiamo adeguare la nostra alleanza in modo da competere efficacemente su tutti questi nuovi campi di battaglia.
Noi esortiamo la Russia a cessare le sue attività destabilizzanti in Ucraina e altrove, nonché l’appoggio a regimi ostili – fra cui la Siria e l’Iran ‒, invitandola a unirsi alla comunità delle nazioni responsabili nella lotta contro i nemici comuni e in difesa della stessa civiltà.
Infine, su entrambe le sponde dell’Atlantico, i nostri cittadini devono far fronte a un altro pericolo, stavolta del tutto interno. Tale pericolo non viene avvertito da tutti, ma ai polacchi è familiare: è l’insinuarsi incessante della burocrazia di governo che prosciuga la vitalità e la ricchezza del popolo. L’Occidente non è diventato grande grazie alle scartoffie e ai regolamenti, ma perché ai singoli è stato concesso d’inseguire i propri sogni e di decidere del proprio destino.
Gli statunitensi, i polacchi e i Paesi d’Europa apprezzano il valore della libertà e della sovranità individuali. Provengano esse dall’interno o dall’esterno, da sud o da est, dobbiamo lavorare assieme per combattere queste forze che a lungo andare minacciano di pregiudicare quei valori e di cancellare i legami di cultura, di fede e di tradizione che fanno di noi quello che siamo. […]
Ma, proprio come i nostri avversari e nemici del passato hanno imparato qui in Polonia, noi sappiamo che anche queste forze sono destinate a soccombere, se noi vogliamo che soccombano. […]
Noi scriviamo sinfonie. Portiamo avanti l’innovazione. Celebriamo i nostri antichi eroi, abbracciamo i nostri costumi e le nostre intramontabili tradizioni, e cerchiamo sempre di andare alla ricerca e alla scoperta di nuove frontiere.
Noi premiamo l’ingegno. Aspiriamo all’eccellenza, e ci sono care le opere d’arte ispirate che onorano Dio. Noi facciamo tesoro del rule of law, e proteggiamo il diritto di parola e di libera espressione.
Per noi le donne sono i pilastri della nostra società e del nostro successo. Noi poniamo la fede e la famiglia, non lo Stato e la burocrazia, al centro delle nostre vite. Siamo disposti a mettere tutto in discussione. Cerchiamo di conoscere tutto in modo da meglio conoscere noi stessi.
E soprattutto apprezziamo la dignità di ogni vita umana, proteggiamo i diritti di ogni persona e condividiamo la speranza di ogni anima di vivere nella libertà. Questo è chi siamo. Questi sono i legami inestimabili che ci legano come nazioni, come alleati e come una civiltà. […]
Dobbiamo tener presente che il nostro patto di difesa non consiste solo in impegni di tipo monetario: è un impegno di volontà. […] La domanda fondamentale dei nostri tempi è se l’Occidente ha la volontà di sopravvivere. Abbiamo sufficiente fiducia nei nostri valori da difenderli a qualsiasi costo? Abbiamo abbastanza rispetto per i nostri cittadini da proteggere i nostri confini? Abbiamo il coraggio di preservare la nostra civiltà di fronte a chi vorrebbe sovvertirla e distruggerla? […]
La nostra battaglia per l’Occidente non comincia sui campi di battaglia, ma nelle nostre menti e nei nostri cuori, nelle nostre volontà e nelle nostre anime. Oggi, i legami che mantengono unita la nostra civiltà non sono meno vitali, né richiedono una difesa più blanda, del brandello di terra su cui tutte le speranze della Polonia erano un tempo riposte. La nostra libertà, la nostra civiltà e la nostra sopravvivenza dipendono da questi legami di storia, di cultura e di memoria. […]
Quindi, insieme, combattiamo tutti come i polacchi: per la famiglia, per la libertà, per la Patria, per Dio.
Grazie. Dio vi benedica. Dio benedica il popolo polacco. Dio benedica i nostri alleati. E Dio benedica gli Stati Uniti d’America.